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1 - L'Angelo della Morte

Marie stava mettendo gli ultimi spilli sul manichino per valutare come aggiustare il tulle sul vestito.

Stava sistemando le ultime pieghe della stoffa quando sentì bussare alla porta.

"Avanti." Attaccò lo spillo che teneva ancora tra le mani al manichino.

Il padre entrò lanciando una breve occhiata al vestito in elaborazione.

"Marie..."

"Sì?"

"Credo che sia giunto per te il momento di imparare finalmente a usare la tua abilità."

La ragazza raggelò.

"Non sarebbe meglio se imparassi a gestirla?" Insistette l'uomo.

"è da tantissimo tempo che non mi crea problemi."

"Questo non vuol dire nulla tesoro. Sai perfettamente che potrebbe creartene altri."

Marie sospirò.

Negli anni precedenti era sempre riuscita a limitare il padre in qualche modo.

Sapeva che voleva imparasse a usare la sua abilità per poterla sfruttare a suo piacere all'interno della Mafia.

Era solo così che suo padre, il fantomatico boss della Mafia, Mori Ougai; ragionava.

Vi era sempre un secondo fine dietro alle sue mosse.

Imparare a padroneggiare la sua abilità per evitare di rovinarsi la vita più di quanto non avesse già fatto?

No, non era certo questo ciò che interessava a Mori.

A lui non interessava che lei stesse bene o male.

Lei non era così importante come la Mafia per lui.

"Hai già provato in passato a guidarmi... Vorresti riprovare?"

Mori le sorrise.

"No, sappiamo già che io non sono più di tanto utile."

"E quindi come dovrei fare? Chiederai a Fukuzawa?"

"Non esiste che mia figlia si unisca all'agenzia."

"Nemmeno alla Mafia... Papà... Lo sai che non..."

"Marie. Lo sai anche tu che è solo questione di tempo prima che qualcosa triggeri la tua abilità."

"Ci penserò quando succederà."

"No, inizierai a pensarci da domani, invece."

"In che senso domani?"

"Domani ti recerai a lavoro con me."

"Papà non-"

Avrebbe volentieri continuato la sua protesta, ma l'aura del padre la fece desistere.

Quand'era così le faceva veramente paura.

"Hai intenzione di rivelare a tutti di avere una figlia inetta?"

"Assolutamente no. Manterremmo questo segreto ancora per un po'. E ricordati che anche la persona che incontrerai domani non sa che sei mia figlia, quindi; mi raccomando, non farti sfuggire quest'informazione."

"Va bene."

Sussurrò Marie.

Non se la prese più di tanto.

Sapeva che Mori avrebbe desiderato altro per lei.

L'avrebbe voluta forte e fiera accanto a lui e invece si ritrovava con una figlia che non solo non era in grado di controllare la sua abilità, ma che neppure aveva una vaga idea delle più rudimentali tecniche di difesa o combattimento.

Era un peso morto, ma Mori non si era neppure mai degnato di allenarla.

Avrebbe preferito che fosse stato lui a farlo e non un estraneo.

"Ti insegnerà principalmente a combattere e difenderti, ma credo possa esserti utile anche con la tua abilità."

"Mi stai costringendo a entrare nella Mafia?"

"Ti sto fornendo una possibilità di crescita."

"Ma io sono una sarta. Non voglio essere un'assassina."

"Sai quante cose vorrei, tesoro mio. Mi raccomando, domani ti voglio puntuale."

"E i vestiti? Ho delle commissioni non-"

"Ho risolto tutto io."

"Papà!"

"Sapevo che avresti opposto resistenza e quindi ho dovuto prendere le mie contromisure. Ho spiegato a Mme Schneider che i tuoi servigi sarebbero stati richiesti altrove per il momento e che dovrà fare a meno di te per qualche tempo. Potrai tornare a fare ciò che ti piace solo quando avrai adempito ai tuoi allenamenti. Diventa una combattente provetta, impara a convivere con la tua abilità e riavrai la tua vita."

"Perché mi stai facendo questo ora? Ormai ho vent'anni... Pensavo avessi rinunciato..."

"Appunto. Hai vent'anni. Sono stato fin troppo accondiscendente nei tuoi confronti. E mi sono stufato delle tue debolezze."

Detto questo lasciò la stanza.

Sapevano entrambi che la loro discussione era ufficialmente conclusa e Marie sapeva che gli ordini di Mori non si discutevano.

Sapeva anche che questo momento sarebbe dovuto arrivare pima o poi, ma, ingenuamente, aveva comunque pregato che un miracolo potesse salvarla.

Le sue preghiere non erano state esaudite.

La vera domanda che si poneva in quel momento era perché il padre avesse deciso di imporle questa cosa proprio ora.

Erano passati ben otto anni da quando era diventato il boss della Mafia e sicuramente avrebbe potuto costringerla molto prima.

Forse aveva sperato che lei cambiasse idea?

Più volte nel corso degli anni le aveva proposto di intraprendere la via della Mafia e tutte le volte lei si era categoricamente rifiutata.

Nonostante avesse quasi sempre vissuto negli ambienti dell'illegalità col padre, non aveva mai desiderato di entrare a far parte di quel mondo.

Le sembrava così distante dai suoi ideali.

Aveva visto più volte persone soffrire sotto le grinfie del padre.

Aveva visto le lacrime e ascoltato le loro urla di disperazione.

Le loro suppliche.

E lei non voleva essere così e mai avrebbe voluto esserlo.

Eppure il destino le aveva giocato uno scherzo crudele regalandole Umi to Dokuyaku, la sua odiata abilità che le aveva donato la capacità di far provare dolore fisico alle persone.

Un'abilità che non era mai stata in grado di padroneggiare.

Non sapeva attivarla e non sapeva come fermarla.

Per questo le aveva creato diversi problemi.

Una vera vita sociale non le era concessa in quelle condizioni.

Non poteva rischiare di esporsi inutilmente.

Mori aveva provato in passato a insegnarle a padroneggiarla, ma le sue lezioni non erano mai andate a buon fine e ben presto vi aveva rinunciato.

E lei, dopo un paio di incidenti, aveva deciso che sarebbe stato meglio cercare di uscire il meno possibile.

Aveva concluso gli studi a casa e trovato il tempo per affinare le sue doti sartoriali.

Realizzare un vestito era un'attività che richiedeva tempo e concentrazione e che le permetteva di lavorare non a stretto contatto con altre persone.

Si recava alla boutique di Mme Schneider solo per le varie prove con le clienti.

Questa era la sua vita.

Creare.

Non distruggere.

Per quanto molte delle cose che possedeva derivassero proprio dagli affari illegali del padre.

Soprattutto da quando era diventato il boss i due non avevano più avuto problemi economici.

Avevano una bella casa e un piatto caldo sempre caldo.

Ma a quale prezzo?

Si decise a riporre nei cassetti gli attrezzi che aveva lasciato in giro, cercando di trovare gli aspetti positivi in quella situazione.

Su una cosa non poteva fare altro che concordare col padre: imparare a gestire Umi to Dokuyaku sarebbe stata una benedizione per lei.

A prescindere dal fatto che il padre volesse sfruttare la sua abilità per i traffici della Mafia, se fosse davvero riuscita a padroneggiare il suo potere sarebbe stata finalmente libera.

Libera di non fare soffrire le persone con i suoi poteri.

E forse... Forse Mori sarebbe stato orgoglioso di lei se fosse riuscita nell'impresa?

Scosse la testa.

Povera illusa.

A quell'uomo non importa nulla di tutto questo.

Gli serve solo la tua abilità.

Tutto qui.

Si chiese solo chi potesse essere questa fantomatica persona alla quale sarebbe stata affidata.

Sperava che potesse mostrare un briciolo di umanità nei suoi confronti, ma non aveva molte speranze.

Stava per essere allenata da un membro della Mafia, in un posto dove vi era solo oscurità e nessuno spiraglio di luce.

La mattina seguente la sveglia suonò molto presto.

Mori l'avrebbe accompagnata per presentarla al suo insegnante, ma voleva anche evitare di essere visto da troppe persone con Marie.

Ogni tanto la ragazza invidiava Elise.

Tutti sapevano di lei.

Tutti si prodigavano per assecondare ogni suo desiderio, mentre lei era nascosta nell'ombra.

Forse sarebbe stata trattata così se solo qualcuno avesse saputo chi fosse.

Entrare per la prima volta nella Mafia dopo tanti anni le fece un effetto strano.

Ora poteva ammirare anche lei quelle pareti che durante gli ultimi otto anni non avevano fatto altro che aumentare e rendere incolmabile la distanza emotiva col padre.

Si sentì piccola e indifesa, decisamente non pronta ad affrontare quella nuova sfida.

Seguiva il padre passivamente tra i vasti corridoi di quel labirinto finché notò come stesse prendendo una via alquanto insolita.

Delle scale che sembravano condurre dritte all'Inferno.

Deglutì chiedendosi se non avesse invece deciso di farla fuori o sottoporla a qualche tortura strana.

Mori notò il tentennamento della figlia all'imbocco delle scale.

"Marie?" La esortò.

"Vuoi che ti trasporti di peso?" Aggiunse vedendo come non accennasse a muoversi.

"No... Sto scendendo."

"Dove mi stai portando?" Chiese dopo poco cercando di non far trasparire la sua agitazione.

Mori si sentì offeso nel profondo percependo lo stato d'ansia della figlia, ma non lo diede a vedere.

Andava bene anche così.

"Non essere impaziente, mia cara. Ti sto conducendo nei sotterranei della Mafia. La persona che ti allenerà vive qui."

"Nei sotterranei della Mafia?" Chiese confusa.

Perché mai uno avrebbe dovuto ridursi a una sistemazione del genere? Mori non gli dava abbastanza soldi per permettersi di meglio?

La luce offuscata lungo le scale non le aveva in realtà permesso di realizzare quanto fosse raffinata anche quella strada che conduceva all'Inferno.

A breve avrebbe decisamente rivisto tutte le sue certezze.

Si rese conto di quanto fosse attanagliata dall'ansia solo una volta che Mori si fermò alla fine delle scale, facendole cenno di avanzare.

Si guardò attorno col cuore in gola cercando di identificare qualcuno.

"Verlaine. Ti ho portato la ragazza."

Appena chiuse bocca una figura emerse dall'ombra.

Marie sgranò gli occhi.

Che il padre l'avesse davvero uccisa e ora attendesse di varcare le porte del Paradiso scortata da quell'angelo comparso dall'oscurità?

Quella figura era di una bellezza disarmante.

Dove nascondeva le sue ali?

Fissò lo sguardo in quei freddi occhi di ghiaccio e venne attraversata da un brivido freddo.

No, quello non poteva essere un angelo del Paradiso.

Quello era un angelo caduto dal Cielo per portare morte e distruzione.

Era un angelo della morte.

Probabilmente il suo nuovo incubo.

30/03/2014

Prossimo capitolo: 2 - Nuovo Inferno

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