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Capitolo trenta

Feliciano non stava più nella pelle. Fu il primo ad arrivare nel garage dove c'era la macchina di Gilbert, con suo nonno al seguito.
-non fare stronzate.
-sì nonno- il ragazzino si guardò intorno. Quel pickup l'aveva vista solo da fuori, e si sporse a guardare l'interno dei finestrini, curioso. Non vedeva l'ora!
-stai attento.
-sì nonno- ma quando arrivavano gli altri? Non stava più nella pelle!
Romolo lo afferrò per il colletto della maglia -pischellè, damme retta o te chiudo in canera e nun te lascio uscì fino alla maggiore età.
-scusa nonno, è che sono così emozionato!
Capendo che non sarebbe riuscito a cavare un ragno dal buco, Romolo sospirò e gli spettinò i capelli -rimani concentrato.
-certo.
Il primo ad arrivare fu Ludwig. Feliciano gli saltò al collo, abbracciandolo -finalmente usciamo Luddi! Non sei contento? Rivedrò il fratellone!
-uhm, sì- leggermente a disagio, lo strinse dandogli qualche pacca sulla spalla. Feliciano rise e lo baciò sulla guancia.
-sei carino quando sei imbarazzato- tecnicamente non avevano ancora del tutto chiarito, fatto pace, insomma mettetela come vi pare, ma ancora non erano tornati alla normalità. I due ragazzi si erano resi conto di aver trasformato una gocciolina in uno tsunami visto come avevano reagito, ma forse la cosa era stata inevitabile. Forse, aveva pensato Ludwig in quei giorni, il problema era ben più grande di quello. Forse Feliciano era semplicemente crollato, forse non lo amava più, forse lo voleva lasciare da tempo e aveva semplicemente colto la palla al balzo. Evidentemente non era riuscito a dimostrargli quanto lo amasse quanto avrebbe voluto, se Feliciano credeva di dargli fastidio. Evidentemente avrebbe dovuto dargli molte più attenzioni. Evidentemente...
Tuttavia, l'italiano era troppo su di giri per pensarci, e così lo abbracciava e lo baciava come sempre, senza preoccuparsene. Peccato che in questo modo il panico avesse colto l'occasione per assalire Ludwig, gettandolo nella confusione ancor più di quanto non ci fosse già immerso fino al collo.
Se non ci fosse stato suo nonno a osservarli, penso Ludwig, forse Feliciano lo avrebbe persino baciato sulla bocca, distratto com'era. Ma, evidentemente, trattenersi alla presenza di qualcun altro era diventato un istinto così radicato in lui che ormai neanche ci faceva caso. La cosa, per qualche motivo, cominciò a dargli fastidio.
Romolo inarcò un sopracciglio -Feli, c'è qualcosa che devi dirmi?
Il ragazzo sorrise al nonno, con aria innocente -no. Lo sai già che Luddi è il mio migliore amico, no?
Migliore amico, già. Il tedesco sentì una fitta allo stomaco, una sensazione sgradevole che gli serrò il fiato e gli fece aggrottare la fronte. Perché, poi? Gli aveva chiesto lui di tenere un profilo basso, e fino ad allora gli era sempre stato bene così. Le relazioni alla luce sono complicate, difficili, e a dirla tutta Ludwig non pensava che sarebbe stato in grado di affrontare il peso dell'odio che il mondo avrebbe riservato alle persone come lui, né tanto meno sarebbe stato in grado di sopportare che quel'odio fosse rivolto a Feliciano. In breve, più di tutto era la paura della reazione del resto del mondo a bloccarlo. Sentiva troppe storie di gente con la vita rovinata per chi amava o per il genere a cui sentiva di appartenere, e non voleva aggiungere il suo nome e soprattutto quello del suo ragazzo alla lista. Feliciano era troppo buono, troppo puro, troppo affettuoso per reggere certe cose, o almeno così credeva. Ma all'improvviso un nuovo pensiero si affacciò nella sua mente.
E sticazzi del resto del mondo.
Tutto quello cominciava a stargli stretto, si rese conto, e non capiva bene perché. Forse, si disse, è perché Feli è così carino con quel sorrisino da bambino e con quelle due fossette e ho così tanta tanta voglia di baciarlo e basta, e... e...
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da una forte manata sulla spalla e da una risata familiare.
-dai fratellino, su con la vita! Cos'è quel faccino triste? Sorridi, stiamo per diventare tutti degli eroi! Passeremo alla storia!
-se non falliamo- gli ricordò. Gilbert liquidò le sue proteste con un gesto della mano.
-sì sì, ma tanto con il magnifico me è impossibile perdere- mantenne la sua posa fiera per qualche secondo. Poi sembrò ricordarsi di una cosa -abbiamo mica un calmante?
-ti sei finalmente deciso a prenderne uno? Incredibile.
-ah ah.
-e comunque no, non giro con dei calmanti in tasca- inarcò un sopracciglio -perché, sei nervoso?
-io? Ma ti pare?- scosse la testa contrariato, come a dire "che razza di idee bislacche vengono ai giovani d'oggi". Indicò alle spalle di Ludwig -lui lo è.
Il biondo si girò, e fu stranamente stupito nel vedere Antonio dare avanti e indietro, nervoso, borbottando qualcosa a bassa voce. Sì insomma, nel trio di squinternati composto da suo fratello, Francis e lo spagnolo, quest'ultimo era l'unico un minimo tranquillo. Forse era dovuto al suo animo latino, ma in fondo Antonio era sempre lì, con un sorriso solare e l'espressione sempre un po' sognante, come se fosse perennemente immerso in una sottospecie di sonno cosciente. Vederlo così, agitato e impaziente, era strano, sbagliato, contro natura in qualche modo. Ludwig era cresciuto con lui, era parte della famiglia in fondo, ed era abituato a vederlo in una certa maniera. Il fatto che fosse così... spaventato, inquieto, umano, gli mise addosso una certa agitazione.
Sentì una mano gentile, dalle dita gentili e affusolate, intrecciarsi alla sua -Luddi? Tutto bene? Ti senti pallido?
-no, tranquillo- gli strinse la mano -sono solo un po'... nervoso, ecco- e non era del tutto sbagliato.
Feliciano, con un sorriso intenerito, gli stampò un bacio... sulla guancia. Spiacevole, in qualche modo, per quanto un bacio di Feliciano potesse esserlo.
-non preoccuparti, Luddi. Andrà tutto bene- sembrò pentirsi delle sue parole, e si coprì il cavallo dei pantaloni con la mano libera -ve, così porto sfiga.
Ludwig lo guardò, stranito -perché stai...- il pensiero, e lo sguardo, corsero alla mano dell'italiano, ancora lì. Distolse gli occhi, puntandoli al soffitto, e scosse la testa. No, non doveva pensare a quelle cose, tanto meno in quel momento. Feliciano era troppo puro, pensare a lui in certi modi gli dava la sensazione di essere sporco, indecente, un verme viscido e perverso, gli sembrava di compiere qualcosa di blasfemo.
In realtà Feliciano di innocente aveva solo l'atteggiamento, ma Ludwig avrebbe avuto tempo e modo di impararlo in futuro.
-ma dai, non ci sono e fate così i carini? Non è giusto- si lamentò Eliza, entrando nel garage, con il risultato di far arrossire violentemente il biondo. Feliciano, dal canto suo, immune a qualsiasi forma di imbarazzo, le sorrise angelicamente -non capisco di cosa tu stia parlando. Luddi è il mio migliore amico. Che c'è di strano se gli prendo la mano?
Altro colpo al cuore per Ludwig.
Eliza gli si avvicinò e gli strizzò le guance -ma come sei carino Feli! Non riesco a sbatterti in faccia la verità, mi sentirei troppo in colpa.
A quel gesto, tanto per la cronaca, entrambi i fratelli Beilschmidt sentirono una fitta di gelosia non indifferente dare loro i brividi, nonostante sapessero entrambi quanto fosse insensata.
Ma torniamo alla trama seria, che per i momenti pucciosi delle coppie abbiamo tutto il tempo del mondo.
-ci siete tutti- li chiamò Romolo, vedendo Arthur entrare. Sospirò -mi raccomando, state attenti. Sapete tutti cosa fare, vero?
Annuirono.
-bene. Allora buona fortuna, e vedete di tornarmi tutti interi.
Gilbert aprì l'auto -signori, benvenuti sulla Awesome Car.
Eliza si posò le mani sui fianchi, scettica -e le signore non le conti?
-perché, ce ne sono? Feliciano conta come ragazza? Non lo sapevo.
-ah ah, che simpatico- sbuffò e salì, sedendosi davanti -mi divertirò a darti il tormento per questo.
-che gioia.
Stavano stretti, detta francamente. Quella era una macchina grande, ma stavano comunque stretti. Feliciano, magrolino com'era, dovette fare molta attenzione a non venire schiacciato nelle curve.
Al suo fianco, Antonio teneva il suo zaino stretto tra le braccia, mentre si arrotolava e srotolava un pezzo di benda intorno al polso. Feliciano gli posò una mano sul braccio per attirare la sua attenzione.
-stai bene?
Antonio scrollò le spalle, poi annuì -sì, solo... sono un po' agitato- sulle labbra gli spuntò un sorriso -e non vedo l'ora di rivedere Lovi!
Feliciano ricambiò il sorriso -anch'io! Spero che vada tutto liscio...
Gilbert, collegato alla radio, fischiò -sentite qua. In Australia hanno fatto esplodere un magazzino della Restaurazione pieno zeppo di armi, mentre in Giappone si sono rifiutati tutti di andare a lavorare e si sono messi a protestare per le strade. Il discorso di Franny sta funzionando, a quanto pare.
Arthur grugnì in assenso, con un sorrisetto compiaciuto.
Eliza cercò di non mettersi ad urlare. Tra Ludwig che faceva il geloso (pensava davvero che non se ne fosse accorta?), Feliciano che si comportava da fidanzato senza dirlo ufficialmente, Arthur che si sforzava di nascondere quanto fosse fiero del suo ragazzo (e di suo fratello, ma lei non lo sapeva) e Antonio così emozionato all'idea di rivedere Lovino, non sapeva chi fosse peggio. Si prese il viso tra le mani, esasperata -gay ingenui...
Gilbert la guardò storta -di che parli?
Ah, giusto. C'era anche quel cretino da considerare. Di nuovo: pensava che non si fosse accorta della sua gelosia? Ingenuo (senza il gay in questo caso). Possibile che tra tutti dovesse finire con il più cretino, così cretino che neanche si accorgeva dei suoi segnali e faceva finta di niente?
Si lasciò sfuggire un sorriso, appoggiando la testa al sedile. Intrecciò le proprie mani, pensando al modo migliore per fare il primo passo, visto che quel pirla non si decideva. Sospirò.
-niente, niente.

Il viaggio fu insopportabilmente lungo e incredibilmente corto al tempo stesso. Da un lato, l'impazienza rallentò la corsa dei secondi, immerse le loro gambe nelle sabbie mobili, rilanciò indietro le lancette dell'orologio, rese il paesaggio insopportabilmente, tristemente monotono; dall'altro, l'ansia e la paura si scambiavano i minuti, giocandoci come se fossero delle palline da giocoliere, fecero scorrere i chilometri lungo le ruote della loro macchina, bevvero la benzina dal serbatoio, strapparono il ghiaccio dalle lancette dell'orologio.
In fin dei conti si compensarono, in un certo qual modo, ma da qui a dire che vissero il tempo normalmente la strada è lunga. Se fosse stato un viaggio normale, scendendo dall'auto Feliciano non avrebbe pensato "finalmente!" e "di già?" allo stesso tempo, non credete?
Gilbert puntò la torcia accesa sul soffitto e annuì -ci siamo, lì c'è la botola. L'hanno aperta per noi, kesesesese.
Eliza gli diede una gomitata -zitto, vuoi farti beccare?
-stai parlando anche tu!
La ragazza gli indicò la botola -sali e non rompere i coglioni.
-non prendo ordini da una don...- vedendola preparare il calcio, corse verso la scaletta -vado, vado subito!
Eliza sospirò, divertita -idiota.
Gilbert la ignorò e salì in cima alla scaletta fino alla botola.
Sbucò in superficie, e si ritrovò puntate contro un centinaio di fucili.
Deglutì -ragazzi... mi sa che abbiamo un problema.

-venite subito fuori, tutti e sei- ordinò una voce dall'alto, che decisamente non era quella di Gilbert -e tornate visibili, altrimenti faccio saltare la testa al vostro amico.
-ehm, ragazzi... non so voi ma ci tengo alla mia testa...- commentò lui, impallidito (per quanto un albino possa impallidire), rendendoli visibili.
-e allora levati dalla botola, così saliamo- ribatté Eliza, con una leggerissima nota di ansia nella voce.
Feliciano, in breve, andò nel panico. Il sangue gli si gelò nelle vene, il cuore gli si fermò, non riuscì più a muoversi, a ragionare, a respirare normalmente, a...
Ludwig, che di certo non impazziva all'idea di sapere che suo fratello aveva chissà quante armi puntate contro, gli diede un leggero colpetto sul fianco, tremante. Quella presa di coscienza, sapere che il suo ragazzo era persino più terrorizzato di lui ma comunque riusciva a muoversi, gli sbloccò i muscoli, spingendolo verso la scaletta.
Raggiunse la cima, con braccia e gambe che, stranamente, non tremavano.
La camera di suo fratello era grande, spaziosa ed elegante. I mobili pregiati e i tendaggi morbidi cozzavano prepotentemente con le decine di soldati con i fucili puntati contro di loro, che li scrutavano come se fossero chissà che mostri e non dei ragazzini spaventati.
Un uomo elegante quanto la camera alle sue spalle, l'unico disarmato, sorrise e allargò le braccia -benvenuti! Io sono il supremo, potete chiamarmi Sadiq. Lovino mi ha parlato tanto di voi.
Feliciano sentì un ringhio dietro di sé. Era Antonio, con i denti snudati e i pugni chiusi.
-che cazzo gli avete fatto, luridi...
Il supremo trattenne una risata -noi? Nulla. È lui che vi ha consegnati a noi, di sua spontanea volontà. È qui, se te lo stessi chiedendo- si girò verso i soldati -Lovino, caro, vieni fuori, forza.
Alla destra di Feliciano, i soldati si aprirono in due ale, lasciando un piccolo corridoio libero per far passare suo fratello, che se ne stava lì, con una smorfia infastidita, senza guardarli in faccia.
Stava bene. Questa fu la prima cosa che notò Antonio. La seconda fu la sua smorfia acida. La terza, e questa più che notarla la vide accadere davanti ai suoi occhi, fu l'espressione completamente neutra che fece quando si girò a guardarli, e il fatto che, più che guardare lui o Feliciano, si fosse rivolto verso Ludwig, Gilbert o Arthur.
-era proprio necessaria tutta questa manfrina?- chiese, raggiungendo Sadiq. Antonio aggrottò la fronte, Feliciano trattenne le lacrime, mentre gli altri si lasciarono andare ad espressioni ben più furiose, ma con decine di fucili puntati alla testa scelsero saggiamente di tacere.
Il supremo lo ignorò e lo indicò, guardando Antonio -visto? Neanche un graffio- sollevò il viso di Lovino verso di lui, stringendogli le guance -sano come un pesce.
Lovino si liberò dalla sua mano con una smorfia -non sono un fottutissimo animale da esposizione.
-oh, ma sei così carino- il supremo ghignò, e Antonio sentì le proprie mani prudere -comunque, finiamola qui con i convenevoli. In breve, il caro Lovino qui vi ha traditi ed è, come si suol dire, saltato sul carro dei vincitori- si gustò le loro espressioni di rabbia, terrore, confusione e tutta la compagnia delle emozioni migliori -fantastico- commentò, sfregandosi le mani tra loro. Si voltò verso Lovino -ora torturane uno, scegli tu quale, fatti dire la posizione esatta della base e poi uccidili tutti, non ci servono.
Lovino non si scompose.
-no.
Sadiq inarcò un sopracciglio, con il sorriso scomparso sul volto, forse non abituato al fatto che qualcuno potesse disobbedirgli -no? Me li servi su un piatto d'argento e poi mi dici di no? Volevi vederli morire con i tuoi occhi o no?
-falli pure fuori, non mi interessa. Ma non sono la tua cazzo di sedia elettrica.
Sadiq aggrottò la fronte -come, prego?
Lovino gli si avvicinò, guardandolo truce, con aria testarda, e cominciò a gesticolare, come sempre quando era nervoso o agitato o, soprattutto, arrabbiato.
-ho detto che non- rivolse le mani una verso l'altra, chiuse, e fece vorticare gli indici insieme, in una sorta di ruota -sono la tua- sollevò il palmo della mano destra e la sbatté contro il fianco della sinistra, con il pollice rivolto verso il basso -cazzo di- ripeté il gesto, creando un suono che scandiva ogni parola, interrompendo il silenzio. Feliciano aggrottò la fronte -sedia elettrica- e abbassò le mani.
I due si guardarono in cagnesco, nessuno osò fiatare. L'atmosfera divenne elettrica come la suddetta sedia.
Poi emerse una voce dal fondo
-signore, se posso permettermi vorrei proporle un'idea.
Antonio sentì le orecchie fischiare. Non ebbe bisogno di voltarsi a guardare il proprietario della voce per riconoscerlo. Quella voce era troppo simile alla sua, aveva un accento troppo familiare alle sue orecchie. Gli risvegliò un vecchio istinto naturale sepolto da anni, un legame che aveva avuto prima ancora di nascere, nel momento esatto in cui era diventato qualcosa di più di una cellula in attesa di essere qualcuno, e che le interferenze della radio, forse create a posta, avevano bloccato.
Sadiq si voltò verso il nuovo arrivato, che si era fatto strada in mezzo ai soldati oltre che al silenzio, e ignorò il verso stizzito di Lovino -e cosa proponi, Joāo?
-un'esecuzione pubblica, signore- il generale si sforzò di non guardare il gemello -non sono gli unici ribelli, e dopo quel messaggio è indubbio che altri abboccheranno a certe ideologie. Sta già succedendo, è inutile e stupido ignorarlo.
Sadiq tornò a sorridere, sadico -quindi proponi di punirne alcuni per ammonirli tutti? Mi piace- indicò con un cenno del mento i prigionieri -portateli nelle celle, io devo andare a organizzare le cose per l'esecu...
Feliciano si lasciò sfuggire un singhiozzo -fratellone... perché?
Il suo fu poco più di un sussurro. Una preghiera quasi, una richiesta di spiegazioni, di una ragione per cui sarebbe dovuto morire.
Finalmente Lovino lo guardò negli occhi.
-perché? Stai scherzando vero? Ti sei mai reso conto di quello che fai, di quello che hai sempre fatto da quando sei uscito dalla vagina di nostra madre?- gli uscì una risatina isterica -è sempre tutto un "Feliciano di qua, Feliciano di là...". La mia intera vita è sempre stata così, visto che non ricordo un momento in cui tu non ci sia stato a rompere i coglioni. Oh quanto è bravo Feliciano, oh quanto è carino Feliciano, dovresti essere più come tuo fratello Feliciano... e io? In una cella nel buco del culo del mondo a marcire- rise di nuovo. Una risata forzata, marcia fino al midollo -anche quando mi hanno rapito davanti ai suoi occhi, il nonno ha preferito te. Pensi davvero che gli ci sia voluto così tanto tempo per trovarmi? No, semplicemente non ne aveva voglia, perché tanto aveva Feliciano con lui, quindi andava bene così. Se avessero preso te, invece, aaa, lì sì che avrebbe scosso mari e monti per trovarti, altro che anni e anni!- gli tremò la voce per la rabbia. Scosse la testa -per una volta, una cazzo di volta, voglio essere io il fratello che ha vinto.
Una lacrima corse lungo la guancia del fratello minore. Ludwig stava per mollare tutto e saltare al collo di Lovino, ma poi si accorse di una cosa. Feliciano si stava mordendo l'interno delle guance, entrambe, come faceva sempre quando non doveva ridere. Era un dettaglio minuscolo, che solo lui, al suo fianco, avrebbe potuto notare, eppure lo mandò nella confusione più totale. Perché a Feliciano stava venendo da ridere?
-amo i drammi familiari- commentò Sadiq -ma si è fatta una certa ora- si rivolse a Joāo -perquisiscili e portali giù. Li voglio nella cella con più telecamere.
Joāo annuì -sissignore.
Fece per andarsene, poi sembrò ricordarsi di una cosa.
-ah, un'ultima faccenda...- si rivolse a Lovino -qual è quello che rende invisibile la gente?
Imbronciato, l'italiano indicò Gilbert con un cenno del mento. Il supremo lo scrutò, con quel sorriso freddo, mettendolo a disagio. Poi prese una pistola dalla tasca dell'impermeabile, gliela puntò contro e gli sparò alla gamba.

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