Capitolo 35
Percepii delle esili dita stringere la mia spalla con forza, nuovamente il mio avanzare venne interrotto. Fui costretta a girarmi di nuovo e guardarla in faccia. Quel tocco non fece altro che aumentare la rabbia che avevo in corpo, stavo quasi per esplodere ma il suo tono autoritario me lo impedì.
"Ti dai una calmata?" sbottò Beatrice.
La sua testardaggine e la sua determinazione avevano prevalso sul suo essere. Non mi era molto difficile immaginarla superare Newt con un'espressione sicura in volto e fermarmi. Tutto ciò solo perché voleva delle risposte. Beh, le volevo anche io ma sembrava che gli interessati fossero più concentrati a tenere in piedi quella farsa.
"No, non mi calmo." sputai acida. "Tris, lasciami andare!" esclamai avendo ormai ceduto il controllo alla collera.
La bionda negò e mi mise anche l'altro palmo sulla spalla rimasta. Interpretai quel gesto come se volesse costringermi a rimanere lì davanti a lei, a raccontarle il motivo per cui avessi reagito così. Quel modo di fare non migliorò per niente il mio stato d'animo anzi, mi convinsi sempre di più che volesse una conversazione pacifica, calma e tranquilla nella quale avremo chiarito tutto. Ci saremo riappacificati esponendo i vari punti di vista e avremo trovato, quindi, una soluzione che andasse bene a tutti.
La guardai in cagnesco. Non mi sarei sorpresa più di tanto se avesse tirato fuori dalla schiena un lungo pezzo di corda e mi avrebbe legata come un salame su una sedia per evitare che fuggissi via, anche se ostinatamente avrei preso a dimenarmi per ottenere la libertà. Scacciai quei pensieri ridicoli per concentrarmi a sbarazzarmi anche di lei.
Le posai bruscamente i palmi sul suo petto e, mandandola a quel paese con un tono che non ammetteva repliche, la spinsi non troppo forte all'indietro quindi mi allontanai frettolosamente dai due.
"Lily, perché?" la sentii implorare alle mie spalle.
Mi voltai solo per rifilarle una seconda occhiataccia. Avanzò di un passo ma subito Newt la prese per un braccio bloccandola sul posto. La bionda incatenò i suoi occhi chiari con quelli scuri di lui e schiuse le labbra per protestare ma il biondo le sussurrò sconfitto che era meglio lasciarmi in pace.
Perché non mi dicevano che stavano insieme? Sarebbe stato tutto più semplice e non mi sarei illusa di continuo.
Gally era arrivato esattamente in quel momento, quando lo chiamai trasalì per la sorpresa non aspettandosi che fossi di già alle sue spalle.
"Iniziamo oppure vogliamo perdere altro tempo?" annunciai forse un po' troppo scorbutica.
"Da dove viene tutta questa simpatia?" chiese ironico il ragazzo alzando un sopracciglio.
Mi limitai a scuotere il capo mentre la risposta assillava la mia mente. Non gli risposi, non volevo udire ad alta voce i miei pensieri, sarebbe stato troppo doloroso. Sarei crollata di fronte a lui, sotto il suo sguardo, pateticamente schiacciata dai miei stessi sentimenti. Dovevo alzare delle poderose mura intorno a me, o almeno provarci, come quelle del Labirinto. Nessuno le avrebbe scalfite, la loro protezione mi avrebbe permesso di stare meglio. Arrivai a pensare di tagliare i ponti con tutti, mi sarei isolata. Sì, avrei fatto proprio così. L'idea era molto allettante ma poi ricordai nuovamente Minho. Lui sapeva una cosa che ancora io ignoravo, mi consolava, mi incitava a reagire al meglio ed ad andare avanti a testa alta, più forte di prima. Sarei davvero riuscita ad allontanare anche lui? E poi, perché avrei dovuto farlo? Non aveva fatto niente di male. Era soltanto disposto ad aiutarmi, era un mio amico. Non era giusto nei suoi confronti che mi chiudessi come un riccio. Mi morsi il labbro inferiore come se quell'azione avesse il potere di districare la matassa di nodi che avevo nella testa. Forse era meglio se rimanessi me stessa con coloro che dimostravano di volermi bene davvero, mentre avrei alzato quella barriera di fronte a chi si prendeva gioco di me.
"Stai attenta, per poco non ti taglio i capelli." mi ammonì il Costruttore.
Sobbalzai nel sentire la voce del Costruttore, frettolosamente mi scusai affermando che avrei prestato più attenzione. Il ragazzo ruppe per il momento il contatto visivo e rise nervosamente come se trovasse la mia scusa divertente. Dopo un'intera mattinata in cui non avevo avuto molto i piedi per terra, le mie parole non erano molto credibili. Non lo biasimavo per niente. Scossi il capo e ripresi il mio allenamento, assillando la mia mente di non scivolare più tra i miei inutili problemi.
Negli scontri seguenti ero presa nell'osservare i suoi movimenti sicuri nonostante la mia attenzione traballasse per via della caviglia, diverse volte costrinsi il ragazzo a fare una pausa perché ero stremata dal dolore, dalla fatica. Non mi piaceva supplicarlo ogni due secondi di fare una sosta per via delle mie condizioni non proprio ottimali. Ogni volta che aprivo bocca però, Gally non si lamentava mai, sembrava che conoscesse fino a dove mi potessi spingere e quindi quando fosse il momento di staccare un po' la spina per ricaricare l'energia esaurita nel combattimento. Nonostante questo mi sentivo insicura, era come se mostrassi la mia fragilità al ragazzo. Ciò non mi piaceva per niente, mi sentivo debole ed esposta agli attacchi nemici. Preferivo di gran lunga tenermi tutto dentro, era più semplice rispetto ad aprir bocca. Solo io potevo sapere come mi sentissi realmente. Gli altri avrebbero visto solo una maschera sorridente, un'illusione. Solo quando non ce la facevo più, mi sarei decisa a svuotare il peso che nel mentre si era formato per aver taciuto troppo a lungo.
Il mio rivale balzò all'indietro liberando le due lame argentee mettendo della distanza tra di noi. Il silenzio che era calato sulla "lotta", veniva interrotto solo dalle voci di sottofondo che provenivano dai ragazzi che lavoravano nelle vicinanze. Le nostre lente azioni avvenivano come se fossero riflesse da uno specchio: alzavamo il piede da terra per poi ripoggiarlo, avanzando di lato come dei granchi e tracciando un cerchio tra la polvere della pietra. Nessuno dei due sembrava volenteroso di attaccare per primo, la tensione cresceva mentre ci scrutavamo negli occhi come per decifrare ciò che passava nella mente dell'altro. Ruppi quel momento avventandomi su di lui. Gli rifilai un fendente e per poco non gli tranciavo di netto una spalla se lui non avesse parato il colpo. Sbarrai gli occhi e un brivido freddo mi scese lungo la schiena, in quell'attimo la paura mi aveva assalita bloccandomi. Una serie di immagini raccapriccianti -che facevano concorrenza con quello che succedeva all'interno del Macello- mi passarono davanti agli occhi. La fastidiosa vocina della mia coscienza infranse le mie paranoie e per una volta le fui grata.
Ripresami dalla shock, attorcigliai le dita della mano sinistra lentamente attorno all'elsa come le spire di un serpente. Alzai la spada di nuovo in alto e di scatto descrissi un arco che si abbatté sul corpo del ragazzo. Prontamente il colpo venne fermato tenendo la sua arma verticale davanti a sé. Se la mia mossa avesse avuto successo, a questo punto il ragazzo sarebbe ridotto davvero male. Il filo della lama era a pochi millimetri dal suo naso, misi ancora più forza nelle braccia sperando di far stancare il ragazzo e fargli perdere la presa sulla spada. Percepii i muscoli gonfiarsi per lo sforzo, il risultato che ottenni fu che la mia arma si abbassò ancora di più verso il suo corpo, perciò il mio rivale fu costretto a piegare leggermente le gambe e affidarsi alla tenacia dei suoi muscoli per evitare di ritrovarsi uno squarcio sulla base del collo e un altro sul volto.
Un sorrisetto maligno si dipinse nel mio volto dato che notai i suoi piedi cedere terreno essendo in una posizione scomoda. Il corvino ne era consapevole, per rimediare puntò i piedi a terra attingendo dalla sua determinazione la forza di vincere quello scontro. Il filo della sua spada era sempre più pericolosamente vicino alla sua faccia, se non trovava una soluzione alla svelta si sarebbe ferito sul serio. Tuttavia avevo fiducia in lui, conoscevo a grandi linee il suo potenziale. Ero certa che non mi avrebbe delusa, presto avrebbe tirato fuori un asso dalla manica. Il metallo strofinato produsse un fastidioso stridio, simile ad un lamento che fece venire la pelle d'oca a chi lo udiva. Nel bel mezzo di quella situazione critica, un luccichio passò davanti ai suoi occhi scuri. Era giunto ad una soluzione, ora gli mancava solo l'occasione adatta per metterla in atto. Il ragazzo arretrò velocemente. Per la sorpresa di quell'azione rimasi lì impalata senza battere ciglio, troppo concentrata a capire cosa gli fosse passato per la mente. La distanza tra i nostri corpi era aumentata di nuovo, in questo modo il mio sfidante poteva attingere meno forza rispetto ad una distanza più ravvicinata, poteva contrattaccare meglio e tutto ciò solo per una mia piccola distrazione. Rinnovai la mia stretta con entrambe le dita sull'elsa e feci per attaccarlo ma lui, con una mossa del polso mosse l'arma nel verso opposto al mio. La botta era stata così improvvisa e forte che la presa sulla mia arma si allentò. A quel punto abbandonai l'arma lungo il mio fianco, alzai l'altro braccio in segno di resa e sospirai sconfitta: "Va bene, va bene. Hai vinto."
Un sorriso soddisfatto spuntò sul suo volto. "Mi avevi davvero messo in difficoltà, prima." riconobbe compiaciuto di come fosse finito il duello.
"Dopo tutto non sono stata molto deludente." strofinai la punta del piede sulla pietra e riallacciai il contatto visivo dopo averlo abbassato per un attimo.
"Non è che sei deludente, ..." fece lui.
"Si, ho capito. Non c'è bisogno che tu lo dica." lo interruppi bruscamente. "Posso andare?"
Il ragazzo acconsentì quindi gli diedi le spalle e sparii all'interno del Casolare. Camminai a passo veloce per raggiungere la mia stanza, sperando di non incontrare mia sorella nel tragitto. Durante tutto il percorso per arrivare nella camera e nel tornare indietro fino al piano terra, non incontrai nessuno. Forse era perché camminavo a spasso spedito, oppure perché ero immersa nei miei pensieri talmente tanto, da essermi staccata dalla realtà, cosa che mi riusciva benissimo negli ultimi tempi.
Guardai circospetta l'ambiente per assicurarmi che non ci fosse nessuno. Quando constatai che non ci fosse anima viva, tirai un sospiro di sollievo, mi stropicciai gli occhi e meccanicamente passai i polpastrelli sui capelli. Solo allora mi accorsi che avevo ancora le ciocche intrecciate nella treccia e i fiori incastrati tra esse. Le dita di Beatrice si erano mosse con sicurezza per creare quell'opera d'arte, come l'aveva definita lei. Con quelle stesse mani aveva toccato Newt, me la immaginai affondare il palmo nella chioma bionda sistemandogliela dolcemente. Un'ondata di ribrezzo mi investì in pieno, con molta poca grazia mi tolsi l'elastico e lo gettai a terra come se fosse fatto da schifosi insetti sporchi di fango. Allargai le ciocche e con forza le tirai quando si annodavano, ignorando che mi stessi facendo male. Gettai anche i fiori sul pavimento, per qualche secondo li osservai. In me crebbe il desiderio di schiacciarli con la suola della scarpa, freddamente alzai il piede per farlo ma all'ultimo non lo feci dato che non ne valeva la pena. Mi ripassai una mano tra i capelli per ravvivarli e sciolsi gli ultimi nodi.
L'acqua scendeva fresca lungo il mio corpo mentre i pensieri ritornavano facendomi soffrire. Per quanto tempo erano andati avanti così? Da quanto si frequentavano? E se mi fossi sbagliata? Un piccolo spiraglio di speranza si era aperto in mezzo alle mie preoccupazioni. Se avessi mal interpretato tutto? No, no. Avevo visto benissimo quello che era successo, mi stavo solo illudendo. L'immagine era ancora impressa nelle mie pupille. La loro vicinanza, i volti nascosti. E le loro mani? Non erano visibili, e se erano intrecciate? Le stesse dita che avevano sfiorato le mie, le stesse che mi avevano abbracciato o che mi avevano preso per i fianchi. Ora erano interessate a mia sorella. Beatrice era giunta in silenzio e sempre senza proferire parola, mi aveva rubato Newt da sotto il naso. Oppure era lui che si era stancato di me. Forse era colpa mia se si era allontanato... Ma cosa stavo dicendo? Scossi la testa per scacciare quel dubbio. Non era colpa mia, non avevo fatto nulla. La colpa era tutta loro.
Uscii dalla doccia, mi asciugai velocemente quindi mi rivestii. Il mio malumore però non voleva andarsene con tanta facilità. Mi investí in pieno, non potei fare nulla se non lasciarmi sopraffare. Caddi in ginocchio di peso -la mia caviglia non era molto d'accordo-, mi coprii il viso con le mani e le lacrime presero a scorrere. Percepii il volto scaldarsi, e la tiepida acqua salata bagnarmi le guance. Il respiro si fece irregolare, scosso da singhiozzi. La mia mente proiettava la causa del mio dolore, più ci rimuginavo sopra più mi sentivo male. Staccai i palmi dal viso e con i polpastrelli mi asciugai le lacrime copiose che continuavano a cadere. Abbandonai il capo sulla parete e incrociai le braccia al petto. Il dolore si era insediato benissimo nel mio corpo, penetrava in ogni angolo donandomi una sofferenza terribile.
"Hey, perché piangi?" con un tempismo perfetto una familiare e dolce voce si avvicinò.
Portai le iridi su Minho che studiava il mio volto come se potesse trovare la risposta. Non avevo le forze per aprir bocca quindi mi abbandonai sul suo petto visto che il ragazzo mi aveva offerto le sue braccia come rifugio. Il ragazzo mi accarezzava la schiena sperando che potesse migliorare la situazione. Vedevo ancora tutto appannato, ogni boccata d'aria faceva male come se avessi un'enorme spina conficcata nei polmoni. Mi morsi il labbro screpolato come se potessi bloccare i miei lamenti.
"Dimmi che hai." mi sussurró insistente nell'orecchio dopo avermi dato un affettuoso bacio sulla testa.
Scossi il capo non essendo ancora pronta a fiatare. Mi scansai di poco dal suo corpo giusto per potermi asciugare le guance con le mani.
"Stai meglio?" chiese cauto col timore che potessi riaffogare nel dolore.
"Un po'." la mia voce era tremante come una fiamma in mezzo ad una bufera.
Minho sapeva che qualcosa non andasse, lo si leggeva negli occhi ma era consapevole che per il momento non glielo avrei detto. Mi porse una mano per aiutarmi ad alzare, la accettai senza pensarci molto. Mi appoggió un palmo dietro la schiena per rassicurarmi ancora un po', così procedemmo lasciando alle spalle quel luogo.
Più ci stavamo avvicinando all'esterno, più si udivano delle voci impaurite, le stesse di quella mattina. Scambiai uno sguardo al Velocista ma anche lui non sapeva quale fosse la fonte di tutto quel casino. Lo scricchiolio delle assi si confondeva con gli schiamazzi dell'esterno, in poco tempo fummo fuori e il caos ci si parò di fronte. Ragazzi impalliditi correvano a destra e a sinistra, altri cercavano di calmare le acque con scarso successo dato che erano spaventati anche loro.
"Ma che diamine..." esclamò l'asiatico osservando incredulo tutto quel trambusto.
Minho scorse tra la folla impazzita un ragazzo, proprio l'ultima persona che volevo vedere al mondo, e gli venne incontro lasciandomi per un attimo indietro. Ero intenzionata a girare i tacchi e allonatarmi subito, fregandomene di scoprire il motivo di tutto ciò, ma le mie gambe decisero per me così riaffiancai il mio capo.
"Si puó sapere che succede?" chiese alzando il tono per sovrastare il vociare.
"Ma come? Non l'hai capito?" fece Newt irritato. Quando vide Minho corrugare le sopracciglia non riuscendo a seguire il suo discorso, il biondo riprese: "Guarda l'ora, caspio. Le mura non si sono chiuse questa sera."
Angolo scrittrice:
Buonsalve people!
Come state? Spero bene, in questi ultimi mesi sono successe un po' di cose ma almeno la scuola é finita così possiamo tirare un sospiro di sollievo. Giugno é arrivato e questo significa che ci ritroverete con parecchi miei aggiornamenti :')
Dite che riuscirò ad ultimare questa storia? Io spero di si, hahaha.
Spero che il capitolo abbia colmato l'attesa, scusatemi ma ero davvero molto impegnata con la scuola. L'anno prossimo sarà peggio dato che mi aspetta la Maturità, :'(
Tornando a noi, qualche capitolo fa si era aperto il dibattito nei commenti sul nome della ship "Newt + Angelica", io l'ho già ideata vediamo se voi l'azzeccate, hahaha. Sono curiosa di sapere cosa inventerete, tra qualche capitolo dirò chi ci é andato vicino/ci ha preso.
A presto,
~Soff
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