Capitolo LVI
"Me ricordi perché stemo ecco?" domandò sottovoce Orazio al suo ragazzo prendendolo sottobraccio.
Il sole non era ancora tramontato dietro al cupolone di Santa Maria del Fiore e il cielo aveva appena cominciato ad indorarsi, tingendo di rosa qualche nuvola sparsa.
"Perché Dante ha invitato pure a noi ar compleanno suo e tocca da' supporto morale all'apetta nostra" gli rispose Mecenate stando attento a non farsi sentire dal diretto interessato, che era più teso di una corda di violino e sembrava pronto a crollare al minimo tocco.
"Mado', deve conosce' gli amici sua, mica er Papa!" esclamò l'altro alzando la voce più del dovuto.
"Sì okay, però capiscilo. Virgilio è timido: che lo voi lassa' da solo 'n mezzo ai lupi?".
"Io nun so' timido", lo corresse il suo amico seccato, "Io so' riservato e socialmente selettivo: è diversa 'a cosa. E nun eravate obbligati a venicce, quinni, se volete rompe li cojoni tutta 'a sera, tornate giù e fateve 'na scopata".
"Ecco che fa 'o stronzo" borbottò il ragazzone a mezza bocca, anche se la prospettiva non era niente male.
"Nun è che faccio 'o stronzo. Io nun riesco a parla' co' 'a gente. Capisc? Devo conosce 'n sacco de persone stasera e voglio fa' bella figura perché Babe ce tiene a 'sti tipi. Nun so come cazzo farò ad apri' bocca davanti agli amici sua e a su' nonno! Quinni scusateme tanto se me sto a caga' addosso e 'sti commenti der cazzo me fanno gira' li cojoni!".
Virgilio tacque e continuò dritto per la via, senza curarsi se gli altri stessero rimanendo indietro. Stava perdendo il controllo e questo non gli piaceva affatto: razionalmente, sapeva perfettamente che non era poi chissà quale problema esistenziale e che quasi sicuramente, sfoderando un po' di cortesia, un sorrisetto falso dei suoi e qualche battuta azzeccata, avrebbe fatto colpo sicuramente. Eppure non poteva fare a meno di pensare che avrebbe potuto rovinare tutto e questo non se lo sarebbe mai potuto perdonare: Dante era diventato troppo importante nella sua vita per rischiare di perderlo per una sua cazzata.
"Famo 'n secondo un discorso serio e levamote pure 'sto film mentale der cazzo, che te più vai avanti e più ce diventi paranoico come quer cojone de Tiberio", incominciò a parlare Mecenate facendosi improvvisamente serio, "Partimo dalle cose de base: Dante te ama, quinni avrà parlato solo che bene de te".
"'nfatti: probabilmente quelli già te amano a prescinne perché er cosetto tuo avrà decantato 'e lodi tue da qua a Roma e ritorno!" aggiunse Orazio non senza il suo solito sarcasmo.
"Giustissimo! Poi nun è che devi parla' chissà quanto pe' forza: a domanna risponni e amen! Soggetto, predicato e complemento. Magari nun impreca' come 'n camionista 'n tangenziale e cerca de nun esse' troppo brusco come 'sto cojone ecco" aggiunse indicando il suo ragazzo.
"Ma vaffanculo, mortacci tua!" imprecò bonariamente l'altro fingendosi offeso.
"Io l'ansia ce l'ho 'o stesso, va be'?", sbottò Virgilio, "Poi co' su' nonno! Io nun so' bravo e...".
"Senti, Virgi'", lo interruppe il ragazzone con i suoi modi vagamente violenti, "Mecenate ha provato a dittello colle buone, però 'a lezione nun t'è passata. Te sei 'n grande, okay? Sei pure figo perché stai 'n quinto e quelli stanno ancora ar biennio. Poi sei de Roma - sei de fori - quinni sei ancora più figo. Dante arrossirà come 'na mammoletta pe' ogni minima stronzata che sparerai, quinni sembrerai ancora più figo. Guarda che è scientificamente provato: più uno è stronzo e misterioso, più piace alla gente!".
"Scientificamente provato da chi? Harvard?" domandò il biondino trattenendo una risata.
"Meglio: Ranieri".
"Allora stamo 'na botte de ferro!" esclamò Virgilio esasperato.
"Ma placate, mortacci tua!", riprese il suo amico, "Pe' su' nonno effettivamente è 'n bordello perché è praticamente su' padre e scasserà er cazzo a prescinne: nun c'ha mai visto 'n vita sua e 'mprovvisamente sbucano fori gli amici de Roma! Ma basta che te concentri 'n attimo, apri 'a boccuccia tua e dai fiato. Magari prima ricollega quei du' neuroni che c'hai, sempre che nun scennano ar cazzo quanno vedi er cosetto tuo".
"E parla italiano", aggiunse il Mecenate, "Altrimenti sembriamo tutti dei burini der cazzo".
"Sì, stasera sì: ce tocca" concordò Orazio.
"Me snaturo proprio a fa' così: ce manca solo che me presento come Publio e me pare de sta a cena co' mi' padre!" protestò l'altro.
"E sticazzi? Tanto è pe' 'na sera: poi dimà puoi caccia' fori tutto er lessico da lupanare che te pare!" provò a farlo ragionare il ragazzone.
"Io nun interagisco 'n romanaccio, figuramose 'n italiano!" si lamentò silenziosamente la loro apetta, che con quel discorso non si era minimamente tranquillizzato.
"Carpe diem! Sed aurea mediocritas" sentenziò il ragazzone poco prima di svoltare l'angolo.
"E che è mo 'sta aggiunta?" chiese il biondino perplesso.
"Stamo 'n trasferta e co' li monelli: meglio nun sgrava'".
I tre si ritrovarono in uno spiazzale stretto tra due file di case intonacate alla vecchia maniera, con quei grumi di calce e intonaco che rendevano i muri ispidi al tatto. C'era nell'aria il profumo dei gelsomini, che cominciavano a schiudersi timidamente col sorgere della luna.
Sotto ad un portale di pietra scura c'era un capannello di ragazzi che fumava, parlottando e ridendo allegramente, dando loro le spalle. Sebbene non potesse vederlo in viso, lo avrebbe riconosciuto tra mille, anche senza quel suo berretto rosso: quel modo di stringersi tra le spalle per il fresco, quei pantaloni troppo grandi per lui, quei ciuffi corvini non potevano che essere quelli del suo Dante.
"Come me stanno i capelli?" chiese all'improvviso mentre si sistemava la camicia.
I suoi amici batterono le palpebre un paio di volte, giusto per assicurarsi che non avessero appena avuto un'allucinazione: Virgilio che si preoccupava dei suoi capelli era una novità sorprendentemente divertente.
"E da quanno te 'nteressa? Nun era roba da fissati?" lo prese amorevolmente in giro Orazio.
"Vaffanculo, Ora'", sbottò prima di rivolgersi solo a Mecenate, "Sincero: come me stanno?".
Il biondino scosse il capo divertito, lasciandosi sfuggire un sorrisetto soddisfatto: finalmente era arrivato qualcuno che lo spingeva a non andarsene in giro come uno scappato di casa - cosa che, in fondo, era sul serio. Pettinò velocemente con le dita i riccioli biondi e rifece da capo la riga, stringendo forte le labbra per la concentrazione.
Il ragazzone avrebbe voluto prenderli in giro per quel siparietto da teen drama di basso livello, ma capì da sé che non era il caso e, dopo aver sospirato con gli occhi alzati al cielo, se ne uscì con: "Aggiusta quer colletto der cazzo, che così pare che mi' madre l'ha stirato de merda".
"Sì, ho notato: devi compratte 'na camicia decente, eh Virgi'", disse il suo ragazzo dando gli ultimi ritocchi al suo modello dell'ultimo minuto, "Okay, mo sei perfetto: l'unico problema che se potrebbe presenta' è che l'amore tuo te vede e te salta addosso!".
Virgilio abbozzò un sorriso mentre li ringraziava per l'assist, poi fece un bel respiro profondo.
"Daje, Virgi'", si fece coraggio da solo, "Nun lo fai pe' te: lo fai pe' Dante. Pe' Dante, okay? Ce la potemo fa'. Avemo sopportato nostro padre pe' 'na vita e nessuno può esse' più ficcanaso de Catullo, quinni semo vaccinati. Poi, male male che va, ce stanno quei du' cojoni degli amici nostra, quinni er salvagente ce lo tenemo. Ce la potemo fa. Pe' Dante".
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