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Capitolo 11

Mi scostai un po' da lui, giusto quel poco per avere il suo volto a pochi centimetri dal mio.
Il biondino appoggió la fronte contro la mia facendo scontrare i nostri nasi.

"Hai fatto bene ad aspettare a mostrarmi il Dolente." iniziai con un filo di voce e un po' incerta di rovinare quel momento. "Mi sono spaventata."

Mi morsi il labbro rendendomi conto che l'ultima frase fosse un po' scontata da dire.
Il ragazzo mi rassicuró dicendo che era diffile per tutti all'inizio.
Tra noi caló il silenzio e io non potei fare a meno di ammirare i suoi lineamenti perfetti. Gli occhi scuri erano contornati da ciglia nere che li rendevano magnetici, le labbra erano l'elemento che mi catturava piú di tutti. Erano rosa e leggermente socchiuse; per un momento mi parvero molto invitanti. Avrei tanto voluto annullare le distanze, chissà cosa si provava...
Ero ancora abbracciata a Newt quando le Porte del Labirinto si aprirono e qualche Velocista entró. Sembrava fosse passata un'eternità da quando vidi il Dolente, invece erano passati solo pochi minuti.

"Andiamo a fare colazione?" mi chiese il ragazzo dopo che il rombo dell'apertura delle Porte mi riportó alla realtà.

"Ok." sussurai allontanandomi svogliatamente dal suo corpo.

Ci incamminammo verso il tavolo da picnic e l'argomento "Dolente" saltó nuovamente fuori.

"Mi é venuto un infarto quando quell'essere orribile voleva saltarmi addosso." scossi il capo tentando di scacciare il ricordo dalla testa.

"É venuto un colpo anche a me. Per poco temevo che potesse rompere il vetro con quella specie di appendice." commentò.

"Un momento, vorresti dirmi che i voi Radurai avete paura di quel coso?" chiesi riferendomi all'argomento iniziale.

"In un certo senso, sí. Secondo te é innocuo? Tu non ti rendi conto di cos'é capace un Dolente." affermó facendosi serio.

"Non é vero, ho visto quello che é successo a Ben."

"Non basta e te lo ripeto: tu non sai cosa sono capaci quei mostri. Lo saprai solo quando te ne ritroverai uno davanti." mi assicuró il biondo.

"Sembra che tu lo sappia molto bene." diedi voce ai miei pensieri.

"Si, vivo in questo posto da due fottutissimi anni. Ci sono abituato."

"Cosa?!" esclamai sorpresa, avevo già sentito che alcuni ragazzi erano nella Radura da molto ma non credevo che a quel tempo ci fossero anche i Dolenti.

"Hai capito bene."

"Sei uno dei primi Radurai che hanno messo piede in questo posto, giusto?"

"Pespicace la pivella." alzó un sopracciglio e piegó la testa, cosa che ritenni adorabile.

"E scommetto che non dovrebbe esser stato affatto semplice."

"Già, considera il fatto che non avevamo la memoria, avevamo solo 14 anni o giú di lí, alcuni all'inizio non riuscivano a ricordare il proprio nome... É stato terribile."

Newt mi lanció un'occhiata che mi fece capire tutto quello che aveva provato in quei giorni: smarrimento, curiosità ma il sentimento che dominava sugli altri era la paura di quello che si celava dietro le maestose porte del Labirinto.

"Ora é acqua passata, tranquilla."

Senza che ce ne accorgessimo arrivammo al tavolo di legno. Mi sedetti e iniziai a mangiare.

"Angelica, mi hanno detto che questa mattina hai visto una cosa davvero carina." fu Thomas a parlare.

"Concordo, era la cosa piú sexy che io abbia mai visto da quando sono arrivata in questo posto." pronuciando le ultime parole, feci una faccia disgustata che provocó una risata da parte dei miei amici e io mi unii a loro.

"Ok... Questa era carina." si congratulò Minho tra una risata e un'altra.

"Grazie, detto da te vale tanto."

Dopo di che ripresi a mangiare.
Durante il pasto realizzai che per tutta la giornata lavoreró con gli Scavatori, quindi con Newt, ma l'Intendente é Zart.

La cosa positiva é che potró stare con il mio migliore amico, quella negativa é che dovró sopportare quell'imbecille di Zart.

Finii in fretta di fare colazione e mi recai agli Orti.
Zart era intento a zappare la terra quindi lo chiamai.

"Ciao Fagio. Puoi iniziare a raccogliere le erbacce in quel campo." mi riferí, indicando il pezzo di terra alle mie spalle.

Mi voltai, il campo di cui stava parlando si estendeva, all'incirca per un ettaro e le ebacce per quasi la metà della sua area.
Mi misi subito al lavoro senza protestare.
Estirpai erbaccia dopo erbaccia fino a quando il sudore non inizió a colare dalla mia fronte.

Passó all'incirca un'ora o forse una mezz'ora non ne ero sicura, ma la cosa certa era che Zart mi disse: "Fra tre ore precise ritorneró e spero che tu abbia finito."

Ma cos...? É passata un'ora e non sono neanche a buon punto. Non ci riusciró mai.

Scacciai quel pensiero. L'unica cosa che dovevo fare era portare a termine quello che mi aveva appena incaricato quella testa di caspio. Ero china sulla terra, mi faceva male la schiena e ogni volta che sradicai un'erbaccia dovetti gattonare per raggiungerne un'altra, in questo modo mi imbrattai i pantaloni di terra.

"Hey Angie, ti serve una mano?" mi chiese una voce maschile facendomi sussultare.

Mi voltai e vidi che si trattava di Newt.

"Si, se non hai qualcos'altro di piú importante da fare."

"Non te l'avrei chiesto se ce l'avessi." mi sorrise.

"Zart ha proprio esagerato questa volta." disse piú a se stesso che ha me, togliendo un'erbaccia.

"Cosa intendi dire?"

"Intendo che fa sempre cosí, da incarichi pesanti ai novellini. E a te é toccato questo."

"Cosa ti ha toccato fare all'inizio?" chiesi curiosa di sentire cosa si sia inventato di faticoso.

"Quello che stai facendo tu, ora."

Fortunato. Mi dissi tra me e me, asciugandomi il sudore con il dorso della mano.

"Sono sfinita." dissi sedendomi a terra sporcandomi ancora di piú.

"Tanto abbiamo finito." constató sedendosi di fianco a me.

"Davvero? Non me ne sono resa conto." estesi lo sguardo per tutta l'area per verificare per davvero se avessi finito.

"Ottimo lavoro, novellina!" si congratuló Zart.

Rimasi per un attimo sorpresa da quello che mi aveva appena riferito.

Zart mi dice che ho fatto un ottimo lavoro? Non si ripeterà mai piú.
Un momento, siamo sicuri che quello sia il vero Zart? Alto, biondo, muscoloso, faccia da prendere a pugni e testa di caspio... Si, é lui.

"Grazie." borbottai.

"Dovrei darti incarchi pensanti piú spesso." disse acido.

"Ma anche no." bofonchiai nuovamente.

Quando Zart si allontanó, Newt disse: "Vado a prendere una bottiglia d'acqua, ne vuoi una anche tu?"

"Si, grazie."

Chiusi momentaneamente gli occhi godendomi quel breve attimo di riposo fino a quando non sentii dell'acqua schizzarmi in faccia. Aprii di scatto gli occhi, pronta a fare fuori chi avesse compiuto quel guesto. Vidi un ghigno dipinto sulla faccia di Newt, di rimando gli lanciai un'occhiataccia e con la manica della mia maglietta mi asciugai il viso tentando di rimanere impassibile.

"Mi sembravi piuttosto accaldata." Si giustificó lanciandomi la bottiglia.

Non gli risposi e mi portai la bottiglia alle labbra, subito dopo, senza farmi vedere, lo schizzai.

"Cosa ho fatto per meritarmi questo?" dalla sua voce semprava un po' irritato.

"Ti ho ripagato con la tua stessa moneta." adesso ero io ad avere un ghigno divertito sul mio volto.

"Ora te la faccio vedere io." mi minacció con un tono di voce davvero spazientito.

All'inizio non capii quello che voleva dire, il ragazzo si alzó di scatto, io feci la stessa cosa poi iniziai a correre, alle mie spalle sentivo che mi stava raggiungendo.

Aumentai la velocità e urlai: "Non mi raggiungerai mai." sul mio viso spuntó un sorriso.

"Tu credi?"

Continuando a correre mi voltai, a causa di una piccola distrazione, il biondo mi raggiunse e con le sue forti braccia mi circondò i fianchi e bloccó le mie braccia al petto.

"Ti ho presa." esclamó contento.

"L'ho visto." tentai di liberarmi dalla sua presa ma non ci riuscii.
"Mi lasci andare?"

"No."

"Perché?"

"Voglio che mi abbracci."

"Sudicio scroccatore di abbracci." borbottai, nuovamente la temperatura della mia pelle si alzó notevolmente.

"Cosa hai detto?"

"Sudicio scroccatore di abbracci!" ripetei, ora a voce piú alta e scandendo ogni parola.

"Lo pensi veramente?"

"Si." Appena pronunciai la risposta mi strinse piú a sé.

"Ti prego lasciami andare." ripetei esasperata e, involontariamente, con una punta di rabbia e di dolore per la ferita al fianco.

"Te l'ho già detto cosa voglio."

"Non cederó cosí facilmente!" annunciai piú cocciuta di lui. "Le coccole di prima non ti sono bastate?"

"No, comunque sei testarda."

"Lo so." tentai di sciogliere quella presa dimenandomi ma in vano.

"E anche un po' irascibile."

"Hey, non esagerare."

"Ma é vero."

"Vuoi continuare a criticarmi fin quando non otterrai quello che vuoi?"

"Esatto."

"Oh, e va bene, hai vinto. Sei contento?" Detto questo mi girai per esaidire il suo desiderio.

"Molto." il suo fiato caldo sfioró la mia pelle.

Questo contatto mi provocó una strana sensazione, mi sentivo al sicuro, felice. La felicità che stavo provando, non era la stessa di quando ti succedeva qualcosa di bello e piacevole, era qualcosa di piú puro, profondo e... in un certo senso, raro. Non lo avevo mai provato prima di questo istante, la stessa cosa accadde quando mi portó a vedere il Dolente. Forse mi era già capitato nella mia vita prima di essere mandata nel Labirinto, tuttavia questa sensazione non mi era affatto familiare.
Mi sentivo al sicuro tra le sue braccia, il vuoto che sentivo dentro al cuore sembrava sanarsi leggermente ma ero certa che per colmarlo mi serviva altro.
Ci staccammo leggermente da quel contatto e ci fissammo, come incantati, dagli occhi dell'altro. Non era la prima volta che rimasi stregata dai suoi profondi occhi color nocciola.
Mi ritornó in mente il mio secondo giorno alla Radura, a pranzo, fu in quel momento che mi imbambolai ai suoi occhi con un solo sguardo.
Gli presi il volto tra le mani e lentamente i nostri visi si avvicinarono sempre di piú. I nostri fiati si unirono formandone uno unico e la distanza tra le nostre labbra diminuiva abbastanza velocemente, ora si stavano sfiorando.

Non ci posso credere, ci stiamo per baciare. Pensai.

Non feci in tempo a formulare il pensiero che Newt sembró svegliarsi da quello stato di schock. Si allontanó da me e lasció la sua presa dai miei fianchi, io feci la stessa cosa con il suo viso. Stranamente ci rimasi delusa e un po' triste.

"Emh, credo che dovremo andare a pranzare." mi propose visibilmente imbarazzato.

"Lo credo anch'io."

Durante il pranzo nessuno fece qualche battutina sarcastica sul fatto che io e Newt stavamo quasi per baciarci.

Spero che nessuno ci abbia visto.

Peró, quando tornammo agli Orti, Zart ci disse: "Hey, non sapevo che voi due stesse insieme."

Merda! Spero solo che non inizi a chiamarci...

"Piccioncini." e fece un cuore con le mani.

Bene, siamo fottuti.

Lanciai uno sguando a Newt come per dirgli: "E adesso che facciamo?" ma mi trattenni dal dirlo.
Notai che era rigido e aveva la mano sinistra a pugno e stringeva cosí forte da far diventare le nocche bianche.

"Mi sto chiedendo perché non ti sei messa con me." Zart mi giró in torno, quando finí alzó il mio volto con l'indice poi mi lasció andare.

"Non provare mai piú a toccarmi." gli ringhiai.

"Se no cosa farai?" mi provocó.

"Ti faró saltare i denti!"

Se voleva farmi arrabbiare ci é riuscito alla grande.

"Non mi faccio picchiare da una ragazzina come te."

"Zart falla finita." disse Newt, che finora non aveva parlato, cercando di calmare le acque.

"Aww proteggi la tua fidanzatina."

Ora lo ammazzo.

"Comunque se mi fossi fidanzata con te, cosa che non acadrà mai, sarei diventata la tua puttana."

"Non posso negarlo." ammise divertito.

Zart, oltre ad essere un pezzo di sploff, é anche un pervertito che va a donne!

Senza che me ne accorgessi strinsi la mia mano a pugno, feci per scagliargli un pugno ma Newt mi prese in tempo per il polso.

"Cosa ti viene in mente?" mi sussuró il ragazzo all'orecchio.

"Mi sono lasciata andare."

"Che carini, ora vi scambiate parole dolci?" ci stuzzicò Zart.

Momentaneamente mi ero dimenticata della sua presenza.

"Meglio che ne ne vada. Con voi non c'é gusto." e se ne andó.

"Dici che ha intenzione di dirlo a tutti?" chiesi quando fui certa che non mi avrebbe sentito.

"Probabile. Conoscendolo esagerà nel raccontarlo."

"Andiamo." gli dissi. "Ho bisogno di sbollire la rabbia."

"Anch'io, vieni: aiutami a fare una cosa." mi propose incamminandosi.

"Di che si tratta?" chiesi curiosa.

"Frena il tuo entusiasmo, non é nulla di speciale, ma ti... anzi ci aiuterà a calmarci." Si fermó davanti a un vigneto.

"Praticamente devi legare i tralci delle viti ai paletti di legno." mi spiegó.

"Ok." dopo di ché iniziai a legarli.

Mi sono immaginata che al posto del legno ci fosse la testa di Zart e che ogni volta che tiravo l'estremità del filo, lo strozzavo. Devo ammetterlo, quando mi arrabbio ho un istinto omicida difficile da placare. Newt aveva ragione.

Immaginare la sofferenza di Zart aiuta.

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