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La mano del destino

-Mary!! Ma che accidenti ci fai, qui!!? Dovresti essere da tuo padre!! O alla Baker!! Al sicuro, insomma!!-urlò, cercando di farsi sentire sul fragore della tempesta.
-Sì, certo, caro. E magari ti stavo anche preparando la cena, come una brava mogliettina, dopo aver finito di fare la maglia, vero??-replicò lei, la voce carica di sarcasmo, mentre lo aiutava ad alzarsi.-Mi dispiace, essere qui è molto più divertente!
-Hai uno strano modo di vedere il divertimento!-ribattè lui, esasperato. Non riuscì, però, a trattenersi dal sorridere.
La donna scoppiò a ridere. Ma il suo sorriso mutò improvvisamente in una smorfia, seguita da un grido di dolore: qualcuno l'aveva trafitta al fianco.
Anche dalle labbra di John sparì il sorriso, mentre i suoi occhi si colmavano di terrore.
-Mary!-urlò, sorreggendola per un braccio prima che cadesse. La ferita non aveva un bell'aspetto, ma non sembrava mortale.
Moriarty, che si era velocemente ripreso dalla botta in testa, si avvicinò, in volto un'espressione maligna, la spada con cui aveva trafitto la donna puntata contro John.
-Ma lo sapete che siete proprio caariinii, voi due?-commentò, in tono languido e beffardo. Premette con più forza la punta dell'arma direttamente alla gola del biondo, al punto che il sangue iniziò a colargli sulla camicia.
Lui emise un flebile gemito, gli occhi traboccanti d'odio.
-Dimmi, Johnny... com'è essere innamorati? Com'è avere... un cuore? Perché, sai... -aggiunse, sarcastico.-Io non ce l'ho. Letteralmente.
-Oooh, mi permetto di dissentire...-sussurrò una voce compiaciuta alle sue spalle.
John trattenne bruscamente il fiato, mentre Moriarty si voltava di scatto.
Capitan Sherlock Holmes era lì, un ghigno soddisfatto sulle labbra. Teneva in mano un cuore pulsante, mentre con l'altra impugnava il suo coltello, tenendolo sospeso sopra esso.
Molly gli era dietro, la spada sguainata, un'espressione combattiva in volto.

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Incredulo, James gettò un'occhiata al forziere, abbandonato poco lontano: era aperto, e con la chiave infilata nella serratura. Sfiorò, d'istinto, la tasca della sua giacca, accorgendosi solo in quell'istante che era vuota. Sherlock doveva avergliela sfilata poco prima, quando gli era saltato addosso.
-Maledetto bastardo. Il tuo solito trucco...-ringhiò.
-Le vecchie abitudini sono dure a morire, James...-ribattè il capitano, beffardo. In effetti non era la prima volta che utilizzava quello stratagemma.
-Non avrai il coraggio di farlo, Sherly!-lo sfidò però lui, sprezzante.-Io ti conosco. Sei dalla parte degli angeli.
-Ooh, non ci contare. Sarò anche dalla parte degli angeli, come dici tu. Ma non pensare neanche un secondo che io sia uno di loro.-Sherlock disse l'ultima frase in un tono duro come la pietra, uno sguardo mortalmente serio negli occhi cerulei.-Inoltre, ti ho già ucciso una volta, se ben ricordi. Non ci metto niente a ucciderti una seconda.
James gli restituì uno sguardo colpito, compiaciuto addirittura.
-...Questo è vero. Ma stavolta è diverso. Davvero sei disposto a dire addio alla tua vita? Perchè è questo che accadrà. Lo sai, vero?-lo derise nuovamente.
-Accetterò con gioia, se servirà a toglierti di mezzo-ribatté il corvino, senza alcuna esitazione nello sguardo o nella voce.
Quelle ultime parole, però, in verità, non erano rivolte a lui, bensì a John, che lo fissava, gli occhi imploranti.
E lui, come sempre, riusciva a capirlo senza alcune bisogno di parlare: sapeva benissimo cosa gli stava dicendo solo con quello sguardo.
Non farlo.
Ma sapeva altrettanto bene che John avrebbe compreso a sua volta cosa lui gli stava rispondendo, gli occhi color acquamarina fissi nei suoi, forse un po' più lucidi del consueto ma risoluti.
È l'unico modo.

James, d'improvviso stranamente, sorrise. Ma più che un sorriso era un ghigno, colmo di malvagità.
-... Però, mio caro, non mi sembra giusto. Non stiamo combattendo ad armi pari. Dovremmo equilibrare lo scontro, non credi? Un cuore... contro un cuore.
Il capitano aggrottò la fronte, confuso, e ciò che accade subito dopo si svolse in modo rapidissimo, tanto che nessuno ebbe il tempo di reagire; ma non per Sherlock. Per lui, sembrò tutto lento. Insopportabilmente,
dolorosamente, terribilmente...
lento. Ma, paradossalmente, troppo veloce perché potesse impedirlo.
James Moriarty, infatti, si voltò di scatto e, con una mossa fulminea e completamente inaspettata, trafisse John Watson al cuore con la sua spada.
Davanti agli occhi colmi di orrore del suo capitano, il suo primo ufficiale urlò, e cadde lentamente a terra.
Morto.

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Sherlock Holmes non ricordava più come respirare. Letteralmente.
Era come se qualcuno gli stringesse i polmoni e la trachea in una stretta mortale.
La battaglia intorno a lui non esisteva più. Non sentiva più nulla. Nemmeno la pioggia. Nemmeno il vento. Niente. Era una condizione simile a quella provata quando aveva indossato quel medaglione azteco maledetto. Ma con quella anche il dolore veniva annullato.
In quel momento, invece, avvertiva un dolore inimmaginabile pervadere ogni fibra del suo essere.
Oltre a quello, esistevano solo John a terra e lui stesso, il cuore pulsante di Moriarty stretto ancora tra le dita.
Quest'ultimo, d'altro canto, sghignazzava sadicamente di fronte a lui, piantando ancor più in profondità la lama nel cuore del suo migliore amico già esanime.
-MALEDETTO BASTARDO!
Sentì, ma come da molto lontano, quel grido squarciare l'aria; ma non era stato lui, a gridare quelle parole: non aveva il fiato nemmeno per emettere una sillaba.
Era stata Mary.
Incurante della sua ferita, che ancora sanguinava copiosamente, si era infatti lanciata addosso a James, la spada sguainata, gli occhi colmi di furia. Moriarty stesso si trovò a indietreggiare per la sorpresa, sotto i suoi colpi.

Finalmente, qualcuno fece breccia nel suo cervello, risvegliandolo da quello scioccato torpore.
-Sherlock, guardami!!! GUARDAMI!!
Un improvviso urlo e poi uno schiaffo deciso sul volto da parte di Molly lo risvegliarono completamente.
La ragazza lo trascinò verso il corpo di John, immobile.
- Respira ancora! Forse possiamo ancora salvarlo! Ma c'è un solo modo... -disse, senza finire la frase, ma uno sguardo più eloquente di mille parole.
Gli occhi di Sherlock si spalancano, capendo all'istante.
Era un'opzione terribile. Persino la sua geniale mente non aveva voluto neppure prenderla in considerazione, figuriamoci tentarla.
Non sapeva nemmeno se sarebbe riuscita. Davanti a lui, il corpo di John era inerte, e sembrava già del tutto privo di vita.
Gli prese il polso, e avvertì un battito lieve, quasi inesistente. Però c'era ancora.
Chiuse gli occhi.
Era un'opzione terribile, si ripeté.
Ma era l'unica, ultima, tenue speranza che rimaneva...

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-Vuoi raggiungere il tuo fidanzato? Ti accontento subito, dolcezza!
Moriarty assalì Mary con alcuni rapidi colpi, che lei si affrettò a parare; era abile, con la spada, ma quel bastardo era molto più forte di lei.
Una sua ennesima stoccata la ferì alla spalla, e lei si accasciò, gemendo.
James sogghignò con crudeltà.
-Adìos! Salutami John Watson, quando arrivi...
Sollevò la spada... e improvvisamente lanciò un urlo, facendola cadere a terra: un dolore lancinante e inaspettato lo aveva percorso.
Come... una pugnalata.
Un sorriso amaro, ma carico di una sorta di perfido stupore, affiorò sulle sue labbra.

L'ha fatto.
Ti ho proprio sottovalutato, Sherlock Holmes.

Moriarty si voltò, con l'intento di lanciare al suo ex capitano un ultimo sguardo beffardo: ma la scena che gli si presentò davanti non era quella che si aspettava.
Sherlock stava accucciato vicino a John, e gli teneva una mano saldamente stretta intorno all'elsa di un pugnale: lo stesso pugnale che si trovava conficcato nel suo cuore.
La mano di Watson cadde a terra, inerte, mentre Sherlock fissava Moriarty a sua volta, gli occhi cristallini freddi come frammenti di ghiaccio.

Con un'ultima smorfia maligna, ma insieme amara, James Moriarty cadde fuoribordo, direttamente nel vortice.

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Le correnti e le onde si fecero ancora più violente, e la nave pareva volesse seguire lo stesso fato del suo capitano: infatti, complice la corrente, anch'essa sempre più violenta e impetuosa, stava per essere risucchiata nel Maelstrom.
Ma l'equipaggio della Bloody King, stranamente, non pareva allarmato. Anzi, alcuni si erano immobilizzati sul posto, lo sguardo fisso, come se fossero d'improvviso caduti in trance; altri, invece, si stavano lentamente avvicinando a loro, ripetendo a bassa voce qualcosa.
Sherlock assottigliò lo sguardo, e strinse le labbra: sembrava aver ripreso un barlume della sua lucidità; anche se, quando parlò, la sua voce era spezzata.
-Dobbiamo andare!
Corse da Mary, sollevandola e poi stringendosela al petto.
Lei, nonostante il dolore, si oppose con tutte le sue forze.
-John... non possiamo lasciarlo...-gemette.
Il capitano lanciò al suo primo ufficiale uno sguardo colmo di sofferenza, gli occhi lucidi.
Poi, ignorando la sua protesta, le fece passare le braccia intorno al collo. Lei, d'istinto, si strinse a lui, che si aggrappò ad una cima- tenendo però la ragazza stretta a sé-seguito a ruota da Molly, aggrappata ad un'altra. Si lanciarono entrambi verso la Perla, insieme ad altri membri del suo equipaggio, mentre la Bloody King veniva risucchiata negli abissi.
E John Watson con lei.

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Magnussen uscì finalmente dalla cabina, lo sguardo al cielo ora sereno.
La tempesta era cessata.
-Avvicinatevi alla Perla da tribordo-ordinò a uno degli ufficiali.
Sorrise compiaciuto, notando l'assenza della Bloody King.
Rimaneva solo una questione, da sistemare.
I suoi occhi, freddi e grigi come il piombo fuso, si posarono sulla nave di Sherlock Holmes, e il sorriso si trasformò in un ghigno.
Nessuna nave dovrebbe andare al fondo senza il capitano...

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A bordo della Perla Nera, Molly stava al fianco di Sherlock, il cui sguardo era perso nel vuoto.
Gli sfiorò la spalla ferita, avvolta in una benda, con delicatezza, perfettamente consapevole del suo dolore. Ma lui non reagì a quel tocco in alcun modo. Vicino a lui Mary, anche lei con una benda di fortuna sul fianco e una coperta sulle spalle, fissava il punto dove un attimo prima c'era il vortice, singhiozzando sommessamente.
D'improvviso, il capitano puntò lo sguardo nella medesima direzione, facendo sussultare sia lei che Molly.
Prima che potessero scambiare una sola parola, però, Angelo gli si avvicinò.
-Capitano...-sussurrò, con voce roca, gli occhi bassi colmi di tristezza, avendo immediatamente capito perché il primo ufficiale non era lì con loro.-La Appledore si sta avvicinando, e la nave non potrà reggere un ennesimo scontro. Nemmeno la ciurma. Forse dovremmo...
-Stringete il vento!-ordinò invece lui all'equipaggio, la voce simile ad un ringhio, come se non l'avesse nemmeno udito.-E mettete la nave alla cappa!
La ciurma, sebbene non molto convinta, si affrettò ad ubbidire.
-Ma... capitano! Così diventeremo un bersaglio!-si azzardò a protestare uno di loro, che si teneva una pezza sanguinante sul capo.
-Brillante osservazione di un idiota, Anderson. Ora fammi il piacere di stare in silenzio!-ringhiò Sherlock di nuovo per tutta risposta, fulminandolo con lo sguardo.
Quest'ultimo tacque, tirandosi immediatamente indietro.
-Stavolta non ha tutti i torti, però...-borbottò Angelo.
Ma eseguì comunque gli ordini, confidando, per il bene di tutti, che il loro capitano sapesse cosa stava facendo.

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Magnussen fissava la Perla col suo sguardo vuoto, ma intento.
-Ma... perchè non se ne vanno? Cosa attendono, ancora?-gli domandò uno degli ufficiali, dubbioso.
Il Capo della Compagnia sorrise, sardonico.
-Si aspetta che io onori un accordo.
L'ufficiale si trovò a ridacchiare piano, scuotendo la testa, come se non potesse credere ad una tale sciocchezza.
-Armate i cannoni. Fuoco al mio segnale. Vele spiegate. E procedete verso di loro.
L'equipaggio eseguì prontamente.
-Niente di personale, signor Holmes-mormorò Magnussen, in volto uno sguardo beffardo e un sorriso freddo.-Sono solo affari...

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Capitan Holmes guardò la nave della Compagnia avvicinarsi, ma senza realmente vederla, quasi per nulla interessato. Si era infatti aspettato quel voltafaccia da parte di Magnussen. La sua mente era completamente concentrata su un altro pensiero, uno solo.
Chiuse gli occhi.
Nella sua testa, due sole parole, ripetute all'infinito.

Ti prego.
Ti prego.
Ti prego.

Lui non era credente. Non lo era mai stato. Ma in quel momento, pregò come non aveva mai fatto. Aveva ancora incisa nella mente l'immagine di John morto, su quel ponte.
Una lacrima gli solcò il volto. E poi un altra.
-Ti prego...-mormorò, stavolta a fior di labbra, le mani strette intorno ad una cima, tanto da avere le nocche sbiancate.-Ti prego...

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La Appledore era sempre più vicina, i cannoni pronti a far fuoco.
Ma un improvviso movimento in acqua distrasse gli ufficiali.

Una nave era infatti improvvisamente emersa dalle onde, davanti ai loro sguardi attoniti.
Magnussen si accigliò.
-Che mi venga... Allora James è ancora vivo...-sibilò, stringendo le labbra.
Ma poi, riprese la calma: la ciurma di Holmes era provata, non avrebbe sicuramente retto a un nuovo scontro.
E lui, ormai, sapeva che Moriarty aveva un punto debole.
-Poco male -mormorò, infatti, con determinazione.- Una volta tolto di mezzo Holmes, troverò il modo di liberarmi anche di lui.

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L'intero equipaggio della Perla sgranò gli occhi, alla vista della Bloody King riemersa. La paura li assalì di nuovo, al solo pensiero di dover fronteggiare contemporaneamente due nemici così potenti, e ancora provati dallo scontro. Non ce l'avrebbero mai fatta. Era la fine.
Ma il terrore sparì in un momento, rimpiazzato dall'incredulità, poi dalla speranza, e infine dalla gioia: perché improvvisamente risuonò una voce, su quella nave.
Una voce nota a tutti loro.

-PRONTI AI CANNONI!-ruggì John Watson, al timone, lo sguardo fiero e gli occhi fiammeggianti, al suo equipaggio, che sembrava aver incredibilmente acquistato sembianze umane.
Mary, al vederlo, si portò una mano alla bocca, incredula, trattenendo a stento altre lacrime, ma stavolta di gioia. Molly tirò un sospiro lieve, e un sorriso leggerissimo si formò sul suo volto.
Capitan Sherlock Holmes, invece, si sentì pervaso da un immenso sollievo, mentre riacquistava la forza e il coraggio.
-SPIEGATE LE VELE!-ruggí, con ferocia, uno sguardo di fuoco rivolto verso la Appledore.
L'equipaggio obbedì all'istante, e i due vascelli si diressero verso la ora comune nave nemica, fianco a fianco.

Magnussen non realizzò subito che qualcosa non andava.
Il suo sguardo rimase freddo e vuoto, fisso sui due velieri.
Ma poi, quando si accorse della loro rotta, impallidì, e il monocolo gli cadde di mano.
Gli ufficiali, che avevano capito prima di lui, avevano già iniziato a correre a destra e a manca sul ponte, gridando in preda al panico, confusi e disorientati.
-Ordini!! Signore!! Quali sono gli ordini!?!?-gli urlò uno di loro.
-Sono solo... affari...-fu l'unica risposta che ricevette da Magnussen, lo sguardo perso nel vuoto, la voce ridotta ad un attonito sussurro.

Le due navi affiancarono il vascello della Compagnia, una da babordo e l'altra da tribordo.
-FUOCO!-ruggirono Sherlock Holmes e John Watson, contemporaneamente.
I cannoni di entrambe spararono a ripetizione, perforandone lo scafo, e il fragore delle loro esplosioni rimbombò nell'aria; tutti gli ufficiali tentarono disperatamente di salvarsi, gettandosi in mare.
Charles Magnussen, invece, rimase immobile sul ponte, all'apparenza impassibile, lo sguardo vuoto e fisso, mentre il suo vascello esplodeva, avvolto dalle fiamme, insieme a lui.

La Bloody King e la Perla Nera si allontanarono dunque fianco a fianco verso l'orizzonte, mentre la Appledore, finalmente distrutta, sprofondava lentamente negli abissi, cadendo nell'oblio.

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