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39 - Chi mi ama


Selina 16


- 5 giorni al Middle Ground

Non avrei dovuto mettermi a correre. Adesso non so dove sono. Non appena siamo smontati da cavallo, dopo aver insultato Natan, sono fuggita di corsa immaginando che avrei trovato le celle e avrei liberato Morgan, e invece mi sono persa lungo una specie di sentiero boschivo. Devo liberarlo subito, non avrei dovuto abbandonarlo a Ingranaggio. Lui è l'unico che può aiutarmi ad arrivare alla Torre per parlare con i miei colleghi anziani e trovare una cura per le anomalie. Senza Morgan non riuscirò mai ad arrivarci. Senza Morgan, io... mi sento persa. E mi sono persa, accidenti! Laggiù c'è una grande costruzione fatta di paglia e legno, magari è l'accesso alle segrete, devo andare a vedere. Mentre mi avvicino marciando nervosa, continuo a rimuginare. Dopo la giornata che ho trascorso con Natan non me la sono sentita di infierire contro di lui per aver imprigionato Morgan, ma adesso nella mia mente c'è una tale confusione... ma dico, perché i vadisiani si comportano così? Mi trovo davanti a un cancello fatto di paletti di legno, non è pesante, così lo scosto appena per permettermi di infilarmi dentro e procedo verso l'interno alla ricerca di una scala o di una botola. Intanto mi ripeto che hanno tutto, tutto. I libri, il mare, gli animali veri... forse è per difendere tutto questo che catturano gli intrusi, li mettono in prigione e non permettono a nessuno di avvicinarsi al loro distretto? Inizio a credere che a loro faccia comodo l'embargo, sembrano odiare le leggi di Pangea ma questa in particolare se la tengono ben stretta. Egoisti, bugiardi...

Un suono lungo e potente mi entra nelle orecchie all'improvviso.

Mi volto di scatto e il mio cuore sobbalza.

«Cosa... cos'è... quella cosa...»

Indietreggio sconvolta e so che ogni parte di me sta tremando.

L'enorme stazza di un animale dal pelo lunghissimo e scuro che ricopre gli occhi e da cui sbucano grosse corna e che potrebbe adombrare un cancello, emette un altro suono terribile e potentissimo. Mi fissa e si muove verso di me masticando radici o erba, oppure paglia, non capisco.

Lancio un urlo. «Ma cosa sei?»

Mentre indietreggio finisco con la schiena contro qualcosa di solido e poi due mani mi bloccano le spalle, mentre una voce risponde: «Quello è un bue. E questo è il mio fienile.»

Mi giro sconvolta a osservare quest'uomo che indossa abiti mai visti e un cappello di paglia come quella che l'animale sta masticando, e ho come l'impressione di essere finita in una realtà parallela.

«Dove siamo?» chiedo tentennante con occhi spalancati.

«Te l'ho detto, in un fienile. Tu chi diavolo sei?» risponde scostante.

«Io... io non lo so...»

«Non sai chi sei?»

Perde la pazienza e mi afferra per la maglia, tirandola come si fa con un guinzaglio, «Adesso ti sistemo io» mi trascina di fuori e marcia lungo la radura.

«Mi lasci andare!» cerco di liberarmi dalla sua presa ma sembra irremovibile. «Dove avete preso quell'animale gigantesco?» chiedo durante il trascinamento, «come fate ad allevarlo? Chi siete?»

L'uomo seguita a tirarmi, e di spalle dice: «Ma da che parte dell'universo conosciuto provieni, tu, che non hai mai visto un bue?»

«Mi lasci, senta, non mi importa del suo bue, io devo trovare le prigioni!» urlo esasperata.

«Oh, non c'è problema, intrusa, è esattamente lì che ti sto portando.»

Ringhio: «Bene, allora la smetta di rovinarmi la maglia, non ha bisogno di tirarmi, ci vengo volentieri, maleducato che non è altro!»

Ora mi lancia una rapidissima occhiata accigliata. Finalmente la smette di trascinarmi e si limita a borbottare qualcosa come allora muoviti colpendomi tra le scapole per farmi affrettare il passo.

Raggiunta la lunga muraglia che delimita gli alloggi dei vadisiani, il proprietario del bue si ferma e indica davanti a sé. «Non posso sconfinare, non mi è permesso. Vai lì» dice, «se sei corretta andrai in prigione ad autodenunciarti per aver violato l'accordo di non entrare nei nostri fienili.»

Quest'uomo ha una fiducia immensa nell'autodeterminazione, vedo. Mi fa quasi sorridere. Ma non posso impedirmi di indagare.

«Che cosa sono tutti questi confini? Lei non è di Vadis?»

Ora mi fissa torvo. «Non ti ridurranno la punizione se farai finta di non aver sconfinato, vadisiana. Hai ancora addosso fili del fieno del nostro territorio, capiranno che sei venuta a rubare da noi.»

«Voi chi? Chi siete? Quale territorio?»

Nota che la mia faccia è diventata rossa di ostinazione, e mi spinge di nuovo tra le spalle.

«Vattene, ragazza. E non tornare più. Non è ancora tempo di raccolto, per cui dì ai tuoi che prima di una settimana da Stallo non avranno le scorte.»

Indietreggio senza perdere il contatto visivo, e continuo a scuotere piano la testa a bocca aperta mentre mi domando se tutto questo sia reale. Ha detto Stallo? L'Eldorado? Io credo di essere sul punto di svenire. Ne ha di cose da spiegarmi, Natan, appena lo incontro. Mi ha stupita che non mi abbia rincorsa prima, quando sono scesa da cavallo e scappata via. Probabilmente voleva concedermi del tempo per pensare, mai avrebbe immaginato che sarei andata alla ricerca delle prigioni, considerando che correvo nella direzione opposta. Ma avrebbe potuto informarmi dell'esistenza di questo popolo confinante, dell'esistenza dell'Eldorado! Certo, non avrei mai immaginato che l'Eldorado fosse fatto di paglia e fieno, credevo in qualcosa di un po' più magico. E se quel bue mi avesse mangiata viva? Se quell'uomo col suo rastrello e le sue pale mi avesse sotterrata nel fienile? E poi, accidenti, cosa sarebbe un fienile? Il giaciglio di paglia degli animali giganti?

«Selina!»

Mi riscuoto, e la figura di Natan si staglia sospirante davanti a me. «Ma dove eri finita? Ti ho cercata dappertutto!»

Dietro di lui, più indietro, ci sono i suoi amici, seguaci, che lo seguono dappertutto, e che ancora provano gusto a schernirmi chiamandomi Flavia, e tra loro c'è anche la cugina, che non mi risparmia un'occhiata furiosa.

Metto le mani sui fianchi e dichiaro sprezzante: «Se proprio lo vuoi sapere, ho sconfinato. E aggiungo rischiando la vita, dato che non mi avevi avvisata dell'esistenza di grossi animali giganti che...»

Ride di me. «Non ti avevo avvisata? Ma se al Pub ne hai persino mangiato uno.»

Mi blocco e con me il respiro, la voglia di scherzare e pure quella di vivere.

Balbetto: «Ne ho, ne ho mangiato, ne ho mangiato uno?».

I ragazzini più indietro iniziano a ridere di me spintonandosi a vicenda.

«Beh, non tutto, solo un brandello. Ma sì.»

«Oh...» cerco di respirare e mi piego abbracciata a me stessa fissando la terra, «Oh...» so che le mie conoscenze hanno attribuito a bovino adulto la carne che stavano mangiando a Pub, ma trovarmi davanti un animale mastodontico e vivo non è come leggerne le caratteristiche nel tablet. E in effetti riconosco di non aver fatto due più due.

La sua mano arriva sotto al mio mento. «Andiamo, vieni.»

Lo strattono. «Io con te non vengo più da nessuna parte!»

Si incupisce. «E adesso che ti prende?»

«Mi racconti le cose a rate!»

Scoppia a ridere. «Va bene, ci sono contadini e agricoltori dall'altra parte, che scambiano con noi oggetti e viveri...»

«Adesso dei vostri contadini non mi importa niente, voglio andare da Morgan!»

Solleva un sopracciglio e si mette a braccia conserte. «Sarà difficile, piccola impunita.»

«Perché mai!» lo aggredisco.

Mi arriva davanti e bisbiglia facendo intendere che i suoi amici non devono ascoltare. «Perché l'ho liberato.»

«Lo hai liberato?» sto per sentirmi sollevata, quasi lo ringrazio commossa, quando un pensiero funesto mi balza in mente, «Lo hai fatto apposta!»

«Che?»

«Per non farci incontrare! Tu sei solo geloso!»

Si mette di nuovo a ridere. «Tu non stai bene».

Lo spintono. «Sei geloso! Adesso io dove vado a trovarlo? Sarà tornato a Pangea, sarà nei boschi, sarà...»

«Abbassa la voce» si accerta che i suoi siano distratti, e torna a parlarmi sottovoce «Sarà nei paraggi!» Blocca le mie mani che cercano di malmenarlo. «Senza di te non se ne va.»

Riesce e calmare la mia sfuriata.

«Quello, piuttosto che mollarti qui, si farebbe ammazzare.»

Mi blocco e lo fisso dubbiosa.

Natan emette un lungo respiro rassegnato. «Non sono geloso, è quello che cercavo di spiegarti oggi, io sono tuo fratello.»

D'istinto indietreggio.

Natan col palmo della mano si allunga fino a me: «Vieni con me. Torniamo agli alloggi.»

Non afferro la sua mano, ma continuo a indietreggiare.

Lui avanza cauto. «Selina» mi porge ancora la mano, «andiamo. Se qualcuno si accorge che sei fuori dal perimetro e che il cacciatore è libero, per me saranno guai seri. Per favore» incita ancora mostrandomi la sua mano che aspetta di essere presa.

Mormoro: «Abbiamo gli stessi generatori?».

«Genitori. E non entrambi.»

«Non entrambi?» mi manca il fiato.

«Non siamo nati dalla stessa partoriente. Ma abbiamo lo stesso padre.»

«Padre?»

«Non dirglielo!» si sente.

Ci voltiamo in direzione della voce. Selina 11 si sgancia dal gruppo rimasto indietro e con una marcia sollecitata ci raggiunge e si piazza in mezzo a noi con la faccia incarognita.

«Non dirglielo» ripete, fissandolo. «Sei diventato matto? Vuoi che Giosuè ti punisca?» poi guarda me con occhi rabbiosi, «tu torna subito nel tuo alloggio, spina nel fianco, o giuro che ti ci porto a calci!».

La ignoro.

«Chi è? Tu lo conosci?» domando a Natan.

«Non risponderle!» ordina lei.

«Dimmi chi è.»

La cugina mi aggredisce: «Fino a ieri non conoscevi neanche l'esistenza della famiglia, sei cresciuta in un ordinamento che non ammette legami di sangue tra cittadini, e ora non vedi l'ora di sapere chi ti ha generata?»

«Che senso ha aspettare?» Natan cerca di calmarla facendole una carezza. «Non essere così aggressiva con lei, sta imparando, vuole essere come noi. Prima o poi lo saprà.»

«Ma non da noi!» esclama lei. «Non possiamo violare le regole.»

«Ah quindi anche voi avete delle regole» la schernisco.

Selina 11 non si lascia intimidire e mi guarda sprezzante: «Tutti hanno delle regole. Ma qui servono a garantire la nostra sicurezza, non a manipolarci. E lo metti in pericolo se costringi Natan a dirtelo. Se tieni a lui un minimo, torna agli alloggi e smetti di fare domande.»

Per un momento riesco a sentire la sua paura, lo sta solo proteggendo, ne deduco che non si sono accoppiati clandestinamente per infrangere le regole ma per amore. Un moto di tenerezza mi invade. Io farei lo stesso con Morgan? L'imbarazzo mi fa sospirare la mia resa.

«D'accordo, intanto andiamo» dico sostenuta, «ma poi me ne vado, vi avverto, io devo tornare a Ingranaggio e raggiungere la Torre».

«Certo, come no» mi schernisce Selina 11.

Natan subito mi prende per mano, ma dopo pochi passi, Selina scioglie la nostra presa e si mette tra noi. Ancora qualche passo e spinge Natan più avanti. E sento che confabulano. Non impiego molto a sentire cosa bisbiglia lei, non sembra particolarmente interessata a non farmi ascoltare quanto la mia presenta la infastidisca.

Gli sussurra: «Perché glielo hai detto in quel modo? Così, di punto in bianco. Ti pareva il momento adatto?»

Natan borbotta, ma non le concede una risposta, e lei insiste nervosa: «Lo so che lo hai fatto perché temi che lei se ne torni al suo mondo dorato, e speri che facendole sapere la verità lei resti qui con te. Ma farebbe meglio ad andarsene, quella porta solo problemi.»

«Smettila» la rimbrotta.

Non appena mettiamo piede nella residenza, Natan si ferma e volta lo sguardo in ogni direzione, come cercasse qualcosa.

«Che c'è?» domanda lei.

«Come mai nessuno è in allerta? Cos'è questa calma piatta?» si domanda Natan.

«Perché dovrebbero essere in allerta?»

«A quest'ora avrebbero già dovuto segnalare l'evasione.»

«L'evasione di chi?» poi la cugina ci ripensa, «Hai liberato il cacciatore? Sei impazzito?»

Natan la ignora, subito si muove verso un uomo minuto e basso che sta passando lungo il corridoio e che porta con sé un vassoio con sopra due scodelle.

Gli blocca il passo facendo sobbalzare il vassoio che per poco non precipita. «Tu, cosa porti?»

L'uomo è intimorito, bofonchia: «Porto via i piatti vuoti della cena del prigioniero».

«Quale prigioniero?» lo strattona.

«Il cacciatore» tentenna l'uomo impaurito.

Natan si volta a guardarci con occhi spalancati: «Ma non è possibile che sia ancora qui.»

«Forse lo hanno ripreso» dico sconvolta.

Subito Natan si mette in marcia, e a metà del corridoio spalanca una porta che accede a un pianerottolo con una scala che scende. Deve essere diretto alle segrete, e finalmente riesco a capire dove si trovano. In effetti nel cercarle, quando mi sono imbattuta nella Biblioteca al pianterreno, non ho provato ad aprire le porte lungo il corridoio, temevo di essere scoperta. Invece era così semplice.

Mi metto a seguirlo, e la cugina mi corre dietro e mi trattiene per un braccio.

«Lui va da solo, tu no. Ora ti riporto nella tua stanza.»

Lo sto perdendo, sta scendendo rapidamente.

La cugina mi spinge arpionandomi il polso. «Muoviti, spina nel fianco.»

Le spalle di Natan svaniscono ingoiate dalle tenebre del sotterraneo.

Strattono Selina 11 e la spingo contro il muro. «Adesso però vai a fare in culo!»

S' immobilizza, e ha la faccia talmente attonita che quasi mi viene da ridere. Ma non ho tempo, devo correre dietro a Natan.

La mollo in cima alla scala e scendo di corsa, man mano che mi avvicino al lungo tunnel che accede alle prigioni mi ricordo che qui sotto i passi rimbombano, così la mia marcia continua sulle punte. Finché noto Natan fermo davanti a una delle grate.

«Tu che ci fai ancora qui?» domanda nervoso, attraverso le sbarre.

Sento la voce di Morgan rispondere: «Dove dovrei essere?»

Mi avvicino senza badare al rumore, voglio capire cosa succede. Ma non appena faccio capolino di lato, qualcosa mi blocca. L'aspetto di Morgan sembra così regale, in piedi, a mento alto.

Natan tentenna: «Ma io ti ho lasciato aperta la cella...»

Il guizzo oscuro che attraversa gli occhi di quell'uomo mi mette in allerta come se un fulmine mi avesse colpita in pieno viso.

Corro al suo fianco e dico d'un fiato: «Natan no, non è lui, non è Morgan!»

Natan mi osserva con la fronte corrugata.

«Ha le sue sembianze ma non è Morgan!» insisto.

«E brava bambina» si sente.

Ci voltiamo insieme, io e Natan, per constatare che davanti a noi adesso c'è Giosuè, che nella sua tunica dorata apre le braccia a un benvenuto severo.

«Lo hai liberato tu, dunque» rimprovera Natan. «Mi hai veramente deluso, ragazzo.» Poi volta lo sguardo su di me e aggiunge «E tu, ragazzina, che ci fai quaggiù? Dovresti essere nella tua stanza.»

Sto per mandare a fare in culo anche lui, quando la mano di Natan mi stringe il braccio e mi spinge indietro. Si piazza davanti a me e sfila dalla cintola una chiave con cui, una mandata alla volta, apre la cella e fa un passo avanti, fino a che non si trova nella cella con Giosuè, uno di fronte all'altro.

«Mi dispiace» gli dice sommesso.

«Non dovevi disubbidirmi!» lo aggredisce ancora.

Vinta da un moto di rabbia, entro anch'io e ringhio contro Giosuè. «Ma lei come si permette di parlare così a questi ragazzi? Lo sa che dovrebbe essere a Ingranaggio, data la sua età, e invece se ne sta rintanato a Vadis a comandare tutti senza averne nemmeno l'autorità! Chi le dà questo diritto? Chi si crede di essere?»

Natan è rosso di imbarazzo e mi afferra per la vita, provando a calmarmi. «Selina, zitta, non sai quello che dici, ne parliamo dopo...»

Ma io mi libero della sua presa e torno a inveire contro quest'uomo che adesso sta sorridendo.

«Non finga di non sentire, glielo ripeto, lei non ha nessun diritto di vivere tra loro, deve lasciare immediatamente questo distretto!»

Giosuè si fa avanti, e quando è a un passo da noi, dice solenne: «Adesso calmati, ragazzina, prima di farmi perdere la pazienza anche tu» va verso il cancello e con una mossa rapidissima se lo chiude alle spalle lasciandoci dentro. «Voi due ve ne resterete confinati qui a riflettere sulle vostre azioni, e finché non troverò nel vostro cuore puro pentimento e costernazione, rimarrete in prigione.»

Mi fiondo sulla grata e ruggisco: «Ma lei è pazzo! Ci liberi subito! Mitomane, allucinato, culo!» grido in ultimo, sporgendomi tra le sbarre.

«Selina» chiama sconvolto Natan, «ma smettila» si mette a ridere. «Non sai quello che dici.»

Continuo a sporgermi, ma di lui non c'è più l'ombra, è svanito lungo il tunnel.

«Certo che lo so, quello è matto!» sbraito agitandomi da una parte all'altra della cella. «E si può sapere perché lo lasciate fare? Avete paura di lui?»

Natan va a sedersi con le spalle contro il muro di roccia, e sospira. «È una storia lunga.»

«Abbiamo tutto il tempo, mi pare!»

Ma lui si adombra all'improvviso, come se un pensiero gli fosse passato davanti agli occhi facendolo trasalire. «No, invece» dice nel fiato, «non ne abbiamo.»

«Che vuoi dire?»

«Se lo conosco abbastanza...» mi osserva pietoso, «temo... sorellina... che questa sia una trappola. Ci ha messi qui dentro per attirare qui il tuo cacciatore. E quando verrà a liberarci lui lo ucciderà.»

Cerco di non lasciarmi vincere dalla paura, e sdrammatizzo col solito piglio razionale: «Non conosci Morgan, lui non è così stupido, non si lascerà ingannare dalla trappola di quel pallone gonfiato.»

Lo sguardo di Natan mi trapassa e non so decifrarlo. «Che c'è?»

Scuote la testa in un sorriso incredulo. «Anche Morgan lo ha definito un pallone gonfiato. Vi scambiate le battute, per caso?»

«Non ancora» trovo la cosa divertente, «ma vedrai quando gli dirò cazzo» rido.

Natan si mette in piedi e mi prende la mano. «Morgan è innamorato perso di te, Selina, e per te farebbe qualunque cosa, anche cadere in trappola.»

Mi fermo col fiato che corre a fissare i suoi occhi che appaiono determinati, e stavolta è riuscito a spaventarmi.

«Allora dobbiamo uscire di qui subito» ragiono. «Hai detto innamorato perso?» sragiono.

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NOTA AUTRICE

Ho pubblicato un video sul mio canale Youtube, lo pubblico anche qui, se può interessarvi vederlo, è una sorta di storyboard di questo romanzo che state leggendo, con i volti dei protagonisti. Per rispondere alle ragazze che me lo hanno chiesto: mancano dieci episodi alla fine. E per completare la scheda, eccovi i TROPES di questa storia:

distopic romance; slow burn; forbidden love; coming of age; secret world; romantasy; second chance at love; new world; adventure

Nonostante sia basato su una realtà cento anni avanti nel futuro, è una storia d'amore e di avventura che trova il suo conflitto nel mondo esterno, che a ben vedere non è del tutto futuristico ma addirittura per metà antico. Per questo il titolo è LE CRONACHE DELLA VIA DI MEZZO, ovvero Middle Ground Chronicles, perchè il mondo della storia è diviso a metà tra passato e futuro.

https://youtu.be/2_IGwyI7ap4

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