Capitolo 34
La tenue luce illuminava la stanza attraversando il piccolo vetro della finestra. Un materasso era appoggiato sulla parete sinistra con accanto una sedia dall'aspetto non molto stabile. Ciò che mi turbò e catturò la mia attenzione furono le persone sedute sul letto. Un ragazzo dagli inconfondibili capelli biondo scuro se ne stava di fronte ad una ragazza. Il volto di Beatrice era quasi totalmente coperto da Newt, dal poco che potevo osservare, lei teneva le palpebre serrate e le labbra formavano una linea sottile. Avevo un nodo alla gola e percepii il mio muscolo cardiaco perdere un battito alla vista di tutto ciò. Non ero certa di poter mai metabolizzare quello che stavo osservando, non lo avrei mai superato o almeno non del tutto. Nella stanza nulla alleviava il silenzio e la tensione, la quale era fitta come la nebbia in una fredda ed umida giornata. Volevo correre via di lì. Via da quel dolore che mi riempiva il cuore avvelenandolo. Ma non potevo o meglio non ci riuscivo. Per quanto mi sforzassi avevo i piedi ancorati nel pavimento come se qualcuno mi ci avesse versato sopra del cemento a presa rapida. L'apice venne toccato quando Newt mosse il capo verso mia sorella e lei non si scostò di un millimetro, rimase impassibile.
Dalle mia labbra uscì un'impercettibile domanda: "Come avete potuto?"
Esattamente in quell'attimo tutto quello che trattenevo mi cadde addosso. Il mio cuore, già lesionato, si ruppe del tutto diventando definitivamente polvere. Scappai di lì, me ne fregai del fatto che i miei passi si sarebbero sentiti e del dolore alla caviglia gonfia. In confronto quel tormento non era niente rispetto a quello a cui avevo appena assistito. Alle mie spalle udii altri passi veloci. Sicuramente erano quei due che, dopo aver amoreggiato credendo di essere lontani da occhi indiscreti e dopo aver percepito qualcuno correre via, avevano interrotto il loro magico momento per scovare chi li avesse colti con le mani nel sacco. Mi facevano schifo. Avrei dovuto prevederlo, qualche giorno fa li avevo visti abbracciati, per non parlare degli sguardi che si scambiavano...
Scossi il capo cercando di allontanare quelle immagini dolorose. Una parte di me si ostinava a credere che il cervello mi avesse fatto un brutto scherzo ma la realtà era quella: li avevo visti scambiarsi un bacio. I miei pensieri vennero scacciati violentemente dalla mia testa a causa di una fitta che si diramò dal punto dolorante ricoprendo tutto il piede e arrivando poco sopra la caviglia. Per poco non persi l'equilibrio e non finii col volto a terra, prontamente appoggiai un palmo sulla parete e la utilizzai come sostegno. Avanzavo lentamente, di tanto in tanto appoggiavo il piede sul pavimento per verificare se la fitta era passata e quindi se riuscissi a mettere un piede davanti ad un altro autonomamente.
Varcai la soglia della porta, finalmente potei prendere le mie armi ed allontanarmi da quell'edificio. Caddi al suolo di peso ancora incredula. Le lacrime minacciavano di fuoriuscire perciò vedevo sfocato, mi strinsi le braccia al petto e lentamente mi avvicinai una mano verso gli occhi per asciugarli. Feci dei respiri profondi e placai per il momento il dolore. Strisciai verso la spada e strinsi in un palmo il fodero come se mi potesse dare forza. Mi rimisi in pozione eretta e circondai i fianchi con la cintura. Quel gesto mi alzò l'umore di poco, mi sembrava fossero passati anni dall'ultima volta che me l'ero messa in vita. Meccanicamente incastrai i pugnali nel cuoio, Gally non mi aveva detto di prendere anche quelli ma in un duello era una buona cosa tenere delle armi nascoste. Zoppicando vistosamente ritornai sui miei passi, la mia andatura era molto traballante e per diverse volte rischiai di finire contro il corridoio, come se non bastasse l'articolazione prese a pulsare ed urlare pietà. Diverse volte mi appoggiai al muro per riprendere fiato stando attenta a non buttare il peso sulla caviglia. Respirai profondamente più volte e con una smorfia di dolore dipinta sul viso, avanzai ancora un po'.
Giunta ai piedi della prima rampa di scale, posai lo sguardo su quel dannatissimo corridoio. Sembrava che non ci fosse nessuno. Non volava una mosca. Riportai le iridi davanti a me e vidi Gally salire veloce i gradini.
"Sapevo che non dovevo lasciarti andare da sola." mi sgridò.
Aveva un'espressione severa come se stesse riprendendo un bambino vivace. Ricambiai lo sguardo torvo, cosa che in quel momento mi riuscì molto bene dato quello che era accaduto.
"Dai, vieni qui." aggiunse addolcendo il tono vedendo che mi muovessi con difficoltà.
Mi passò un braccio dietro la schiena e mi tenne stretta a lui per aiutarmi a scendere meglio le scale.
"É successo qualcosa?" chiese dopo un po'.
"No, tutto ok." la voce che fuggì dalle mie labbra era fredda come la neve, mantendo lo sfuardo fisso davanti a me convincendomi che fosse veramente così.
"Mmh." fece lui lanciandomi un occhiata.
Temetti che avesse notato gli occhi arrossati e quindi la mia menzogna, per questo motivo stavo per sottolineare che non fosse avvenuto niente di rilevante ma osservando Gally capii che non fosse più interessato all'argomento.
Ci fermammo poco distante dal Casolare esattamente tra la Gattabuglia e il muro di pietra. Il ragazzo mi aveva tolto il braccio dai fianchi non appena ci eravamo lasciati alle spalle l'ultimo gradino quindi proseguimmo senza scambiarci molte parole. Il ragazzo mi si parò di fronte e fece un cenno per assicurarsi che fossi pronta. In risposta estrassi la spada e così il duello ebbe inizio.
Gally prese l'iniziativa attaccandomi, parai il colpo senza sforzarmi molto. Le punte delle armi si scontrarono diverse volte mentre entrambi cercavamo di escogitare una strategia efficace. Menai un fendente ma venne evitato da un balzo di lato. Ero talmente presa dalle mosse che decidevo di usare, che non mi accorsi che il Raduraio mi fece una finta e per poco non mi fece volare dalle mani la spada. Mi appuntai mentalmente di stare più attenta e indirizzai una serie di colpi decisi e veloci al ragazzo che all'inizio ebbe fatica a pararli. Il ragazzo mi rifilò una stoccata, arretrai di un passo ma buttai il peso sul piede sbagliato. Mi regalai una serie di imprecazioni mentali mentre una smorfia di dolore si dipinse sul mio volto quindi mi piegai istintivamente in due, alzai un braccio verso il corvino e lo pregai di rallentare i movimenti. Tornai in posizione eretta avendo più cura della mia caviglia. Le azioni divennero col tempo meccaniche, i muscoli facevano una cosa mentre la mente scivolò nel mare dei pensieri. Fino a quel momento quest'ultima era stata occupata a seguire il combattimento ma col passare dei minuti si era stancata preferendo ritornare a ciò che mi faceva stare male. Venni riportata alla realtà -cosa che durò poco tempo, dato che gradualmente ripresi a farmi castelli di carta- quando con la coda dell'occhio realizzai che la punta della spada era a qualche millimetro dalla mia guancia. Sbattei gli occhi diverse volte chiedendomi il motivo per cui non avessi parato il colpo. Per via del mio comportamento distaccato, Gally ebbe la meglio diverse volte e altrettante ricevetti una tirata d'orecchi da parte sua.
Il Costruttore emise un sospiro esasperato. "Devi distrarti di meno, sai fare meglio di così."
Borbottai un'affermazione sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio quindi strinsi più saldamente l'elsa e provai un affondo. Il ragazzo si divertiva a rifilarmi una serie di mosse che avevano lo scopo di farmi stancare e perdere la presa sull'arma. Come al solito il mio rivale teneva il busto scoperto perciò feci una finta e sbattei il piatto della spada non troppo forte sulla sua pancia.
"Abbassi sempre la guardia." commentai monotona come se stessi ripetendo lo stesso argomento da diverse ore.
"Ha parlato quella sveglia." mi rimbeccò rotando gli occhi al cielo. "Da che pulpito poi..."
"Falla finita." borbottai schivando un fendente.
Stranamente non ce l'avevo con lui, sentivo solo l'esigenza di chiudermi nuovamente in me.
"Lo hai fatto di nuovo." scattò il ragazzo abbassando l'arma.
"Eh?" lo guardai confusa non sapendo cosa lo avesse fatto alterare questa volta.
"Sei distratta!" esclamò. "Se Minho mi avesse detto che non avevi voglia di allenarti, non avrei buttato via mezza giornata di lavoro."
"Non avrò più la testa tra le nuvole." gli promisi concludendo così il discorso perdendo l'occasione di attaccarlo.
Per dimostrargli che non avesse perso tempo, feci scontrare la mia arma con la sua diverse volte e di scatto gli toccai il mento con la punta. Il ragazzo alzò il braccio libero sopra la sua testa come segno di resa e sorrise compiaciuto.
Stavo per riattaccare quando venne annunciata la pausa. Con il dorso della mano mi asciugai il sudore che inumidiva la mia pelle, rimisi la spada nel fodero e mi incamminai verso le cucine seguita dal ragazzo. Per tutto il tragitto non volò una mosca, non ero molto in vena di conversare per questo fui grata di non sentire la voce del Costruttore. I ragazzi non si erano ancora ammassati nell'entrata ma stavano iniziando a lasciare il lavoro per mettere qualcosa sotto i denti. Presi la mia porzione di cibo e ringraziai il cuoco con un sorriso forzato, mi sedetti in un tavolo dove non c'era nessuno, precisamente in un angolino. Ogni tanto buttavo sguardi alla porta e mi preparavo a schizzare via non appena ne avessi avuto l'occasione, come una preda che sfugge al suo aggressore. Volevo stare sola cercando di aggirare ciò che mi turbava. Per un attimo ci riuscii ma accanto a me presero posto le due persone che proprio non volevo vedere: Newt accanto a me mentre Beatrice davanti. Posai per un momento gli occhi su di loro poi rivolsi totalmente la mia attenzione al piatto colmo di cibo isolandomi ancora una volta. Un attimo prima avevo fame, ora come per magia il mio stomaco si chiuse. Mi ricordai di quel tardo pomeriggio in cui li avevo visti abbracciati, la mattina dopo Minho mi consolò incitandomi a mangiare qualcosina per reagire a quello che avevo visto. Sospirai e mi imposi di ripulire il piatto facendo tesoro delle parole dell'asiatico. D'un tratto vidi delle dita schioccare davanti agli occhi e alzai il capo verso chi avesse compiuto l'azione.
"Hey, perché non parli?" fece mia sorella.
Adesso fai anche la finta tonta? Pensai acida. Cos'è, ora ti interessa come sto?
"Ero assorta nei miei pensieri." fu ciò che uscì dalle mie labbra.
"Sei sicura di star bene?" insistette Newt dai cui occhi traspariva preoccupazione.
Borbottai un sì e mi riempii la bocca di cibo così avevo una momentanea scusa per non parlare. Ora pure Newt si metteva a recitare la parte. La loro presenza mi dava fastidio, ma non potevano lasciarmi in pace? Ma soprattutto, perché non se la finivano di farmi l'interrogatorio? Ad un certo punto avevo smesso di guardarli in faccia e le mie risposte erano sempre più sintetiche. Il culmine venne toccato quando il biondo appoggiò delicatamente il suo palmo sul mio braccio. Alzai di botto lo sguardo e fissai irata un punto non definito vicino al viso di Beatrice irrigidendo la mascella. In altre circostanze quel contatto mi avrebbe fatto molto piacere ma dopo quello che avevo visto, l'ultima cosa che volevo era che il ragazzo mi sfiorasse.
"Non mi toccare." sibilai a denti stressi togliendomi la sua mano in malo modo.
Newt aggrottò le sopracciglia e senza degnarlo di altri sguardi, mi alzai di scatto dal tavolo. Li sentii entrambi pronunciare il mio nome ma feci finta di nulla camminando ad ampie falcate con le mani strette a pugno. Non avevo fatto in tempo ad uscire che una mano mi prese per il polso e mi fece voltare di colpo. Il viso meraviglioso del biondo mi scrutava ancora con un'aria interrogativa. Tentai di passare sopra al fascino che emanava e liberai il polso girandolo tra le sue dita e strattonandolo contro il pollice e l'indice.
"Che ti prende?" sussurrò avvicinandosi.
Iniziavo ad averne abbastanza. Le mie dita incontrarono l'elsa di uno dei coltelli che avevo ai miei fianchi. Si strinsero attorno all'arma talmente forte che le nocche divennero bianche, e subito puntai la lama al suo collo. Il ragazzo impallidì e sbarrò gli occhi temendo che potessi fargli male sul serio. Si fece coraggio avanzando di un passo.
"Angie metti giù il coltello." mi impose senza battere ciglio sapendo che la distanza tra la punta e la sua pelle era sempre minore.
Caricai il mio sguardo d'odio, nonostante ogni fibra del mio essere voleva sciogliersi di fronte quel soprannome che non sentivo da molto tempo. Misi da parte i sentimenti quindi gli toccai il mento con la punta fredda del metallo.
"Non fare così, possiamo parlare con calma." ora la sua voce si era addolcita.
Volevo tantissimo credere alle sue parole, sistemare tutto ma non potevo, non dovevo lasciarmi convincere da ciò che pronunciava. Il ragazzo notò il mio tentennamento e cercò di approfondirlo. Stavo quasi cedendo quando al suo fianco spuntò mia sorella. Mi irrigidii nuovamente e premetti con più forza la lama sulla pelle.
"Troveremo una soluzione se..." provò Beatrice ma la zittii urlandole che dovesse fare silenzio.
"Sei ancora sotto la mia supervisione." mi minacciò Newt decidendo di abbandonare le parole dolci per delle maniere più pesanti. "Posso toglierti il tuo lavoro ma soprattutto le armi. Avevamo deciso che non dovevi fare sciocchezze... "
Scocciata più che mai da quel teatrino, girai i tacchi nel bel mezzo della sua ramanzina e raggiunsi a passo svelto Gally che già mi stava aspettando.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro