CAPITOLO 37
La luce forte del mattino dopo mi svegliò lentamente. Ricordavo perfettamente dove mi trovavo e non ne avevo più paura. La pelle morbida del suo corpo, sul quale ero distesa mi fece sentire tranquilla e il battito del suo cuore scandì il mio, legandolo al suo respiro. La sua mano lieve accarezzò la mia schiena nuda, mentre, ancora ad occhi semichiusi, lo abbracciai più forte. Non disse niente per non rovinare nulla di quel momento solo nostro, continuando ad accarezzarmi leggero. Poi posò le sue labbra morbide sulla mia fronte facendomi sorridere e avvicinò il plaid, che aveva preso dallo schienale del divano, alle mie spalle per paura che prendessi freddo.
"Buongiorno" – gli dissi, alzando il viso a contraccambiargli il bacio. Non riuscii a trattenere un sorriso, intanto che mi rannicchiai meglio sul suo petto.
Lui non rispose e stringendomi di più, mi baciò di nuovo sulle labbra, lasciando scivolare la sua mano un'altra volta sulla mia schiena. Avrei potuto restare così per sempre, ad assaporare il profumo della sua pelle... ad assaporare lui. Il cuore mi traboccava di gioia. Mai avrei immaginato di poter essere così felice.
Restai in attesa di una sua parola, ma lui non disse nulla. Aprii meglio gli occhi e cercai i suoi.
Il mio sorriso si spense gradualmente di fronte al suo viso cupo e cominciai a sentir salire la preoccupazione. Cercai di sollevarmi, appoggiandomi con una mano sul suo petto sodo e lo scrutai meglio in volto. Lui mi prese le dita libere e le baciò, con un sorriso tirato sulle labbra. Allora notai meglio la sua espressione scura, senza capirne il motivo.
"Cosa c'è, Marco?"
Non rispose. Mi sorrise soltanto.
"E' capitato qualcosa, Marco?! Margherita!? Devo chiamarla subito!" – il pensiero volò a lei. Non l'avevo neppure avvertita che non sarei rientrata. Sarà stata in pensiero... Magari mi aveva cercato nel frattempo.
Mi misi a sedere e mi rivestii velocemente, mentre anche lui fece lo stesso e si sedette accanto a me.
"Sta tranquilla... Emma l'ha chiamata e le ha detto che dormivi da lei stanotte... Sta bene!" – disse.
"Oh..." – poi ripercorsi le sue parole avvertendo che qualcosa mi era sfuggito - "Emma l'ha chiamata!? E come faceva a sapere che...? Beh... insomma hai capito"
Guardò il cellulare posato sul tappeto, accanto alle sue scarpe e anch'io feci lo stesso, sorpresa.
"Beh... non ti arrabbiare! L'ho chiamata io per chiederglielo. Ho pensato di farti un favore... Dormivi talmente bene che non me la sono sentita di svegliarti" – si giustificò.
Mi portai una mano alla fronte, finendo di abbottonare la camicia.
"Oddio, Marco! Quindi adesso lei... L'avrà detto a Tony... e ora... sanno di noi!" – mi alzai e cominciai a camminare avanti e indietro, non riuscendo a trattenere l'ansia.
"Ti dà fastidio? A me francamente no... Credo lo sperino da sempre!" – disse posando un gomito sullo schienale, appoggiandovi la testa e ritrovando il sorriso.
Rimase a petto nudo e a piedi scalzi e mi osservò ancora con un velo di percettibile angoscia negli occhi.
Vederlo così... mozzava il fiato! I sui pettorali erano alti, larghi, ben definiti, in linea con l'apertura delle spalle e scendendo più in basso... gli addominali erano scolpiti, quel tanto che bastava a fare del suo fisico un fisico perfetto ed estremamente sexi. Cercai di non badarci troppo e mi concentrai di nuovo sul suo viso preoccupato.
Marco si issò e si avvicinò a me, stringendo le mie mani tra le sue e sul suo volto vidi un tormento. Non riuscivo a intendere il perché del suo stato d'animo e continuai ad agitarmi.
"C'è qualcosa che non va, Marco? Dimmelo per favore... Comincio a preoccuparmi!"
Lui scosse la testa e restò in silenzio. Mi aggiustò una ciocca di capelli, riportandola dietro all'orecchio e la profondità del suo sguardo si mescolò col mio. Faticò a trovare le parole giuste, ma alla fine ruppe l'angoscia.
"Ieri notte mi hai detto una cosa, Lizzy..."
Ricordavo la mia ammissione e ora comprendevo quanto temesse fosse stata dettata solo da quell'attimo, ma non dal mio cuore.
Mi avvicinai di più...
"Ti amo anch'io" – ripetei ancora, parlando quasi a contatto con la sua bocca.
"Lo... pensavi veramente?" – mormorò con voce grave.
"Hai ragione... forse non avrei dovuto dirlo..." - ribadii seria scostandomi. Il suo volto si irrigidì, incapace di riprendersi e mi fece pena - "Forse era meglio dire..." – continuai gettandogli le braccia al collo – "Che mi sono innamorata di te al punto che adesso non ne posso più fare a meno!"
Il suo volto cambiò e riprese a respirare.
"Nel senso che non mi lascerai più... Che non saremo più solo amici... Che sarai mia... seriamente?" - le sue mani mi cinsero i fianchi.
Non riusciva a trattenere le parole, incapace di essere risentito con me per la battuta di poco prima. Voleva essere sicuro fino in fondo, gli importava solo quello.
Mi scappò un sorriso mentre annuivo. Lo baciai ancora, accarezzandolo teneramente sulla nuca.
"E' questo che ti dà pensiero?" – chiesi.
Lui mi abbracciò più stretta - "Quando mi hai detto che non volevi più vedermi... io..." - fece una pausa, per darsi il tempo di ricacciare quei ricordi - "Non posso vivere sapendo che potrebbe succedere ancora... Non posso".
Davanti avevo un ragazzo, vulnerabile, in quell'istante debole e insicuro. Sulla sua fronte si disegnarono profonde rughe di preoccupazione. Abbassò lo sguardo per nascondermi quel suo lato friabile e provai un dolore acuto, comprendendo cosa avesse passato a causa mia.
"Marco... guardami"
I suoi occhi adombrati ritrovarono i miei, rimanendo sospesi.
"Non succederà più... Te lo prometto..."
Mi esaminò serio per verificare l'onestà delle mie parola e alla fine un largo sorriso tornò a disegnargli sul viso quelle fossette, che mi piacevano tanto.
"Ti amo così tanto, Lizzy!" – le sue braccia mi avvolsero in una presa più energica, quasi a non volermi mollare - "Lo hai promesso!" – concluse – "Sei mia!"
Le sue labbra morbide mi catturarono ancora, mentre le mie dita accarezzarono i suoi capelli, tenendolo stretto a me. E scesero morbide sulle sue spalle, seguendo la linea dei suoi muscoli sodi. Non paventavo più nulla, ero certa che era giunta per me un'altra possibilità, che avevo l'occasione di viverla. Che ero capace di farlo e non me la volevo più lasciar sfuggire.
Ci credevo! Credevo in me... credevo in lui... ma soprattutto credevo in noi. E nei miei sogni più profondi volevo che quello che provavo allora, fosse per sempre.
In mattinata tarda ritornammo a Siena, giusto in tempo per unirci a Emma e Tony per il pranzo. La Casa degli studenti restava aperta il sabato e ci eravamo dati appuntamento lì. Marco mi teneva stretta per mano, orgoglioso di poter mostrare a tutti che stavamo insieme. Varcò la porta a vetri della sala, con un ampio sorriso, aiutandomi poi a riempire il vassoio con il pranzo, quindi ci dirigemmo verso il nostro solito tavolo, dove sedevano già gli altri. Due ragazze ci incrociarono lanciandoci sguardi curiosi e lo salutarono con il solito atteggiamento svenevole. Ma Marco non le notò e passò oltre.
Con i gomiti posati sul tavolo Tony trattenne a stento un sorriso, compiaciuto alla nostra vista insieme ed Emma incapace di nasconderlo, ci mostrò il suo sorriso più grande.
"Che si dice ragazzi?" – fece Marco, posando il vassoio sul tavolo di fronte a loro.
"Ditecelo voi! Sembra vi sia accaduto qualcosa di stupendo, a giudicare dai vostri occhi!" – rispose eccitata Emma.
Il mio volto prese fuoco e cominciai a rimestare nel piatto della pasta, per trovare un diversivo.
"Ci siamo messi insieme!" – ammise Marco orgoglioso, voltandosi a guardarmi.
"Dio, Elisabeth! Come sono felice! Siete fatti per stare insieme! Io e Tony lo speravamo tanto!"
Marco si avvicinò al mio orecchio – "Cosa ti avevo detto?" – sussurrò piano.
"Bentornata tra noi, Elisabeth!" – mi disse Tony toccandomi un braccio per farmi alzare lo sguardo verso di lui.
Non avevo parlato fino ad allora e gli sorrisi soltanto. Mi sentivo ancora troppo a disagio. Piano piano, però, cominciai a tranquillizzarmi, scoprendo che per loro era normale saperci insieme. Iniziai a mangiare qualche boccone, buttandolo giù un po' a fatica, mancandomi ancora la saliva e mi interessai ai loro discorsi. Marco sembrava il più tranquillo di tutti.
"Progetti per il week-end? Che si fa? Si potrebbe andare al cinema?" – propose con naturalezza.
"Oh... sì! Dicono che gli ultimi film usciti siano carini!" – suggerì Emma.
"Tu che dici Lizzy? Ne hai voglia?" – mi domandò Marco, sorseggiando la sua Coca.
"Per me va bene. Devo dirlo a casa, ma va bene..." – era così naturale ora considerare Margherita e Luigi casa mia...
In quel momento la mia attenzione fu catturata da Stefano che si stava avvicinando a noi.
Guardai immediatamente dalla parte opposta, sperando non decidesse di venire verso di me.
Fa che non venga qui! - pregai.
Ed invece me lo trovai di fronte...
"Ciao Elisabeth! Tutto bene? Sono stato in pensiero ieri sera... Ho provato a chiamarti, ma avevi il cellulare spento" – evitava di incontrare lo sguardo teso di Marco e intanto lo sfidava, rivolgendomi la parola, senza considerarlo.
"Tutto a posto..." – riuscii a dire fissandolo di sfuggita.
"Meglio così..." – guardò Marco e il suo viso tirato, poi mi fissò e non contento continuò – "E' un peccato comunque... Dovresti avere più stima di te stessa, Elisabeth! Certa gente non ti merita!"- sul suo viso comparve un sorriso strafottente.
Quello non doveva proprio dirlo!
La sua allusione a Marco si respirava nell'aria e il sangue cominciò ad affluirmi veloce alle tempie. Non ebbi il tempo di formulare una risposta alla sua provocazione che...
"Adesso basta!" – disse Marco sbattendo le mani sul tavolo. I piatti e i bicchieri tintinnarono. Cacciò indietro la sedia, facendola stridere sul pavimento e saltò in piedi con aria minacciosa - "Hai qualche problema? Eh...! Parla con me! Devi dirmi qualcosa? Che cazzo vuoi, sentiamo!? Che cazzo vuoi?!!" - sbraitò a denti stretti.
Tony gli fu immediatamente accanto e lo trattenne per un braccio "Lascialo stare, Marco! Lo sta facendo apposta!" – gli suggerì.
"Non mi vai a genio, se vuoi proprio saperlo... E non mi va come tratti le ragazze! Come tratti lei!" – puntualizzò Stefano con disprezzo.
"Marco... ti prego" - tentai di distarlo.
"E tu che cazzo ne sai di come tratto le ragazze! Eh...? Che cazzo ne sai di come tratto lei, stronzo!! Non ti permettere più di parlarle! Non la sfiorare nemmeno con lo sguardo... brutto pezzo di merda! Hai capito!" – gli urlò contro.
Presi Marco per un braccio tentando di calmarlo. Stefano fissò il mio volto teso, poi il suo. Un lampo di gelosia improvvisa lo spinse a continuare.
"Ma bene... bene... bene..." - ridacchiò nervoso - "Ora mi è tutto chiaro!"
Lo guardai senza capire.
"Non ti facevo così! Non pensavo fossi una ragazza facile! A saperlo... avrei potuto approfittarne anch'io" - continuò.
Spalancai la bocca, incredula che avesse potuto proferire quelle parole irrispettose nei miei confronti.
"Chiedile subito scusa!"
"Non devo chiedere scusa a nessuno!"
"Chiedile immediatamente scusa!!!" – gli gridò di nuovo in faccia Marco, fuori di sé.
Il personale della mensa accorse sconvolto, pronto a fermare un'altra sfuriata di Marco, mentre gli altri studenti osservavano divertiti.
Stefano sogghignò, borbottando qualcosa che non compresi. Furioso Marco strinse la sua mano, le nocche divennero bianche e fece per scagliarsi contro di lui. All'istante Tony fermò il pugno diretto a Stefano, bloccandogli il braccio a fatica.
"Marco!!! Lascialo stare!!!" – gli urlò implorante.
Non sapendo che altro fare, scattai in piedi e mi gettai tra le sue braccia, accasciando il mio viso sul suo petto. Cingendogli la vita in un abbraccio e facendolo indietreggiare.
L'ira di Marco si arrestò a fatica.
"Marco!! Andiamo fuori, ti prego!" – lo presi per una mano, pronta a trascinarlo verso l'uscita, prima che potesse ripensarci.
"Vaffanculo, Stefano!" - non riuscii a trattenermi dal dire prima di andarmene.
Marco si arrestò un'ultima volta - "Scordati il suo nome, stronzo! Prega di non incontrarmi da solo o stavolta la paghi sul serio" – lo minacciò puntandogli l'indice in volto.
"Quando vuoi!" - lo provocò Stefano allargando le braccia, con aria di sfida.
Mi passai il braccio di Marco sulle spalle, impedendogli di fare altro e lo fulminai con lo sguardo. Stefano rimase immobile, senza più parole.
Incapace di opporsi alla mia volontà, Marco mi seguì fuori, lanciandogli un'ultima occhiata intimidatoria prima di uscire. Emma e Tony ci raggiunsero in fretta e finalmente tutti ci ritrovammo all'aperto. L'aria fresca parve spegnere la rabbia di Marco. In piedi piegato in avanti, con le braccia appoggiate alle gambe, respirava forte, come si fa alla fine di una corsa, nel tentativo di riacquistare la calma. Emma e Tony si tenevano stretti ancora scombussolati dalla scena a cui avevano assistito.
"Mi dispiace, Marco. E' tutta colpa mia. Se non gli avessi mai dato confidenza... non sarebbe accaduto" – abbassai lo sguardo profondamente mortificata e mi strinsi nelle braccia.
I suoi occhi catturarono i miei e l'angoscia che vi lesse, parve suggerirgli qualcosa. Mosso da un intento preciso, tornò indietro.
"Marco! Dove vai?" - gli gridai appresso.
Per tutta risposta alzò l'indice, senza nemmeno voltarsi, intimandomi di non seguirlo ed entrò di nuovo.
Guardai Tony alla ricerca di aiuto, ma lui evitò di proposito il mio sguardo.
Che aveva intenzione di fare?!
La sua aria minacciosa non prometteva nulla di buono. Mi strinsi nella braccia, preoccupata. Dopo qualche minuto ricomparve, scuotendo una mano, col viso tirato e un sogghigno impercettibile sulle labbra. Aprì e chiuse il pugno più volte, come a riattivare la circolazione.
"Che hai fatto?" - gli chiesi allarmata.
Non rispose. Mi raggiunse e mi abbracciò stretta. Posai il mio viso sul suo petto ancora ansimante e lui mi posò un bacio tra i capelli.
"E' tutto a posto, adesso! Sta tranquilla! Non ti parlerà più a quel modo... Te l'assicuro..."
Tony gli si fece accanto e gli dette una pacca sulla spalla.
E in quel momento ebbi la certezza che Stefano si sarebbe tenuto alla larga da me. Come del resto tutti i guai che avrebbero potuto seguirmi. Adesso c'era Marco a difendermi. Con lui accanto non sarebbe successo più nulla. E anche il mio passato, che tanto mi aveva tormentato, parve lontano e non toccarmi più...
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