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capitolo 2

Forse è vero, dopotutto, ciò che si dice sull'ordine: la posizione degli oggetti nella propria casa riflette il proprio ordine mentale. Probabilmente è per questo che quella mattina l'appartamento di Grace Williams sembrava sopravvissuto ad una bomba atomica: l'armadio della camera da letto era spalancato, e intorno ad esso si trovavano mucchi di vestiti abbandonati, calzini spaiati e tanti, tantissimi omini lanciati chissà dove. La cucina non era messa molto meglio: gli unici piatti rimasti incolumi dal terremoto erano stati una tazza per la colazione, una ciotola da insalata e un piattino da caffè. Per Grace il disordine non era mai stato una preoccupazione: vivere da sola le permetteva di gestire lo spazio come preferiva, e quello comprendeva anche la confusione.

La donna prese in mano l'unica tazza pulita che le rimaneva e si versò un po' di acqua calda dal bollitore scoppiettante. Mentre sceglieva la tisana da versarsi per la giornata, il telefono squillò: il rimbombo, in netto contrasto con il silenzio della casa, la fece sussultare. Leggere sullo schermo del cellulare il nome Benjamin Fletcher la fece trasalire di nuovo. Quando il detective, il giorno prima, le aveva detto che ci sarebbe voluto un po', si aspettava qualche settimana di tempo per poter prendere coscienza di quello a cui stava andando incontro. Tornò alla realtà e, dato che la chiamata stava per chiudersi, prese finalmente in mano il cellulare per rispondere:

"Buongiorno, signorina Williams"

"Detective Fletcher... a cosa devo il piacere?"

"Sarebbe libera tipo...ora? Riguarda il caso, dovremmo fare un breve viaggio"

"Oh, Fletcher – sospirò la donna – speravo che me lo chiedesse"

"Perfetto, troverà una macchina fuori casa ad aspettarla tra quindici minuti".

"Ha intenzione di dirmi dove stiamo andando o vuole tenermi completamente all'oscuro?" chiese Grace, ansiosa di sapere cosa la stava aspettando.

"Oh, Williams, nessuno è mai pronto per queste cose – rispose il detective – le dico solo che siamo diretti verso le campagne d'Irlanda, quindi avremo bisogno di una giacca a vento e una buona dose di fortuna".

"In che senso? Quanto staremo? Cosa devo prendere?" non fece in tempo a concludere la frase che l'altro capo del telefono chiuse la chiamata.

Mezz'ora dopo, Grace Williams stava aprendo la porta di casa quando un'auto nera dai vetri oscurati si fermò di fronte a lei. La portiera posteriore si aprì con un movimento meccanico, e l'autista uscì per prendere la piccola valigia che la donna stava portando per caricarla nel bagagliaio. In quel momento lo vide: il detective era seduto in modo stravaccato, tipico per un giovane uomo della sua età; ma allora perché le sembrava così strano? forse era il modo in cui si era rivolta a lei sin dal primo momento in libreria: Benjamin le sembrava una persona pacata, incapace di mostrare forti emozioni se non la sua determinazione a portare a termine il lavoro in modo efficiente, unico suo tratto che era trasparito nelle loro conversazioni.

Grace salì in macchina e si sedette accanto all'uomo, che si trovava intento a guardare fuori dal finestrino. Quando si girò verso di lei, notò che il detective indossava degli occhiali da sole scuri, inusuale data la tipica nebbia londinese che aleggiava per la città quel giorno. L'autunno era alle porte e il tempo di portare gli occhiali da sole era decisamente cessato, pensò la nostra protagonista, ma si ritrasse dal fare domande al suo accompagnatore.

Proprio mentre si stava rendendo conto che forse aveva puntato lo sguardo su Fletcher fin troppo, una voce dal posto del passeggero interruppe i suoi pensieri:

"Allora, ha dormito bene questa notte?" era Lancaster che le sorrideva con il collo girato verso di loro. Il suo sorriso sbiadì quando si rese conto che il suo collega non solo non lo stava ascoltando, ma sembrava totalmente ignaro della situazione.

"Ho dormito sufficientemente, se è questo che mi sta chiedendo - le mani di Grace iniziarono a tremare, ignara di come atteggiarsi intorno ai detective - data la situazione, potrei stare peggio". La donna deglutì in segno di sollievo quando Richard si girò e disse all'autista di partire, con la speranza che il viaggio potesse essere il più silenzioso possibile.

Dall'altro lato della macchina, Fletcher passò tutto il viaggio lottando contro l'istinto di voltarsi a guardare la donna: il caso era molto articolato, dettaglio che lui apprezzava solitamente, ma l'attitudine della donna non le andava giù. Perché era stata immediatamente esclusa dalla lista dei sospettati? Forse quel caso era stato orchestrato proprio da colei che sedeva a pochi centimetri da lui, e la frustrazione lo pervadeva da capo a piedi. Sapeva che i suoi impulsi avevano messo a rischio molti casi, specialmente negli ultimi mesi, ma allo stesso tempo era sicuro che il suo istinto non si sbagliava, e in quel momento le stava dicendo di non fidarsi di Grace Williams.

* * *

Il taxi li lasciò in aeroporto, e in poco più di due ore i tre erano a Belfast. Un'altra auto li portò infine nei pressi di Katesbridge, una piccola cittadina nelle valli dell'Irlanda del Nord. La villa del signor O'Donnell era un'immenso castello che sembrava essere rimasto intrappolato nel Medioevo: sia all'esterno che all'interno, tutti i dettagli dell'arredamento ricordavano le ambientazioni delle chansons de gestes che Grace leggeva da bambina.

Fletcher, Lancaster e Williams furono accolti nell'atrio da Cillian O'Donnell, primogenito della vittima, che li accompagnò nel salone, dove l'intera famiglia era riunita. Benjamin comunicò qualche parola all'orecchio di Richard, che si limitò ad annuire, e fece poi segno a Grace di seguirlo.

"Dove possiamo sistemarci, signor O'Donnell?" Chiese il detective, e l'uomo si limitò a fare un segno con l'indice al maggiordomo, che li accompagnò nell'ufficio del defunto signor O'Donnell, al piano di sopra.

Man mano che Fletcher convocava i familiari uno alla volta, Grace si rese conto che faceva a tutti le stesse domande: Dov'era intorno alle nove e trenta di quella sera?, Aveva avuto delle divergenze con il signor O'Donnell nei giorni prima della sua dipartita?, Sa se il signor O'Donnell aveva dei problemi di debiti? E così via. Molte repliche erano seguite dalla domanda 'C'è qualcuno che può confermare questa affermazione?' In base alla risposta, le aveva spiegato Benjamin, avrebbero saputo chi ascoltare prima.

Mentre prendeva appunti su appunti, la nostra protagonista non riuscì a fare a meno di pensare all'affidabilità del detective: non era certo un'esperta, ma i detective di cui scriveva erano più empatici e si comportavano in modo decisamente meno freddo verso i parenti delle vittime. Fletcher, al contrario, manteneva uno sguardo inespressivo, per non far trasparire i dettagli dell'indagine, le aveva detto.

Nonostante le mille domande che le volavano per la testa, Grace si limitò ad ascoltare e seguire le istruzioni per tutto il loro soggiorno dalla famiglia O'Donnell, speranzosa che avrebbe potuto scoprire di più sul misterioso detective Fletcher in seguito.

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