Libro 1: 03) Jinx
Il freddo regnava sovrano su Piltover. La pioggia non cessava di cadere sulla bella cittadina ed era pungente e forte, tanto da costringere i cittadini a rimanere rintanati nelle loro case per tutto il tempo. Poco distante dalle mura della città, quasi affiancata alla costa, si ergeva l'immensa "Accademia della scienza e del progresso degli yordle". All'interno di essa, erano rimasti pochi yordle a sorvegliare l'immensa scuola, mentre molti studenti erano tornati a Bandle City per ritrovare i loro cari. La costruzione dell'accademia era stato un successo per la storia degli yordle. Un luogo in cui poter studiare e poter ampliare la conoscenza della meccanica degli Hextech. L'edificio stesso, che ricordava il colore della pelle del suo fondatore, un vistoso giallo abbagliante, era alto una quarantina di metri. Un centinaio di camere per gli studenti, una quindicina di aule per l'insegnamento ed una ventina di laboratori in cui nascevano "meraviglie". Nessuno poteva entrarci facilmente. Bisognava possedere due requisiti fondamentali: avere un'intelligenza fuori dal comune ed essere uno yordle. Tante erano anche le aree dedicate alla sperimentazione dei macchinari o alla simulazione di lotta. Non mancava nulla nell'accademia. Nulla.
« Chi sarà mai? »
Qualcuno aveva bussato alla porta dell'accademia.
« Chi sarà mai lo scellerato che disturba il nostro riposo nel cuore della notte? »
Urlò il fondatore della scuola mentre si incamminava verso il portone principale.
« Chi sarà mai così pazzo da avventurarsi fuori da Piltover sotto una tempesta del genere? »
Non appena aprì il portone, la vide. Una piccola cesta posta sull'uscio della sua porta, con all'interno delle coperte viola.
« Cosa abbiamo qui? »
Chiese incuriosito il giovane fondatore dell'accademia. Uno yordle dai capelli biondi che non superava il metro d'altezza. Portava dei piccoli baffi appuntiti che gli ricoprivano parte del labbro superiore ed aveva un pigiama bianco di lana, troppo largo anche per lui. Non appena scostò le coperte della cesta, vide dentro di essa la creatura più bella che avesse mai visto. Grandi occhi viola, piccole ciocche di capelli blu, una pelle talmente chiara che sembrava quasi bianca come il latte ed il sorriso più bello che il fondatore dell'accademia avesse mai visto. Il sorriso innocente di un neonato.
« Ma cosa ci fai qui? Dove sono i tuoi genitori? »
Chiese quasi a se stesso. Nessuno poteva rispondere a quella domanda. Dopo aver osservato con più attenzione la cesta, notò una scritta sulla parte anteriore: "Zaun".
« Questa culla è stata fatta a Zaun... Ma perché lasciarti a Piltover? Quale malsano pensiero avranno avuto i tuoi genitori quando ti hanno lasciato? Lasciarti ai confini della città rivale di Zaun. Che incoscienti... »
Dopo qualche secondo, il professore Heimerdinger si fece coraggio e prese la cesta da terra, deciso di portare al caldo quella povera creatura che aveva già fatto breccia nel suo cuore con il suo splendido ed innocente sorriso.
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« Dovevi liberarti di lei quando ne avevi l'occasione... »
Un amico del professor Heimerdinger, Corki, uno degli insegnanti dell'accademia ed uno degli yordle più conosciuti e temuti di tutti, per via delle sue armi e dei suoi macchinari volanti. Corki era un personaggio alquanto bizzarro. Poche volte si liberava dei suoi "giocattoli volanti", dato non gli piaceva camminare a lungo. Era perennemente vestito da aviatore, con occhiali giganteschi che gli nascondevano gli occhi. Sulla testa portava un casco di pelle, allacciato saldamente al mento. Vestiva con una giacca marrone e dei calzoni dello stesso colore. Una sciarpa rossa gli copriva il collo, mentre due folti e lunghi baffi grigi gli coprivano la parte restante del volto. Non passava di certo inosservato tra i corridoi o i cunicoli dell'accademia.
« Mi sono mai lamentato di lei? »
Chiese il professore, che sorrideva vedendo la piccola Jinx, vestita con un pigiama di seta viola, giocare con le sue pistole finte contro dei soldatini di piombo. Jinx era sotto la custodia di Heimerdinger da circa quattro anni e, da quando era arrivata, non aveva fatto altro che combinare guai. Aveva fatto esplodere una decina di macchine del professore ed aveva distrutto un intero laboratorio, fracassando di Corki senza una valida ragione. E la piccola si divertiva sempre di più a rompere le robe degli altri.
« Tu no... Tutta l'accademia si! »
Esclamò pensando con nostalgia al suo vecchio aeroplano da guerra, ormai ridotto ad un cumulo di macerie. Jinx c'aveva fatto un giro di prova senza chiedere il permesso, facendo schiantare l'aereo da guerra contro una fiancata della scuola.
« Non credo che qualcuno si sia lamentato quando ho chiesto a voi il permesso di tenere con me questa bambina umana. Sebbene le regole dell'accademia lo vietassero. »
« Non pensavamo che avrebbe distrutto l'accademia! »
Il professore rise di gusto, ormai non gli importava più della sua creazione, i suoi sguardi erano rivolti verso Jinx. L'impegno preso come genitore, però, non cambiò Heimerdinger per quanto riguardava il suo lavoro, che completava con grande impegno e precisione sia durante i momenti di insegnamento sia durante le sue scoperte scientifiche.
« Nessuno, però, si è opposto... Nessuno... Non ho sentito volare una mosca quando l'ho chiesto. Anche tu e Ziggs avete acconsentito alla adozione. »
Corki non poteva dargli torto. Anche lui voleva bene alla piccola. Ma, se già a quattro anni la sua furia distruttiva era così immensa, cosa sarebbe successo durante l'adolescenza? Mentre Corki si poneva queste domande, la piccola Jinx si avvicinò al padre. Si toccava spesso le trecce blu elettrico che scendevano fluide dalla sua testa, quasi come un gesto di nervosismo. Eppure sembrava sempre calma all'esterno.
« Papà! Papà! Papà! »
Gli urlò quasi a due passi da lui.
« Dimmi piccola. »
« Ho davvero bisogno di nuove armi! »
Gli occhi viola della piccola si illuminarono al pronunciare la parola "armi", ma la scintilla dei suoi occhi si offuscò presto, incominciando a parlare all'orecchio del padre per non farsi sentire gli altri
« Ma non dirlo alle altre armi... »
Il padre non potè non trattenere una piccola risata.
« E perché non dovrebbero saperlo? »
La piccola girò su se stessa un paio di volte, fino a cadere per le vertigini. Stava pensando alla risposta da dare al padre.
« Così non si ingelosiscono... Non voglio vederle piangere! »
Questa volta fu il turno di Corki a ridere. Come poteva una creatura talmente innocente creare tanto caos nell'accademia?
« Non posso dirti di mandarla via da questa scuola... È ancora troppo carina. Non mi permetterei mai di lasciare una creatura come lei in un mondo dominato dall'oscurità e dalla paura. Ora andrò a convincere gli altri insegnanti e mi farò aiutare da Ziggs. »
Al pronunciare quel nome, Jinx scattò verso Corki, salendogli sulle ginocchia.
« Zio! Zio! Zio! Andiamo da zio Ziggs? Voglio prendere un po' di spacco-devasto! »
Jinx si riferiva agli esplosivi che Ziggs utilizzava per i suoi esperimenti e per le sue armi. Corki fissò Heimerdinger con sguardo serio e preoccupato, per poi posare nuovamente gli occhi sull'innocente Jinx.
« Sento che mi pentirò di quello che sto per fare... Andiamo a trovare zio Ziggs... Rapidi come il vento! »
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« Trovato nulla per poterla rintracciare? »
Chiese speranzosa lo sceriffo di Piltover. Caitlyn era rimasta sveglia tutta la notte per poter riportare la calma in città. Con il sindaco all'ospedale, era lei che doveva reggere le sorti di Piltover. Intanto era andata dalla compagna, che analizzava il robot-imbianchino nella stazione di polizia di Piltover.
« Non ti so dire... Questa è tecnologia Hextech. Ma non avevo mai visto un livello così avanzato. È un semplice robot-imbianchino, ma dentro ha la migliore attrezzatura Hextech che io abbia mai visto. Sono tentata di fregargli qualche ingranaggio. »
Vi guardò speranzosa la collega per avere il permesso di compromettere la prova per poterla "studiare" direttamente su se stessa. Attaccando i pezzi di quel robot alla sua armatura.
« Non ancora... Non essere frettolosa. Non puoi arraffare nuovi marchingegni come e quando vuoi. Soprattutto se sono delle prove! »
La mancanza di sonno si stava facendo sentire. Caitlyn aveva incominciato ad alzare la voce e Vi si era accorta delle occhiaie dell'amica.
« Vai a dormire piuttosto che darmi fastidio allora... Sei intrattabile quando hai sonno. »
Vi aveva ragione. Caitlyn si sentiva terribilmente stanca. Il suo corpo desiderava il caldo e soffice abbraccio del suo letto. Ma la sua mente era altrove. Lavorava senza sosta, passando da un pensiero sulla nuova minaccia di Piltover, fino ad arrivare alle condizioni di Ezreal. Era preoccupata per lui ed aveva ricevuto il messaggio di Jayce che diceva che stava bene. Doveva essere tranquilla ricevendo quel messaggio. Ma allora perché sentiva un senso di angoscia asfissiante?
« Non posso... Devo mettere dei manifesti per la cattura di Jinx, devo incominciare a studiare il caso e devo assicurarmi che i cittadini siano al sicuro... »
« Ci sono morti? »
Chiese la giovane, sperando in una risposta negativa.
« Per fortuna no... Ma ci sono tanti feriti, tra cui il sindaco. »
« Se non ci sono morti, vai a dormire! Ci penso io a diramare la taglia della pazza su ogni edificio di Piltover. Ed incomincerò io a trattare anche un piano di difesa della tesoreria. A mente fresca riuscirai a pensare con più lucidità al caso. »
Il ragionamento di Vi non faceva una piega. Se voleva catturare Jinx, doveva essere lucida come sempre. A mente fresca avrebbe incominciato a studiare il caso.
« Hai ragione... Vado a casa e spero di trovarci Ezreal. Buonanotte! »
Vi si sentì soddisfatta per esser riuscita a mandare a letto il proprio sceriffo. Non erano tante le occasioni in cui ne usciva vincitrice con Caitlyn. Il cervello calcolatore dello sceriffo non avrebbe dato chance a nessuno. Lei era un genio dell'investigazione.
« Sarei molto più felice della vittoria se quella non stesse morendo di sonno... »
Subito dopo incominciò a studiare ciò che era successo durante tutto quel caos. Tra sé e sé iniziò a studiare l'abbigliamento della giovane dai capelli blu e la tecnologia del mega-schermo.
« Ma guardami... Sono sul caso! »
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« Buio... »
Tutto era dominato dall'oscurità in quel luogo. Stretto, polveroso e puzzolente.
« Ho paura... »
Si sentiva rinchiuso e senza via di fuga. Come se tutto il mondo a lui conosciuto fosse delimitato da quelle pareti.
« Cosa dovrei fare? Voglio uscire... »
Dopo tanto tempo passato li dentro, con la mente colma di pensieri d'angoscia e di paura, si fece coraggio e spinse con forza la parete superiore. Non appena si spostò, nulla era cambiato. Ancora le tenebre dominavano incontrastate. Ma ora il suo mondo era diventato più ampio. Era uscito da quella prigione. Era uscita da quella strana scatola.
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Passò molto tempo prima di trovare una via di uscita. Non si poteva dire con certezza se erano passate delle ore, dei giorni o dei mesi. Il tempo sembrava non passasse mai. Si sentiva solo, triste e sconsolato. Avrebbe dato tutto ciò che aveva per un po' di compagnia. Per qualcuno che gli avrebbe stretto la mano durante i suoi momenti di paura. Per qualcuno che potesse chiamarlo "amico".
« Ancora buio... »
Disse con voce piena di sconforto. Era riuscito a fuggire da quel labirinto. Ora il suo mondo era ancora più vasto. Ma, in ogni luogo in cui si dirigeva, vedeva solo oscurità davanti a se.
« Forse non merito di vedere altro... »
Detto questo, si mosse verso sud in cerca di qualcuno che potesse aiutarlo o che potesse fargli compagnia. In cerca di qualche amico.
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Erano passate un paio d'ore e stava ancora camminando senza sosta verso sud. Non sapeva il perché, ma conosceva la posizione delle stelle e riusciva ad orientarsi con esse. Non ricordava dove lo aveva imparato. A dirla tutta, non riusciva nemmeno a ricordarsi nulla del suo passato. "Da dove vengo? Chi sono i miei genitori? Come sono finito in questo posto?", queste erano le domande che si poneva da quando si era risvegliato. Dopo tanto camminare, finalmente, vide la luce.
« Caldo! »
Gridò con eccitazione alla vista delle prime luci dell'alba. Non riusciva a ricordare quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva visto qualche sorgente luminosa. Ma la sensazione che sentì, così calda e piacevole, ripagò quella lunga attesa e quel lungo pellegrinaggio. Per la prima volta da quando era uscito da quel labirinto, si girò verso nord, per poter osservare la sua prigione.
« Che strana... »
Era una prigione fatta interamente di mattoni ed aveva una forma piramidale. Si stupiva della sua grandezza, nonostante si fosse allontanato di parecchi chilometri, riusciva a vederla lo stesso come un edificio dalle dimensioni gigantesche.
« Chissà da quanto tempo stavo li dentro... »
Esclamò girandosi nuovamente e continuando il suo viaggio verso sud.
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« Un'oasi! »
Grido all'improvviso con gran sollievo. Erano passati tre giorni da quando era riuscito nuovamente a vedere la luce. Finalmente era riuscito a trovare un luogo in avrebbe potuto riposare le gambe. Prima di allora aveva camminato senza sosta in un mare di sabbia dorata. Non aspettando oltre, corse in direzione dell'oasi. Non aveva sete o fame, ma aveva una gran voglia di sentire la freschezza dell'acqua sulla sua pelle. Non appena arrivò nel luogo, vide un'enorme sorgente d'acqua, protetta da qualche albero e da altri tipi di flora che non seppe riconoscere. Porse le mani per toccare la sorgente, ma si bloccò di colpo.
« Cosa? »
Domandò scioccato. Non credeva ai propri occhi. Lo specchio d'acqua gli aveva permesso per la prima volta di potersi vedere in faccia. Prima di allora non aveva mai pensato a come potesse apparire, gli importava solo di trovare un luogo sicuro in cui poter incontrare altra gente. Lo sorgente riportava un'immagine che lo spaventò molto. Un piccolo ragazzino, alto quasi un metro e ricoperto di bende, con due grandi occhi gialli senza pupille. Non riusciva a vedere altro che bende sul suo corpo. Si accorse solo in quel momento che anche le sue braccia e le sue gambe erano ricoperte da esse. Non c'aveva mai fatto caso prima dato che non si era mai chiesto come fosse il suo aspetto. Sicuramente non si aspettava di essere così. E se ci fosse un motivo dietro al fatto che non aveva mai fame o sete? E se fosse già morto? In un istante, un fiume di lacrime scese dai suoi occhi e non riusciva a fermarsi. Doveva piangere e doveva sfogare tutto il suo malessere. Non poteva farne a meno.
« Cosa sono? »
Intanto, pian piano, l'oasi intorno a lui si stava lentamente prosciugando. La limpida sorgente diminuiva gradualmente la sua quantità d'acqua, le piante appassivano e tutto incominciava a diventare nero.
« Buio? Di nuovo no! »
Dopo qualche minuto, l'oasi scomparve. Non rimase altro che sabbia. Una distesa infinita di sabbia che abbracciava il povero piccolo che non riusciva a smettere di piangere.
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