Capitolo 38
Mi allontanai dalla finestra ancora incredula ai miei occhi. I Dolenti ci avevano attaccato e preso Gally. Beh, per essere corretti, lui si era letteralmente gettato tra le loro braccia. Il mio sguardo incroció il corpo ancora privo di sensi di Newt. Sentivo il cuore stringersi in una morsa, stavo male nel vederlo in quelle condizioni. Il mio primo istinto era quello di precipitarmi da lui, coccolarlo e fermare l'uscita del sangue dalla ferita. Ma a questo ci pensó già mia sorella dopo avermi restituito il coltello. Scansò con un piede i pezzi di vetro, si chinó per essere piú comoda e, usando due dita, controllò il battito. Rimase ad osservarlo per diversi interminabili secondi, cosa che non mi tranquillizzó per niente. E se fosse una cosa grave? E se non si sarebbe più svegliato? La mia bocca divenne arida e il mio battito cardiaco accellerò. No, lui stava bene. Doveva essere così per forza. Minho mi posò un palmo sulla spalla e mi rivolse uno sguardo ricco di speranza, ciò mi bastó per rassicurarmi e riprendere il senno.
Beatrice sollevó un angolo della bocca e si voltó. "É solo svenuto per fortuna. Quel taglio poteva essere molto brutto."
"Già, molto brutto." le feci eco atona incrociando le braccia al petto, visibilmente infastidita ma allo stesso tempo sollevata nell'udire quelle parole ed essermi presa un infarto per nulla.
La bionda si alzó per andare a prendere ciò che le serviva sparendo dietro la porta. Quando se ne fu andata mi guardai intorno timidamente tra i presenti, come se avessi timore di quello che stessi per fare. Mi avvicinai lentamente al biondo e mi accomodai sul materasso. Newt aveva un'espressione serena, se non fosse per quell'orrenda ferita. Era adorabile osservarlo dormire. Allungai una mano e con il pollice gli accarezzai dolcemente la guancia. Le sue labbra erano serrare e non potei fare a meno di trovarle invitanti.
"Si riprenderà presto, tranquilla." la voce di Thomas ruppe quel momento e riportando alla mia mente il fatto che non fossi sola in quella stanza.
In quel momento ritornó mia sorella con cotone, benda e disinfettante. Notandomi accanto al biondo pronunció porgendomi il materiale: "Vuoi farlo tu?"
"No, sei tu il Medicale. Pensaci tu, io vado a prendere una boccata d'aria."
Detto questo mi allontanai dai due, senza guardarli ulteriormente e non sopportando di vedere i gesti premurosi di Beatrice. Venni seguita da Thomas e Minho, Chuck era rimasto nella camera a scambiare due parole con Tris.
"Dovremo valutare se la mia ipotesi sia corretta." ruppi il silenzio scendendo ancora con fatica i rumorosi scalini.
"Non avrei dovuto farti sforzare la caviglia." si scusò l'asiatico cogliendo le mie smorfie di dolore.
"No, -scossi il capo- non é colpa tua. Tu mi hai dato soltanto un compito da fare, sono stata io a sforzarla troppo."
"Quale ipotesi?" si interrogò Thomas non ricordando a cosa mi stessi riferendo.
"Alla tana dei Dolenti. Dovevamo trovare qualcosa di pesante e della stessa stazza di un Dolente e buttarlo giù dalla Scarpata per vedere se scompare." spiegai un po' perentoria.
"Oh, giusto." fece il moro. "Io direi di dare un'occhiata anche alle mappe..."
"Cosa speri di trovare?" lo interruppe Minho.
"Non saprei, mi sento stranamente ottimista." gli rispose lui.
Mi fermai ad un lato del Casolare non molto distante all'ingresso, e mi voltai verso i due interlocutori. "Cosa potrebbe essere abbastanza grande e pesante ma allo stesso tempo leggero da trasportare?"
"Bella domanda." esclamò l'asiatico.
"Potrebbe essere una cassa dei rifornimenti piena. Una di quelle di legno, intendo." ipotizzó il moro. "Tuttavia quelle che abbiamo sono o vuote o quasi."
"Non penso che vadano bene, le scorte ora come ora sono essenziali. Se le giornate fossero tranquille come la settimana scorsa, forse sarebbe stata una cosa fattibile." ragionai ad alta voce.
"Mettiamo che al primo tentativo vada male. Per essese sicuri ne dovremo prendere piú di una. Ma indipendentemente dal numero, sarebbe difficile trasportarne una o più per tutti quei chilometri." sottolineò il corvino che non aveva per niente torto.
"Se non fossero stati per quei particolari poteva andare bene." mi morsi il labbro costringendo la mia mente a trovare una soluzione.
"E se usassimo uno scatolone? Come materiale é più leggero del legno." tentò l'Intendente.
"Peró é più fragile e si romperebbe con gli oggetti dentro." gli fece notare il moro.
Studiai bene le loro parole e finalmente trovai una soluzione plausibile, o almeno lo speravo. "Potremo prendere una scatola vuota e riempirla una volta che saremo là."
"E potremo anche trasportare negli zaini gli oggetti che useremo per riempirla." concluse il mio ragionamento Minho.
"Esatto." lo sostenne Thomas che molto probabilmente era della sua stessa idea.
D'un tratto dalle scale si udirono i passi veloci di qualcuno che scendeva i gradini mentre discuteva animatamente con qualcun altro che lo seguiva con più calma.
"Ti ho detto che non voglio." esclamò il ragazzo.
"Ma vieni qui, diamine." urló la ragazza esasperata. "Cosa ti costa?"
"Non mi serve, sto benissimo." fece Newt girandosi verso Beatrice che in mano teneva una benda.
Ebbi un tuffo al cuore nel vedere il ragazzo in ottima forma, aveva l'aspetto di uno che aveva solo fatto un pisolino ristoratore di cui aveva un gran bisogno. Il biondo si teneva un panno contro la fronte segno che il sangue non si era ancora fermato. La Medicale, forse stufa di corrergli ancora dietro, si arrese riponendo la striscia di tessuto nelle tasche dei pantaloni.
"Cosa avete in mente?" si impicciò Newt che forse aveva udito qualche parola del nostro discorso.
"Niente di speciale." gli risposi con un filo di voce non guardandolo in faccia.
"Vedo che abbiamo altri problemi." cambiò discorso osservando un punto lontano. "Qualcuno deve aver dato fuoco alle mappe."
Rivolsi il mio sguardo all'edificio di cemento interessata dalle sue parole. Rivoli di fumo scuro salivano verso il cielo grigio attraverso la porta che doveva essere socchiusa. Il mio cuore avrebbe perso un battito se non avessi saputo che quelle che andavano a fuoco fossero dei normali pezzi di carta.
Mia sorella sbarró gli occhi incredula. "Ora non abbiamo piú modo di trovare una via di fuga."
"Dobbiamo vedere se qualcuna é sopravvissuta." Minho si passò una mano tra i capelli fingendosi frustrato. "Dannazione, -brontolò piú rivolto a se stesso che agli altri- prima i Dolenti poi questo..."
E fu così che afferrò il mio polso e mi trascinó verso l'edificio con agli altri tre alle calcagna, dimenticandosi che in teoria non mi faceva bene correre. Tuttavia dovetti riconoscere all'Intendente la bravura di attore mentre Thomas non aveva mosso un ciglio.
Attorno alla Stanza delle Mappe si era radunata la folla, tutti guardavano all'interno.
"Fate largo! Spostatevi!" dovette sbraitare Newt per farci passare tutti.
La porta con la maniglia a forma di timone aveva il bordo annerito dalla fuliggine. Il biondo la aprí del tutto ma assunse un'espressione sconvolta. Steso sul pavimento c'era il corpo di Alby. Il capo era disteso di schiena con un brutto taglio sulla fronte, peggiore di quello che aveva Newt. Il sangue scorreva da entrambi i lati della testa, così un po' si incrostò sugli occhi. Un ragazzo porse al biondo un tessuto umido per potergli dare una ripulita e ci informò che lo avesse trovato Winston e che alcuni Radurai erano giunti a spegnere l'incendio, ma quasi tutte le mappe erano bruciate.
"Pensate sia opera sua?" ipotizzó Thomas rivolgendosi al ragazzi di colore privo di sensi.
"Ne dubito." sospirò Minho indicando uno spigolo del tavolo. "Si vede dove ha sbattuto la testa, deve essere stato qualcun'altro."
"Magari é stato Gally prima di andare al Casolare." aggiunse in seguito per poi sussurrare: "Non importa."
"Dammi, ci penso io a lui." fece mia sorella rivolta a Newt tirando di nuovo fuori le bende.
Il ragazzo alzó la testa porgendole il panno ormai completamente zuppo. La ragazza bene una smorfia, forse impressionata dal liquido cremisi e prese a lavorare.
"Abbiamo anche noi da fare, giusto?" mi rivolsi ai miei compagni.
Così andammo a zonzo per la Radura a rubare scatoloni e qualsiasi cosa che potesse appesantirli. Mi sentivo una spia perché mi toccó curiosare in giro e mettere il naso in luoghi quasi deserti stando attenta a non farmi beccare. Quando i due me lo proposero ero del tipo: "siete in grado di farlo anche voi." Ma loro: "no, tu sei piú agile e snella."
Imprecando a piú non posso, misi quel pesante pezzo di legno, che un tempo apparteneva ad una staccionata, ai piedi del piccolo mucchietto che avevo formato. Mi sventolai una mano per trovare un po' di refrigerio ed anche Thomas e Minho ritornarono con altre cianfrusaie tra le braccia.
"Direi che potremo smettere." il moro osservava la montagnetta costituita per la maggior parte di legno -era incredibile quanto casino avessero fatto i Dolenti-, e da una minima parte di scarpe rovinate e pezzi di ferro incrinati.
Aiutai Minho nel mettere il tutto negli zaini, che erano stati presi da quest'ultimo al Casolare, e quello che non entrava dovevamo portarlo a mano. Possedevamo due scatoloni: uno non avevo idea dove lo avessero trovato mentre l'altro conteneva i miei vestiti, avevo detto a Minho che poteva rovesciare il contenuto in quello pieno e prenderlo.
La Scarpata era spaventosa come la prima volta che la vidi. Durante il percorso per arrivare lí, non incontrammo nessun Dolente. Ci mancava solo che uno di loro spuntasse da un angolo e urlasse: "Hey, tesorini! Vi sono mancato?"
Riempimmo le scatole cercando di equilibrare il materiale al loro interno, poi venne la parte difficile: trascinarle in un punto dello strapiombo e buttarle di sotto senza cadere con esse, facile no?
Avevo il cuore che andava a mille, volevo che andasse tutto per il meglio. Io e Thomas portammo la prima in un punto a caso a sinistra a limite sul bordo, aiutati da Minho la spostammo di poco in avanti spingendola da dietro. Piano piano sempre meno centimetri toccavano la pietra, poi gli oggetti si spostarono sul lato a contatto con l'aria, grazie alla forza di gravità lo scatolone cadde rovesciando un po' di oggetti. Tre paia di occhi lo guardavano fisso.
Scompari, scompari. Mi dicevo mentalmente. Ti prego, fallo.
Il corpo divenne sempre piú piccolo, con mia grande delusione non svanì. La sua "corsa" si era fermata sul pavimento sottostante con un tonfo.
L'asiatico, irritato, di sedette di peso sfogando la sua rabbia. "Tanta fatica per niente. A questo punto non credo che esista veramente una possibilità di andarsene."
Scambiai uno sguardo con Thomas. "Abbiamo un'altra chances. Magari non abbiamo preso bene il punto."
"Il punto? Non credo che se ci spostiamo di qualche metro potrebbe cambiare qualcosa." infuriato prese in tralcio d'edera che gli era vicino e lo lanciò nella Scarpata circa al centro.
Osservai la pianta cadere leggiadra nel vuoto, si faceva sempre più piccola finché non sparí. Sgranai gli occhi, non riuscivo a crederci. Un attimo era lí che precipitava come qualsiasi cosa, poi si volatilizzó nel nulla.
Sorrisi come una scema ed andai ad abbracciare Minho il quale si ritrovò con la schiena sulla pietra. "Sei un genio! Hai appena trovato la risposta ai nostri problemi."
Avevo il volto a qualche millimetro dal suo, senza riflettere molto appogiai le mie labbra sulla sua guancia dandogli un bacio affettuoso. L'umore dell'asiatico migliorò a vista d'occhio e ció gli fece tornare l'ironia. "Grazie, grazie. Sono fantastico." si strofinò le unghie sulla spalla con fare teatrale dopo che mi fui tolta da lui e avergli permesso di ritornare in posizione eretta.
Scossi il capo per poi riprendere la seconda scatola, questa volta la posizionammo nella zona in cui era sparita l'edera. Con la stessa cautela usata prima, la buttammo di sotto. Anche stavolta cadde normalmente finché il marrone si confuse con la pietra che l'aveva come inghiottito tutto in una volta.
"Direi che abbiamo abbastanza prove." osservò Thomas con le mani sui fianchi e le iridi fisse sul punto che permetteva la "sparizione". "Torniamo indietro."
La Radura sembrava tale e quale ad un giorno comune, i fatti di quella notte parevano come cancellati o che non fossero mai accaduti.
Ci recammo nello sgabuzzino dove avevamo nascosto le mappe, assicurandoci che nessuno ci fosse nei dintorni. Il moro, per tutto il tempo, aveva "rotto le scatole" riguardo a quei pezzi di carta. Sosteneva che aveva avuto un'idea geniale, era convinto che avremo scoperto qualcosa di nuovo, non aveva aggiunto altro.
Non avevamo fatto in tempo a richiudere la porta alle spalle, che il presunto "genio numero due" prese le otto scatole e condivise con noi la sua teoria.
"Abbiamo controllato di una Sezione giorno per giorno, mese per mese." spiegó piano per permetterci di capire ogni sua parola. "E se guardassimo tutte le Sezioni alla volta?"
"Eh? Non sto capendo niente." lo informai.
Si prese qualche secondo per riordinare le idee e scegliere le parole adatte per rendere chiaro e semplice quello che voleva dire. "Prendiamo le mappe di un giorno, ad esempio ieri, di tutte le otto Sezioni e le esaminiamo tutte insieme."
"Credi che non lo abbiamo già fatto?" Minho era diffidente.
"Tentar non nuoce, perché non provarci? Non costa nulla." cercai di fargli cambiare idea.
Alla fine l'Intendente diede la sua approvazione così il moro radunó nelle sue mani otto fogli. Li mise in ordine, aveva le mani tremanti, si inumidí le labbra. Potevo immaginarlo pregare che avesse ragione, che quell'intuizione fosse corretta. D'un tratto con gli occhi ancora fissi sulla carta, sobbalzó. Presa dalla curiosità, mi affiancai al ragazzo ed osservai il punto che aveva colto il suo interesse. Le linee si intrecciavano confuse come per formare una matassa disordinata, esattamente al centro pareva comparire qualcosa molto simile ad una lettera.
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