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Capitolo 4

Il Dottore attivò il teletrasporto, senza avvisare e perfettamente nel suo stile. Dopo un lieve formicoli, Stephen si ritrovò nello spazio.

Il Dottore aveva previsto un paio di destinazioni, tra cui pure uno sgabuzzino sontaran, ma era fuori dalle sue più rosee aspettative trovarsi in un enorme stanzone buio e deserto.

Stephen fece appena un passo fuori dalla piattaforma, ma il Dottore lo afferrò per un braccio.

È banale ricordare come i Gallifreyani siano sempre un gradino sopra ai Terrestri, come pure qualunque altra forma di vita nell'universo.

In particolare la razza dei Signori del Tempo sa essere particolarmente ingegnosa in caso di necessità: per esempio un paio di vecchi occhiali 3D, di quelli con una lente blu e l'altra rossa, può trasformarsi all'occorrenza in un paio di occhiali per la visione notturna.

L'astronave, naturalmente, non era deserta.

C'erano svariate macchie di calore oltre le pareti della stanza ed erano talmente tante e una vicino all'altra che neppure il Dottore riuscì a contarle.

Ma nemmemo in quello stanzone si potevano dire al sicuro.

C'era una presenza, una decina di metri oltre la piccola piattaforma del teletrasporto, davanti alla grande vetrata, che era l'unica fonte della scarsa illuminazione in quel luogo.

Mentre Stephen era occupato a osservare con meraviglia l'universo da un punto di vista che mai si sarebbe sognato di poter avere, sentì il Dottore strattonargli il braccio.

Stava ancora osservando la figura davanti a loro, che aveva riconosciuto senza particolari difficoltà e tutto quello che voleva intendere con quel gesto era intimare a Stephen di restare al suo posto.

Il suo piano era molto semplice e per nulla articolato, nonostante i propri precedenti.

Avvicinandosi di soppiatto, con il favore del buio, avrebbe colpito quel sontaran di guardia alle spalle, precisamente nell'unico punto debole dell'armatura, sulla base del collo.

Molto semplice: avrebbe vinto senza rischiare nulla. Sarebbe arrivato presto a comprendere che diavolo stava succedendo ad Oxford.

Ma fece solo pochi passi, raggiungendo a malapena il centro della stanza, e le luci si accesero tutte insieme.

Beccati. Ora sì che le cose si facevano divertenti.

Il sontaran si voltò, con una fessura curva appena sotto i condotti nasali.

Stephen intuì che la patata stesse sorridendo ed era buffo proprio come si era immaginato.

Stava per fare un piccolo commento che avrebbe sicuramente fatto ridere il Dottore quando si accorse che le pareti della stanza erano trasparenti.

Era come delle gabbie, delle celle per nulla profonde, piene di corpi ammassati l'uno sull'altro.

Non disse nulla.

Il Dottore non se ne accorse e notò invece che la corazza del sontaran era rossa, invece del classico azzurro. Un dettaglio stupido ma non per questo trascurabile.

- Oh, Dottore! Pensavi di salire qua indisturbato?

L'altro non rispose, restando impassibile.

- Il Tardis è sempre molto appariscente - continuò il sontaran - Il circuito camaleontico è ancora danneggiato?

Il Signore del Tempo continuò a non rispondere. È probabile che chiunque, al posto del sontaran, sarebbe scoppiato a ridere.

Il Dottore indossava ancora gli occhiali 3D, ma era tremendamente serio, per non dire accigliato.

Comico abbastanza, no? Non per un sontaran, a quanto pare.

- Avete rapito degli umani

- Sì. Perché hai sempre tutto questo interesse per il pianeta Terra? - sbuffò - Perché non lo si può conquistare in pace senza imbattersi in te?

Il Dottore fece uno scatto in avanti, bruciando la distanza con l'alieno, poi sentì la voce di Stephen; cominciò a vergognarsi, si era dimenticato di lui.

- Dottore, so dove sono gli umani

- Oh, davvero? Grandioso! - esclamò, voltandosi.

Stephen gli indicò le pareti. Quelle macchie di calore non erano sontaran a zonzo per la nave, come aveva pensato inizialmente, ma una vista molto più macabra.

Dovevano essere due dozzine di individui diversi per età e sesso, ma simili nello stato in cui si trovavano.

Erano tutti quanti storpi, raggomitolati su se stessi come un foglio di carta, e impossibilitati a muoversi. Aveva la pelle scura e morta, sembrava del tutto bruciata.

Sembravano paralitici e, in una sola e più comune parola, disabili.

Nonostante questo erano tutti vigili e svegli: lo si capiva dai loro occhi, che fissavano il Dottore e Stephen con disperazione.

Aprivano e chiudevano le bocche senza dire nulla.

I sontaran non solo conquistano i pianeti e devastano le galassia con la guerra, ma si divertono anche a vedere altre anime soffrire a causa loro.

- Cosa avete fatto? Dove sono tutti i tuoi simili?

L'alieno rise e fu una risata profonda. Ora non sembrava più così buffo. Stephen si chiese dove sarebbe senza il Dottore: lì, insieme a quella gente deforme o al sicuro all'università?

- Perché non sei all'altro capo della galassia?

- Ti stai chiedendo perché trovo sempre qualche pazzo conquistatore come te tra i piedi? - il Dottore sbuffò sonoramente, continuando a dare le spalle a Stephen.

Era arrabbiato, furioso perché sapeva chiaramente cosa stava succedendo.

Ma Stephen neanche se ne accorse, non poteva vederlo. Il tono del Dottore era calmo e pacato.

- Probabilmente sono stato maledetto tanto, tanto tempo fa - continua - ora rispondi alla mia domanda!

- Conquisteremo il pianeta! So che può sembrare...

- Conquisterete? - il Dottore si guardò intorno, senza fermare un secondo lo sguardo sugli umani - Tu e quale esercito? Perché qui vedo solo te e queste povere persone!

Il sontaran rise ancora e Stephen desiderò di correre lontano, ma non riconosceva nulla di simile a una porta.

- Non ho bisogno di un esercito qui. Il loro pianeta pullula di cloni umani con mente sontaran.

- Vostro - precisò il Dottore.

- Cosa?

- Hai detto il loro pianeta, avresti dovuto dire vostro. È anche il mio pianeta.

- Oh, piccolo Signore del Tempo esiliato! - il sontaran rise ancora.

Il Dottore fece un profondo respiro, pur di mantenere la calma.

- Ora curerai quegli umani, per il Protocollo Ombra e...

- Me lo mangio a colazione il tuo Protocollo Ombra!

- Gli umani si mangiano a colazione patate come voi! - urlò in Dottore, poi si voltò verso Stephen - Vero?

Il ragazzo annuì appena, spaventato: - Più a pranzo

- È lo stesso! - sbottò, poi tornò al sontaran - E poi, andiamo! Conquistare la Terra? Quanta originalità!

- Parli bene tu! - rispose il Dalek - Guardati! Banale! Ti sei buttato qui, senza un piano, portandoti dietro la tua solita scimmia!

- Scimmia? - sbottò Stephen. In fondo aveva dovuto pensarci fin da subito. Il Dottore era un alieno, un viaggiatore del tempo: lui a confronto doveva sembrargli un insetto o, appunto, una stupida scimmia.

Il Dottore non rispose a Stephen: - Chi ha detto che non ho un piano?

- Sei qui, disarmato, con una scimmia. È chiaro che la situazione ti sfugga!

- Invece mi è ben chiara! Sei un rinnegato, un emarginato!

- Devo averlo già detto - lo interruppe il sontaran - Ma... Senti chi parla!

- Dicevo! Tu, un emarginato, stai tentando di riacquisire il valore tra i tuoi della tua razzia, conquistando un pianeta di classe 5 tutto solo. Sostituire gli umani per conquistarli con fantocci! Geniale, devo ammetterlo! Dopo tutto gli umani sono soliti dare molta fiducia ai propri simili, sopratutto se esteriormente hanno un aspetto perfetto, impeccabile! Ah! Brillante! Come dirigi le tue nuove truppe? Controllo mentale? Hanno un contatto diretto con te? No, non dirmelo! Coscienza sontaran indotta! Ovvio, è dormiente, immagino!

Il sontaran, che aveva smesso di ascoltarlo alle prime tre o quattro parole, aveva impugnato una grossa balestra e aspettava che il Dottore se ne accorgesse.

- Ma gli umani? Questi umani! Come gli hai... - e finalmente se ne accorse - Certo! - estrasse il cacciavite dal cappotto - Ricorda, sontaran, io non sono mai disarmato!

Lo puntò contro l'arma dell'alieno, aspettandosi che friggesse o si autodistruggesse in un esplosione scoppietante

Non accadde nulla di questo.

Il sontaran scoppiò a ridere: - Una balestra di legno! Ecco come si sconfigge l'ultimo Signore del Tempo!

Quello caricò l'arma.

- Perirai come un insetto, sotto lo stivale dell'orgoglio sontaran!

Stephen, che si era perso ben prima della spiegazione del Dottore, capì che l'alieno doveva aver trasformato quegli umani con la sua balestra, una semplice balestra di legno come nel medioevo.

Il Dottore sembrava non poterci fare nulla: quell'alieno l'avrebbe trasformato in un altro abominio.

Il sontaran rise ancora: - Buona fine, Dottore! - e fece scattare la sua arma.

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