Autostima e Bullismo
Pare che anche il valore e la stima che attribuiamo a noi stessi possano in qualche modo avere un suo peso nei fenomeni di bullismo. Ma relativamente alla relazione tra autostima e bullismo, i dati forniti dalla letteratura appaiono in parte contraddittori.
La maggior parte degli studi condotti nel settore si trova concorde nel sostenere che i bambini vittime di bullismo soffrono di scarsa autostima, hanno un’opinione negativa di sé e delle proprie competenze.
Capita infatti molto spesso che i bambini tiranneggiati dai compagni mettano in dubbio il proprio valore, precipitando in stati di ansia e frustrazione.
Essi talvolta diventano anche un obiettivo di attrazione per il bullo, in quanto non sanno come affrontarlo. Tendono a vedere sconfitte temporanee come permanenti e molto frequentemente accade che qualcun altro (psicologicamente più forte) prenda su di loro il sopravvento.
A differenza delle vittime, i bulli appaiono spesso caratterizzati da un’alta autostima. Sembrano molto ottimisti, e riescono quindi a gestire molto più facilmente i conflitti e le pressioni negative, ed è per questo motivo che riescono facilmente a coinvolgere dei seguaci nelle loro azioni di prepotenza.
Una ricerca di Salmivalli del 1999 ha indagato l’autostima a 14 e 15 anni e i risultati hanno evidenziato che i bulli hanno un’autostima più alta della media, combinata a narcisismo e manie di grandezza.
Un ulteriore studio condotto da Caravita e Di Blasio ha evidenziato che i bulli sono solitamente dei soggetti popolari, e ciò ha portato le autrici a ipotizzare che la popolarità potrebbe condurre ad un innalzamento dell’autostima e all’adozione di condotte aggressive, in quanto il soggetto non avrebbe alcun timore di confrontarsi o di essere sanzionato dal gruppo di pari.
Comunque questi dati sono stati più volte smentiti, in quanto il fatto che i bulli percepiscano se stessi come ben visti non vuol dire che essi realmente lo siano. Spesso accade che le persone che hanno un comportamento da bullo si mostrano come superiori e potenti, ma in realtà essi non pensano questo di se stessi. Potrebbe accadere che i bulli usino il comportamento aggressivo solo al fine di spaventare gli altri bambini, e non perché vogliono essere rispettati.
Uno studio condotto su ragazzi di 12 e 13 anni ha messo in luce che in realtà i bulli non sono molto popolari, anche se sono sicuramente più popolari rispetto alle vittime.
Luthar e McMahon (1996) pensano che la popolarità tra i pari sia collegata sia alla prosocialità che al comportamento aggressivo in adolescenza. I bambini aggressivi (bulli inclusi) tendono a sovrastimare le proprie competenze, e i bambini che sovrastimano la loro accettazione sociale sono spesso quelli più nominati dai loro pari come aggressivi.
Dati che supportano l'asserzione
che i bulli hanno una positiva percezione di sé, ritengono che essa è spesso inconsistente. Per esempio Salmivalli (1998) ha trovato nei bulli un’alta autostima per quanto riguarda le relazioni interpersonali e l’attrazione fisica, ed una bassa autostima per quanto riguarda l’ambito scolastico, quello familiare, quello del comportamento e quello delle emozioni. È ciò che si verifica ad esempio quando il bullo è grande e forte ma colleziona continui insuccessi scolastici. Dal medesimo studio è emerso anche che le vittime hanno bassi punteggi in quasi tutti gli aspetti dell’autostima. Vi sono comunque soggetti vittimizzati che hanno dimostrato di possedere una buona stima di sé, soprattutto in ambito familiare.
Un ulteriore studio ha investigato due ipotesi: un’alta autostima porta i bambini a mettere in atto pensieri antisociali (ipotesi dell’attivazione); un’alta autostima porta i bambini a razionalizzare le condotte antisociali nei loro confronti (ipotesi della razionalizzazione). I risultati supportano pienamente la seconda ipotesi, e solo in parte la prima. Ciò appare da un lato positivo, in quanto emerge che quei bambini che presentano un’alta autostima, pur non essendo molto popolari, riescono bene a razionalizzare le condotte antisociali. D’altro canto però, per quei bambini che hanno una tendenza verso l’aggressività, l’avere un’alta autostima potrebbe presentare un problema, in quanto contribuirebbe ad aumentare le loro condotte antisociali.
Ciò comunque non sempre è vero. L’avere un’alta autostima in preadolescenza gioca un ruolo molto limitato nello sviluppo di comportamenti violenti in età adulta.
Una ricerca condotta da Marsh nel 2001 ha messo in luce che i fattori di aggressività scolastica e quelli di vittimizzazione sono associati a tre componenti del sé: autostima generale, relazioni con lo stesso sesso e relazioni con l’altro sesso. Più nel dettaglio, la vittimizzazione correla negativamente con il concetto di sé ed ha effetti negativi sullo sviluppo dell’autostima. Per quanto riguarda l’aggressività, essa correla ugualmente in modo negativo con il concetto di sé, e ha pochi effetti positivi sullo sviluppo dell’autostima. Un basso concetto di sé può quindi condurre a un comportamento aggressivo e alla vittimizzazione, e può successivamente avere conseguenze sullo sviluppo dell’autostima. Tali esiti sono indipendenti dagli effetti di genere.
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