VII.
"La Madre di Francia aspetta paziente il ritorno dell'eroe,
Di colui che regge il futuro del reame impazzito,
La follia della guerra si prepara a legare i cuori alieni,
La pietà non è più vigile a controllarne le sorti.
I sovrani stranieri come cani si azzannano alla gola,
Ignari dell'era che sta per tramontare,
Inesorabile il dolore che sarà provato dai più,
Dettato dall'assenza di un corpo in cui la lama affondare.
Le catene stanno per sciogliersi,
Provate timore per ciò che da sciocchi avete scatenato
L'ultimo degli empi diverrà allora il primo dei paladini,
E il più fulgido astro del cielo sarà precipitato negli abissi marini.
Segreti inconfessabili riaffiorano taciti,
Sette anni prima dello scoppio delle ostilità,
Il mostro ha vagato fra i vicoli della città,
Accompagnato dal suo fidato alfiere."
Miquèl de Nostradama,
meglio noto con il nome di Nostradamus.
Victor Dubois raddrizzò svelto la schiena, quando scorse il profilo del cardinale emergere dalla nebbia da poco calata sull'accampamento cattolico. «Eminenza, Sua Maestà la regina vi sta aspettando.»
Richelieu si passò il palmo sul viso, cercando di mondarsi dal buio della cella. Alle sue spalle, i moschettieri di Luigi stavano già organizzando i turni di ronda notturna. «Vi ha riferito il motivo del colloquio?»
«No, Eminenza.» Dubois arricciò le labbra a pochi centimetri dal volto del cardinale. «Eminenza, avete... del sangue sulla faccia.»
Richelieu si ripulì inorridito con il bordo della manica. Lo ripugnava il semplice dialogo con gli eretici, figuriamoci trovarsi addosso la loro lordura. «Comandate di portare del pane a Renárd, quando sarò entrato. Non voglio vederlo morire prima dell'ora della nostra giustizia.»
«Sì, Eminenza.»
«E dite alle guardie di non fare del male al ragazzo» borbottò il cardinale. «Ho intenzione di convertirlo alla nostra causa, quando questa guerra sarà terminata. È giovane, e le menzogne di suo padre potrebbero non averlo ancora intaccato in via irrimediabile.»
«Come preferite, Eminenza.» Dubois scostò il drappo che fungeva da porta del padiglione rimescolando intorno a sé la foschia. «Vi auguro un piacevole convito.»
Richelieu non si sprecò ad annuire, e penetrò senza attendere oltre nell'accogliente tepore della sua tenda.
La regina aveva ordinato chela scrivania di mogano venisse sgomberata dalle sue mappe della roccaforte per far posto al banchetto: questa fu la prima cosa che gli saltò agli occhi.
«Cardinale.» Anna d'Austria lo salutò con un cenno del mento, troppo occupata a tagliare la mela per il delfino Louis per potere sollevare lo sguardo. «Vi attendavamo per la cena, ma evidentemente i vostri affari vi hanno trattenuto più del necessario.»
Richelieu si guardò intorno senza osare rispondere. Oltre a Saint-Bonnet, rigorosamente in piedi alla destra della regina, riconobbe soltanto le sagome del delfino e della piccola Veronique, sedute accanto alla madre. Tentò di incrociare lo sguardo della principessa, ma il broncio ostinato della piccola, ancora stizzita per essere stata trascinata a forza nel padiglione, lo fece ben presto desistere. «Perdonatemi, Maestà» mormorò, piegando il collo. «Ora sono a vostra completa disposizione.»
«Accomodatevi pure. Dovrete essere affamato.»
Richelieu obbedì con una lieve nota di malumore, mitigata in gran parte dal languore che lo aveva perseguitato per tutto il pomeriggio: la regina lo stava trattando come se lui fosse il vero ospite del padiglione, e non viceversa. «Posso sapere perché Sua Maestà il re non è qui con noi?»
«Potete» rispose Anna, porgendo la fetta sbucciata al delfino. «Luigi ha voluto trattenersi a ridosso della barriera per ammirare la rocca. Sapete, era da tempo che non ne aveva più l'occasione... suppongo dal giorno dell'assassinio di suo padre.»
Richelieu guardò Louis addentare la polpa del frutto e inghiottirla dopo qualche secondo.
«Cosa preferite, cardinale?» gli chiese la regina, indicando le due brocche ricolme al centro della tavola. «Vino bianco o vino rosso?»
«Nessuno dei due, Maestà. Non sono solito bere, prima dell'assalto ad un castello.»
Anna abbassò il palmo senza smettere di sorridere. Le fiammelle del candelabro gettavano riflessi innaturali sul candore del suo viso. «Come volete» mormorò, prima di voltarsi verso il capitano della Guardia. «Saint-Bonnet, fate portare l'arrosto.»
«Avete ordinato di trasportare qui l'intera dispensa di Fontainebleau, Maestà?» domandò stupefatto Richelieu.
Anna scosse la testa. «Soltanto lo stretto necessario per me, Luigi e i bambini, cardinale.»
Richelieu lanciò un secondo, disperato sguardo in direzione di Veronique, che per tutta risposta lo ignorò continuando a giocherellare con il tovagliolo ricamato. «È stato il re a convincervi a portarli?»
«Ho sentito come l'avete aspramente rimproverato, cardinale» ribatté la regina annuendo compita. «Ma non dovete preoccuparvi per noi. Domani a quest'ora la pace ritornerà a regnare in Francia, non è così?»
«Non è questo il punto, Maestà.» Richelieu avrebbe volentieri continuato la sua replica, se solo lo sguattero non fosse sopraggiunto con il vassoio carico di carne. Il ragazzo gliela servì nel piatto di ceramica e scomparve come un fantasma dietro il drappo bianco, mentre il cardinale agguantava vorace il coltello. Era da più di sei mesi che non gustava quel bendi Dio.
«Stavate dicendo...?»
Richelieu rispose dopo aver divorato il primo boccone. «Stavo dicendo che fin quando non avrò ripreso La Rochelle, voi, vostro marito e i vostri figli sarete in costante pericolo, Maestà. Ed io non avrò né la possibilità né il potere di proteggervi.»
«Per questo esiste la Guardia Reale, cardinale. Per questo il nostro fedele Saint-Bonnet ci sorveglia giorno e notte.»
Richelieu assaporò il gusto sanguigno del vitello sulla punta della lingua, perso nel suo paradiso personale. «Sono comunque convinto che Luigi abbia commesso una terribile imprudenza, nel portarvi qui. Questo è un luogo che a dei principi della Corona non dovrebbe mai essere mostrato.»
«Suvvia, Richelieu... i miei figli ed io abbiamo visto di peggio» bisbigliò Anna. «Ricordate, vero, quando abbiamo scelto di far visita a quel misero orfanotrofio in Rue des Mathurins?»
Richelieu deglutì nervoso, sollevando lentamente lo sguardo dal piatto. Perché rivangare una storia vecchia di anni? «Ricordo anche che siete stata voi a insistere tanto per recarvi in quel tugurio, Maestà...»
La regina increspò le labbra in un sorriso di cordoglio. «Era una pratica alquanto comune, quando ancora mi trovavo in Spagna. Presumo che voi siate stato già da tempo edotto le usanze della mia famiglia, cardinale.»
Richelieu ingoiò di colpo il succulento boccone. Certo che era stato edotto delle tradizioni degli Asburgo... era stato costretto a trascorrervi insieme la maggior parte della sua vita, e ormai ne conosceva a memoria quasi ogni costume. Compreso quello di visitare le topaie del popolo per mostrare al mondo la loro nobile quanto puramente ostentata carità cristiana. «Che cosa volete farmi dire esattamente, Maestà?» Lo infastidiva non comprendere le vere intenzioni del suo interlocutore. «Che gli orfanotrofi di Madrid sono più puliti di quelli di Parigi?»
«Oh, questo è poco ma sicuro, cardinale» rispose la regina. «Non ho mai visto così tanti scarafaggi in vita mia come quella volta...»
A bocca piena, Richelieu le rivolse uno sguardo truce. «Io vi avevo scongiurato di non andare.»
Anna schivò l'occhiata senza colpo ferire, danzando insieme all'insolenza dei suoi ventisette anni. «Me ne rammento, Richelieu.» Allungò la mano verso i capelli dorati della principessa, sfiorandoli con la punta delle dita. «Ricordo anche come avete caparbiamente cercato di proteggere la mia Veronique dalla decadenza della capitale...»
Richelieu scrutò la bimba sottecchi per un breve attimo di silenzio, posando forchetta e coltello sul bordo del piatto. Sarebbe mai riuscito a ricevere il suo perdono, prima della fine della guerra? In mezzo aduna corte che lo aveva sempre guardato con disprezzo a causa della sua assoluta egemonia sul re, era solo l'opinione di Veronique ad importargli più di ogni altra cosa al mondo. «Io l'ho soltanto fatto...» Ed era un dolore insopportabile vedersi rifiutato perfino da lei. «Io l'ho soltanto fatto per preservare la sua innocenza.»
«Di questo non possiamo dubitare, cardinale.» Anna allontanò la mano dai capelli di sua figlia. «Dopotutto, è per un tale scopo che siete stato creato cardinale, dico bene? Per difendere la purezza dell'unica vera fede e degli uomini a lei fedeli.»
«Sì, Maestà, è così.»
«E sono certa che continuerete a farlo anche quando avrete riacquistatola rocca, non è vero?»
«Sempre, Maestà» sospirò Richelieu. «Dio mi ha affidato un incarico al quale non potrei sottrarmi nemmeno se volessi.» Si alzò senza attendere il congedo reale, chinando il capo al cospetto del delfino e della principessa. Ancora gli sfuggiva il senso di quel colloquio improvvisato alle nove di sera, ma adesso non pensava ad altro che a Rohan-Soubise e ai piani di attacco per il giorno seguente. «Ora, vogliate perdonarmi, ma il mio esercito necessita della mia presenza. Domani all'alba ci attende la battaglia, prima che la vittoria.»
«Ben detto, cardinale» rispose Anna d'Austria, schioccando le dita per richiamare l'attenzione del capitano della Guardia. «Saint-Bonnet, vogliate scortare il cardinale nei suoi nuovi alloggi.»
«Nuovi alloggi?» ripeté Richelieu voltando di colpo la testa. «Ma che...»
«Non vi dispiacerà cedermi il vostro padiglione durante questi giorni, vero, cardinale?» rise la regina. «Penso vi siate accorto che io e la mia famiglia non abbiamo attualmente altro posto in cui risiedere.»
Richelieu si passò la lingua sulle labbra alla ricerca delle ultime vestigia della cena appena consumata. Dunque era per questo che l'aveva convocato: per soffiargli l'unico materasso di piume d'oca disponibile nell'intero accampamento e l'accogliente tepore del suo padiglione. «Naturalmente» bofonchiò, aggrottando la fronte. «Permettetemi di raccogliere i miei effetti e...»
«Già fatto, cardinale.» Anna rilassò la schiena sull'imbottitura scarlatta della sedia. «Ho provveduto a trasferire i vostri bagagli nella... oh, come si chiamava?»
«Nella casamatta di Brunél, Maestà» s'intromise Saint-Bonnet, rigido come una colonna di marmo.
A Richelieu parve di essere appena scivolato nel peggiore incubo di sempre. «Voi avete cosa?»
Essere sfrattato dai suoi appartamenti da un'impertinente spagnola coronata, venire ignorato dal re troppo intento ad ammirare un sasso a forma di castello ed apparire più insignificante di un fantasma agli occhi di Veronique: tutto questo il cardinale l'aveva sopportato con la solita, stoica tolleranza che l'aveva sempre contraddistinto negli affari di corte, ma... Dormire nella casamatta, e magari nella stessa stanza di Nestor Renárd? Questo era semplicemente inammissibile!
«Avete forse qualcosa da aggiungere, cardinale?»
«No... Maestà.» Richelieu richiuse le dita intorno all'orlo del drappo, osservando le sue nocche scolorirsi per l'assenza di sangue. «Obbedisco umilmente ai vostri ordini.»
Anna non si presa la briga di ribattere ancora. Guardò il capitano superare la tavola imbandita e affiancare il cardinale, aprendogli la strada verso l'accampamento.
Là fuori, gli archibugi non avevano ancora cessato di urlare.
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