incubi e realtà, il tuo profumo e la luna
Di solito, i bisbigli che venivano dalla sala missioni non promettevano mai nulla di buono. C'erano stati addirittura casi in cui un'intera carriera di un pilota fosse stata rovinata solo dai gossip che si spargevano come manna per la grande base di Tokyo, seconda residenza dell'associazione giapponese internazionale contro la catastrofe che stava praticamente divorando il mondo intero. Eppure, per quanto Takahiro lo avesse desiderato, con tutto sé stesso, i fatti erano accaduti veramente e la vita reale era lì che lo prendeva a schiaffi dicendogli che non era per nulla uno dei suoi malsani sogni; l'intero paese lo aveva visto con i propri occhi e presto la notizia sarebbe stata propagata con un segnale di allarme a tutto il mondo.
Purtroppo non erano gossip.
Non aveva osato minimamente alzare il capo da quando era sceso dalla postazione manomessa del loro Jaeger, non si era assolutamente permesso nemmeno uno sguardo fuggitivo verso la figura massiccia e ferita di fianco a lui quando erano stati trasferiti in sala controlli per accertarsi che tutto fosse a posto.
Non lo era.
Avrebbe preferito una gamba in meno pur di non concludere una missione di vitale importanza in quel modo tanto orrendo quanto penoso. Sentiva una costrizione alla cassa toracica e no, non era la sua uniforme rinforzata - anche quella conpletamente sporca e trasandata qua e là. avevano fallito miseramente e takahiro, occhi sgranati e sguardo perso nella rabbia puntato insistentemente a terra, sentiva un senso di nausea inaudito; avrebbe voluto urlare ma la sua gola era in fiamme, con tutta la pressione e lo stress che aveva ricevuto nelle ultime tre ore anche i polmoni faticavano a funzionare a dovere. Non stava piangendo, non se lo poteva nemmeno concedere, non era lui quello che doveva disperare in agonia quando i suoi compagni di missione avevano preso una batosta mille volte più grande della loro. Era irrequieto, stava aspettando il parere del medico - il vice del suo reparto, un certo Shirabu Kenjiro - per poter uscire da quell'ammasso di muri bianchi e sterili e correre giù per il corridoio, oltre la sala riunioni, per raggiungere la parte dell'ospedale della base dedita alla chirurgia e alla riabilitazione mentale. Tamburellava nervosamente sulla sua coscia destra, strafregandosi del fastidioso labbro tagliato che pizzicava come non mai e della presumibile storta al polso sinistro. Era seduto su quella sedia di plastica altamente scomoda da più di un quarto d'ora e stava lì lì per alzarsi e andarsene quando, finalmente, la porta pesante e lucida della camera a fianco si aprì. scattò in piedi come una molla al vedere delle due figure che gli si pararono davanti. La più bassa, il dottore dalla frangetta questionabile di uno strano biondo sbiadito, stava appuntando qualcosa su un foglio che teneva ordinatamente sopra una lavagnetta. Il camice bianco gli sbatteva sulle caviglie in modo leggero e quasi controllato. Spostando gli occhi sulla persona più alta, notò un'aggiunta di bende e gesso che avrebbe preferito non vedere.
"gli è uscita una spalla e il radiale e praticamente fratturato, ma nulla di mortalmente allarmante o di non riparabile"
Commentò senza alzare lo sguardo shirabu, probabilmente diretto verso Takahiro.
"vi è andata bene: ringraziate il signore che le vostre postazioni sono le nuove brevettate dal capitano Daishou del dipartimento scientifico, sono molto più sicure di quel cigolante vecchiume negli altri Jeager"
E questo dovrebbe farmi sentire meglio?
Takahiro scoccò un'occhiataccia amara contro il dottore, che ancora stava scrivendo sul suo foglio.
"ora possiamo andare?"
Takahiro chiese a denti stretti, voce roca e spezzata dal senso di colpa che gli ribolliva in corpo. Shirabu alzò il capo, lo guardò sarcastico.
"se vuoi che dia una controllata a quel polso..."
Indicò con la biro la mano tremante del maggiore.
"no"
Tispose secco Hanamaki, schiarendosi la voce per sembrare più convincente. Shirabu si limitò a fare spallucce e ritornò al suo foglio.
"mettici del ghiaccio e vienimi a trovare domani, se è rotto sono affari tuoi che non ti vuoi far visitare"
Non era stizzito, forse era annoiato, fatto sta che il dottore girò i tacchi e ritornò da dove era appena sbucato fuori. Rimasto solo con la seconda persona appena uscita dallo studio clinico, Takahiro sospirò sonoramente.
"ha ragione, dovresti fartelo controllare..."
Le parole strascicate arrivarono dopo qualche minuto di silenzio dalla bocca altri, quasi come un sussurro, che riuscì però a sentire distintamente; come una lama tagliente lo riportarono con i piedi per terra e gli fecero notare il gonfiore del suo polso, mezzo incerottato con il kit di pronto soccorso immediato che si era procurato appena uscito dalla sala dove di consueto si cambiavano d'armatura. Takahiro guardò verso il più alto, occhi aperti e rossi.
"il mio polso può aspettare, Issei"
E così dicendo - notando il muscolo che si tese della mascella del suo compagno - si avviò infervorato verso l'uscita.
"Hiro-"
"zitto, non mi venire dietro, piuttosto vatti a riposare"
Takahiro, seguito a ruota da Issei - che aveva il braccio rotto tirato su con una banda elastica che lo reggeva stretto al collo e al petto - camminava veloce, i lunghi passaggi fra un dipartimento e l'altro erano completamente deserti e il rumore dei loro passi echeggiava fra le spesse pareti. Forse avrebbe dovuto rallentare, insomma Issei era ferito e non poteva di certo stare al suo passo, ma in quel momento avrebbe solo voluto rimanere solo, non gli serviva il moro come supporto morale.
"Hiro-"
"ho detto che non mi devi seguire"
Makki, testardo com'era, non ne volle sapere nulla delle preghiere e i lamenti che Issei gli stava rivolgendo.
"Takahiro-"
"ho detto che non mi serv-"
Takahiro
Una scossa elettrica gli percorse la spina dorsale e come una schicchera gli arrivò al cervello e gli fece fischiare le orecchie.
per favore ti puoi fermare un attimo?
Una voce, che però gli stava parlando come se fosse già nella sua testa, gli chiese, speranzosa e supplicante. Notò come i passi di Issei si fossero fermati, così decise di stoppare anche la sua di camminata indemoniata. Con tutta la lentezza di questo mondo si voltò, per ricevere in cambio un'alzata di folte sopracciglia da parte del moro.
ah, quindi mi dai retta solo se ti parlo così
Issei, ti ho detto un miliardo di volte che il ghost drift non si usa per cagate del genere
Issei, in fondo al corridoio da cui erano venuti, fece spallucce, sempre guardandolo negli occhi e parlando tramite la loro connessione celebrale.
però ti sei fermato
Takahiro sbuffò e girò gli occhi.
Alla fine cedette.
"rincoglionito, muoviti o ti lascio lì"
Mugugnò stanco e sentì oltre la linea che li collegava come un unico pilota il sollievo che provò issei al sentire di quelle parole. Rigiratosi, si riavviarono lungo il percorso, ora con più calma. a un certo punto incontrarono il bivio fra le varie aree dell'ospedale. Una porta poco più in là - una delle camere dedite alla riabilitazione fisica dei piloti - si aprì con un click poco vistoso e ne uscì fuori una figura in stampelle. Avrebbero potuto riconoscere quei capelli tinti ovunque.
"yo, Terushima"
Issei fece un cenno con il capo al ragazzo visibilmente provato che si teneva in equilibrio con non poca fatica. Il biondino alzò a sua volta lo sguardo sulla coppia più grande e si tirò su con il busto, facondo il saluto formale che di solito si insegna ai cadetti.
"Yuji, non devi più salutarci così..."
Takahiro smosse il capo con lentezza. in effetti Terushima e il suo capitano, Kita Shinsuke, erano stati promossi qualche mese prima a piloti a tutti gli effetti e forse usavano ancora troppi convenevoli con i colleghi delle altre squadre della base.
"come sta Kita?"
Chiese Issei con un'espressione fra il preoccupato e il rispettoso.
"oh Shin sta bene, sta riposando ora - indicò con un pollice dietro di sé - le uniche ferite serie che ha ricevuto sono quella sulla spalla e la bruciatura sull'avambraccio. dicono abbia perso molto sangue ma è in condizioni stabili..."
La risposta di Terushima andava sempre più ad abbassarsi di tono mano a mano che parlava.
Il cuore di Hiro ebbe un tuffo.
È colpa mia.
Lo sguardo perso del biondino veniva tradito dal piccolo sorrissetto che aveva stampato da sempre sulle labbra, forse al sentire le sue stesse parole si era un po' rassicurato. Issei si schiarì la voce.
"mi dispiace che abbiate dovuto sperimentare la vostra prima missione in un ambiente così caotico e pericoloso"
Yuji sembrò mordersi la guancia.
"già - si portò una mano dietro la nuca, la stampella appoggiata al suo corpo - quei cosi ci hanno dato filo da torcere, insomma; Shin era molto preoccupato su nello Jeager..."
"spero che questa esperienza non vi abbia lasciato rimorsi"
Ormai Hiro si era tirato fuori dalla conversazione e aveva lasciato parlare Issei.
"no no, anzi: voglio riuscire a migliorare la nostra stretta di mano neurale ancora di più. se riusciremo a fonderci meglio come un tutt'uno con lo Jeager avremmo di sicuro molti più vantaggi e molta più reattività"
"lo spero e... Terushima"
Il biondino fece un segno d'assenso, lo stava ascoltando. Issei esitò un attimo, forse stava cambiando idea.
"ricorda a Kita che domani abbiamo la reunione generale"
Concluse la frase, poggiando la sua mano sinistra libera sulla spalla dell'altro. Yuji annuì e con un saluto, i due piloti maggiori si congedarono. Di nuovo scese il silenzio fra loro, attraverso il ghost drift Issei poteva però chiaramente sentire l'irrequietezza del compagno. Decise che era meglio non farglielo notare, nervoso com'era. Quando finalmente arrivarono al reparto in cui Hiro sarebbe già voluto essere stato da un pezzo, prima di aprire la grande porta d'accesso, inspirò profondamente.
"se non vuoi vederli non devi farlo..."
"ma è per questo che sono qui, li voglio vedere"
Disse, forse più a sé stesso che al moro, e con una spinta leggera aprì la porta del reparto chirurgia. Era molto trafficato in quel momento, dopo una missione del genere era più che prevedibile insomma, quindi decisero di tenere un profilo basso e di non disturbare gli altri medici.
Una volta svoltato l'ultimo corridoio, lo videro.
Una figura minuta ma dalle spalle sorprendentemente larghe, con una ciuffea di riccioli castano chiaro che gli ricadevano più scompigliati che mai oltre la fronte, era piantata lì, di fronte a una vetrata che probabilmente dava sull'interno di una delle tante camere dedite alle operazioni e alla riabilitazione dei piloti. Era teso, le braccia conserte come di suo consueto questa volta lo facevano sembrare un bambino indifeso che cerca di stringersi a qualcosa pur di non inciampare e cadere.
Il busto dritto, la testa leggermente piegata ad un lato, era una delle posizioni più improbabili in cui una persona avrebbe mai potuto ritrovare Morisuke Yaku; vice pilota della prima squadra offensiva della base di Tokyo, conosciuta in tutto il mondo per la fredezza con la quale lui e il suo capitano affrontavano le missioni e per la loro magnifica connessione attraverso il ghost drift, che erano riusciti a portare a un altro livello mai visto prima. Era seriamente uno dei soldati più valorosi del paese, dedito con anima e corpo nella battaglia contro i Kaiju e fedele ai suoi ideali di combattente.
ma ora stava lì, pareva tremasse un poco, non poteva dire con certezza, difatti Yaku non perdeva mai la sua compostezza; era piantato di fronte a un vetro che rappresentava la divisione fra la vita e la morte e già da lontano Takahiro poteva distinguere benissimo cosa stava accadendo all'interno della stanza. Lui e Issei si avvicinarono piano, per non far troppo rumore, e Hiro mise una mano sulla spalla di Morisuke quando Issei affiancò il castano dall'altro lato.
"hey"
Fece fiebile Takahiro, mentre vedeva lo sguardo del castano più basso alzarsi sul suo, sorpreso. Notò subito l'enorme benda che gli fasciava la fronte e il cerotto sulla guancia lentiginosa intriso di sangue.
"hey"
Rispose ancora più piano Yaku, sciogliendo un'attimo le braccia per poter dare una pacca sulla mano di Hiro. Issei intanto era concentrato su ciò che stava succedendo oltre il vetro, aveva uno sguardo troppo serio per essere il solito Matsukawa che tutta la base conosceva.
"siete andati benissimo"
Yaku sospirò, cercando di non balbettare a metà frase.
"avremmo potuto fare di pi-"
Morisuke alzò un palmo per fargli un segno di stop.
"avete fatto tutto ciò che potevate, non è minimamente colpa vostra"
Bisbigliò il castano, rivolgendo un duro sguardo verso Makki.
"....come sta?"
D'un tratto Issei chiese piano, scandendo le parole delicatamente. Yaku girò la testa verso di lui, occhi visibilmente lucidi.
"....è grave"
La constatazione si risentì nel corridoio e parve far scendere un velo gelido sulle loro teste.
"quanto?"
"la sua postazione è stata manomessa del tutto, quando lo hanno tirato fuori da sotto tutto quel metallo-"
Si fermò un attimo per respirare e non perdere il controllo.
"....pensavano fosse veramente morto"
Yaku si ristrinse le braccia al petto, fissando lo sguardo a vuoto, era sconcentrato. A Hiro scese un brivido lungo tutto il corpo.
Ritrovarsi schiacciati sotto il proprio Jeager... neanche voleva immaginarselo.
"ma se la caverà - continuò Morisuke - beh.... ancora i dottori non sono sicuri di quando potranno dimetterlo e sono più che certi che prima di pilotare di nuovo avrà bisogno di almeno un paio mesi...."
"....quando...."
Le teste di Issei e Yaku si voltarono verso Takahiro, che era rimasto in silenzio per un bel po' a rimuginare e a trovare le parole giuste.
"quando, diciamo.... è caduto, eravate ancora sincronizzati?"
Morisuke sembrò scattare a quello.
"sì"
Rispose semplicemente, con l'amaro in bocca, occhi sfiniti e le innumerevoli bende su tutto il corpo che si potevano distinguere da sotto la divisa troppo larga che portava, di cui aveva tirsto su le maniche - la divisa di Kuroo.
Kuroo Testuro, così si chiamava l'uomo che ora stava sdraiato immobile su un lettino oltre il vetro, molti fili e flebo erano collegati sia ai macchinari - che calcolavano le sue pulsazioni e le sue statistiche vitali - sia direttamente a lui.
Una mascherina per respirare gli era stata sistemata sopra il naso, i capelli color pece ancora più in disordine del solito. Non pareva soffrire, forse perché i medici avevano fatto di tutto con gli anti dolorifici, ma la sua pelle e le sue guancie, soprattutto, avevano un colorito smunto, quasi grigio; era pallido come un lenzuolo e oltre al sangue coagulato sotto lo zigomo sinistro, il taglio al livello della fronte e la grossa macchia scura-violacea sopra uno dei sopraccigli il suo viso non mostrava segni di colore. Quella vista era devastante, soprattutto ripensando a ciò che era successo sul campo di battaglia.
"Testu è un uomo forte"
Morisuke interruppe il silenzio, sembrava però autoconvincersi della cosa più che cercare di rassicurare gli altri due.
"se non lo fosse stato non sarebbe arrivato fino a qui - i suoi occhi scintillarono e si ammorbidirono, forse ai tanti bei ricordi di vincite e festeggiamenti con il suo capitano - e poi con un medico come il nostro Semi non abbiamo nulla da temere"
La persona in questione, Eita Semi, si fece strada proprio in quel momento all'interno della camera oltre il vetro, con dei fascicoli in mano. La luce che veniva da oltre la vetrata tracciava ombre sui lineamenti delle tre figure in osservazione, e silenziose si allungavano oltre di loro, sulla parete dietro.
"....lo sento ancora"
con sorpresa, Makki ascoltò Yaku dire.
"non ci siamo mai sconnessi in realtà, è da più di tre anni che lavoriamo insieme e la prima regola è non sconnettersi mai dall'altro...."
"e.... cosa senti?"
"....è come se mi stesse chiedendo di aspettarlo, di dargli un altro po' per rimettersi in sesto, sai, come un vecchio robot che ha solo bisogno di essere risaldato"
Un minuscolo sorrisetto tirò su un angolo della piccola bocca a labbra strette di Morisuke, divertito dal suo stesso paragone. In tutta la storia della guerra contro i Kaiju, le coppie di piloti di Jeager che erano riusciti a masterizzare un legame così profondo - senza segreti e basato sulla completa sincerità - erano stati veramente pochi; per esempio, la squadra di Kyoto aveva a sua disposizione la rinomata coppia formata dai leggendari Bokuto Koutaro e Akaashi Keiji, conosciuti in tutto il globo come due dei primi ad aver guidato con estrema destrezza un mark-v. Se già erano compatibili al 100% nelle simulazioni e nelle strette di mano neurali, figuriamoci nel drift e nel ghost drift. Sì, anche Mattsun e Makki con Yaku e Kuroo erano stati riconosciuti come i piloti più capaci di tutto il paese ma come fare a negare lo splendore e l'epicità della squadra Fukuro di Kyoto quando ritornavano da una battaglia, sfoggiando i colori bianco ed oro, le loro tetse alte, con i caschi sottobraccio e il loro amatissimo Jeager, Aphocalipso Alpha, che si ergeva in tutto il suo splendore alle loro spalle.
Già, degli idoli indiscussi.
Eppure, per quanto potesse sembrare bello e misterioso, riuscire a stabilire un legame non solo emotivo ma anche a livello neurologico e mentale, fondendo praticamente le proprie menti, era estremamente pericoloso e a volte doloroso: come in un caso del genere, dove uno dei due piloti veniva ferito gravemente o addirittura moriva, il suo partner ne avrebbe riscosso le conseguenze e, oltre a provare lo straziante dolore della perdita della propria metà, non sarebbe più potuto entrare in contatto con altri piloti come una volta.
Ora, questo era proprio il grande problema che opprimeva Makki: aveva paura per Morisuke.
Era estremamente ansioso per la sua salute e sentiva che fosse tutta colpa sua perché in battaglia non era riuscito a raggiungere la squadra principale in tempo per dargli man forte contro quelle bestie giganti.
Cosa era successo?
L'inferno.
Era stata registrata un'anomalia mai vista prima nel codice di intercettazione della breccia; al posto di uno spinato di classe 2 ne erano emersi due di classe 3.
Già qui si prospettava il peggio.
Il team di Issei e Hiro era riuscito a tirare giù il primo emerso, aiutato dalla squadra di Terushima e Kita, che gli coprivano le spalle essendo quella la loro prima missione su campo. Entrambi i loro Jeager avevano rischiato di brutto, il Kaiju era riuscito con le sue due lunghe code a trapassare il nucleo di energia del mark-v, Sniper Eureka, di Yuji e Kita, che però - dopo aver sparato con il cannone a plasma verso il nemico - erano riusciti ad attivare il protocollo delle capsule di espulsione d'emergenza prima di affondare nell'oceano, l'infame campo di battaglia.
Con il secondo Kaiju la cosa era andata diversamente: Tetsuro e Morisuke, da soli contro un classe 3 molto simile al mostruoso Yamarashi - Kaiju con cui si era scontrata una squadra americana nel 2020, a Los Angeles - da bravi professionisti qual'erano, lo avevano fatto allontanare più che potevano dalla costa, per evitare la distruzione della citta circostante. Il loro mark-i, Tacit Ronin, essendo molto più robusto e aereodinamico ma comunque pesante e vecchio stile, era riuscito a sopportare gli scontri frontali del nemico, che come un toro li aveva caricati più volte. Però, anche usando le enormi e lunghe lame incorporate di Tacit Ronin, affilate come rasoi, che erano state da sempre la loro specialità in offensiva, non erano riusciti a infliggere abbastanza danni al classe 3 per poter placcarlo a dovere. Takahiro aveva piantato in testa come un chiodo fisso il momento in cui aveva visto da lontano il Kaiju rialzarsi e staccare il braccio meccanico destro allo Jeager dei due capi squadra. Con il cuore in gola e il terrore nelle vene, aveva comandato a Issei di fare marcia indietro per andare a recuperare e ad aiutare Tacit Ronin, che stava incominciando a barcollare, instabile sulle proprie gambe. Dai microfoni impiantati nei loro caschi, potevano sentire benissimo sia gli ordini della base e dei centri di comando sia le indicazioni che Kuroo dava a Yaku per ristabilizzare il nucleo di energia, che aveva subito danno e che rischiava di implodere essendo un modello antiquato alimentato a energia nucleare.
Più veloce. Aveva pensato Makki, ma erano ancora troppo distanti per poter sganciare le poche munizioni che gli erano rimaste senza inevitabilmente sprecarle.
Intanto le voci sotto pressione dei piloti in difficoltà sembravano rimbombare nello spazio tra lui e Matsukawa, che stava facendo di tutto pur di avvicinarli il prima possibile al Kaiju per colpirlo.
Successe tutto in un attimo.
La cosa fu troppo veloce per essere realizzata in così poco tempo.
Il classe 3, con una decisa e potente morsa, staccò la gamba dello stesso lato di prima - quello della postazione di Kuroo - e saltò praticamente addosso allo Jeager, che sbilanciato completamente, cadendo all'indietro, fu schiacciato sotto il peso del Kaiju. Mai Hiro e Issei in vita loro si erano sbrigati così velocemente ad accendere i propulsori per muoversi, anche se sapevano benissimo che la struttura del loro robot non era ancora in grado di sorreggere il sovraccarico.
I contatti con Tacit Ronin si interruppero e l'ultima cosa che poterono sentire fu la voce acuta di Morisuke strillare il nome del suo capitano. A entrambi si ghiacciò il sangue. La fine della battaglia fu segnata dal loro mark-iii Gypsy Danger, che con tutta la sua forza brutale, e guidato dalla sete di vendetta dei due piloti, aveva cominciato a disezionare e a ridurre a brandelli il Kaiju, il sangue blu fluorescente ricco di ammoniaca si spargeva velocemente in mare. Quando ebbero completamente tagliato a metà il corpo squamoso del mostro, si girarono verso lo Jeager caduto, che si stava riempiendo d'acqua salata. Lo tirarono su, con cautela, per non manomettere ulteriormente il nucleo e cercarono di connettersi con i piloti del mark-i. Nessuna risposta. Quando i soccorsi arrivarono, Issei stava cercando di calmare Hiro che stava sul punto di una crisi di nervoso.
Questo più o meno era quello che era successo quella sera, quello che era stato trasmesso su tutti i grandi schermo del globo; l'immagine di due degli eroi più famosi di tutto il paese traviata dalle condizioni dello Jeager quasi del tutto schiacciato sotto il peso di un cadavere mostruoso.
Avremmo dovuto fare più in fretta.
Takahiro strinse i pugni dolorosamente, le unghie incominciarono a solcare piccole mezze lune nei suoi palmi ruvidi.
"sapete.... è la prima volta in vita mia che capisco a fondo la frase ti accorgi di quanto una cosa sia preziosa solo nel momento in cui la perdi...."
Il suo labbro inferiore tremolò. Makki non ce la faceva più a vederlo così.
"se ti serve qualsiasi, qualsiasi cosa basta chiedercelo, ok?"
Bisbigliò Issei, che si era avvicinato alla piccola figura del castano e gli aveva posizionato un palmo sulla schiena, per rassicurarlo. Morisuke scosse la testa in segno di assenso.
"grazie ragazzi-"
"no, non ringraziarci, è il minimo che possiamo far-"
"non era quello che volevo dire"
Lo interruppe subito Yaku. Riprese.
"se non fosse stato per voi - guardò di nuovo verso il viso privo di emozioni di Kuroo - saremmo morti annegati a quest'ora"
Nel suo tono di voce c'era del rispetto, qualcosa che una persona di alto livello come Yaku dimostrava solo a chi reputava veramente degno di averlo.
Questo fece contorcere le interiora a hiro.
Io non ne merito di rispetto.
Sentì Issei dall'altro lato del ghost drift contraddirlo debolmente. Chiuse per un secondo la connessione fra loro due, per rimanere solo con i suoi pensieri.
"ora andate a riposarvi per piacere, sembrate due lenzuoli stracciati"
A bassa voce, sovrastata un tantino dai rumori del resto del reparto, osservò Morisuke, facendo storcere il naso a Hiro.
"se vuoi rimaniamo con te ad aspettare-"
"no no, vi abbiamo già dato troppi grattacapi per oggi, potete andare.... io starò bene"
Aggiunse in fine vedendo l'espressione preoccupata di Matsukawa, che lo guardava con la fronte corrugata.
Quando finalmente il castano lentiginoso convinse i due ad andarsi a lavare e andare a riposarsi, Hiro e Issei lo fecero per paura di farlo innervosire ancora di più di quanto non lo fosse già; con tutte le preoccupazioni che stava passando, aspettando un'ulteriore resoconto da parte dei medici, gli avrebbero dato solo fastidio.
Nessuno dei due puntualizzò ad alta voce che forse, forse, appena incamminati lungo il corridoio per tornare ai propri dormitori, con la coda dell'occhio erano riusciti a scorgere una rara lascrima scendere sul viso del famoso Yaku Morisuke.
――――――
Lo Shatterdome era quieto; in lontananza, Takahiro poteva vedere emergere all'orizzonte l'immenso profilo della rimessa degli Jeager, che era stata aperta per far rientrare tutti i pezzi di Tacit Ronin e per procurare più spazio per permettere ai tecnici di ricominciare a riparare i robot martoriati. Le imponenti porte automatiche - che parevano molto più alte dello skyline della città di Tokyo, che stava a qualche kilometro di distanza dall'isola artificiale - erano completamente spalancate, il grande orologio che contava le ore passate dall'ultimo attacco lampeggiava insistente da in fondo la rimessa indaffarata. Poteva benissimo distinguere i distanti suoni di trapani e saldatori; le scintille vistose che si spargevano a fontanella - mentre il cannone a plasma di Striker Eureka veniva riasseblato con estrema precisione dagli ingegneri - erano affascinanti da guardare. Il suo sguardò cadde sul busto completamente vessato e senza più un paio di arti del mark-i di Morisuke e Tetsuro.
Ancora una volta quella nausea, quella sensazione, gli fece ribollire il sangue nelle vene e le tempie ricominciarono a martellare. Girandosi, camminando in verso opposto alla base, cercò di scrollarsi di dosso la pesante e opprimente voglia di ritornare da Yaku per rassicurarlo, anche sapeva bene che in un momento del genere era meglio lasciarlo solo, senza troppi ronzii intorno.
Così si diresse verso la baia dello Shatterdome; essendo quest'ultimo situato in un posto strategico, per evitare di far avanzare oltremodo i Kaiju che emergevano dalla superficie dell'oceano dinanzi alla base, era in più disposto di vista diretta su mare. La baia era il risultato della devastante battaglia contro un nemico di classe 2 che era riuscito a sfondare la prima barriera di Jeager nel lontano 2015, quando ancora i piloti erano inesperti e la tecnologia era scadente e in fase di sviluppo; il mostro si era inoltrato fino ad arrivare al porto della marina militare di Tokyo e aveva fatto piazza pulita. La vicenda si era conclusa con l'arrivo dei soccorsi da parte della base di Chiba, estremamente vicina e oggi giorno non più in servizio.
Era tarda sera, ne era ben cosciente, e le stelle guardigne si rispecchiavano con la luna sulla cristallina superficie dell'oceano, lunghe scie di brillante traversavano le piccole onde che si infrangevano sulla piccola spiaggia della baia. Takahiro, levatosi le scarpe, si incammino a piedi nudi sulla sabbia fredda, i minuscoli granelli si infilavano negli spazi fra un dito e l'altro. Era raro poter uscire così di notte, di solito i piloti dovevano stare vigili in caso di emergenza, ma questa volta, dopo un sconquasso di questo calibro, non avrebbero probabilmente visto Kaiju per una settimana buona. Era passato, prima di scendere al piano terra, per gli uffici e i laboratori di elettronica satellitare, incontrando lì un Kozume Kenma allo stremo delle forze con un'espressione altamente irritata incavata nelle borse sotto gli occhi che sfoggiava, di sicuro aveva perso le staffe e Hiro non gli aveva mai visto uno sguardo del genere, nemmeno quando Nishinoya si azzardava a toccargli i fascicoli. Venne informato da Kozume - che nel mentre armeggiava con alcuni pezzi di antenne sfuse - che i calcoli fatti quella volta erano stati errati e che non erano riusciti ad identificare in tempo il doppio evento. Sebrava volesse prendersi a schiaffi da solo; insomma si sapeva, Kenma non era uno da errori così superficiali e il fatto che ci fosse andato di mezzo Kuroo, a quanto pare sua stretta conoscenza, lo aveva innervosito ancora di più. Quindi, assicuratosi che entro le prossime 24 ore non ci sarebbe stato un ennesimo attacco, Hanamaki aveva sceso di corsa le scale ed era scappato fuori, respirando a pieni polmoni l'aria frizzante della sera. Ora, seduto sulla sabbia, si teneva le ginocchia strette al petto e con il mento poggiato su diesse guardava il bagliore della grande volta celeste.
Maledizione, mi sono dimenticato il giacchetto.
Pensò, maledicendosi quando uno sbuffo di aria gelida lo prese da dietro, insomma non era inverno ma faceva abbastanza freschino per essere una serata così limpida in cielo. Niente nuvole, niente disturbi, solo lui che si rannicchiava su sé stesso e gli orribili ricordi risalenti a quel tardo pomeriggio, prima della visita da Kenma, prima di una doccia ben meritata e ancor prima della pennichella che Issei gli aveva costretto a fare.
Sbuffò, con il buio della notte i rimorsi riaffioravano, incominciavano a sovrastare quel poco di coscienza che ancora gli era rimasta dalla fine dello scontro.
Avrebbe potuto salvarli prima.
Aveva perso troppo tempo con il primo Kaiju e ai era accorto della situazione critica in cui si era trovata la squadra di piloti maggiori. Tutto questo era colpa della sua stupida idea di provare un nuovo schema di attacco, sballando tutti i piani indicatogli anteriormente alla base, prima dinpartire in missione. Poggiò la fronte sulle ginocchia di fronte a lui e si fece piccolo piccolo nella brezza leggera e nell'angosciosa penombra della notte.
Continuando a commiserarsi e a ricordare i svariari errori fatti sullo Jeager, però non si accorse del paio di scarpe che vennero poggiate poco più indietro vicino alle sue.
"il soldato d'inverno, lo chiamavano"
Una voce profonda portata ad un bisbiglio che si distingueva sopra al rilassante rumore delle onde, colse di sorpresa Makki, che girò di scatto la testa, colto di sorpresa, anche se sapeva benissimo chi fosse. Lo sguardo delicato color cioccolato fondente che ricambiava il suo, di un salvia sbiadito, sembrava simpatizzare con il piccolo angolo di solitudine che il ragazzo dai capelli tinti di rosa si era ritagliato per sé per provare a svuotare la testa, fallendo miseramente. Issei, che aveva sempre il braccio destro fasciato, si avvicinò al compagno e si sedette di fianco a Hiro, allungando la mano sana per scompigliargli le ciocche chiare che gli ricadevano smunte sulla fronte.
"come facevi a sapere che ero qui?"
Chiese scherzosamente Makki.
"beh sai, non è il massimo sentirti nella mia testa a lamentarti di quanto fuori faccia freddo"
E anche se le parole di Mattsun potrebbero essere risultate di rimprovero alle orecchie non esperte altrui, il sorriso affettuoso che aveva stampato in faccia diceva tutto il contrario. Makki roteò gli occhi, fintamente scocciato.
"tieni, così la smetterai di fare il bambino di cinque anni"
Matsukawa si sfilò il largo bomber della loro divisa - ovviamente non era riuscito a infilarsi le maniche - e lo passò a Hiro, che per un attimo parve boccheggiare come un pesce.
"no no, tienilo tu, a me non-"
"uff, quante storie"
Con la mano libera, aggiustò meglio che poteva la giacca intorno alle spalle fredde di Takahiro, che sbuffando sonoramente alla fine accetto il bomber e se lo infilò maldestramente. Anche se entrambi erano praticamente un paio di armadi a due ante ambulanti, Issei portava sempre una taglia in più e non era raro che prestasse felpe e magliette al suo migliore amico, che, come in questo momento, si ritrovava più che volentieri con la lampo tirata completamente su, fino a sopra la punta del naso.
"meglio"
"mm-mn"
Issei ridacchiò al rumore ovattato che fece Hiro sotto la giacca, che probabilmente corrispondeva a un sì in qualche lingua a lui sconosciuta. Con il braccio libero portò verso di se l'altro, che subito appoggiò la testa stanca e dolorante sulla spalla di Issei.
"mm- non potevi prendermene una più piccola?"
"sei tu quello freddoloso della coppia, non ti lamentare; già è tanto che ti ho portato questa"
Makki diede una leggera gomitata nelle costole al più alto che imprecò sotto voce. Per un po' nessuno dei due parlò, entrambi troppo occupati a godersi il calore dell'altro mentre si appoggiavano come potevano, Makki con la guancia sulla spalla del moro e Mattsun con la testa sopra la ciuffea di capelli profumati alla vaniglia dopo il lungo bagno che il rosa si era fatto. Poi Hiro sembrò riaffiorare nel mondo reale.
"....senti-"
"no, non incominciare, so dove vai a finire quando parti in quarta"
Lo freddò sedutastante il moro, che strinse la presa sulla vita di Hiro, come per segnalargli che forse era meglio stare in silenzio e godersi la vista intima di fronte a loro, dalla sabbia ai riflessi dul mare, per una volta non curandosi dello stato di guerra e preoccupazioni in cui erano.
Ma Makki continuò comunque.
"è colpa mia"
Ammise sotto lo sguardo incredulo di Issei.
"sono io quello che è voluto rimanere più indietro per uccidere il primo Kaiju, avrei dovuto-"
"ma cosa ti salta in mente, Hiro?? ti senti quando parli?"
"forte e chiaro Issei, forte e chiaro"
Fece sarcastico e un po' amareggiato.
Issei gli smosse una spalla.
"non hai fatto nulla di sbagliato, smettila di prenderti fardelli che non ti appartengono"
"ma è solo colpa mia se ora Kuroo è ridotto in quel modo"
Farfugliò, cercando di nascondere il primo singhiozzo; non ce la faceva più a trattenersi. Più si ricordava l'espressione di Morisuke e la pelle pallida di Tetsuro e più si sentiva spezzare il cuore.
"ripeto e ribadisco, non è minimamente colpa tua- hey, guardami"
Questa volta con un timbro un po' più gracile e dolce, si girò a guardare Makki, che era scoppiato a piangere silenziosamente, smosso da grandi singhiozzi. Con il braccio sano, lo strinse ancora più a sé, poteva sentire la fronte del rosa scontrarsi con la sua maglietta leggera, che aveva ripescato dall'ultimo dei suoi cassetti, abbastanza grande per riuscir a far passare il gesso. Il materiale incominciò a risultare umido. Con cautela, alzò il palmo sinistro all'altezza della guancia bagnata di Hiro e lo fece risollevare dalla sua posizione mezza accasciata fra il suo collo e la sua scapola. Gli occhi spossati, il labbro ancora spaccato che si colorava di un rosso ciliegia acceso a causa del sangue che prima ci era passato, il naso arrossato dal freddo notturno e la pallida pelle con tratti di lentiggini che rifletteva magnificamente la luce lunare, che accarezzava i lineamenti del ragazzo disperato e distrutto seduto di fianco a lui.
"ascoltami bene, ok? - Hiro smosse il capo, leggermente esitante - hai fatto la scelta giusta: se non fossimo rimasti indietro ora Kita e Terushima molto probabilmente non sarebbe vivi e quel Kaiju sarebbe potuto arrivare fino alla base se lo avesso ignorato. Inoltre solo perché siamo arrivati in ritardo di qualche secondo-"
"è pur sempre un ritardo"
Biascicò fra una lacrima e l'altra Takahiro.
"no, volevo dire che anche se non siamo riusciti a fermare la caduta di TR abbiamo pur sempre tirato giù il classe 3 e abbiamo ritirato su Kuroo e Morisuke"
Issei faceva ben attenzione nel tenere il viso screpolato di Hiro nel suo unico palmo utilizzabile e guardandolo dritto negli occhi, con tutta la determinazione che poteva mettere in uno sguardo, stava cercando di barcare la soia del bordo fra la sua e la mente di Takahiro, che si era voluto rinchiudere nei meandri del ghist drift. Da quando avevano imparato che entrambi erano in grado di mettere un limitè alla libertà di navigazione libera dell'altro era stato un continuo pregare Hiro di smetterla di placcarlo fuori.
Ma Issei non sapeva.
Issei non doveva sapere.
"per favore"
Bisbigliò, i loro nasi a pochi centimetri dallo scontrarsi.
"per favore, credimi, non è assolutamente colpa tua; tutti i professionisti fanno errori e a questo giro è toccato a TR, ma sappi che tu non centri nulla in quello che è successo lì fuori. hai combattuto fino alla fine, abbiamo ucciso due Kaiju in una volta, due Kaiju, Hiro!"
E lì un barlume di speranza si fece vivo nelme iridi acquose di Hanamaki.
"ti rendi conto? quindi non pensare di essere in dovere di prenderti tutta la colpa, non è colpa di nessuno, abbiamo tutti svolto il nostro lavoro e l'unico individuo non umano a cui dovremmo tutti dare torto è stato già sterminato"
Issei si prese una pausa, bagnandosi il labbro inferiore con la lingua. Makki, con suo grande sollievo, aveva smesso di piangere e di tremare. Matsukawa riprese.
"mi assicuri che non penserai mai più che una disgrazia del genere possa essere stata opera tua?"
Mattsun non ebbe subito una risposta, per un attimo si preoccupò di aver parlato a sproposito; gli occhi di Makki, ora spalancati, erano fissi su qualcosa, forse contemplavano le parole appena dette dal moro, come se fluttuassero nell'aria sopra di loro. Quando una presenza si fece strada nella sua mente, piccola ma famigliare, anche lui aprì di più le palpebre, registrando un'espressione a lui nuova sul volto altrui.
te lo assicuro
La voce che gli rimbombò nelle orecchie non aveva parlato ad alta voce, no, era passata come per telecinesi attraverso il loro legame neurale e fu più che felice nel notare - rincorrendolo nella sua mente - che Hiro aveva abbassato la barriera che si era costruito da quando erano usciti dalla sala operazioni chirurgiche.
Matsukawa, al risentire finalmente la calda presenza di Takahiro nel suo essere, come se affiancasse la sua anima, sorrise vistosamente al rosa, che ricambiò in altrettanto modo ma con gesti più timidi.
"ok, ora se vuoi puoi finire di piagnucolare"
"oh- stai zitto per una santa volta"
Takahiro però si rimise a piangere di nuovo per davvero, appoggiandosi comodo sul petto voluminoso del moro, e scaricò tutto lo stress che era riuscito ad accumulare nell'arco di una giornara in un pianto liberatorio. Di tanto in tanto Mattsun gli ripeteva all'orecchio shh va tutto bene oppure ci sono io qui con te e con l'unica mano che aveva a disposizione massaggiava la schiena del rosa in piccoli cerchi, tracciando linee senza un vero scopo significativo. Con Makki coccolato e sistemato comodamente fra le sue braccia, il frastuono lontano - quasi impercettibile - dei saldatori dello Shatterdome come sottofondo e la luna alta in cielo che dominava sopra l'immensa distesa d'acqua scura, Issei era in pace con sé stesso dopo tanto tempo. Anche se il braccio fratturato ancora gli faceva male e l'idea che intanto alla base Kuroo non stesse nelle migliori delle condizioni gli ritornava insistente in mente, si concesse di potersi godere quegli attimi senza mezza preoccupazione, ricordandosi di quando da bambino, prima di tutto questo, sgattaiolava fuori di casa per vedere le stelle che la sera illuminavano la sua cameretta passando per la finestra aperta, silenziose.
an: 6300 parole e passa e doveva essere una semplicissima os,,,non sto bene,,,però averla scritta in solo quattro giorni è devisamente un traguardo,,,comunque, grazie per aver letto il primo cap di qualcosa che probabilmente non continuerò anche se vorrei prk è uno dei miei au preferiti,,,cosetta in più: auguri ren!!👏🏻😳💖 ho cercato di far uscire il pezzo in tempo per oggi, spero di non aver fatto errori troppo gravi,,,lo so, ci sono alcune incongruenze riguardo ai vari jeager e ad alcuni kaiju e ci tengo a precisare che essendo un au non sarà tutto un copia incolla della serie/storia originale,,,detto ciò io me ne ritorno a dormire prk non mi reggo più in piedi e spero di poter ritornare su questo libro per continuare qualcosina rip,,,
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