Capitolo 17
Era una situazione cosí assurda che credetti di stare ancora sognando. Il mio cuore non aveva accennato a rallentare, avrei tanto voluto correre via, urlare, piangere, rifugiarmi nella mia camera e non uscire piú.
Per un attimo ebbi le vertigini e credetti che la pietra del pavimento si stesse sbriciolando sotto ai miei piedi, una cosa simile accadde quando lessi quella strana targhetta nel Labirinto. E pensare che era stato solo il giorno prima.
Dalla Scatola era uscita una ragazza, indossava delle scarpe bianche, dei leggins neri e una maglietta a maniche corte bianca. I capelli biondi e lisci le arrivavano poco piú sotto delle spalle, teneva una mano sugli occhi mentre il viso era rivolto verso il basso, a causa del cambiamento brusco di luce, e parzialmente nascosto nell'incavo del collo di Newt il quale la teneva saldamente per la vita tra le sue braccia muscolose.
Nel vederli in quel modo mi sentii strana, forse un po' tradita; per uno strano motivo percepivo crescere la rabbia dentro di me e volevo che si separassero subito.
Il biondo la liberó dalle corde e la ragazza, abituatasi della potenza della luce, alzó il capo -e per mia immensa gioia si scostò dal petto di Newt- rendendo visibili i suoi lineamenti che a quanto sembrava erano identici ai miei. Avevamo gli stessi tratti del viso, le stesse labbra, lo stesso naso. Tutto uguale come se fossimo due fotocopie. Se non fosse stato per il colore dei capelli e degli occhi era impossibile distinguerci. Ora capivo perché i ragazzi si erano voltati a guardarmi.
Gli occhi azzurri della ragazza scrutarono impauriti ogni singolo volto dei Radurai, per ultimo si soffermò sul mio. Sentivo l'istinto di correrle in contro, di abbracciarla, di dirle che andava tutto bene ora che eravamo di nuovo unite ma non potevo farlo quindi mi limitai a stringere le braccia al petto e serrare le mie labbra rendendole una sottile linea rossa. Non ero sicura che fosse davvero lei, non ricordavo il suo aspetto ma allo stesso tempo volevo scacciare tutti gli interrogativi e credere che era davanti a me, in carne ed ossa.
Per un attimo la nuova arrivata pareva rassicurata dalla mia presenza, il suo sguardo infatti sembrava meno spaventato e piú tranquillo o magari era una mia impressione dovuta dal mio desiderio che lei mi riconoscesse, che si ricordasse di me.
Ringraziai mentalmente Alby che finalmente fece terminare quel terribile momento in cui ero al centro dell'attenzione.
"Benvenuta nella Radura." annunció il capo.
La ragazza udendo il nome di quel luogo corrugó le sopracciglia, per lei il nostro gergo le era del tutto estraneo esattamente per chiunque di noi quando arrivó per la prima volta.
Poi un ragazzo che era poco piú avanti di me esclamó: "Cos'ha in mano?"
Ero stata talmente presa dal suo aspetto che non mi ero resa conto del fatto che tenesse in mano un piccolo pezzo di carta. La Fagiolina si riscosse ricordandosi solo allora di averlo ancora stretto tra le dita. Ció mi fece ricordare il ritrovamento della spada, avrei messo la mano sul fuoco che per lei fosse avvenuta la stessa cosa. Riuscivo ad immaginarmi la scena: lo aveva trovato casualmente poco distante da lei, sarebbe andata sotto lo spiraglio di luce per capire di cosa si trattasse ma a causa degli scossoni non ci era riuscita. Per un momento mi parve di risentire quei tremendi scossoni e fastidiosi rumori metallici.
Newt lo sfiló dalle sue dita, cosa che non mi piacque molto, e lo lesse. "Lei sarà l'ultima. Per sempre."
Un brusío di voci si diffuse nell'aria, riuscii a cogliere alcune frasi come: "Volevo altre ragazze." oppure "In che senso sarà l'ultima?"
Alby urlò di smetterla e proseguí: "Bene ragazzi, le presentazioni le faremo dopo. Ora tornate a lavoro, ci occuperemo noi di lei."
In men che non si dica la folla si sparpaglió, feci per correre verso il Casolare ma il ragazzo di colore aveva altri progetti per me.
"Dove credi di andare?" disse prendendomi per un braccio e guardandomi torvo per poi fare cenno alla ragazza. "La conosci?"
"No, non so chi sia." mentii, la mia voce uscí stranamente roca.
"Eh allora perché ti somiglia tanto?" insistette lui stringendo di piú il mio braccio.
"Non lo so. Ti dico che non la conosco." mi trattenni dal rispondergli a tono.
"Se scopro che sai qualcosa di questa storia, altro che spalare sploff dalle stalle, ti butto direttamente dalla Scarpata." mi minacció puntandomi un dito contro.
La bionda piegò la testa nel sentire altre parole di cui non conosceva il significato, vedendola cosí mi si strinse il cuore e mi fece ritornare in mente i primi giorni della mia nuova vita.
Il ragazzo di colore mollò la presa e io potei allontanarmi, quando fui abbastanza lontana per non far dubitare il capo delle mie parole, mi morsi il labbro e incrociai le braccia al petto tenendo lo sguardo fisso sul pavimento polveroso.
Come avevo potuto mentire cosí? Mi facevo schifo da sola, non me lo sarei mai perdonata. Avevo rinnegato l'esistenza di mia sorella.
Scossi il capo per accantonare momentaneamente i pensieri e mi decisi ad alzare gli occhi, passeggiando avevo trovato qualche ragazzo che mi squadrava da capo a piedi, le loro occhiate erano decisamente piú pesanti di quando uscii dalla Scatola. Piú che altro in quella situazione mi osservarono con fare curioso e non indagatorio. Avevo paura che "esaminandomi" potessero conoscere o leggere tutto quello che mi tenevo dentro ovvero la bugia e i sogni. Mentire era una cosa terribile, prima di quel momento lo avevo fatto solo una volta per inghiottire il mio pianto. Mi promisi mentalmente di non farlo piú visto che mi stava logorando dentro facendomi stare male con me stessa.
Sospirai già stanca di quella situazione, dopo diversi passi giunsi alla mia meta.
Avanzai il piú lentamente possibile mentre le assi scricchiolavano e l'odore di polvere e muffa mi riempiva i polmoni.
Ero ancora scossa dall'aver visto mia sorella sbucare fuori dalla Scatola? Sí.
Mi ribolliva ancora il sangue nelle vene per averla vista attaccata a Newt? Decisamente sí.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai scivolare contro poi mi tolsi dai fianchi i pugnali e la spada. Nascosi il volto nei palmi e inalai quanta piú aria possibile per poi gettarla fuori.
Se ieri era stata una giornata ricca di emozioni, oggi é stato peggio.
Presi un pugnale e lo lanciai verso lo scatolone mezzo vuoto sperando di fare centro ma non fu cosí, stessa cosa accadde per il secondo. Esasperata dalla situazione, mi alzai pigramente trascinando i piedi sul legno, posai la spada sul materasso e presi il cambio per la doccia pregando che almeno quella mi aiutasse a calmarmi.
L'acqua fredda non bastò a cancellare le mie preoccupazioni ma soprattutto non riuscivo a togliermi dalla testa l'immagine di quei due abbracciati. Mi aveva fatto uno strano effetto, simile a una pugnalata nello stomaco, infondo avevo perso la testa per il biondo quindi era normale essere gelosi.
Ma io non sono gelosa, giusto?
Mi passarono negli occhi tutti i momenti piacevoli che avevo passato con Newt: il Tour, i suoi abbracci "tranquillizzanti", il lavoro agli Orti, il bacio mancato e la sera prima. Mi mancava tremendamente, ogni volta che lo vedevo provavo una voglia assurda di stringerlo tra le mie braccia e passare piú tempo possibile in sua compagnia.
Devo darmi una cacchio di calmata. Mi ripetei mentalmente. Vedo Newt praticamente sempre e dorme nella camera accanto alla mia, sto esagerando.
Uscii dalla doccia asciugandomi velocemente, i miei occhi incontrarono lo specchio e non potei fare a meno di rinfacciarmi l'estrema somiglianza con la nuova arrivata.
Come se i miei problemi non fossero già abbastanza, un gruppetto di quattro ragazzi -di cui io non conoscevo il nome- capeggiati da quella testa di caspio di Zart, entrarono di gran lena nel bagno. Spaventata presi il resto dei vestiti puliti che avevo appoggiato per terra rintanandomi dentro la doccia e ringraziandomi mentalmente di avere già l'intimo addosso.
"Vigliacca fatti vedere." tuonó Zart.
Mi irrigidii e iniziai a tremare come una foglia, avevo il cuore in gola e non riuscivo a muovere un solo muscolo.
I passi avanzano piano producendo scricchiolii sinistri e l'ansia cresceva.
Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo capendo che se dovevo reagire, prima mi sarei dovuta calmare. Dopo essermi imposta di mantenere il sangue freddo, il tremolío si placó il giusto per permettermi di infilare i pantaloncini evitando di perdere altri secondi preziosi. Non feci in tempo ad afferrare la maglietta che il gruppo mi si piazzò davanti.
Sbarrai gli occhi temendo quello che sarebbe successo di lí a pochi minuti, instintivamente mi premetti la maglietta al petto.
"Ma guardatela, ha paura." ridacchió l'Intendente degli Orti.
In quel momento avrei tanto voluto avere con me le mie armi.
Ingoiai un groppo di saliva e presi coraggio: "C-cosa vuoi da me?"
I ragazzi ghignarono di gusto mentre Zart si avvicinava pericolosamente.
"Ho scoperto che quel piccolo scherzetto é stato opera tua. Ora ne paghi le conseguenze."
Detto ció gli altri Radurai avanzarono verso me sbarrando ogni possibile via d'uscita. Sul viso di Zart nacque un sorriso non molto rassicurante.
Feci un passo indietro piú spaventata che mai con il cuore che batteva all'impazzata e stringendo sempre di piú le braccia intorno al busto. I miei occhi saettavano su ogni ragazzo presente: uno era ossuto, uno muscoloso e gli altri due non sembravano tanto potenti.
Un idea folle si infiló nella mia mente nel osservare la mano di Zart avvicinarsi alla maglia.
Allentai la stretta quindi permisi al ragazzo di sflilarla il quale sorrise compiaciuto per la vista che aveva. Con una mossa fulminea gli diedi una ginocchiata nei suoi gioielli ottenendo il risultato sperato. Zart strabuzzó gli occhi e molló la presa sull'indumento che presi al volo mettendolo in parte dentro i pantaloni. Cogliendo l'effetto sorpresa mi avvicinai al ragazzo scheletrico dandogli un calcio sulla caviglia, per il dolore si fece un attimo da parte per prendersi tra le mani la zona dolorante.
Schizzai verso il varco creato e mi misi le scarpe, feci per correre ma a causa dei lacci dopo tre passi inciampai. Misi le mani avanti preparandomi alla caduta ma un paio di braccia mi presero al volo. Temendo che appartenessero a uno del gruppetto, mi dimenai dalla stretta. Alzando il capo peró mi resi conto che era l'ultima persona che mi sarei aspettata di trovare.
Nonostante Gally non mi fosse molto simpatico, fui grata della sua presenza.
"Ci penso io, tu scappa." mi ordinó.
Senza farmelo ripetere di nuovo, mi allacciai al volo le scarpe indossai la maglietta e diedi un'ultima occhiata alla scena che mi stavo lasciando alle spalle. I malintenzionati si erano parzialmente ripresi dalla mia fuga ma Gally gli stava facendo rimpiangere di avermi a quasi toccata.
Uscita fuori dal Casolare, trovai Chuck che a quanto pareva mi stava cercando.
"Ti stai perdendo la festa per la nuova arrivata."
"Oh, già." borbottai. "Me ero assolutamente dimenticata."
La ragazza se ne stava seduta senza fiatare in un angolino vicino alle cucine con un'espressione persa, qualche volta la vedevo sospirare mentre osservava i ragazzi laboriosi allestire l'evento.
"Da quando é arrivata non ha proferito parola." mi informó Chuck. "Annuisce o scuote la testa."
"Immagino, scommetto che non ha molta voglia di socializzare." supposi osservandola giocherellare con le punte dei capelli.
"Con noi no, ma con te forse sí." insinuó il riccio.
"Cosa..." mi interruppi cogliendo cosa volesse dire.
Mi avvicinai sedendomi vicino a lei ma quest'ultima non sembró accorgersi della mia presenza quindi le posai una mano sulla spalla. Lei si voltó di scatto e appena incroció i miei occhi sussultó sorpresa.
"Hey tranquilla." cercai di calmarla. "Sono Angelica, tu sei?" mi presentai porgendole una mano.
Lei me la strinse e finalmente parló con un filo di voce: "N-non lo so." Scosse la testa turbata non sapendo a cosa fosse dovuta la sua mancanza di memoria.
"Non ti preoccupare, ti verrà in mente." la rassicurai con un tono dolce.
Il silenzio caló su di noi, mi faceva stare male apprendere che mia sorella non si ricordasse di me.
In men che non si dica il cielo si scurí, i ragazzi erano seduti a gruppi nelle vicinanze del cerchio bianco e Gally -il quale non sembrava aver fatto a pugni poco prima- stava spiegando alla nuova arrivata come funzionasse lo scontro. Nel frattempo ero andata a prendere la cena sia per me che per la Fagiolina, mi misi seduta tra Chuck e Thomas osservando ogni mossa del combattimanto che nel giro di dieci minuti si era concluso con la vittoria dell'Intendente.
"Non é difficile buttare Gally fuori dal cerchio, basta un colpo di genio ed é fatta." dissi porgendo la cena alla bionda che aveva un'aria piú infelice di prima.
"Non mi piace fare a pugni." pensó ad alta voce.
Restammo in compagnia dei miei amici per un'altra oretta poi Alby ci obbligó di andare a dormire. Chiesi il consenso di far riposare la bionda nella mia stanza, una volta ottenuto la trascinai nel Casolare.
Appena aprii la porta della stanza le iridi azzurre della ragazza si incollarono sulla spada.
"Ha un aria familiare. Beh anche tu ce l'hai."
"Sul serio?" mi rianimai colta dalla speranza.
La Fagiolina si sedette sul letto vuoto di destra senza staccare gli occhi dall'arma, giocherelló nervosamente con le dita presa dai suoi pensieri poi tutto d'un fiato annunció sorridendo: "Ora ricordo come mi chiamo, Beatrice."
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