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Chiarimenti


John, vicino alla dispensa, vide entrare in cucina i due fratelli. Era adirato e sconvolto dal loro comportamento, trafficava con la macchina del caffè, ma le mani non erano ferme. Mary praticamente li scortò, li fece sedere al tavolo, gli preparò la colazione cercando di calmarli.

Steve si sedette con la testa china, e prese a sbriciolare un biscotto con tale forza da polverizzarlo. Edward seduto di fronte lo guardava dispiaciuto, colmo di rimorso per come aveva reagito, dimenticò il dolore al volto. Ricordò con angoscia la notte prima, quando erano stati così vicini da sentire il calore della fratellanza.

Mary portò del tè e del latte, John riempì le tazze col caffè. Lasciò che si servissero, si sedette pesantemente. Nessuno stava bene in quella cucina, nemmeno lui.

Edward si fece coraggio, toccò il braccio di Steve, che teneva la testa bassa. Gli confidò in maniera gentile. "Non mi sono comportato da bravo fratello con te, poco fa. Mi dispiace di come ho reagito, mi sento in colpa per quello che ho fatto. Credimi solo che mi sono sentito provocato, non ho saputo capire il tuo gesto. Mi dispiace, puoi non perdonarmi e capirò."

Si preparò a parlagli della chiamata del mattino, delle menzogne dette ai gemelli. Ebbe un leggero brivido, stringeva le mani nervosamente. Guardò dritto negli occhi Steve, che capì subito che qualcosa lo tormentava.

"Cosa stai per dirmi, cos'altro devo sapere?"

Edward gli parlò della fuga di notizie, della chiamata preoccupata di Ellen e Daniel, di avergli taciuto la verità, non gli aveva detto tutto, aveva lasciato credere che fosse stato un fatto isolato, tralasciando Reginald.

"Ho cambiato i fatti, Steve, ho detto loro delle bugie, per l'accordo che ho fatto con Norbury. Sono da biasimare lo so, ma credi l'ho fatto per salvaguardare la Cittadella, nient'altro. Passata questa storia racconterò loro la verità, anche se non approveranno." Trattenne il respiro. "Te lo prometto."

Solo loro e i Norbury sapevano i fatti in realtà come si erano svolti. Ci fu un silenzio irreale, il maggiore dei Cooper, abbassò la testa stringeva le mani così forte che divennero bianche. Aspettò la risposta di Steve.

John seduto al tavolo, si era ancor più contratto, aveva ascoltato con apprensione i chiarimenti di Edward, non intervenne, lasciò che decidessero tra di loro, avevano già toccato il fondo ora non gli restava che risalire.

Steve guardò il fratello, sapeva quanto contasse per lui sentire che i gemelli non lo avessero abbandonato, ma penava perché in un certo senso li aveva traditi.

Prese un lungo respiro, gli prese le mani, le tenne strette fra le sue, cercò di quietarlo. Sapeva quale sacrificio stava facendo per proteggere il lavoro che amava. La Cittadella era cresciuta con lui, non era di nessun altro. Il volto di suo fratello, con quella fastidiosa medicazione, era pallido e teso, ebbe paura che soffrisse di più di quanto traspariva, dimenticò ogni risentimento, abbozzò mezzo sorriso. "Ora basta torturarti, va bene così Eddy, ti appoggerò sia nel lavoro, che con i gemelli. Va tutto bene." Lasciò le sue mani e si appoggiò allo schienale della sedia. Il volto contratto del fratello maggiore lo invitò a continuare.

"Mi dispiace Edward, non volevo farti del male. Se stavo al mio posto non sarebbe successo. Credo che tutti e due abbiamo qualcosa da farci perdonare. Sai che mai ti nuocerei."

Mary si avvicinò, li fissò entrambi. "Ora basta, cercate di trovare un equilibrio, so che vi volete bene." Edward si calmò ritrasse le mani bianche, vide gli occhi lucidi del fratello e sentì il cuore stringersi. John si rasserenò, ruppe gli indugi.

"Avete bisogno di riflettere, di tranquillità non potete reggere se continuate su questa strada. Quindi parlate, chiaritevi o non vi salverete, anche se vi volete un bene profondo." Scosse la testa sconsolato per tanta testardaggine. "Siete proprio un'esperienza fuori dal comune voi fratelli Cooper. Mi farete venire un esaurimento. Non so se sia un bene avervi conosciuto. " 

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