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Capitolo 24

Tutto piombó in un silenzio irreale.
Mollai la presa dal braccio di Alby e corsi verso la porta chiusa non credendo a quello che era appena successo anche se l'avevo dedotto poco prima. Strinsi le palpebre e scivolai sul freddo pavimento, serrai le dita a pugno e portai il braccio all'indietro quindi lo indirizzai con forza verso la pietra. Dalla mano si sprigionó una lieve fitta, la ignorai perché non la ritenni abbastanza forte quindi ripetei l'azione diverse volte fin quando non ebbi le dita doloranti. Utilizzai il dolore per impegnare la mia mente distraendola dalla situazione attuale.
Mi portai i palmi sul volto, diverse emozioni mi investirono.
Volevo riaprire gli occhi e realizzare di essere nella mia stanza al sicuro. Volevo credere di essere nella Radura, circondata dai miei amici.
Invece ero ancora dentro al Labirinto. I Dolenti potevano sbucare all'improvviso. Thomas e Minho erano feriti e Alby sembrava mezzo morto.
I miei pensieri peró erano orientati da tutt'altra parte.
Non riuscivo a cancellarmi dagli occhi la scena che avevo appena assistito. La Radura aveva l'aspetto di sempre, i muri grigi ne delimitavano il perimetro. Si scorgeva la Stanza delle Mappe, che a quella distanza, aveva le sembianze di un ammasso di sassi non molto grande. Infine c'era quell'elemento fuori posto: una lunga fila di ragazzi era di fronte alla porta. Guardavano preoccupati il corridoio, quando ci videro in lontananza iniziarono ad incitarci.

"Dai, forza. Ce la state facendo." urlavano speranzosi che presto saremo rientrati.

Ma il tempo non era dalla nostra parte, avevamo fatto tardi quindi eravamo rimasti chiusi dentro.
La cosa che mi toccó di piú era la presenza di Beatrice e Newt anche se non ero riuscita a vederli bene in volto. Osservarli vicini non mi piacque per niente ma per quella situazione riuscii a mettere da parte la gelosia. Mia sorella era preoccupata, aveva paura, si arrotolava nervosamente una ciocca bionda attorno all'indice, forse intuendo quello che sarebbe successo di lí a qualche minuto.
Newt aveva i capelli piú spettinati del solito -cosa che in altre circostanze avrei ritenuto bellissima-, aveva gli occhi puntati sulla scena mentre si mordeva le unghie.
Poi le porte iniziarono a diminuire la distanza che le separava, Beatrice mosse un passo intenzionata ad aiutarci ma Newt la prese in tempo per un polso. La ragazza cercó di divincolarsi dalla sua presa e lo guardó in cagnesco ma lui riuscí a trattenerla tirandola verso di sé e dicendole qualcosa che non riuscii bene a decifrare. Esattamente quando le iridi azzurre e nocciola incrociarono le mie verdi, la pietra ci divise.
Non mi ero sentita tanto vuota in vita mia.
Staccai le mani dal volto, l'oscurità si faceva piú fitta, presto sarebbe diventato buio pesto. Le uniche fonti di luce che avevamo erano la piccola fessura della porta che proiettava una lunga e sottile linea chiara sul pavimento, anche se sarebbe rimasta per poco visto la velocità per cui il cielo si scuriva, e gli occhi rossi delle Scacertole che si divertivano a spiarci e studiare ogni nostra singola mossa.
Percepii una mano appoggiarsi delicatamente sulla mia spalla come se volesse tentare di rassicurarmi. Alzai il viso e incontrai gli occhi scuri di Thomas che mi guardavano comprensivi.
Alzai un angolo della bocca, o almeno mi parve fosse cosí, per far capire al ragazzo che stavo bene e che quell'attacco di rabbia che avevo avuto prima, fosse passato.
Il moro si sedette accanto a me con la schiena appoggiata contro la porta e lo sguardo fisso in un punto non definito davanti a lui, assolto probabilmente nei suoi pensieri.
Da quello che la poca luce mi permetteva di vedere, Minho aveva appoggiato delicatamente il ragazzo di colore sul pavimento. Gli prese il polso per controllare il battito poi per essere sicuro, appoggió un orecchio contro il suo petto.

"Come sta?" chiesi con un filo di voce sorprendendomi di sentire per la seconda volta la mia voce uscire dalla bocca.

"Non ne ho idea. Il respiro sembra regolare ma il battito é accellerato." mi rispose il corvino.

"Riusciremo ad arrivare a domani e Alby sarà ancora vivo." speró Thomas.

"Siamo morti, tutti morti. Lo vuoi capire?" si lamentó l'asiatico. "Deve prendere subito il DoloSiero per restare vivo."

"Sopravviveremo." lo contraddissi sperando di portare un po' di ottimismo. "E Alby terrà duro fino a domani."

Ignoravo cosa fosse il DoloSiero e a cosa si andasse incontro dopo. Non sapevo nemmeno se ci fossero delle conseguenze dopo la puntura.
Anche se il primo in comando non mi era molto simpatico, non volevo che morisse sotto i miei occhi. Certo, aveva fatto una cosa stupida nel prendere a calci quel mostro. Forse se non lo avesse fatto, sarebbe ancora cosciente e tutti saremo rientrati in tempo.
Oppure il Dolente si sarebbe rianimato lo stesso e noi saremo stati nella stessa situazione in cui ci trovavamo.

"Tu non hai capito, nessuno é arrivato al giorno dopo." ribatté l'Intendente.

Decisi di ignorarlo anche se iniziavo a credere alle sue parole. Forse non saremo mai riusciti a restare vivi.
Posai gli occhi sulla maglietta bucherellata di Thomas per distrarre la mente dai pensieri negativi. Gli sfiorai la schiena con i polpastrelli, il Velocista nel sentire quel contatto sobbalzó leggermente. A causa della mancanza di luce, il sangue che colava dalle ferite sembrava nero come il petrolio. Non essendo una Medicale, non me ne intendevo di ferite ma, ad una prima occhiata, non sembravano tanto gravi. Sperai vivamente fossero superficiali. Per un attimo rivissi la pioggia di pietra, avevo ancora impresso nelle orecchie il sibilo dell'appendice metallica squarciare l'aria. Se il moro non fosse intervenuto mi sarei trovata la testa spaccata. Rabbrividii nell'immaginarmi stesa a terra esanime con una chiazza scura di sangue che si allargava velocemente. Scossi il capo per scacciare quel pensiero, dovevo vedere il lato positivo: Thomas mi aveva salvata anche se aveva ottenuto dei tagli sulla schiena. Eravamo vivi e nemmeno messi tanto male.

Poteva andare peggio. Pensai. Molto peggio.

Incrociai le braccia al petto ma nel farlo sentii qualcosa di liquido bagnarmi la pelle, a quel contatto feci una smorfia di dolore con il cuore in gola osservai i polpatrelli intrisi di sangue. Ero stata talmente presa dalla situazione che non mi ero resa conto di essermi ferita le braccia.

Grandioso. Pensai ironica.

Non feci in tempo a formulare quel pensiero che dalle profondità del Labirinto si udí uno sferragliare. Sembrava che delle catene venissero trascinate come se i corridoi fossero popolati da spettri maligni. Come se non bastasse si levó un suono sinistro simile a delle unghie che picchiettavano il vetro.
Non era la prima volta che sentivo rumori del genere quindi sapevo benissimo cosa ci stava venendo incontro, nonostante ció il cuore prese a battere veloce e mi irrigidii nel figurarmi l'aspetto del mostro.
Non potevo vedere il viso dei miei amici ma giurai che fossero sbiancati e che avessero gli occhi puntati verso la fonte di quei rumori.

"Dobbiamo muoverci, abbiamo piú possibilità di sopravvivere cosí." sobbalzai nell'udire le parole di Minho da una parte perché non mi aspettavo che parlasse e dall'altra perché non pensavo potesse dire una cosa cosí.

Feci per rispondergli ma il ragazzo schizzó verso un corridoio a sinistra.

"Minho!" gli gridai contro alzandomi di scatto per raggiungerlo.

La mia vista notturna era pessima, non riuscivo a distingure esattamente niente. Per evitare di dare facciate ai muri, misi in avanti le braccia e per una volta ringraziai la presenza di alcune Scacertole che mi illuminarono per pochi secondi la strada.
Mi imposi di memorizzare il percorso cosí non avrei rischiato di perdermi e in contemporanea tentavo di distinguere i miei passi da quelli di Minho.
Dopo aver svoltato a sinistra mi fermai per capire da che parte fosse andato il Velocista.
In tutti gli angoli eccheggiava il rumore di un motore che faceva muovere degli arti meccanici. Se chiudevo gli occhi potevo disegnare con chiarezza le parti metalliche del Dolente.
Rabbrividii per l'ennesima volta ricordandomi del precedente scontro col "mostro redivivo".
Da nessuna parte, peró, si udivano dei passi "umani" quindi tornai indietro meravigliandomi di spuntare nel corridoio principale senza che mi perdessi o esitassi una sola volta.
In quel punto l'avanzata del Dolente si udiva ancora distante.
Una piccola Scacertola dal corpo cilindrico e da una dozzina di zampe, camminó lungo il pavimento illuminandolo. Rimasi per un momento accecata da quella fonte improvvisa di luce, quando mi fui abituata esaminai il corridoio aspettandomi di trovare Thomas e Alby -magari quest'ultimo aveva ripreso conoscenza- ma invece non c'era nessuno.

"Tom?" chiamai il moro con il cuore che mi martellava contro il petto e stringendo le dita attorno all'elsa della spada pronta per sguainarla se fosse stato necessario.

"Sono qui." la voce un po' ansimante provenne dal muro di fronte esattamente tra i rami d'edera.

Da quel poco che riuscii a dedurre, Thomas stava cercando di alzare Alby da terra legandolo con il rampicante.

"Cosa stai facendo?" chiesi non capendo perché volesse fare tutta quella fatica con la schiena sanguinante.

"Sto tentando di farci arrivare a domani. Ho pensato che potremo fregare il Dolente se ci nascondessimo qui in mezzo." spiegó. "A proposito, hai trovato Minho?"

"No, é sparito." quando sentii il moro imprecare per il dolore, mi apprestai a dargli una mano visto che a quelle condizioni non andava da nessuna parte.

Alby era stato issato dal pavimento a un'altezza di circa un metro, quattro talci di edera erano legati con un nodo non troppo stretto attorno ad ogni suo arto. Thomas era avvolto a sua volta attorno ad un rampicante poco piú in alto e stava liberando una gamba per portarla poco piú su.
Se la pianta infestante poteva sopportare il peso del Velocista, che era sicuramente molto maggiore del mio, allora non mi sarei dovuta preoccupare del fatto che potesse reggermi o meno.
Sulla base di questa convinzione, afferrai un ramo e mi issai trovando anche un appiglio per il piede sulla pietra irregolare. Rischiai un paio si volte di perdere la presa ma grazie a Dio non finii con il sedere per terra. Una volta arrivata all'altezza di Thomas, lo aiutai a far salire il ragazzo di colore ancora privo di sensi di qualche centimetro.
Tutto quel sciogliere, alzare e legare, mi distrasse dalla mia preoccupazione principale: il Dolente.
La bestia aveva continuato inarrestabile la sua marcia sinistra, le punte delle zampe metalliche producevano un terribile ticchettio sulla pietra. La sua puzza simile a carne bruciata mischiata con olio per motori, riempí i miei poveri polmoni i quali imploravano aria pulita.
Non appena afferrai un altro rampicante e fissai il piede su un altro appiglio, la creatura avente l'aspetto di una massa informe di carne viscida, rotoló sul pavimento a qualche metro da dove mi trovavo.
Ora dalla "palla" spuntarono le zampe e le appendici che finivano con ogni sorta di cosa tra cui aghi, piccoli artigli che avevano la capacità di afferrare le cose e persino delle piccole lucine.
Il mostro avanzava di qualche centimetro alla volta, mi dava l'impressione che tutte le sue azioni fossero calcolate in modo da far bloccare per la paura chiunque tentasse di scampargli.
La bestia era esattamente sotto di me, mi dovetti mordere il labbro per evitare di imprecare per via della puzza.
Diedi un'occhiata veloce al resto del corridoio, era tutto tranquillo e nessun altro mostro volette aggiungersi. Riportai gli occhi su quello che avevo sotto, con mia sorpresa notai che si fosse in qualche modo spento. Se ne stava ranicchiato sul pavimento, immobile; mi voltai verso Thomas colta da un'improvvisa speranza.

"Possiamo saltare giú e scappare." ma la frase mi morí in gola dopo che il Dolente si rianimó.

Un sassolino cadde dalla fessura in cui era il piede destro, seguii la sua caduta con gli occhi impaurita fino a quando non andó a sbattere contro la pellaccia del mostro e quest'ultimo sembró accorgersene.

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