6 - I Hate it Here
Marie cercò di trovare una spiegazione plausibile.
"Ti ho fatto una domanda."
"Ecco..."
"Come fai a conoscerlo? Facevi già parte della Mafia?"
"Lui non è più un membro della Mafia..."
"Quindi sapevi che ne faceva parte?"
"Io..."
"Sei la sua ragazza?"
Marie avvampò a questa affermazione, ma non ebbe tempo di rispondere prima che Verlaine continuasse con il suo monologo.
"Che patetico. Tutti a chiamarlo il demone prodigio, ma poi non è neppure in grado di salvare la sua donna dalle grinfie del boss. Che verme patetico."
"Non sono la sua ragazza!"
Protestò Marie.
Era vero. Non era sicuramente la ragazza di Dazai.
Anche se, ripensando al passato, Marie non poteva fare a meno di pensare a tutte le proposte indecenti che Dazai le aveva fatto dal primo momento in cui si erano incontrati.
Come potersi dimenticare quel giorno?
Era poco più di un'adolescente quando quello strano ragazzino era entrato nelle loro vite.
Mori non le aveva mai dato molte spiegazioni, ma il padre le riservava difficilmente dei chiarimenti rispetto alle sue azioni.
La metteva semplicemente di fronte al fatto compiuto.
Quando Dazai era entrato nelle loro vite era decisamente un periodo buio per entrambi, quasi oscuro.
Dopo la guerra la vita non era stata clemente con loro e lа professione di medico per la peggiore feccia criminale svolta da Mori non aiutava in alcun modo.
Lavorare con criminali metteva a rischio la vita di Mori e, di conseguenza, quella della piccola Marie, costretta in un piccolo sgabuzzino per evitare di essere scoperta.
Mori continuava a ripeterle che era fondamentale che nessuno sapesse della sua esistenza.
Era stato un periodo buio, ma mai quanto quello che aveva seguito l'ascesa al potere di Mori.
Da quel momento il tempo che trascorrevano insieme era diminuito fin quasi ad arrivare ad annullarsi completamente.
Il boss della Mafia non aveva tempo da dedicare alla sua unica figlia.
Quell'unica figlia che sembrava nessuno dovesse sapere che esisteva.
Quell'unica figlia tenuta lontana da sguardi indiscreti.
Tenuta lontana da qualsiasi sguardo.
Non ci era voluto molto prima che la fama del padre come medico dei criminali più disparati giungesse infine alle orecchie dell'organizzazione che dominava le notti di Yokohama.
La Port Mafia.
Un cliente molto difficile da rifiutare.
E Mori non avrebbe certamente rifiutato.
In fin dei conti era l'occasione che aspettava da sempre.
E ben presto si ritrovò ad essere il medico della Mafia, il primo step nella sua scalata verso il potere.
Un giorno però un caso molto particolare si era presentato nelle sue mani.
"Marie, ho trovato questo ragazzino." Esordì un giorno Mori.
La ragazzina lo osservò; non sembrava passarsela benissimo.
"Trovato? Chiese dubbiosa.
"L'ho salvato dal suicidio." Rispose l'uomo con un sorriso enigmatico.
Ben presto Marie scoprì che si trattava della pura e semplice verità.
Il padre l'aveva davvero salvato dal suicidio, ma ben presto scoprì che il ragazzino in questione non era molto felice di essere stato salvato e che parlava decisamente in maniera troppo entusiastica di tutti i nuovi metodi che trovava e che spesso metteva in atto per tentare di togliersi la vita.
Non appena si era ripreso e aveva posato il suo sguardo su di lei; non aveva esitato a presentarsi.
"Io sono Dazai Osamu. Con chi ho l'immenso piacere di fare la conoscenza?"
"Marie..."
"Oh, sei la figlia di quel medico strampalato che mi ha salvato?"
Lei l'aveva guardato confusa. Perché Mori gli aveva rivelato di essere sua figlia? Non doveva essere un segreto?
Ма il ragazzino era immediatamente passato alla domanda successiva.
"Ti andrebbe di morire con me? È il mio sogno varcare la soglia dell'aldilà con una bellissima ragazza al mio fianco."
Marie arrossì, in parte ammaliata dai suoi modi; in parte incredula a una tale richiesta.
Dazai le prese una mano tra le sue, regalandole poi il primo baciamano della sua vita.
"Come potrei trovare qualcuno di altrettanto bello per realizzare il mio sogno?"
Il ragazzino avrebbe probabilmente continuato ad adularla se Mori non fosse intervenuto nella conversazione.
"Ti sembra questo il modo di ringraziare chi ti ha salvato la vita?"
Nonostante gli ammonimenti di Mori Dazai non aveva smesso di rinnovare le sue proposte a Μarie.
Lei ne era in parte lusingata. In fin dei conti non faceva che riempirla di complimenti e, poco prima di lasciare la Mafia, era arrivato a farle anche proposte molto più indecenti che la ragazza aveva sempre rifiutato.
Sin da subito aveva infatti imparato come il demone prodigio si atteggiasse così con qualsiasi ragazza gli capitasse a tiro.
Sapeva anche che più volte aveva usato il suo corpo per ottenere quello che desiderava.
Sapeva che avrebbe continuato ad agire in quel modo sconsiderato.
E sapeva che non sarebbe mai diventata l'unica per lui.
E lei non era interessata a una fugace avventura di una notte per soddisfare i deboli piaceri della carne.
Puntava ad altro.
Non si voleva così male.
Dazai non le avrebbe mai dato il tipo di amore del quale aveva bisogno.
Aveva già qualcuno che non le mostrava amore, non aveva bisogno di un'inutile sofferenza aggiuntiva.
La risata cristallina di Verlaine la strappò al flusso dei suoi pensieri.
"Ripensandoci è decisamente impossibile che tu possa essere la sua ragazza, sei troppo carina per stare con uno come lui."
Il cuore di Marie perse un battito e rischiò di avvampare ancora di più.
Queste uscite di Verlaine rischiavano di mettere a dura prova la sua debole psiche.
"Questo però non toglie il fatto che sembra che tu conosca veramente quell'essere..."
"È... un collega di una mia amica..."
"Oh. Mi dispiace tanto per la tua amica. Dev'essere snervante essere condannati ad averci a che fare tutti i giorni."
Verlaine sembrò perdersi momentaneamente nei suoi pensieri.
"Ricordo il giorno in cui scoprimmo che ci aveva lasciati. Stappai una bottiglia di champagne per l'occasione. Ricordo ancora il sapore inebriante che mandava alla mie narici. Decisamente tra i migliori calici che abbia mai avuto il piacere di sorseggiare tra queste mura."
Sospirò.
"Si sta così bene da quando se n'è andato."
Marie continuava a chiedersi cosa gli avesse mai fatto Dazai per guadagnarsi tutto quell'odio.
Di una cosa era certa: non si sarebbe mai più azzardata a pronunciare quel nome in sua presenza.
"In ogni caso ne abbiamo parlato fin troppo. Torniamo a concentrarci su di noi."
Verlaine si sollevò dal divano e Marie seguì il suo esempio, meno riusciva a farlo alterare e meglio sarebbe stato per lei.
"Come primo passo dobbiamo migliorare le tue competenze in combattimento. Sia in attacco che in difesa. Se riuscissi ad avere più fiducia nelle tue capacità sarebbe un ottimo passo avanti."
Si avvicinò a Marie abbassando la testa al suo livello, portando le labbra all'orecchio di lei.
"Pronta per e l'allenamento di oggi, ma chèri?"
Marie rabbrividì.
No, non era mai pronta.
In una settimana di allenamenti non era mai riuscita neppure per sbaglio a prevedere gli attacchi a sorpresa che il biondo le riservava.
Proprio com'era successo durante il loro primo incontro.
Il suo corpo si tese involontariamente.
Sapeva che presto sarebbe arrivato un attacco, ma era altrettanto consapevole del fatto di non essere neppure vagamente vicina all'essere in grado di fermare quel mostro.
Il divario tra loro era ancora troppo grande.
Verlaine, come al solito, percepiva fin troppo chiaramente lo stato di tensione nel quale si trovava il corpo di lei.
Succedeva tutte le volte che varcava la soglia del suo covo.
"Cerca di non essere così tesa." Sibilò. "Così non fai altro che alterare i tuoi sensi e non ti potranno mai essere d'aiuto.
Sono i tuoi unici alleati, cerca di non rendere pure loro tuoi nemici. È bene che tu sia allerta, ma sei anche troppo tesa. Non dubitare delle tue capacità."
"Come se potessi mai sperare di fermarti."
"Certo non lo farai mai se continui con questo atteggiamento." Disse in tono più duro.
Ormai aveva imparato che alzare un poco la voce ed essere meno dolce era un ottimo metodo per ridimensionare Marie; anche se al contempo la agitava ancora di più.
Verlaine approfittò di quel breve momento in cui Marie abbassò gli occhi per prenderla in contropiede.
Si avvicinò a lei lentamente con l'intento di prepararla, ma già sapeva come sarebbe andata a finire.
Marie sobbalzò sentendo un braccio bloccarle la vita e la mano di Verlaine stringersi attorno al suo collo, intrappolando la ragazza contro il suo petto.
"Devi imparare a non lasciarti distrarre così facilmente."
Già durante la precedente settimana Marie aveva imparato che Verlaine non aveva bisogno di armi per bloccarla.
Quell'uomo sapeva come trasformare il suo corpo in un'arma letale.
Anche senza l'attivazione della sua abilità di manipolazione della gravità.
Il primo attacco che le aveva fatto con quel coltello era stato un mero assaggio di quello che l'aveva poi attesa nei giorni successivi.
Parte integrante dell'allenamento erano questi attacchi a sorpresa da parte di Verlaine che non facevano altro che contribuire a mantenerla in uno stato sempre vigile e all'erta, ma l'uomo era sempre imprevedibile e la ragazza non mancava mai di farsi trovare completamente impreparata, ma il biondo le aveva spiegato che aveva le sue ragioni per agire in quel modo.
Marie era lì per essere allenata e trasformata e questo era esattamente l'obiettivo che stava perseguendo.
E gli attacchi a sorpresa avevano una loro precisa utilità: da una parte erano studiati per рrеparare Мarie a ricevere un simile attacco e d'altra parte servivano a Verlaine per capire se la ragazza stesse davvero facendo dei progressi e fosse in grado di mettere in pratica i suoi insegnamenti.
Chiaramente non si aspettava di vedere dei veri progressi nel breve termine, ma il tempo avrebbe sicuramente ripagato i loro sforzi.
Verlaine allentò la presa sul suo collo accarezzando la cicatrice che le aveva lasciato la settimana scorsa.
Era uno dei motivi che l'aveva spinto ad astenersi dall'utilizzare armi con lei.
Doveva essere lui a insegnarle come maneggiarle prima di usarle ancora contro di lei.
La lasciò andare e Marie tornò a respirare.
"Bene, ma chèrie. La settimana scorsa ci siamo concentrati solo sul corpo a corpo e sulla difesa. Cosa che continueremo a fare, naturalmente, ma direi che è il caso di introdurre anche l'utilizzo di qualche arma. Penso che tu ricordi ancora il coltello con il quale mi sono presentato."
Marie annuì.
In fin dei conti vedeva quella cicatrice ogni volta che si guardava allo specchio, era difficile scordarsela.
Verlaine la accompagnò in una delle stanze preferite del sur covo.
L'armeria.
Durante i primi anni di permanenza nella Mafia era troppo impegnato a sondare, capire e discernere i suoi pensieri per occuparsi veramente del mondo circostante, ma, una volta terminato il suo periodo di lutto; aveva provato a dare un senso al cuore che Arthur gli aveva lasciato e aveva deciso di provare a seguire le orme di quel partner che tanto aveva cambiato la sua vita.
Forse avrebbe potuto anche lui tramandare gli insegnamenti di Arthur e non rendere vano il suo sacrificio.
Prima era tornato lui stesso ad allenarsi e aveva iniziato a fornirsi di armi da usare e poi si era cimentato in quella nuova avventura.
Quell'avventura che aveva contribuito a farlo diventare uno degli executive.
Sicuramente era una buona cosa per un assassino saper maneggiare diverse armi, ti rendeva decisamente più versatile e pronto a fronteggiare qualsiasi occasione.
Poi, se possibile, cercava di trovare l'arma per eccellenza di chi stava allenando, ma anche di combinare l'eventuale abilità dello studente alle armi nell'ottica di rendere gli attacchi ancora più efficaci.
Amava molto fare questo gioco con i possessori di abilità, ma anche scoprire con quale arma si trovassero meglio le persone era altrettanto affascinante.
Marie entrò intimorita in quella stanza piena di armi.
"Le sai usare tutte?" Chiese con un filo di voce.
Verlaine accarezzò il manico di una pistola poco distante da lui.
"Proprio tutte. E presto imparerai a usarne il più possibile anche tu."
Si spostò verso una zona dov'erano esposte diverse armi da taglio e prelevò un coltello molto simile a quello che aveva estratto durante il loro primo incontro.
"Io inizierei con questo, che dici?"
Lo prese dalla parte della lama e glielo porse.
Marie lo prese tra le mani titubante. Verlaine sorrise.
"Ne hai mai preso in mano uno?"
"Per cucinare?"
"Oh. Allora potresti pensare di dover cucinare me con quello."
Marie avvampò.
"N-non credo di essere in grado di usarlo così."
"Prova almeno a difenderti." Sferrò un pugno nella sua direzione.
La ragazza si limitò a indietreggiare il più possibile, ma Verlaine continuò ad avanzare finché il suo pugno si schiantò contro la parete.
"E ora che non puoi più fuggire?"
Sussurrò dolcemente l'uomo.
Marie provò maldestramente a usare l'arma contro di lui, ma Verlaine la fermò prima che potesse fare del male a sé stessa.
"Dovresti usarlo per ferire il tuo opponente e non te stessa, ma chèrie."
Le sussurrò togliendole il coltello dalle mani.
Si allontanò da lei e le porse nuovamente l'arma tra le mani.
"Prova ancora ad attaccarmi. Questa volta starò fermo."
Marie prese un profondo respiro e, in maniera alquanto goffa, provò ad attaccare l'executive.
Sgranò gli occhi vedendo Verlaine riuscire a fermare la lama del coltello con le sole dita della mano.
"Vedrai, presto sarai in grado anche tu di fare questa cosa."
La ragazza continuava a guardarlo rapita dalla sua prontezza ed eleganza rendendosi presto conto di come stesse sovrapponendo i movimenti di Verlaine a quelli di un'altra persona che padroneggiava armi simili con altrettanta eleganza.
Suo padre Mori Ougai.
Quante volte le era capitato di vederlo destreggiarsi in quell'arte?
Mori usava i bisturi al posto dei coltelli, ma tra le sue mani si trasformavano in armi altrettanto letali e pericolose.
Diverse volte l'aveva visto usare solo quelli contro la katana di Fukuzawa e mai una volta l'aveva visto soccombere.
Sembrava avere un talento innato.
Le si strinse il cuore.
Lei era sua figlia.
Perché non poteva usarli anche lei proprio come faceva lui?
Tornò a focalizzarsi sulla figura di Verlaine.
Lui era lì per aiutarla proprio in questo.
Se suo padre era così bravo nel combattimento allora vi era una possibilità che anche lei potesse ambire ad eguagliarlo.
Se si fosse impegnata veramente forse avrebbe potuto sperare di raggiungere i suoi stesi livelli.
E si li avesse raggiunti forse lui sarebbe stato fiero di lei.
"Mi insegnerai tu?"
Chiese in tono nuovo.
"È il mio lavoro."
Si spostò dietro di lei, Marie fece per spostarsi, ma lui le accennò di restare ferma.
"Ti mostro come si usa."
La ragazza percepì il suo respiro sopra la sua spalla.
"Usi la mano destra di solito, vero?"
"Sì."
Allora Verlaine fece scivolare il suo braccio destro su quello di lei, aiutandola a posizionarlo nella giusta posizione.
Delicatamente le prese la mano e posizionò il coltello tra le sue dita.
Tenendole il polso ben saldo iniziò a guidarne i movimenti.
"Vedi... così e così... Prova da sola ora..."
Marie constatò come già così le risultasse più semplice.
Sorrise.
Verlaine si ritrovò involontariamente a sorridere a sua volta.
Era la prima volta che vedeva la ragazza farlo da quando avevano iniziato ad allenarsi insieme.
Era davvero contagioso.
"Forza, riproviamo seriamente."
Marie annuì con un entusiasmo che l'uomo non le aveva mai visto mostrare prima.
E non fu quello l'unico cambiamento che le regalò.
Per la prima volta dopo due settimane ebbe il piacere di vederla impegnarsi seriamente.
Con dei risultati decisamente interessanti ai suoi occhi.
Verlaine realizzò che, con il giusto allenamento, sarebbe veramente riuscito a trasformarla in un bellissimo gioiellino.
Proseguirono così finché Marie non riuscì a padroneggiare meglio il coltello.
L'executive era più che soddisfatto dei suoi progressi e del minimo entusiasmo che aveva mostrato quel giorno, ma preferì non condividere i suoi pensieri.
Non era solito elargire complimenti ai suoi studenti.
E non avrebbe fatto eccezioni con Marie.
Non le faceva per nessuno.
Nei giorni successivi notò con piacere che quello di Marie non era stato un episodio isolato, ma continuò a mostrarsi più attiva per l'intera settimana e la padronanza della ragazza col coltello migliorò nettamente.
Forse Verlaine era riuscito a scegliere al primo colpo l'arma con la quale far splendere la sua studentessa.
La lungimiranza di Mori lo strabiliava sempre.
Sembrava sempre riuscire a vedere dove la sguardo altrui non riusciva ad arrivare.
E, molto probabilmente, col tempo la ragazza si sarebbe rivelata essere un ottimo acquisto.
Quel venerdì quando Marie giunse nei sotterranei della Mafia non trovò Verlaine ad accoglierla sul divano com'era solito fare.
Si guardò attorno coi sensi all'erta.
Immaginava si trattasse di uno dei suoi ennesimi attacchi a sorpresa.
Sarebbe mai riuscita a bloccarne uno?
Ne dubitava, a meno che lui avesse finto che lei fosse riuscita a placcarlo.
Dubitava uno scenario del genere si sarebbe mai verificato in quel luogo.
Si avvicinò al tavolino di fronte al divano notando come sembrasse esserci qualcosa posato sulla sua superficie.
Si guardò nuovamente attorno.
Era ovvio che Verlaine avrebbe fatto la sua comparsa da un momento all'altro e che quella era una distrazione lasciata dall'assassino per farla cadere in tentazione.
Sarebbe stata attenta.
L'avrebbe percepito arrivare.
Fece cadere lo sguardo sul quadernino sorprendendosi di quanto vi trovò.
Erano parole scritte a mano.
O almeno credeva.
Quella grafia era talmente bella da sembrare stampata.
Accarezzò quelle parole con le dita.
Che fosse la grafia di Verlaine?
Non la sorprendeva troppo.
Quell'uomo sembrava essere davvero perfetto.
Provò a leggere cosa vi fosse scritto.
Guardò la carta confusa.
Non era giapponese.
comme il pleut sur la ville;
Quelle est cette langueur
Qui pénètre mon coeur?
Rilesse quelle parole sentendo un macigno posarsi da qualche parte dentro di lei.
Era francese.
Le si mozzò il respiro.
Odiava la sua predisposizione per quella lingua che sapeva essere tanto melodiosa quanto letale.
Anche le parole più cruenti risuonavano come dolci melodie in quell'idioma maledetto.
Una fredda lama si posò sulla sua gola mentre un altrettanto freddo braccio si avvolse attorno alla sua vita.
"Sei morta." Sussurrò la voce melodiosa di Verlaine al suo orecchio.
Marie rabbrividì mentre una calda lacrima le scese lungo il viso.
L'executive imprecò mollandola di colpo.
Il coltello che le stava puntando alla gola tintinnò al suolo mentre Verlaine cercava disperatamente di reggersi sulle proprie gambe e non mostrarsi ancora una volta così succube di quel dolore.
Marie non si voltò.
Si asciugò le lacrime.
Fece dei profondi respiri cercando di calmarsi.
"Immagino tu non l'abbia abbia usata di proposito."
Sussurrò Verlaine dopo lunghi attimi interminabili.
La ragazza si voltò verso di lui con il viso ancora rigato tra le lacrime.
All'uomo si strinse il cuore vedendola così e per un breve attimo fu preso dal desiderio di asciugarle le lacrime, ma tornò in sé prima di compiere gesti avventati.
"Imparerai a usarla." Si limitò a dirle prima di congedarla.
Marie cercò di svuotare la mente da ogni pensiero nel rincasare, ma quella sera non ebbe pace.
Yosano era tornata a farsi sentire con una serie di messaggi piuttosto insistenti.
La ragazza sorrise.
Era davvero fortunata ad avere un'amica come lei.
La sua unica amica.
"A domani, Akiko."
04/05/2024
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