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Capitolo 20

Non era possibile. Secondo ogni pensiero razionale, quello che avevamo appena visto non era assolutamente possibile. Il mio cervello si rifiutava di dare una soluzione accettabile a quello che avevo assistito.
Come faceva una creatura grande quanto una piccola mucca a sparire saltando semplicemente da uno strapiombo?
Mi spostai di qualche passo, tentando di non fare un volo di diversi metri, con lo sguardo fisso nel punto in cui si era volatilizzato il mostro.
Niente. Questo era tutto quello che vedevo e riuscivo a comprendere.
Avevo azzardato l'ipotesi che la posizione in cui mi trovavo quando era svanito, mi avesse impedito di vedere il cadavere per terra, magari coperto dallo stesso moncone di pietra, quindi mi ero scansata di qualche metro ma quello che avevo teorizzato si riveló un buco nell'acqua.
E se il Dolente fosse sopravvissuto alla caduta e quando aveva appoggiato le zampe per terra, avesse corso o rotolato sotto di noi impedendoci di vederlo? No, non poteva essere. Qualsiasi essere vivente, ibrido o meno, che avesse fatto un salto del genere sarebbe di sicuro morto spiaccicato. E anche se fosse stato vivo, dopo l'atterraggio avrebbe prodotto fastidiosi stridii metallici, cosa che non era successa a meno che non fosse diventato improvvisamente silenzioso.
Riassumendo la situazione: era sparito nel nulla.
Per un attimo temetti che potesse rispuntare e farmi a fettine, perció strinsi le dita attorno all'impugnatura della spada fino a far diventare le nocche bianche. Mi immaginai di trovarmi di nuovo faccia a faccia con la bestia, potevo percepire chiaramente l'olio caldo e puzzolente che scorreva lento sulla mia pelle. Scossi il capo per scacciare quel pensiero ridicolo.

"É inutile che analizzi la Scarpata, il Dolente é sparito." fu Thomas a parlare.

Quindi questa é la famosa Scarpata.

Mi voltai a guardare i due Velocisti in segno di spiegazioni, di sicuro quei due ne sapevano piú di me.

"So cosa stai pensando, questa é una delle tante cose che non riusciamo a spiegarci." mi informò Minho.

Rilassai le dita che stavano ancora stringendo la spada come se poco prima si volessero aggrappare ad essa, lasciando cosí la presa dall'arma.

"Fatemi capire bene." tentai di riordinare le poche informazioni che avevo. "Da un bel pezzo esiste questa cosa -dissi indicando con l'indice il vuoto sottostante- in cui spariscono magicamente i Dolenti."

"A grandi linee si, é cosí." mi confermó l'asiatico.

"E non ci avete perso tempo a capire come fanno? Non so, magari é una possibile via di fuga a meno che non sia un vicolo cieco pieno zeppo di Dolenti assetati di sangue." teorizzai sperando vivamente che non fosse cosí.

"Non sapevo avessi istinti suicidi." commentó sarcastico Thomas.

"Beh lo hai detto tu stessa." intervenne l'asiatico. "Se ipoteticamente riuscissimo a saltare senza ammazzarci, potremo trovare un posto ricco di Dolenti."

Feci per ribattere ma il ragazzo proseguí convinto. "Se te lo stai chiedendo, abbiamo già provato a lanciarci dei sassi ma non sono scomparsi."

"Non é una bella idea stare cosí vicini alla Scarpata, sarà meglio andare." suggerí Thomas chiudendo il discorso.

L'Intendente appoggió quanto detto e ognuno ritornó per la propria strada.
In quella storia c'era qualcosa che non mi portava: non era possibile che lanciando dei sassi non si avesse notato la loro scomparsa. Ovviamente quando avevano scoperto ció, non ero ancora arrivata, quindi non potevo sapere se in quel momento si fossero distratti oppure se avessero prestato attenzione.
Le soluzioni a questo punto erano due: o quei Radurai avevano buttato i sassi in tutte le direzioni tranne nel punto esatto in cui sarebbero spariti, o non c'era effettivamente una risposta logica.
Cosa c'era di diverso tra un Dolente e un sasso? Beh, il primo era pericoloso, pungeva, poteva ucciderti in una frazione di secondo, era tra le cose piú ripugnati che io abbia mai visto finora. Il secondo era piccolo, innoquo a meno che qualcuno non te lo lanciasse in testa.
Una piccola illuminazione si infilò nella mia mente, e se centrasse qualcosa la differenza di massa? Insomma, un Dolente é bello grosso rispetto a un misero pezzo di pietra staccato dal muro. E se avesse azionato qualcosa, tipo un meccanismo strano di cui ignoravo il funzionamento? Ok, meglio fare un passo indietro. Un Dolente aveva una certa massa quindi buttandosi dalla Scarpata potrebbe aver attivato qualcosa perché appunto era bello grande. Un sasso era leggero quindi lanciandolo potrebbe non aver fatto partire nessun ingranaggio. Per confermare o smentire la mia tesi ci sarebbe bisogno di buttare di sotto un qualcosa che avesse una massa simile a quella del mostro. Se quell'oggetto scompariva in un punto qualsiasi come aveva fatto la bestia, avevo ragione; se non spariva avevo torto.
Per un attimo mi sentii un genio.
E se i Dolenti si buttassero in un punto preciso?

Dannazione, non pensavo che dare un senso a quello che avevo visto, fosse cosí complicato ed estenuante.

Mi era venuto pure il mal di testa, mi massaggiai il punto dolorante e in contemporanea aumentai il passo perché Minho aveva svoltato all'ultimo minuto e rischiavo di perderlo di vista.
Varcammo la porta nascosta della Sezione uno, come feci il giorno prima, ad ogni svolta recidevo circa un metro di edera e mi sforzai di memorizzare il percorso.
Arrivamo ai pressi di un vicolo cieco quindi facemmo una pausa.
Il turbinio dei pensieri nella mia mente non aveva accennato a calmarsi, la figura del Dolente steso a terra era ancora indelebile sui miei occhi. Se quella bestia avesse cambiato direzione puntando verso me e l'asiatico, non avremo fatto in tempo a capacitarci del pericolo che ci avrebbe ucciso o punto. Ora mi appariva evidente che il lavoro che svolgevo non era una passeggiata, non dovevo prenderlo sotto gamba. Dovevo mantenere fede alla promessa che avevo fatto a Newt. Tutto questo mi portò ad immaginare la scena in cui Minho e Thomas furono rincorsi dal mostro fino alla Radura, deve essere stato tremendo. Al solo pensiero un brivido corse lungo la mia schiena.

"Hey tesoruccio, trovi molto interessante il muro coperto di edera?" una mano mi sventoló davanti agli occhi riportandomi bruscamente alla realtà.

"Eh? Cos...?" farneticai.

"Hai sempre la testa tra le nuvole ultimamente." mi fece notare l'Intendente con uno strano sorriso nel volto.

"Primo: non chiamarmi "tesoruccio". Secondo: togliti quel ghigno dalla faccia, per favore." gli imposi portando la bottiglia alle labbra.

Ci rimettemmo in marcia col dubbio sul motivo per cui mi aveva sorriso in quel modo.
Pregai che non ci fosse niente sotto, con Minho non si poteva sapere niente.
Svoltammo in diverse direzioni, percorremmo corridoi, che a mio parere erano sempre interminabili.

Correre e tagliare. Correre e tagliare. Mi ero abituata a ripetermi in mente come se fosse una canzoncina.

Dopo diverse pause e altre infinite ore, ci fermammo per il pranzo. Quel momento mi parve adatto per esporre i miei pensieri riguardo alla Scarpata, visto che li avevo tenuti per me escludendo per il momento il mio amico.

Il ragazzo peró fu piú veloce di me ponendomi una domanda alquanto inaspettata che mi spiazzó parecchio. "Tra te e Newt c'é qualcosa?"

Sbarrai gli occhi, sentii le mani sudarmi, il cuore battere per l'ansia e per poco non mi andó di traverso il boccone di cibo. Mi passarono negli occhi tutti i momenti che avevo trascorso con il biondino. In effetti se qualcuno ci avesse visti, cosa molto probabile, sarebbe saltato a quella conclusione. Ora capivo perché prima mi avesse sorriso cosí: sospettava qualcosa.

"N-no, siamo s-solo amici." balbettai tossendo di tanto in tanto.

"Ne sei sicura?" alzò un sopracciglio segno che non credeva a quanto detto.

"S-si." cercai di essere convincente ma fui tradita dal colorito delle mie guance.

Una vocina stridula e fastidiosa nella mia mente urló: "Bugia. Bugia. Fortuna che ti eri promessa di non dirle piú."

Un'altra piú pacata le rispose: "Non vorrei essere pignola ma non ha detto una vera menzogna. Non stanno insieme anche se pare esserci qualcosa di piú..."

Perfetto adesso ci si mette pure la mia coscienza.

"E poi non capisco perché ti interessi tanto." dissi con tono deciso dopo essermi ripresa e aver attenuato la mia temperatura corporea.

"Cosí per sapere." rimase vago lui per poi rimettersi in piedi per percorrere a retroso il percorso.

Oddio, non é che piaccio a Minho? Pensai sbarrando gli occhi.

Il ragazzo parve notare la mia reazione e si affrettó ad aggiungere: "Tranquilla, qualcuno ha già messo gli occhi su di te."

Quelle parole non aiutarono a migliorare la situazione, scossi il capo per scacciare i dubbi che le sue parole mi fecero venire quindi ne approfittai per raccontargli le mie ipotesi.

"Frena, frena. Non ho capito niente." mi interruppe Minho proprio quando stavo per ultimare le mie conclusioni.

"Effettivamente é una cosa un po' complessa." ammisi un po' affaticata dalla corsa.

Mi presi qualche secondo per ordinare le informazioni. "Quello che sto tentando di dire é che magari il pavimento che si vede dalla Scarpata é finto."

"Bene genio, come spiegheresti il fatto che si vedono i sassi cadere?" mi fece notare.

"Beh, ho ipotizzato centrasse la differenza di massa, come ti dicevo prima."

"In poche parole noi vediamo il Dolente scomparire perché azionerebbe qualcosa visto che é grosso." gesticolò lui abbastanza confuso.

"Esatto, quindi potrebbe essere un'illusione vedere i sassi cadere."

"Ci sono cose che ancora non mi portano ma il tuo ragionamento non mi sembra completamente sbagliato."

A quelle parole feci un respiro di sollievo, ero grata di non doverlo spiegare per la milionesima volta.

"Per vedere se hai ragione, dovremo buttare di sotto qualcosa, hai pensato anche a quello?"

"No, serve una cosa grande. Forse una grossa cassa, possibilmente anche pesante." mi grattai la testa non sapendo dare una risposta chiara a quel quesito.

Senza che me accorgessi, mi ritrovai a percorrere il corridoio principale dove in lontananza si scorgeva la porta aperta che dava sulla Radura.
Appena fuori dal Labirinto, mi accasciai ansimando sul freddo muro e scolai l'ultima bottiglia d'acqua.

"Muoviti tesoruccio, non abbiamo ancora finito di lavorare." mi ricordó Minho.

"Scusa mamma, mi concedi altri cinque minuti di pausa?" supplicai ancora accaldata dalla corsa.

Come se non avesse sentito quello che avevo pronunciato, il Velocista mi prese per un braccio obbligandomi ad alzarmi per andare nella Stanza delle Mappe.
Non c'era molto movimento nei dintorni, i ragazzi erano parecchio impegnati nel loro lavoro, scrutai la zona in cerca di mia sorella ma non riuscii a scorgerla.
Mi tolsi l'elastico dai capelli, stufa di quella acconciatura, poi lo infilai nel polso quindi mi passai una mano in testa cercando di sistemarmi il groviglio di riccioli.

Chissà che faccia avrebbe fatto Beatrice nel vedermi spettinata.

Quando alzai lo sguardo, mi trovai davanti ad una scena che non avrei mai pensato mi si presentasse davanti. Certo, per un attimo mi era passato per la mente ma era una preoccupazione che avevo ritenuto non rilevante. Vederla davanti agli occhi, peró mi aveva fatto un certo effetto.

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