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Chapter 20.↯

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Le luci della notte mi fanno compagnia

Sto in macchina da solo perché tu sei andata via

E provo a immaginare il mio futuro senza te

Come farò a ricominciare

Un'altra donna con un altro modo di fare

Riabituarmi a mangiare, a guardare un film, a dormire insieme

A non aver paura dei miei cattivi odori

A sussurrare piano"

"Eppure mi hai cambiato la vita – Fabrizio Moro"



4 ottobre 2017 - Roma

Il treno fischiò ancora. Era l'ora della partenza, adesso doveva andare via.

Claudio tirò un calcio al sassolino li davanti. Gli occhi bassi. E contava ogni secondo che lo avrebbero separato da Roma, che lo avrebbero portato via da lui.

Contò fino a cento, quando lo incitarono a salire in carrozza. Mise gli occhiali da sole, il borsone stretto sulla spalla. E si voltò una volta sola.

Sapeva che lui non sarebbe andato a salutarlo, ma ci sperava. Sapeva che non lo avrebbe trovato, che non sarebbe corso su quel binario per abbracciarlo, ma ci sperava ancora. Ci sperava così tanto che quella fottuta speranza lo ferì di nuovo.

Mario non c'era.

Davanti a lui varie coppie, genitori e figli, si salutavano in quella stazione. Lui era solo.

Ricacciò indietro le lacrime e si decise a salire.

Guardò il biglietto, cercò il suo posto e si sedette. Il viaggio era lungo. Tre ore e sarebbe stato di nuovo a Verona.

Prese il telefono. Nella sua schermata di blocco ancora quella foto insieme, forse la più cara. Ignorò quel proiettile nel cuore. Aprì la sua playlist, cuffie e occhi chiusi.

Il treno partì, così anche i suoi pensieri.

Avevano passato una serata bellissima ieri. Si erano amati in silenzio su una spiaggia per ore intere. Era stato bello riscoprirsi, amarsi, capire che ancora la pelle era quella, che il richiamo era più forte del resto.

E poi aveva rovinato tutto.

***

10 ore prima.

Claudio baciò la spalla nuda di Mario e lo strinse ancora di più a sé. La coperta li riscaldava, la luna era in alto nel cielo e per lui non esistevano nessun momento più bello di quello. Mario lo guardava, lo baciava, lo accarezzava, gli faceva il solletico per farlo ridere e lo prendeva in giro.

Era lo stesso Mario di sempre.

"Andiam via?" chiede poi, quando purtroppo il tempo trascorreva e Mario doveva rientrare tra poco.

"Andiamo a casa insieme?" rispose ingenuamente Mario. Le sue guance si colorarono di rosso. Non ci aveva pensato, aveva detto la prima cosa che gli stava passando per la testa.

Claudio rise e annui dubitoso.

"Quasi, quasi."

E l'imbarazzo si sciolse in una risata tutta loro. Mario lo circondò con le sue braccia e si mise seduto di fronte a lui.

"Devi riportarmi davvero, altrimenti mio padre poi ti picchierà"

"Oh, che paura." Ci scherzò sopra, guadagnandosi un buffetto sul braccio.

Si vestirono in fretta, raccolsero le loro cose sparse in giro, e poi Mario lo stupì ancora, come solo lui sapeva fare.

"Lo sai che il mare custodisce i segreti e fa avverare i desideri?" gli sussurrò a un centimetro delle sue labbra. "Chiudi gli occhi ed esprimi il tuo."

E Claudio gli diede ascolto. Abbassò le palpebre e appoggiò la sua fronte a quella dell'altro. Pensò a cosa desiderare, ma non riusciva a formulare nulla di concreto. Era lui, era davanti a lui. Cosa altro poteva volere? E mentre ci pensava, le labbra dell'altro, salate e morbide si fermarono all'angolo della sua bocca. Fu un bacio dolce, che sapeva di salsedine e mare. Le mani di Claudio che si posizionarono sulle sue guance per tenerlo più vicino a lui ma nello stesso tempo per proteggerlo dal mondo.

"Andiamo, dai." Lo incitò lui con un sorriso, facendo scivolare nella tasca posteriore dei suoi jeans qualcosa di rotondo. "Non guardarlo ora. Vedilo quando sei lontano da me." Gli sussurrò ancora e salì la scaletta della spiaggia, lasciandolo interdetto e terribilmente innamorato di lui. Ancora. Non smetteva neanche un secondo di innamorarsi.

Il viaggio in auto fu tranquillo e silenzioso. Ogni secondo che trascorreva era un po' di tempo in meno alla loro serata che ormai svolgeva al termine. Non parlarono, restarono ad ascoltare la musica che davano in radio.

E poi una canzone.

Avete presente la canzone giusta nel momento giusto? Ecco, quella era. E ciò che stupì di più Claudio fu che Mario la cantò tutta.

Arrivarono di fronte casa sua e le parole di quel maledetto pezzo gli risuonavano in testa.

Eppure, mi hai cambiato la vita, cantava.

E forse fu quello, o la paura di lasciarlo andare, o il pensiero che domani mattina sarebbe ripartito che lo portarono a dirglielo.

"Ti amo." Lo disse mentre lui stava scendendo dalla macchina. Lo disse con tutto sé stesso, con la sua disperazione, e il suo amore.

E Mario fu Mario ancora. La sua mano bloccata a mezz'aria e il volto pallido, non sapeva che dire.

"Ti amo" ripeté ancora, "e mi manchi troppo."

"Forse è meglio che vada." Rispose l'altro e andò per scendere, ma il braccio di Claudio fu più veloce.

"Aspetta..."

"Claudio, ti prego. Abbiamo passato una bella serata, perché devi rovinare tutto?" alzò la voce e si allontano da lui. Salì i primi gradini della porta di casa ma Claudio lo seguì ancora.

"Dovevo dirtelo. Domani vado via, dovevo dirtelo. Vorrei che tu venissi con me. Vorrei che tu venissi a salutarmi almeno in stazione. Vorrei..." e la voce gli morì in gola perché davanti a lui non aveva più il ragazzo di un'ora fa dolce, amorevole, che aveva occhi solo per lui. No, era di nuovo il Mario freddo, quello estraneo, quello che non lo comprendeva.

"Buona notte, Claudio."

E la porta si chiuse.

***

Gli amori vanno via, ma il nostro, il nostro no.

E Claudio lo sapeva. Ora che stava tornando a casa, con la testa canzone nelle orecchie, quello che lo stava accompagnando per tutto il viaggio, quella che Mario aveva canticchiato in macchina. Sempre la stessa, solo lei.

E si faceva male, si imponeva più dolore ma volevo sentirlo addosso tutto quanto perché non voleva reprimere il dolore e la sofferenza, perché insieme a quelle emozioni c'era anche la gioia. La gioia di riaverlo, di averlo potuto stringere tra le sue braccia un'altra notte ancora e di aver capito che c'era ancora qualcosa di lui, bastava scavare un po'.

Mentre aspetti qualcosa in più, ma non rimette a posto niente, se non lo fai tu. E intanto ogni cosa, se vuoi, da sempre mi parla di noi. Di noi.

Tutto ciò che aveva, gli diceva che lui c'era, in ogni angolo di pelle e di respiro. Era una macchia.

Si ricordò del regalo che gli aveva fatto. Mise una mano nella tasca dei jeans che portava anche il giorno prima e prese il sassolino che lui aveva infilato dentro. Lo guardò, era un sasso bianco a forma di cuore. Uno di quei sassi che trovi in spiaggia, senza nessun significato, eppure per Mario doveva valere qualcosa. Gli aveva donato un pezzettino del suo cuore. Un nuovo ricordo. Non qualcosa che già Claudio sapeva e che avrebbe fatto rivivere anche all'altro. Ma qualcosa di totalmente nuovo da aggiungere ad una nuova pila di ricordi.

Lo strinse forte nella sua mano e poi lo riposò in tasca.

Mancava mezz'ora e sarebbe arrivato a Verona. Era già calata la sera. L'inverno ormai era alle porte e il sole aveva lasciato spazio alle tenebre.

Stasera sei lontana, mentre io penso a te. Eppure, sei vicina a me, non chiedermi il perché. Sarà che mi hai cambiato la vita.

*

7 ottobre 2017 - Verona

Passarono i giorni. Si susseguirono a uno a uno. Claudio riprese il suo ritmo di sempre. Lavoro, palestra, bar con amici e casa. Quella casa che ogni giorno che passava diventava sempre più fredda e inospitale.

Ad ogni squillo, ad ogni nuovo messaggio, il cuore gli arrivava in gola. Ma non era lui, non era mai lui.

Mario non gli aveva scritto il giorno della sua partenza, né quello dopo ancora, e ancora.

Paolo gli disse che era normale, doveva comportarsi come se fosse il primo vero appuntamento, quindi. "Non devi chiamarlo, Claudio. Deve farlo lui, ed entro tre giorni." Lo aveva ammonito il suo migliore amico. "Se ti scrive nel giro di tre giorni vorrà dire che gli piaci e vuole ancora vederti, se non lo fa... beh non pensiamoci per ora."

E lui ci aveva provato a non pensarci davvero.

Eppure, passò il primo. Arrivò il secondo. Stava per terminare già il terzo giorno, ma di lui nulla.

"L'ho perso." Esordì, sedendosi a uno dei sgabelli del loro bar di fiducia, con l'ennesima tequila tra le mani. Paolo lo affiancò e gli appoggiò una mano sulle spalle.

"Mi dispiace, amico."

Claudio abbassò il capo, lasciando scorrere quella lacrima che per troppo tempo aveva trattenuto. "Sabato ci sarà il matrimonio del fratello. Non so neanche se ormai ne valga la pena andare."

"Certo che devi andare!" Esclamò Paolo, dissuadendolo sul nascere di quel pensiero. "è la tua ultima occasione, vuoi sprecarla?"

"Ho perso, Paolo. Perché devo farmi altro male?"

"Sai cosa succederà se tu non andrai? Mario penserà di non valere abbastanza per te. Penserà che tu non eri stato sincero e che non hai combattuto abbastanza per lui. E magari si scorderà di te. Uscirà con i suoi vecchi amici, si infatuerà di qualcuno altro e ti farà recapitare per posta i documenti per divorzio. Vuoi questo? Vuoi mollare adesso? Cazzo, lo sai com'è fatto. È cocciuto, è arrogante. E anche cretino. Perché non vede le cose, non ci crede finché non glieli sbatti in faccia. Vai lì, parlaci. E se poi non va, allora molla. È l'ultimo giorno. Hai solo un giorno."

E Paolo aveva ragione. Come sempre aveva ragione.

*

14 ottobre 2017 - Roma

Quel sabato arrivò lento. Claudio tirò fuori dall'armadio il suo vestito migliore, quello che Mario gli aveva comprato il giorno del concerto. Blu, con la camicia bianca. Il tessuto gli fasciava il corpo, e quel colore metteva in risalto i suoi occhi. Non conosceva nessuno degli invitati, oltre la famiglia Serpa e temeva che viste le nozze di uno dei membri sarebbe rimasto solo per tutto il ricevimento.

Ero sceso a Roma nuovamente la sera prima. Paolo lo aveva compagnato, non voleva che restasse solo. Erano in due adesso in quella camera di hotel ad attendere, non sapeva neanche lui cosa.

Si sistemò nuovamente il ciuffo, arricciandolo all'insù.

"Claudio, per amor di dio, tesoro. Sei splendido. Smettila di torturarti quei dannati capelli e chiama quel taxi."

"Vieni anche tu."

"Non posso, amico. Non sono stato invito. Ma starò qui ad aspettarti. Guarderò un film sul letto sgranocchiando patatine e pop corn, fin quando tu non tornerai e ti lamenterei per aver trovato le lenzuola piene di briciole."

Claudio sorrise e si sedette accanto a lui. Lo abbraccio forte e si sentì meglio, non sapeva come avrebbe fatto ad affrontare tutto questo senza di lui.

"Se hai bisogno di qualcosa chiamami, sarò lì il prima possibile."


*

La location del matrimonio, era la maestosa villa Serpa. Tutto era stato allestito alla perfezione. I colori del matrimonio erano il bianco e il rosa. Un uomo all'entrata del cancello, accolse Claudio e gli sistemò una margherita all'occhiello e gli diede il suo pass per l'evento.

Claudio camminava tra la viuzza addobbato con fiori, candele e palloncini. Non era eccesivo, tutto era stato organizzato nel minimo dettaglio e un po' si mangiò le mani per non aver chiamato anche lui in wedding planner per il suo matrimonio. Accetto lo champagne gentilmente offerto, e inizio a guardare in giro nella speranza di trovare qualcuno con cui parlare. Erano tutti uomini di un certo spessore, gli unici argomenti trattati erano soldi, macchine e donne. E cose ne poteva sapere lui, povero insegnante al primo anno di carriera e scrittore a tempo perso? Abbandonò l'idea di prendere confidenza con qualcuno di essi, e aspetto che la cerimonia iniziasse. Aspettò lui.

A poco a poco tutti gli invitati iniziarono a prendere posto, e la sorella di Mario, Martina, sbucò per prima per svolgere gli onori di casa. Salutò Claudio con sorriso e gli fece segno di seguirla.

Il ragazzo si incamminò verso la cucina, dove cuochi preparavano il buffet.

"Sei venuto" gli disse lei abbracciandola. Era bellissima nel suo tubino cipria.

"Certo che sì." Gli sussurrò Claudio, accarezzandogli la schiena.

La ragazza lo cinse per le spalle e poi si distaccò per parlargli. "Mario è ancora in camera. Non penso si senta molto bene. Sono stati giorni difficili questi." Ammise.

"Non mi ha mai scritto." Cercò di giustificarsi, Claudio. Cosa poteva farsene adesso lui di queste parole?

"Lo so. Ma ti ha pensato molto." Le disse. Il castano alzò gli occhi al cielo, incredulo, ma Martina non demorse. Gli mise una mano sulla guancia e lo rassicurò. "Gli piaci, Claudio. E questo lo spaventa."

"Cosa posso fare per lui ancora?" gli domandò allora sconfitto.

"Va da lui."

Salì le scale ad uno ad uno. Non sapeva bene cosa dirgli, non sapeva bene cosa dimostrargli. Restò fermo davanti alla porta della sua camera da letto, trovando il coraggio di bussare. Forse doveva andare via. No, cosa pensava.

Era quella maledetta adrenalina che sentiva tutte volte prima di incontrarlo. Quell'ansia che gli faceva sudare le mani e lo rendeva instabile come un quindicenne.

Ma poi la porta si aprì, e Claudio rimase a bocca aperta.

Mario era lì davanti a lui, in tutto il suo splendore. 

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