2-JAY
Da quando non lavoravo più in coppia con Erin Lindsay sentivo che una parte di me era scomparsa come se avesse smesso di esistere, ma questa era stata la decisione di Voight e non ci sarebbe stato niente per fargliela cambiare. O almeno così credevo fino a stamattina.
Quando arrivammo sulla scena del crimine a terra vidi due macchie di sangue in una delle quali si trovavano Ramirez e Lindsay, la prima ferita alla giugulare come l'altro poliziotto e la seconda alla spalla; mentre fissavo ipnotizzato la scena del crimine sentii qualcuno gridare che un uomo bianco stava scappando sulla metro. Non ricordo molto di quello che accadde dopo, ma di una cosa sono più che sicuro: iniziai una corsa verso l'entrata della metro nella speranza di arrestarlo facilmente dal momento che ci trovavamo in un quartiere di persone di colore, ma caso aveva voluto che diversi turisti visitassero questo quartiere. Cercai di farmi spazio tra la folla, ma non ci riuscii e la metro partì.
<L'ho perso. Probabilmente è entrato in metro, ma c'è troppa gente...> informai Kevin Atwater e Antonio Dawson, due colleghi del team che mi avevano seguito. Mi diedero una pacca sulla spalla prima di sentire la voce di Voight alla radio ordinare di tornare sul luogo, perché doveva informarci sulle condizioni di salute dei tre poliziotti feriti.
Corremmo anche al ritorno, attraversando in mezzo alla strada e ricevendo parecchi insulti da tutti gli automobilisti che si tranquillizzavano un pochino quando mostravamo loro il distintivo; una volta rischiai pure di essere investito, ma attualmente questo era il minimo dei problemi.
<Mi ha telefonato Erin, Rocky, come la chiamate voi, non ce l'ha fatta. È morta durante il trasporto.> Mi sentii mancare, per un momento le gambe cedettero ma mi ripresi subito. Adesso la priorità era trovare quel bastardo e aiutare Erin a superare il trauma perché io più di chiunque altro sapevo cosa significa perdere un partner.
<Sergente vado in ospedale> affermai e, senza aspettare risposta, mi avviai verso l'auto. Accesi le sirene e con velocità sostenuta saettai tra le macchine facendo il conto alla rovescia dei minuti che mancavano alla struttura.
L'entrata e la sala d'attesa erano gremiti di poliziotti che attendevano notizie sul loro collega; mi feci largo tra la folla e dopo aver trovato April, un'infermiera del Chicago Med, chiesi dove si trovasse la mia partner. Lei mi indicò la stanza tre e a passo svelto mi affacciai alla porta; lì trovai lei distesa su un lettino con il camice che lasciava scoperta la spalla ferita e accanto mio fratello Will, uno dei medici di pronto soccorso.
<Erin... Will come sta?> mormorai entrando nella stanza e chiudendo dietro di me la porta. Mi avvicinai al letto e mi sedetti sulla sedia di fianco.
<Le ho anestetizzato la spalla per togliere il proiettile e prima un tranquillante per calmarla. Ho dovuto chiamare un altro dottore per farla stendere perché voleva andarsene senza essere curata> mi avvisò senza guardarmi dal momento che era molto concentrato nell'estrazione del proiettile.
<È una leoncina...> sussurrai facendolo ridere <è il soprannome che le abbiamo dato... Quando hai finito mi potresti consegnare il proiettile?> annuì e tornai con la schiena appoggiata allo schienale osservando attentamente ogni mossa che eseguiva sulla sua spalla.
Una mezz'ora dopo si svegliò, seppur provata e sfatta non pianse, ma si limitò a un lieve lamento di dolore per la spalla e a un momento di agitazione sapendo ciò che le sarebbe spettato da lì a qualche minuto. Nessuno dei due fiatò, forse dovevamo ancora metabolizzare il tutto, ma quando Will entrò per annunciare una visita, ci ridestammo dai nostri pensieri; provai ad uscire dalla stanza, ma lei me lo impedì afferrandomi la mano. <Che cosa è successo?> domandò preoccupato David, il marito di Rocky.
<C'è stata un'imboscata e Roxana è stata ferita alla giugulare...> prese un profondo respiro <In ambulanza è andata in arresto cardiaco e-e non ce l'ha fatta>
Il silenzio che si era andato a creare fu spezzato da un urlo straziante da parte di David e, probabilmente solo in quel momento, uscii effettivamente dalla trance capendo che da adesso non l'avrei più vista salire le scale con Erin, non le avrei più sentite ridere insieme, ma soprattutto non l'avrei più ascoltata fare battute su quanto amasse vedermi sottomesso alle volontà di Lindsay nonostante non fossimo più partner.
Il marito uscì sorretto da un poliziotto che era posizionato fuori della sua stanza; non ebbi nemmeno il tempo di richiudere la porta che la trovai in piedi intenta a rivestirsi. <Erin che fai?> domandai confuso anche se mi immaginavo già la risposta.
<Non ti sembra chiaro?!> sputò acida <Vado a trovare quel lurido bastardo> si incamminò verso l'uscita ma, grazie anche all'aiuto di Will, riuscimmo a persuaderla e farle passare la notte in ospedale. Sì, le si addiceva proprio il soprannome "leoncina". Sorrisi a quel pensiero.
<Grazie, ti devo una birra> dissi a mio fratello quando ritornammo nella stanza.
<Vi conoscete?> domandò lei sbuffando
<Sì, è mio fratello>
<Ora mi è tutto più chiaro.> sorrise, ma durò talmente poco da farmi capire il dolore e l'impotenza che provava e che io conoscevo molto bene.
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