The Great War
Marie si guardò allo specchio controllandosi il trucco e gettando uno sguardo d'insieme sull'outfit che si era scelta per l'uscita.
Finalmente poteva tornare a uno dei suoi amati vestiti.
Da quando passava le sue giornate ad allenarsi nei sotterranei della Mafia gli abiti erano stati riposti nell'armadio in attesa di tornare ad essere sfoggiati quotidianamente.
La sua unica consolazione restavamo le camicie da notte.
Prese un profondo respiro e uscì dalla sua stanza.
L'attendeva una giornata decisamente impegnativa.
"Marie...!!! Dove stai andando?"
Una vocina squillante la costrinse a fermarsi prima di varcare la soglia di casa.
La ragazza si fermò, permettendo alla bambina di aggrapparsi al suo vestito.
"Elise..." Sospirò.
Perché doveva sempre spuntare nei momenti meno opportuni?
"Sto uscendo..."
"Hai trovato un ragazzo?" Chiese la piccola in tono scherzoso.
Marie rise.
"Non esco quasi mai, dove dovrei trovare un ragazzo con cui frequentarmi secondo te, sciocchina?" Rispose abbassandosi al suo livello.
Elise sbuffò.
"Una ragazza carina come te... Sicura che devi solo vedere la tua amica?"
Chiese sospettosa.
"Come fai a sapere che esco con una mia amica?!" Marie si finse sorpresa.
"Akiko è l'unica persona con cui esci." Rispose lei risoluta.
Marie si sollevò.
"Lo dici tu a mio padre che sto uscendo?"
"Solo se prometti di comprarmi dei dolci!"
"Sarà fatto!!!!"
Però era vero.
Yosano era l'unica persona con la quale usciva.
L'unica amica che effettivamente aveva.
Non era sempre stato così tra loro.
Per un lungo periodo si erano perse di vista, ma poi la vita aveva deciso di far intrecciare di nuovo i loro destini, ma il loro primo incontro risaliva a ben 14 anni prima, durante la grande guerra.
Quando Yosano era ancora una bambina piena di speranze e sogni per il futuro.
Prima che Mori non la distruggesse completamente.
E lei non aveva potuto fare altro che vederla rompersi senza poter fare nulla.
"Eccoci tesoro. Questa sarà la nostra casa per un po'."
La piccola Marie si guardò attorno tenendo stretto a sé l'unico pupazzo che il padre le aveva concesso di portare con lei.
Quel posto le faceva paura.
E le mancava la sua mamma, ma sapeva che il padre si sarebbe arrabbiato con lei se avesse esternato i suoi pensieri.
E lei non voleva certo farlo arrabbiare.
Non voleva essere abbandonata anche da lui.
Mori sistemò la loro unica valigia accanto al letto a castello.
La sua posizione da medico nell'esercito gli dava accesso a un alloggio che era decisamente meglio delle tristi baracche che i soldati comuni si trovavano costretti a condividere, ma restava un luogo per nulla adatto a una bambina di 6 anni.
Vedere Marie visibilmente angosciata lo faceva sentire l'uomo più impotente del mondo, ma l'alternativa che gli era stata proposta a quella sistemazione era decisamente fuori di testa.
Marie sarebbe sempre rimasta sotto il suo sguardo, a qualunque costo.
"Elise, che ne dici di preparare il letto sopra per Marie?"
Elise, manifestazione della sua abilità Vita Sexualis che all'epoca aveva deciso di mostrare in forma adulta.
Non poteva permettersi alcun tipo di distrazione in quel contesto di guerra e la figlia bastava e avanzava come problema da gestire.
Gli avrebbe sicuramente dato da pensare, ma sperava che la messa in atto del suo piano con i soldati l'avrebbe aiutato a focalizzarsi sui suoi obiettivi e rinchiudere i suoi sentimenti in un remoto angolo del suo essere.
Potendo avrebbe poi gettato le chiavi in un buco mero, ma non era questa la scelta che faceva un leader.
Un leader non doveva mai cancellare i propri sentimenti, doveva imparare a conviverci, a metterli in sordina.
Aveva già imparato a sopportare i dolori causati dalle emozioni, ma sapeva che quell'esperienza di guerra l'avrebbe reso un attore spietato e perfetto.
Un diavolo senza sentimenti, ma che dentro di sé rimpiange il paradiso perduto.
Anche se lui aveva potuto assaporare poco di quel luogo.
Guardò Marie e Elise sistemare il letto superiore.
Riteneva più sicuro far dormire la figlia in quello.
Si trovavano comunque in un ambiente di guerra e, proprio come in amore, tutto era lecito.
E quello che stava pur compiere aveva tutto il diritto di renderlo un facile bersaglio del malessere dei soldati.
Si girò tra le mani le chiavi di quella stanza che, chissà per quanto tempo, sarebbe stata la loro casa.
Per il momento sarebbero stati soli, ma presta la bambina che sarebbe stata la chiave di volta della sua strategia li avrebbe raggiunti.
Quella bambina sembrava essere piena di vita e la speranza che potesse aiutare Marie a sentirsi meglio era tanta.
Forse potevano aiutarsi a vicenda a sopravvivere alla guerra.
Yosano Akiko arrivò come un fulmine a ciel sereno nelle loro vite, illuminandole prima e bruciandole poi.
Marie stava giocando col suo peluche quando una voce squillante riecheggiò in quello sgabuzzino.
La piccola sollevò lo sguardo impaurita incontrando vivaci iridi color magenta.
"Mori mi ha detto che ti avrei trovata qui! Io sono Akiko. Akiko Yosano."
Tese la mano verso di lei, ma Marie si limitò a stringere maggiormente il suo peluche.
"Non vuoi essere mia amica?" Chiese Yosano sbuffando. "Siamo la uniche bambine qui..."
Marie era decisamente frastornata da tutta quella esuberanza, ma provò a superare i suoi timori.
"Io sono Marie." Sussurrò debolmente.
Yosano sorrise e poi buttò l'occhio sul peluche dell'altra.
"Non sei grande per girare ancora con un pupazzo?"
In risposta l'altra bambina strinse il pupazzo ancora di più.
Yosano abbassò lo sguardo su quell'oggetto chiedendosi cosa avesse di così speciale.
Un qualche valore affettivo, forse?
Era un draghetto nero con gli occhi rossi.
Yosano passò lo sguardo dall'animale alla bambina.
"Vi somigliate!" Esclamò con entusiasmo.
"Io ormai sono grande per i peluche, ma è molto carino. Te l'ha regalato il tuo papà?"
"Si, è proprio un mio regalo."
"Oh... mi sono permessa di presentarmi senza aspettarti..."
"Hai fatto benissimo. È probabile che vi ritroverete a passare molto tempo insieme, quindi spero che possiate andare d'accordo."
Mori andò a sedersi alla piccola scrivania di cui quel buco era dotato.
"Yosano, sistemo un attimo queste carte e poi ti porto a conoscere i soldati con i quali lavoreremo, va bene?"
"Si, signore!" Rispose la bambina sempre con troppo entusiasmo. Yosano si sedette sul letto accanto a Marie, quadrandosi intorno con occhi curiosi e carichi di entusiasmo.
"Il tuo papà mi ha offerto di venire qui per aiutare i soldati!"
Marie la guardò curiosa.
"La mia abilità si chiama Thou shall not die, mi permette di guarire subito le ferite delle persone, dalle più lievi alle più gravi.
Con il mio aiuto i soldati non sarebbero più costretti a morire... e alla fine della guerra potrebbero tornare a casa sani e salvi dalle loro famiglie..."
"Che bella abilità che hai..." Sussurrò Marie.
Yosano annuì energicamente.
"E tu? Hai anche tu un'abilità?"
Marie annuì abbassando lo sguardo sul suo draghetto.
In quell'esatto istante Mori intervenne nella conversazione.
"Yosano, pronta per conoscere i tuoi futuri pazienti?"
"Certo! Marie, a dopo!"
Mori lanciò un'occhiata per capire se la figlia stesse bene.
Quel familiare dolore che lo invase fu la risposta al suo quesito, ma non percepì reazioni da parte di Yosano.
Strinse i denti e uscì di lì.
Poco dopo Yosano tornò da Marie raccontandole con entusiasmo dei soldati.
"Ehy, ma prima non abbiamo più continuato il nostro discorso.
Allora, anche tu hai un'abilità?"
Marie annuì.
"La mia però non è così bella come la tua..." Sussurrò in tono flebile.
"Non dire così! Ogni abilità è unica nel suo genere e scommetto che anche la tua lo è!"
"Faccio soffrire le persone."
"Cosa?"
"Faccio male alle persone."
"C-com... Com'è possibile? Cosa significa?"
"Le persone urlano e... cadono a terra quando si attiva."
Yosano sgranò gli occhi esterrefatta.
"Cosa! Ma è come un'arma! È terribile!
Gli occhi di Marie si velarono di lacrime.
"No! Non intendevo dire questo..."
"Anche mamma diceva che era orribile..."
Yosano rimase immobile processando quanto le aveva detto.
Marie sentì improvvisamente due braccia stringersi attorno a lei.
Non credeva possibile che una madre potesse effettivamente dire una cosa del genere alla propria figlia, ma sentì che non era il caso di dirlo ad alta voce.
"Nessuno sceglie l'abilità con la quale si nasce. E poi... Anche se hai l'abilità di far soffrire le persone finché non lo fai deliberatamente non è un problema... ma... fai loro male fisicamente quando la usi?"
"Fisicamente?" Chiese Marie confusa.
"Sì, insomma... lascia una ferita visibile sul corpo?"
"No... non penso..."
"Curioso."
Yosano poi le sorrise. "Siamo complementari!"
In parte lo erano davvero. Marie era timida e chiusa, mentre Yosano era aperta e intraprendente.
I primi giorni era sempre lei a cercare la compagnia di Marie e a portare avanti le loro conversazioni, ma, piano piano, anche Marie aveva iniziato ad apprezzare sempre più la presenza dell'altra bambina.
Marie ascoltava sempre con interesse Yosano raccontarle di come i soldati la adorassero perché con lei la morte sembrava non giungere mai.
La scintilla che Yosano aveva negli occhi era contagiosa.
In quel luogo desolato non avevano molto con cui giocare o distrarsi, ma la loro reciproca compagnia era diventata un tesoro prezioso al quale nessuna delle due sembrava voler rinunciare.
Un giorno Yosano si presentò da Marie con un accessorio che non riuscì a passare inosservato.
Era una bellissima molletta dorata a forma di farfalla.
Marie la guardò affascinata.
"Ma è bellissima! Dove l'hai trovata?
Yosano sospirò.
"Uno dei soldati di là ha l'abilità di manipolare l'oro e l'ha realizzata per ringraziarmi di avergli salvato la vita fino ad oggi.
Dice che è grazie a me se un giorno potrà tornare sano e salvo dalla sua famiglia. Dice che sono un angelo."
Marie stava per commentare quanto fosse una cosa carina, ma vi era qualcosa nel tono dell'amica che la fece desistere.
E non si trattava solo di quello.
Si era accorta che, da qualche giorno, sembrava esserci qualcosa che non andava in lei.
Era come se si fosse in parte spenta.
Quell'entusiasmo che sembrava tanto caratterizzarla non era più lì.
"Non credi a quello che ti ha detto? Però è vero! Grazie alla tua abilità molti soldati sono ancora in vita."
L'altra si prese un momento di pausa prima di rispondere.
"È anche vero che senza di me avrebbero più tempo per riprendersi e non sarebbero costretti a tornare subito sul campo di battaglia."
Marie allungò una mano verso Yosano accarezzandole lievemente la nuova farfalla.
"Questo regalo è qui a dimostrare esattamente l'opposto. La tua abilità è preziosa. Tu se preziosa e quello che stai facendo non ha prezzo."
Le regalò un sorriso.
Yosano si sporse per abbracciarla.
"Tu sei un angelo Marie. Sicura di essere davvero la figlia di Mori? Sei sempre così dolce e carina, mentre... senza offesa, ma tuo padre a volte ha un'aura davvero spaventosa."
"Lo so. È sempre stato così."
In parate era la verità, ma non era sempre stato così. Non con lei almeno. Usare la sua aura minacciosa anche contro di lei era una novità alla quale non si era ancora abituata.
Ecco perché il padre la spaventava ancora così tanto.
Sapeva di essere la causa del suo malessere.
Forse era per questo che preferiva usare Elise per relazionarsi con lei.
"Non aveva nessuno a cui lasciarti? Insomma... tu non sei indispensabile come me... perché non lasciarti a casa?"
"Mamma se n'è andata poca prima che scoppiasse la guerra. Ora ho solo il mio papà." Rispose Marie.
"Oh... non sapevo fosse morta... mi dispiace..."
"No! Non è morta. Almeno... non credo. Ci ha abbandonati."
Yosano sgranò gli occhi.
Ormai le due si conoscevano da qualche mese, ma Marie non si era mai aperta così tanto con lei come stava facendo in quel momento.
"Ti manca?"
Marie annuì.
"Hai... comunque Mori..." Sussurrò Yosano con cautela. Lei era probabilmente l'unica a vedere quasi quotidianamente le interazioni tra i due.
Il suo superiore non si sprecava in sentimentalismi mentre lavorava, ma non l'aveva mai visto mostrare il benché minimo affetto nei confronti della figlia.
Neppure una volta.
"Papà è cambiato da quando lei se n'è andata..."
Anche se Yosano faticava a immaginarsi un Mori Ougai diversa da quello con il quale aveva a che fare tutti i giorni.
Che la madre di Marie fosse riuscita nell'impresa di far mostrare emozioni a quell'uomo che sembrava non averne?
Con la coda dell'occhio vide il peluche di Marie ed ebbe un flash del loro primo incontro.
"Il draghetto... te l'ha regalato prima che tua madre se ne andasse?"
Marie si sorprese a questa domanda improvvisa.
Avvicinò il peluche a loro.
"Me l'ha regalato quando sono nata. Alla mamma ne aveva regalato uno simile, ma più grande. A lei piacevano tanto i peluche."
Quest'immagine lasciò Yosano senza parole.
Non riusciva a credere che quell'uomo fosse in grado di compiere gesti carini e riusciva a immaginarselo ancora meno nelle vesti di compagno amorevole.
Sembrava un ossimoro.
Voleva saperne di più, capire se Marie sapesse quali fossero le ragioni che avevano spinto la madre ad andarsene, ma sentiva che era una domanda troppo delicata.
Se la donna se n'era andata poco prima della guerra allora si trattava di una ferita ancora aperta.
Non solo por Marie, ma anche per Mori.
Avrebbe dovuto aspettare che fosse lei ad aggiungere più particolari alla storia.
All'epoca non poteva sapere che avrebbe saputo l'intera storia solo molti anni più tardi in circostanze completamente diverse.
La guerra aveva infatti preso un andamento imprevisto e la situazione peggiorava giorno dopo giorno e gli interventi di Yosano con i soldati si rendevano sempre più frequenti.
Finché un giorno provò a ribellarsi al volere di Mori.
"Io non lo curo."
"Come, prego?"
"Hai capito benissimo. Io non lo curo. Non è una ferita grave. Passerà qualche giorno in infermeria e poi potrà tornare sul campo di battaglia."
Mori sospirò.
"Come faccio a dirti di no? Sono debole di fronte alle richieste delle ragazzine."
Il sorriso compiaciuto di Yosano divenne una smorfia di dolore quando forti dita si ancorarono alla sua testa costringendola a guardare il suo superiore negli occhi.
"Ma tu sei un'eccezione. Hai detto che la sua non è una ferita grave?"
Uno sparo riecheggiò nella stanza.
"Benissimo. Ora è in fin di vita. Vedi di curarlo in fretta."
Quello fu il primo giorno in cui Yosano non andò da Marie appena finite le sue cure.
La bambina si chiese come mai non fosse passata da lei.
Lo faceva dal primo giorno che si erano incontrate.
Quando il padre tornò la piccola si fece coraggio chiedendogli se fosse successo qualcosa alla sua amica, ma lui si limitò a dire che era stata una giornata pesante e che sarebbe stato meglio lasciarla sola.
Marie asserì, ma dopo altri giorni di assenza decise che non poteva fore finta di nulla e che doveva capire cosa stesse succedendo.
Trovò Yosano decisamente spenta.
Molto di più di quanto non lo fosse stata in quel giorno di confessioni.
"Yosano..." Con la voce ridotta a un sussurro Marie provò inutilmente ad attirare la sua attenzione.
Sembrava che non la sentisse.
O che non volesse sentirla.
Tentennò sulla porta.
L'aspetto di Yosano la faceva desistere, ma proprio a causa del suo aspetto non poteva lasciare correre.
Doveva uscire dalla sua comfort zone e provare a tenderle la mano.
Le si avvicinò con cautela.
"Yosano...?"
L'altra sembrava non dare nessun cenno, ma poi una breve scintilla le attraversò lo sguardo.
"Ti ha mandata a prendermi Mori? Vuole che curi altre persone?"
L'astio con cui Yosano pronunciò queste parole lasciò Marie senza fiato.
Cos'era successo per farla esprimere così?
"No." Farfugliò Marie ancora scossa dalle sue parole.
"È che... non sei più passata. Qualche giorno fa mio padre mi ha detto che avete avuto una giornata pesante e non volevo..."
"Avete avuto? AVETE AVUTO?!" Sbottò Yosano.
"Avete avuto una giornata pesante? Ti ha davvero detto questo?"
Il suo viso era rigato dalle lacrime.
"È solo colpa sua se sono così... A lui... Non importa niente delle persone... NIENTE!!!"
Forse una coltellata nel petto avrebbe fatto meno male che vedere l'amica ridotta in quello stato a causa del padre.
"Ma... tu sei qui per aiutare le persone... Le salvi dalla morte... Sei il loro angelo..."
Yosano le mostrò una ferita sul braccio.
"Questa me l'hanno fatta proprio quelli che fina a poco fa mi consideravamo il loro angelo..." La voce di Yosano divenne un sussurro appena accennato.
"Tu salvi le loro vite... perché mai dovrebbero..."
"Salvare le loro vite?" Yosano sbottò in una risata sarcastica.
"Io non faccio altro che prolungare le loro agonie... Con dei medici normali necessiterebbero di più tempo per guarire e potrebbero restare per più tempo lontani dal campo di battaglia, mentre così... con me... per colpa mia sono costretti a rivivere quell'inferno più e più volte e coloro che erano a un passo dalla morte... per colpa mia sono costretti a viverla quotidianamente se non più volte al giorno e tuo padre... non muove un dito... Lui pretende che continui a curarli anche quando è evidente che hanno da tempo superato il limite della sopportazione..."
La sua voce era ormai ridotta a dei singhiozzi disperati.
"E quando ho provato a rifiutarmi di curare una ferita superficiale... Mori l'ha ridotto in fin di vita... per costringermi a curarlo? Capisci?"
Marie aveva il fiato mozzato.
Capiva il dolore di Yosano. Capiva perfettamente perché non era più andata a trovarla.
Eppure...
Eppure in fondo al cuore il comportamento del padre non la sorprendeva.
Nemmeno un poco.
Era più che certa che Yosano stesse dicendo la verità e che non stesse esagerando.
Era sicuramente tutto vero.
"Mi dispiace..."
Marie cercò di abbracciarla, ma venne respinta da Yosano.
"Non voglio la tua compassione... Non voglio la compassione di nessuno... Voglio solo che questo inferno finisca..."
"Puoi sfogarti con me..." Azzardò Marie, ma Yosano sembrava non riuscisse a guardarla negli occhi.
"Non vuoi più vedere neppure me?" Chiese Marie.
Yosano fece un respiro profondo passandosi una mano sulla ferita al braccio.
"Da quando Mori ha ridotto in fin di vita quel soldato non riesco più a usare la mia abilità come prima, io... ho bisogno che la persona sia in fin di vita..."
Altri singhiozzi.
"Yosano, senti..."
"Non mi sorprende che tua madre vi abbia lasciati, chi mai vorrebbe stare vicino a un mostro come tuo padre?"
Yosano caricò ogni singola parola di odio puro portando anche Marie a raggiungere il suo limite.
L'urlo di Yosano che seguì poco dopo era un suono che mai avrebbe scordato.
Quello che successe dopo fu tutto molto confuso.
Mori aveva sentito le grida di Yosano e, sapendo che Marie era da lei, aveva facilmente intuito cos'era successo e si era precipitato da lora sperando di riuscire a salvare la situazione.
Giunto sul luogo le urla di Yosano non erano altro che un rumore di sottofondo rispetto allo sguardo completamente assente di Marie.
In quel momento non era vittima dei familiari dolori causati da Umi to Dokuyaku, ma di un Inferno ben peggiore.
Ignorando tutto e tutti prese Marie in braccio e la portò nel loro scompartimento.
La strinse a sé e la cullò finché il sonno non prese il sopravvento.
Mori la tenne comunque stretta a sé ancora per un po'.
Quanto avrebbe voluto essere il padre di cui Marie aveva bisogno.
Il giorno seguente Marie aveva cercato Yosano per scusarsi di quanto era successo, ma sembrava che l'altra bambina avesse deciso di odiare anche lei e non solo Mori.
Qualche giorno dopo avvenne la catastrofe che distrusse completamente l'animo di Yosano.
Il soldato che le aveva regalato il fermaglio a forma di farfalla fece un annuncio alla radio.
Non ne poteva più di continuare a dover tornare sul campo di battaglia e continuare a tornare in vita.
Incolpava Yosano definendola troppo corretta per lui.
Si scusava.
Quando Yosano raggiunse il luogo dal quale stava trasmettendo trovò l'uomo impiccato.
Morto.
Anche Marie si era recata lì nel tentativo di stare accanto a Yosano, ma, prima le aveva urlato le peggio cose contro, e poi era diventata insensibile, non più in grado di reagire e anche se Marie non rinunciò a far tornare Yosano ormai non vi era più nulla da fare.
Fortunatamente la guerra giunse al suo termine poco dopo, ma le conseguenze da pagare furono troppo alte per tutti.
Nessuno escluso.
25/05/2024
Questo capitolo è stato tosto da scrivere 🥺
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