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20. Limiti


“Cosa devo fare?” chiese Xander.

“Lascia il posto ad Amarok così che mi sostenga con la sua energia ma, non perderti dentro di lui. Resta vigile, so che puoi farlo, e sii la mia àncora, il mio appiglio alla vita terrena, così che non mi perda anche io, nella tentazione dell’Oltre” disse, spiegandosi il meglio che poté.
“Sentirai se qualcosa mi tratterrà, se sto superando il limite. E allora, tu dovrai chiamarmi” concluse.

Xander si passò una mano tra i capelli, nervoso.
“Chiamarti?” ripeté.

“Si. Sono sicura che possiamo farcela. Se pensiamo ad Arthur, ce la faremo” incoraggiò Majo, vedendolo titubante.

Xander annuì con la testa e si avvicinò a lei di qualche passo. “Sei sicura che sia la persona giusta per aiutarti? Voglio dire... se ti chiamerò, verrai?” domandò piano, lo sguardo triste.

“Certo che lo farò! Se mi chiami, verrò da te” disse con sicurezza, senza esitazione, aggrappandosi  al suo braccio.

Xander la abbracciò, stringendola forte a se.

Majo si morse il labbro inferiore dandosi della stupida per averlo detto in modo così appassionato.
“Aspetta! Volevo dire… ” tentò di rimediare.

“Sta zitta! Non rovinare questo momento, ti prego” sussurrò Xander, interrompendola.
Poggiò la fronte su quella di Majo: “Facciamolo!” disse, deciso.

Majo pensò che fosse più sicuro se Arthur non partecipasse all’operazione: avrebbe potuto agitarsi e interferire.
“Quello che farò sarà di farle sapere che Arthur l’ha trovata e di non lasciarsi andare. Non potrò obbligarla, dovrà essere lei a decidere. Altrimenti entrerò nel campo del proibito e gli Spiriti non saranno contenti” spiegò.

Xander si disse allora d’accordo e Majo preparò la stessa bevanda sonnifero che già aveva propinato al Principe nella foresta degli Erbana.
Arthur, ora seduto vicino a Gwen, le stringeva la mano e accettò la bevanda, cadendo presto nel sonno.

“Sai qualcosa che potrebbe essermi utile per convincere Gwen?” chiese Majo a Xander mentre copriva il Principe. “Non so, una frase che lei potrebbe riconoscere, un ricordo particolare” si spiegò meglio.

Xander ci pensò su un attimo, poi si illuminò.
“Un oggetto potrebbe andare bene?” chiese.

“Certo!”.

Xander frugò nella sacca di Arthur fino a che non trovò ciò che cercava.
Era un piccolo porta gioie d’oro, dalla forma rettangolare che avrebbe potuto ospitare un braccialetto e nulla più.

“Qui dentro c’è una ciocca di capelli di Gwen” disse, porgendogliela.

“È perfetto!” sorrise Majo.
“Oh, un’altra cosa. Il nome completo di Gwen lo conosci? Potrebbe servirmi”.
“Gwen D’Orsola” rispose, pronto.

Nell’atto di voltarsi per prendere il bastone, poggiato al tronco di un abete, Majo barcollò colta da un capogiro.

“Majo, forse è meglio se ti riposi e rimandiamo a domani” si preoccupò Xander.

“No. Domani sarà troppo tardi. Posso farcela” dichiarò.

Ripulì dalla neve lo spazio necessario e, nella terra, disegnò un cerchio. Al suo interno un altro cerchio molto più piccolo: il simbolo dello Spirito.
Accese con la magia cinque candele bianche, precedentemente sistemate all’esterno del grande cerchio e, con il nastro rosso che aveva già usato per suggellare l’unione tra Strega e Famiglio, collegò il suo polso con quello di Xander.

“Quando lo sentirai tirare vuol dire che è il momento di chiamarmi. Sei pronto?” chiese a Xander.

Lui rispose lasciando il posto ad Amarok.
Majo entrò nel cerchio, i piedi sopra il simbolo dello Spirito; la pietra di ametrino brillava nel bastone.

“Majo, Strega del Clan del Caos, chiede di accedere nell’Oltre” disse, a voce alta.

Fu avvolta dalla luce viola che da terra si irradiava  verso l’alto. Il suo corpo rimase lì, mentre la sua anima viaggiò fino all’Oltre.

Si ritrovò in un giardino.

Una moltitudine di fiori profumati e dai diversi colori, facevano capolino tra la bassa e ben curata erbetta verde, il cielo azzurro, immenso e infinito, era attraversato da sporadiche nuvole bianchissime.

Non era sola.
Tantissime Anime passeggiavano in modo disordinato, come trasparenti fantasmi.
Si guardò: anche lei era trasparente.
Si sentì leggera e libera.

Il suo sguardo si posò sul  nastro rosso che era legato al polso e si perdeva nell’infinito.
La legava a qualcuno.
Si, lo sapeva.
Era… Xander.
Si ricordò perché era lì e chi stava cercando.

“Gwen!” chiamò, guardandosi intorno. “Gwen D’Orsola!” specificò.

Le Anime intorno a lei non la degnarono di attenzione e, continuarono a farlo anche quando la scena, d’improvviso, cambiò.
Calò una fitta nebbia e non poté vedere a un palmo dal suo naso. I sussurri di mille e più Spiriti le giunsero all’orecchio, confondendola.

“Perché la cerchi?” arrivò un unico sussurrò corale, prima che il gorgoglio indecifrabile ricominciasse.

Concentrandosi al massimo, Majo rispose: “Il mio portatore della Spada Oscura ha bisogno di lei. Non sarà in grado di svolgere il suo compito altrimenti” disse.

Forse, se l’avesse messa su questo piano avrebbero accettato di fargliela incontrare.

“Fatemi parlare con lei, per favore. Non la forzerò. Vorrei solo che sapesse che lui l’ha trovata” continuò, tra gli incessanti e confusi bisbigli.
Era difficile restare concentrata.

“Datele la possibilità di poter restare, se lo desidera, dopo che l’avrò mesa al corrente dei fatti. Concedetele di continuare a vivere, se vorrà farlo. Premiate la sua volontà indomita!” disse, con forza. 
“Non ha ceduto né al troppo Male, né al troppo Bene, nonostante la situazione difficile in cui si è trovata e ha potuto farlo solo perché forte della sua speranza d’amore. Non la rende degna questo di essere eletta come vostra preferita?” lodò la sua persona, ignorando il più possibile quel caos che aggrediva le sue orecchie.

“-lyo!” un bisbiglio  più forte, attirò la sua attenzione.
Un bisbiglio familiare.
Si guardò intorno, ma c’era solo nebbia fitta.

“Cosa ci dai in cambio, se tornerà indietro?” chiesero, in un coro perfetto.

Non se lo era aspettato.
Sapevano chi era e cosa stava andando a fare.
Non bastava?
Respirò a fondo, per non far vagare la sua mente e lasciarsi trascinare da quei bisbigli.

“Se l’Anima di Gwen tornerà indietro, vi darò in dono un anno della mia vita” barattò, senza rammarico.

“Così sia! Così sia!” ripeterono come un eco, mille volte.

Tra quelle mille volte, un bisbiglio diverso la raggiunse; un ordine : “Montagne!”.

Il cuore di Majo perse un battito.
Quella voce l’avrebbe riconosciuta ovunque.
Sentì il nastro tirare.

“Majo!” la voce di Xander le rimbombò dentro.

I bisbigli crebbero di intensità e Majo si tappò le orecchie. Strinse i denti e chiuse gli occhi. Era insopportabile.

“Gwen!” chiamò, forte.

La nebbia scomparve, i bisbigli cessarono di colpo e, tra le rose rosse, si trovò davanti un’Anima.

“Sei Gwen? Gwen D’Orsola?” chiese, con urgenza.

“Sono io. Tu chi sei?” rispose con voce dolce.

“Mi chiamo Majo e sono qui per farti sapere che Arthur ti ha trovata. Sei tra le sue braccia in questo momento e sta aspettando che torni da lui. Non andartene Gwen!” disse, mostrandole il cofanetto.
”Lo so che sei stanca, ma non mollare proprio adesso!” incoraggiò.

L’Anima di Gwen prese in mano l’oggetto e se lo avvicinò al cuore.
“Arthur” bisbigliò, con amore.

Il nastro diede uno strattone forte.
“Majo! Majo, basta! Torna, Majo!” ordinava Xander, facendola vibrare.

Non poteva fare di più.
Lasciò che la voce di Xander riempisse ogni parte di lei e desiderò raggiungerlo.

Tutto divenne buio.

Quando si svegliò, non aprì subito gli occhi.
Sorrise però: stava così bene, avvolta stretta tra … una coperta? No.
Erano braccia.
E gambe.

Le sue gambe erano attorcigliate ad altre gambe e il suo corpo era stretto da forti braccia. La sua fronte poggiata su un’altra fronte.
Sospirò e aprì gli occhi.

“Finalmente!” esalò in un sussurro, Xander.

“Sono stata incosciente per molto?” chiese.
Notò che era notte.

“Un giorno intero” rispose.

“Va bene. Pensavo peggio!” si auto rassicurò, sospirando. “Gwen?” chiese.

“Si è svegliata. È debole ma ha parlato. Ha chiesto anche di te” rispose sorridendo, carezzandole la schiena.

A proposito di schiena. Era a contatto con qualcosa di morbido, che respirava.
Lo sentì.
Spalancò gli occhi per la sorpresa.

“Dietro di me…" cominciò.

“Si. C’è Amarok. Sta dormendo.” sorrise Xander.
“Ci siamo separati da soli. Non so come. Probabilmente perché volevamo entrambi il posto, per starti accanto. Ultimamente abbiamo litigato molto per questo” sussurrò, pacato.

“Stai bene?” chiese.

“Mi sento un po' strano, ma sto bene” sorrise.
“Mi dispiace di aver temporeggiato. Lui era pronto a separarsi da tempo ma io ho fatto finta di non esserlo. Perché non volevo perdere il legame con te. E anche per prendermi le tue coccole e i tuoi baci” confessò, sorridendo malizioso.

"Xander ma... “ balbettò.

“Non era tua intenzione riservare quelle attenzioni a me, lo so. Ma io le ho sentite lo stesso e, visto che di solito, non facciamo altro che litigare, ho approfittato” ridacchiò.
Poi tornò serio.
“Sentivo i tuoi baci proprio qui” disse, toccandole con il dito la fossetta tra il naso e la bocca. “Una dolce tortura”.

Un brivido attraversò il corpo di Majo.
Non stava andando affatto bene.
“Xander, lasciami!” ordinò.

“No. Non voglio” la strinse a sé e nascose il viso nel suo collo ad annusare il suo odore.

“Non … farlo, Xander. Non posso!” implorò, tirandolo indietro dai capelli.

“Le nostre anime si sono toccate e unite così tante volte e così intensamente!” sospirò lui, carezzandole il collo.
“E sto impazzendo dalla voglia di farlo anche fisicamente. Voglio toccarti e baciarti. Anche senza quel cristallo, anche senza Amarok dentro di me” bisbigliò.

“Non posso” ripeté Majo debolmente.
Non riusciva a staccare gli occhi dai suoi.

“Lo so, anche se non capisco” disse, inaspettatamente.
“Quella notte, nella foresta, ho sentito che sei frenata, bloccata. E lo stesso Amarok. Lui mi ha sempre spinto verso di te ma, allo stesso tempo mi ringhiava contro per allontanarmi. E tu fai lo stesso. Sono confuso” disse, mentre con la mano le carezzava dolcemente la guancia.

“Io… non posso" ripeté ancora, in difficoltà.

“Ora, e soltanto ora, possiamo fare finta che non c’è nessuna missione in corso e che possiamo fare quello che vogliamo fare?” sussurrò.

Era così vicino che le loro labbra si sfiorarono.

Majo fece segno di no con la testa, tirandosi indietro.
Chiuse gli occhi e iniziò a tremare.

“Non farlo Xander, ti prego. Non voglio!” disse a voce alta.

Lui la lasciò subito andare e lei si nascose il viso nelle mani.

“Majo!” si allarmò.
“Mi dispiace. Non ti farò niente. Non…” fu interrotto dal ringhiare di Amarok.

Si era svegliato e si insinuò tra loro due. Majo abbracciò il suo famiglio, piangendo piano, con il viso nascosto nel suo folto pelo.

“Scusa” disse Xander, con la voce piena di dolore.

La baciò sulla fronte e andò via, lasciandola sola, con Amarok a consolarla.


Info:
Gwen significa beato, eletto; (D’) Orsola= piccola Orsa.

Curiosità: donare una ciocca di capelli al proprio amato era simbolo di legame affettivo con una persona lontana.
In particolare, ho tratto ispirazione dalla vera storia d’amore tra Pietro Bembo e Lucrezia Borgia.








































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