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Feci più in fretta che potevo e per fortuna riuscii a raggiungere Suna prima che fosse troppo tardi. Si era allontanato solo di un paio di case quando gli presi un braccio per fermarlo.
«Dove stai andando?» chiesi.
«Fatti i cazzi tuoi, Miya» si liberò facilmente dalla mia presa.
«Casa tua è troppo lontana da qui. Non puoi andarci a piedi»
«Non sono stupido come credi, sai? Ho chiamato un uber»
Mi morsi l'interno della guancia ed ignorai il suo inutile commento.
«Dimmi perché hai picchiato 'Samu»
«Merda, [T/n]! Non puoi semplicemente lasciarmi stare e andartene affanculo una buona volta?» alzò la voce.
«No! Non quando hai quasi spaccato il naso a mio fratello! Ma che cazzo ti è preso?»
Questo gli suscitò una risata amara. «Non sapevo che ti importasse così tanto di me, [T/n]-chan. Mi fa sentire importante!» La sua voce era piena di sarcasmo. «Perchè dovrei darti una spiegazione?»
Non sapevo cosa rispondere. Ma che razza di domanda era quella?
«Se ti raccontassi una storia abbastanza commovente per giustificare le mie azioni mi perdoneresti? Mi accoglieresti a braccia aperte facendomi fare pace con Osmau?»
«Cercherei di capirti! Non vuoi nemmeno sforzarti di non sembrare un totale stonzo?»
«A che scopo? Mhm?»
Suna si mise le mani in tasca e mi fissò, aspettando una risposa da parte mia, che non arrivò. Cos'avrei potuto dire? "Per salvare le apparenze"? Era l'unica cosa che mi veniva in mente, ma suonava così stupido che non ebbi il coraggio di dirlo.
Una macchina ci passò di fianco e la sentii fermarsi poco dopo.
Suna sospirò, e giuro che persino il suo respiro riusciva a trasmettere sarcasmo. «Il mio mezzo è arrivato. Devo tornare al castello, Cenerentola. E tu non dovresti andare a casa? Tra poco scoccherà la mezzanotte» mi schermì, sorpassandomi e andando nella direzione da cui eravamo venuti.
Lo seguii con lo sguardo e lo guardai salire sulla macchina e partire.
Il mio telefono vibrò. Lo estrassi dalla tasca.
[Atsumu]: Siamo a casa
Guardai l'ora. Era l'una e mezza. Mi sentivo esausta e confusa.
Camminai lentamente verso la casa di Iseri. Kumiko mi aspettava fuori dalla porta assieme ad un ragazzo che mi aveva presentato qualche ora prima. Ci portò fino a casa mia.
«Vuoi che rimanga con te? O vuoi venire a casa mia?» mi chiese la mia amica prima che scendessi dalla macchina.
«No. Ho bisogno di dormire e di stare con i miei fratelli. Ma grazie di tutto» cercai di sorriderle, anche se mi sembrava estremamente forzato in quel momento.
Lei mi diede un bacio sulla guancia.
Salutai e ringraziai il nostro autista, poi me ne andai in casa.
Bussai piano alla porta della camera dei gemelli e la aprii quando non sentii risposta. Stavano entrambi dormendo. Mi chiedevo come facessero dopo tutto quello che era successo quella sera.
Richiusi la porta ed andai in bagno, struccandomi e preparandomi per andare a dormire. Una volta nel letto, tutta la mia stanchezza prese il sopravvento estinguendo il marasma di pensieri che avevo in testa. Forse era successo questo ai miei fratelli, perché mi addormentai poco dopo.
Passò una settimana prima che Suna ricominciasse a venire a cena da noi. Lui ed Osamu avevano fatto pace il lunedì dopo la festa, durante l'allenamento mattutino. Osamu diceva che Suna si era scusato e si sentiva terribilmente in colpa per come si era comportato.
Suna abitava con sua madre e sua sorella, di suo padre non parlava mai, ma sapevo che non viveva con loro. A quanto pare, da pochi giorni il padre e la madre avevano deciso di tornare insieme e vivere di nuovo sotto lo stesso tetto. La sera della festa, Suna e suo padre avevano avuto una brutta lite, per questo aveva bevuto così tanto ed alla fine non era riuscito a trattenere la rabbia. Osamu aveva provato a farlo tornare in sé e a convincerlo a non bere ancora, ma il risultato aveva portato ad un pugno in faccia per mio fratello ed una botta in testa per l'altro.
Ero ancora molto arrabbiata con Suna. Nonostante mi piacesse non subire continuamente i suoi stupidi scherzi, la tensione che aleggiava tra di noi era insopportabile. Io non ero come i miei fratelli, non mi bastavano delle scuse (che, tra l'altro, non avevo ricevuto) per perdonare ciò che aveva fatto. Atsumu ci aveva messo qualche giorno per dimenticare l'accaduto, ma comunque ora era tornato tutto come prima tra di loro. E poi, a me Suna non rivolgeva proprio più la parola.
«Dico soltanto che nulla può scusare il suo alzare le mani su un'altra persona, nemmeno il fatto che fosse ubriaco ed arrabbiato» mi stavo lamentando con Kumiko. «Ieri sera si comportavano tutti e tre come se non fosse successo niente. Mi dà così tanto fastidio!» C'è di buono che, dal giorno della festa, i miei fratelli non hanno più litigato tra di loro, se non per le solite cavolate, pensai, ma non lo dissi. Non sapevo nemmeno perché il mio subconscio ci tenesse a ricordarmelo.
«Io credo di capire perché lo facciano» disse la mia amica. «Insomma, tutti e tre devono essersi sentiti veramente male in quella situazione. Penso volessero che tutto passasse il più in fretta possibile»
Sospirai. Probabilmente aveva ragione, ma questo non fece diminuire la mia frustrazione.
Quel giorno non mi fermai in palestra dopo scuola, ma andai direttamente a casa. Preferivo starmene da sola che vedere i miei fratelli divertirsi con Suna come se non ci fosse nulla di sbagliato.
Ciao!
Come vi è sembrato il capitolo?
Sono contenta di vedere che qualcuno sta seguendo la storia :) Spero che non vi stufiate di leggerla.
Al prossimo capitolo!
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