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Capitolo 33

Nel silenzio di quella strana mattinata, il mio stomaco prese a brontolare decidendo per me dove mi dovessi recare. Percepivo ancora il sangue ribollirmi nelle vene per la rabbia. Ma come si era potuto permettere Newt di alzare la voce con me? Da quando ero arrivata non aveva mai usato parolacce in mia presenza. Era sempre stato carino e gentile nei miei confronti, addirittura si preoccupava se stessi bene. E adesso? Era esploso senza una ragione logica, come una fiamma libera vicino ad una sostanza infiammabile. Mi riteneva per caso irritante? Mi ero guadagnata in qualche modo il suo rimprovero? Ora mi sentivo un po' in colpa, l'avevo forse provocato? Era colpa mia se aveva reagito così? Mi sarei dovuta comportare meglio, addolcire il tono ed attenuare la rabbia. Mi morsi il labbro, come di consueto i miei sentimenti per il biondo erano contrastanti: ero sia arrabbiata che triste per aver litigato con lui.
Emisi un sospiro esasperato, le mie preoccupazioni vennero accantonate dall'arrivo di Beatrice alle mie spalle facendomi prendere uno spavento. Non avevo fatto in tempo a notare una cascata di capelli biondi che si stava avvicinando correndo, che la ragazza mi prese per un braccio.

"Oh, scusa." fece la mia gemella notando che fossi trasalita. "Dove andiamo?"

"Ho fame." la informai con un filo di voce.

La cucina era affollata, la mia speranza di rubare una sedia ad uno dei tavoli per essere più vicina alla mensola andò in frantumi. Mandai Beatrice dentro l'edificio a prendere qualcosa di commestibile. La ragazza si appiattì vicino all'entrata per far passare un ragazzo poi entrò mischiandosi con le altre persone. Strinsi le palpebre e mi misi sulle punte per riuscire a trovarla ma era come svanita nel nulla. 

"Cerchi qualcuno?" chiese una voce, le parole erano un po' confuse dato che il proprietario aveva la bocca piena.

Chuck mi guardava con occhi curiosi mentre con il cucchiaino prendeva piccole porzioni di cereali. Dopo qualche attimo mia sorella ritornò da me tenendo sopra la testa un bel pacco di biscotti per evitare di perderlo tra la gente.

"Ho dovuto fare a pugni per questo." ironizzò porgendomi il bottino prezioso.

Tutti e tre ci appoggiammo sul pavimento in un punto non molto distante dall'edificio. Distrattamente lanciai uno sguardo al cielo. La tinta grigia pareva non andarsene, era come se un telo grigio fosse stato cucito sopra l'azzurro. Per una frazione di secondo dubitai che fosse una cosa normale.

"Sembra rotto." annunciò qualcuno ma le mie orecchie non captarono bene la frase perché non ero molto attenta.

Riportai bruscamente lo sguardo tra i presenti cercando con gli occhi chi avesse appena parlato.

"Il cielo, sembra rotto." ripeté Chuck dopo essersi pulito la bocca.

"No, è impossibile. Insomma è il cielo..." scossi la testa incapace di comprendere il ragionamento del ragazzino.

"Se ci pensi bene questo spiegherebbe delle cose." fece Beatrice sostenendo la sua teoria. "Dà una  risposta al fatto che non piove mai, il sole non si vede, ..."

"Quindi mi state dicendo che quello che abbiamo sopra la testa è un "affare" artificiale e che poof... un giorno ha smesso di funzionare?" feci le virgolette con le dita alla parola "affare" e simulai un esplosione quando pronunciai poof. "Ma tu non eri d'accordo con me sul fatto di non allarmarsi?" mi rivolsi questa volta a mia sorella.

In risposta lei alzò le sopracciglia. "Sto valutando tutte le possibili piste."

"E poi non ho mai detto di essere dalla tua parte." aggiunse in seguito.

Scossi il capo con un'espressione accigliata in volto. "Ma se anche fosse, non penso che un cielo artificiale sia in grado di riprodurre fedelmente il tramonto o l'alba o le stelle. Qualche difetto deve pur averlo." ribattei ostinatamente.

La mia gemella sospirò, segno che anche lei non sapesse a cosa credere. "I muri sono molto alti, -posò gli occhi chiari sui grossi colossi di pietra- la vedo abbastanza difficile installare qualcosa sopra di essi. E poi, anche se fossero più bassi, come avrebbero fatto? Come si fa con la carta da parati?"

"Vi immaginate i Creatori sopra una scala altissima con in mano il pennello per incollare le strisce?" scherzò Chuck.

"E magari in testa portano un cappello di giornale." aggiunsi immaginandomi delle persone crudeli compiere quell'azione.

Ci guardammo tra di noi per qualche silenzioso secondo poi scoppiammo in una fragorosa risata.

"Mah, non so Chuck. Forse è davvero un immensa nuvola carica di pioggia." supposi non molto convinta delle mie parole dopo essermi ripresa.

La bionda si batté i palmi sulle cosce e ci informo che fosse molto tardi e che quindi dovesse iniziare a lavorare per non prendere una sgridata da parte di Jeff. Agguantai il pacco di biscotti per riportarlo nelle cucine e nel mentre mi costrinsi ad inventarmi qualcosa per passare la giornata.
Giunta alle cucine trovai qualche cuoco, tra cui Frypan, intento a pulire piatti, padelle e trovare qualcosa da cucinare per pranzo. Li guardai con uno sguardo un tantino malinconico, in quel momento avrei tanto voluto sparire tra i corridoi del Labirinto ma a causa di quella maledetta caviglia, ancora dolorante, non potevo. Realizzai di essermi completamente dimenticata di chiedere a mia sorella dove avesse preso il cibo. Come unica soluzione che mi venne in mente in quell'attimo, lasciai cadere di peso il pacco su un tavolo. Udendo quel rumore Frypan si voltò e, notando che fossi soltanto io, mi sorrise lasciando a metà l'asciugatura di un bicchiere. "Hey, fagiolina. Come va?"

Alzai le spalle prendendo un bel respiro. "Diciamo bene." abbassai lo sguardo in terra e strofinai la punta di una scarpa sul pavimento.

La verità era che andava tutto malissimo. Volevo dare una risposta alle mie domande ma più il tempo passava, più avevo a che fare con altri dilemmi. A Newt piacevo? Perché ieri mattina Beatrice era strana? Mi nascondeva qualcosa? Perché il cielo era grigio?

"La caviglia va un po' meglio." mi affrettati ad aggiungere riportando lo sguardo sul ragazzo e stringendomi nelle spalle. "Se sto in piedi o cammino non sento molto dolore, dovrei cercare di non sforzarla."

"Minho e Thomas sono nel Labirinto, sembravano avere molta fretta." mi informò il cuoco come se avesse letto nella mia mente.

"Nel Labirinto?" lo interruppi stupita. "Ma non è troppo presto per riprendere a lavorare?"

Frypan alzò le spalle, neanche lui conosceva la risposta. "Saranno affari dei Velocisti, pensavo che lo sapessi."

Stavo per riaprire bocca ma il ragazzo alzò il capo facendo cenno che qualcuno mi cercasse. Mi voltai con il cuore un po' in gola temendo che fosse Newt ma le mie iridi incrociarono quelle scure di Gally. Sperai vivamente che volesse parlare il cuoco ma mio malgrado si rivolse a me.

"Ho sentito che parlavate di Minho, questa mattina è venuto da me. Vuole che riprendiamo gli "allenamenti" con la spada." mi informò mettendo in bella vista l'arma che brandiva nelle mani.

Dopo sistemo quel pive... Maledissi mentalmente l'asiatico.

Tentai di assumere la faccia meno accigliata che avevo a disposizione, lo superai borbottando che dovessi salire nella mia camera per prendere le mie armi. Il fatto che mi seguisse di pochi passi mi dava sui nervi, avevo l'impressione di avere una corda o un qualcosa che mi tenesse vicina, collegata a lui. Durante tutto il tragitto ci scambiammo poche parole riguardo a come stessi, il cambio di colore del cielo e a quanto Minho ci tenesse che continuassi ad allenarmi anziché oziare tutto il giorno.

"Tua sorella é meno scontrosa di te, comunque." commentò il ragazzo di punto in bianco.

Mi bloccai di colpo, sbarrai gli occhi e percepii la bocca divenire arida. Il mio cuore prese a battere furiosamente  e le parole che uscirono dalle mie labbra erano tremolanti. Gally mi venne addosso ed imprecò sul fatto che avessi arrestato la mia marcia di botto.

"M-mia sorella?" balbettai senza volerlo. "N-non ho una sorella."

Il ragazzo alzò un sopracciglio e socchiuse gli occhi come se stesse studiando il mio volto ma soprattutto le mie parole. Vedendolo reagire così mi affrettai, forse troppo velocemente, ad aggiungere che non sapessi di cosa stesse parlando. Il Costruttore interruppe per un attimo il contatto visivo e scosse la testa, aveva di certo compreso che stessi mentendo.

"Poi smettere di dire cacchiate?" incrociò le braccia al petto come se fosse un essere superiore. 

Mi sentivo come se fossi sull'orlo di un precipizio accerchiata da Dolenti, non avevo via d'uscita. Dietro di me si apriva il vuoto mentre davanti mi aspettava una morte certa. Non avevo via d'uscita, forse glielo dovrei dire...

"Anche un tonto l'avrebbe capito, Alby non se l'è bevuta la tua bugia." la sua voce interruppe il flusso dei miei pensieri  e fece riferimento al giorno in cui Beatrice era stata mandata nella Radura. "Nessuno lo ha fatto."

"Beh, al mondo ci sono sette sosia di noi stessi. Potrebbe essere uno di quei casi." non seppi dove mi venne in mente questa "genialata" ma sperai vivamente di creare un dubbio nella mente del Raduraio.

Emise un verso esasperato e mi guardò male. "Non credo, Bea differisce da te solo dai capelli e dagli occhi. Avete la stessa età, un carattere simile come la vostra altezza."

Il resto del suo discorso non lo seguii molto, il mio cervello si era fermato sul nomignolo con cui aveva chiamato mia sorella. Erano per caso diventati più intimi? Come si permetteva a chiamare mia sorella "Bea"? Ma pure lei non si poteva scegliere qualcuno di migliore? Qualcuno che non odiassi magari? Ma poi cosa ci trovava Beatrice di simpatico in Gally? Questo doveva proprio spiegarmelo...

"Va bene, va bene." lo interruppi bruscamente riprendendo a camminare. "Adesso mi lasci andare a prendere quello che mi serve?"

Fortunatamente durante il pezzo mancante di strada nessuno dei due si azzardò ad aprire bocca, quando giungemmo alla meta litigai col ragazzo sul fatto che volessi che mi aspettasse fuori. Si era impuntato di accompagnarmi, nonostante lo avessi rassicurato che ci avrei messo poco. La situazione era degenerata quando aveva affermato che, con la mia caviglia malandata, ci avrei impiegato un'eternità. Ovviamente persi le staffe rispondendogli a tono, per un po' andammo avanti con insulti ma alla fine raggiungemmo un compromesso. Lui avrebbe aspettato fuori ma se io avessi perso più tempo del dovuto -come lo aveva definito lui-, sarebbe entrato per vedere che fine avessi fatto. E magari avrebbe aggiunto una ramanzina, aggiunsi mentalmente.

Il Casolare era silenzioso come sempre, per il momento le urla di Alby non si udivano segno che si stava rimettendo in sesto. Con il passare delle ore il suo tormento lo stava abbandonando gradualmente, mi aveva rivelato mia sorella. Ogni tanto quando chiudevo gli occhi, la mia mente proiettava l'immagine del suo corpo privo di sensi avvolta nelle tenebre della notte. La Mutazione stava passando, presto sarebbe stato meglio, mi augurai. Salendo i gradini scricchiolanti mi immersi nei miei fitti pensieri ma delle voci vivaci colsero la mia attenzione. Appartenevano a due persone, a causa dello scricchiolio che produceva il legno non riuscii bene a distinguerle. Ero ferma nel primo piano, più i secondi passavano più mi convincevo di essermelo immaginato. Ad una prima occhiata del corridoio mi parve che non ci fosse nessuno ma poi le due persone si scambiarono qualche altra parola oltre che una risata. Travolta dalla curiosità, svoltai l'angolo a destra e in punta di piedi cercai di scovarli sperando che il rumore non mi tradisse. Le porte chiuse si susseguivano, iniziai a provare una certa ansia ma ne ignoravo il motivo. I secondi presero a scorrere lenti come se un'entità superiore li ostacolasse.
Ma perché lo stavo facendo? Sarebbe più saggio tornare indietro, raggiungere il prossimo piano e prendere ciò che mi serviva. Stavo perdendo tempo ma ormai la curiosità governava il mio corpo.
A qualche metro da me, scorsi una porta socchiusa. Quando fui finalmente di fronte mi maledissi di non dato retta alla mia titubanza.

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