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CAPITOLO 5-Alti e bassi

(Yeela)

-Quizzettaro, svegliati – gli grido mentre è steso a terra russando come un trombone. A quest'ora della mattina? Certo che deve avere proprio dei tardi ritmi.

Si desta borbottando parole confuse, come: -Ma che cosa...?

-Svegliati, Quassus. Ci siamo menati e fatti scherzi tutta ieri sera, ma ora il momento ludico è finito ed è arrivata l'ora di affrontare la Datospiana... il luogo che affronterai forse per il resto della tua vita.

Sembra ricordarsi improvvisamente di tutto l'ultimo "colloquio".

-Scusa, ero ancora assopito...

Gli rispondo frustrata: -Oh, non me n'ero accorta, eri in piedi agile e scattante fino a due secondi fa – e lui sembra incassare dignitosamente l'insulto. –Su, cambiati e vai a lavarti.

Ha la faccia di uno che ha perso l'orientamento in un bosco. –Vestirmi? Cambiarmi? Con cosa, e dove?

È vero, non ha mai passato prima d'ora una notte nella Datospiana. –Ti darò io dei vestiti, magari in caso di insuccesso possiamo tornare indietro a recuperare qualcuno dei tuoi – rispondo – e puoi benissimo lavarti con le damigiane d'acqua sul prato od in cantina, direttamente. Ovviamente avvertimi quando hai fatto.

Lui annuisce sgattaiolando verso la porta.

Io ne approfitto per fare colazione, e scelgo un mandarino.

Questa dieta a base di frutta ed olio è leggermente monotona, ma mi ci sono ben adattata: sembra nutrire sufficientemente. Non che per questo non mi facciano gola quei dolci o piatti di carne o pesce che trovo occasionalmente nei vari livelli, soprattutto terzo e quinto. Sono diventati un po' i miei livelli preferiti, nonostante non ci sia affatto paragone tra quelli ed il primo. Sono tutti d'altre paste.

Dopo venti minuti bussa alla porta annunciando: -Ho dimenticato di prendere i vestiti!

Imbecille. Se scorda queste bazzecole, figuriamoci quanto sperimenterà certi livelli della Datospiana. –Se è un trucco per entrare e rimorchiarmi non funzionerà, Quassus – lo ammonisco gridando, e vado a prendergli un completo da passargli attraverso uno spiraglio della porta.

-Mi stai dando del pervertito? – ribatte con un tono piatto.

-Esatto – concludo con un sorriso che lui non può vedere.

Sembra incassare di nuovo il colpo, al che io continuo a sorridere.

Speriamo si sbrighi, e che magari si dia di buona lena nei prossimi giorni. Non ho intenzione di perdere un'ora di esplorazione per colpa di un lumacone preso dalla strada. O, per meglio dire, da un giardino.

Fortunatamente dopo neanche un minuto mi avverte: -Ho fatto!

Meno male. Esco, e mi allieta vedere che non mi ha ingannato. Però devo dire che gli stanno piuttosto bene i miei abiti. Be', se proprio morirà, morirà un pochino più bello. Perché francamente al naturale non è proprio uno splendore.

Io così gli intimo: -Ecco, bravo. Ora però rientra, e non provare ad uscire.

-Grazie per la tua immensa fiducia, eh.

-Prego – dico facendo spallucce.

Lui vorrebbe folgorarmi con lo sguardo, ma non sa che anni passati in questo luogo mi hanno resa inattaccabile come una roccia. Se non mi hanno folgorato quei cosacci del settimo livello... mi folgorerebbe mai Quassus?

Rido malevola al pensiero. Questi anni mi avranno sì irrobustita, ma anche irrigidita. Ed incattivita.

Stavolta ci metto meno del solito a versarmi una damigiana in testa, asciugarmi al sole e vestirmi. Avrò fretta di fare qualcosa? Non mi rispondo.

Così irrompo nella baita, pronta.

-Ed ora? – mi chiede lui.

-Ed ora faremo come facevo ogni giorno prima che tu arrivassi: prepareremo al volo l'equipaggiamento. Ora che ci penso potremmo pure passare da casa tua a prendere il tuo tablet ed altre cose. Ho visto che il cubicolo 2201 non è molto lontano da qui, anzi, hai pure avuto fortuna. Infatti è vicino all'accesso al secondo livello. Penso che ci potremmo arrivare in dieci minuti.

Lui però sembra già spaventato all'idea di riaffrontare la Datospiana.

-È proprio necessario? E perché?

-Perché, Quizzettaro? – gli rispondo ironica. –Perché io non ho un secondo zaino da darti, non intendo cederti il mio, e parimenti non ho intenzione di mollarti di nuovo i miei vestiti. E dover portare per te più acqua e più frutta, per di più da condividere. Ma soprattutto perché c'è una possibilità che non torneremo qui per vari giorni. È sufficiente?

So bene che mi sta odiando, ma in fondo ho ragione. Non ha alcun pretesto per controbattere. Deve, per l'ennesima volta questa mattina, incassare. Certo che questa pseudo-alleanza-amicizia va a gonfie vele.

Come al solito, metto nello zaino quattro ciotole di frutta rivestite e tre maglie (possiamo fare a meno di cambiare i pantaloni, è tanto per non puzzare). Poi afferro tre bottiglie e scendo in cantina a riempirle da una damigiana. Quando risalgo, Quassus mi viene incontro borbottando: -Hai fatto?

-Sì, ora passiamo da te a fare lo stesso. Seguimi.

Indosso lo zaino e comincio a correre verso l'uscita, con lui che mi segue a ruota. Riemergiamo nella Datospiana, che come al solito continua a cambiare colore. Non sembra che qualche creatura abbia tentato un agguato (come invece, ahimè, successe a me tre anni fa).

Lo sprono, e lui non obietta. Se riesce a continuare così per tutta la traversata, penso che forse verrà obliata tutta la conversazione mattutina con annessi e connessi. Forse.

Questo è il nostro giorno fortunato: non incontriamo ostacoli. Io continuo a guardare il tablet e Quassus non sembra avvertirmi di nessun pericolo imminente. Sarà anche nella Datospiana da un giorno, ma non serve essere geni per distinguere i pericoli, a meno che tu non sia un pazzoide masochista che ama farsi spaccare le scapole a suon di craniate digitali. Siamo a pochi metri dal suo avamposto quando vedo arrivare un'Agotorre. Guardo ai miei piedi. Siamo sulla linea di un circuito, e nello spazio tra me ed il colosso non vedo terminali che facciano presupporre di potersene fregare. Ma le Agotorri non mi han mai fatto del male... al contrario di quel mammut. Quasi lo compatisco.

Dico tranquilla: -Esci dalla linea del circuito.

E mi sposto verso destra, camminando però: non continuerò a correre, visto che ho corso fino ad ora e risparmiare un po' di forze non mi farà certo male. Tanto raggiungeremo il giardino di Quassus in poche decine di passi.

Mi volto a guardarlo. Ha una faccia interrogativa, guarda a terra come ho fatto io. Sta ancora correndo, seppur lentamente. -Ma cosa...? – borbotta.

Dopo pochi secondi l'Agotorre arriva implacabile. Lui lancia un grido mentre si lancia fuori dalla sua traiettoria. Finisce disteso a terra, ma all'indietro, come se pensasse che lo stia inseguendo. In quei pochi istanti ho un infarto istintivo, che per fortuna svanisce subito.

E l'Agotorre lo schiva, continuando dritta per il suo percorso, mentre io mi capacito di quanto sia stupido.

Per un secondo non succede nulla. Poi scoppio dalla furia. –Ma che ti è saltato in mente?!

-Non so... quella... cosa... mi stava inseguendo, e quindi mi sono gettato via per sfuggirle... poi tu hai cominciato a camminare e non ho capito più nulla...

-Si chiama Agotorre – lo correggo, per poi continuare urlando: -Ad ogni modo, sei sordo, per caso? Ti ho detto chiaro e tondo "togliti dalla linea del circuito", e tu pur avendo quell'Agotorre davanti sei rimasto impalato come un babbeo, per di più continuando a correre nonostante io mi fossi spostata e messa a camminare! Ma non ti fai due domande? Devi fare il Quizzettaro solo con me?

Lui sembra scosso ed incapace di rispondere. –Be'... non capivo di che circuito parlassi... e non pensavo che quella Agotorcosa stesse andando verso di noi... poi ti sei spostata ed hai smesso di correre, così non sapevo più cosa fare...

Di fronte a tutta questa massa di frottole e scuse prive di fondamenta non riesco a trattenermi dal tirargli uno schiaffo fortissimo. Gli arrossa immediatamente la guancia, facendolo gemere. Quella piccola speranza che covavo questa mattina è svanita. Grido di nuovo: -Ma mi spieghi cos'hai in quella tua testa, vetri rotti? Secondo te cos'è, visto che hai persino guardato a terra vedendo per certo quella linea che è il circuito? Se dico "esci", sarà qualcosa su cui stai, no? Sei arrivato qui, a quest'età, grande e grosso, ed ancora non hai idea di come sia fatto un circuito informatico? E poi, ti serviva un binocolo per vedere che quell'Agotorre stava andando dritta verso di te? Cosa pensavi, che per non colpire il tuo povero cranio si sarebbe fermata dicendo "passi, milord"? E soprattutto, se mi vedi fare qualcosa, visto che sono io la veterana, non ti viene in mente che forse sarebbe meglio seguirmi? Ma proprio forse? E fare una domanda con quella tua boccuccia delicatissima ti costava un patrimonio? – Be', mi sono sfogata a sufficienza. Possiamo continuare. –Senti, fai silenzio e continuiamo. Tanto casa tua è qui.

Lui si zittisce con aria umiliata e continuiamo a camminare per pochi metri. Nel mentre io ribollo ancora all'idea di aver trovato un alleato che resta fisso (come un fesso) di fronte a qualcosa che gli va incontro di faccia.

Alla fine, lui, per qualche motivo, decide di attaccar bottone. -Ma tu perché ti saresti offerta volontaria per tutta questa roba?

Bella domanda. Ma posso rispondere: in fondo, ho recuperato il ricordo. E come risposta è ovvia. -Mi pare ovvio. - Infatti. -Neanch'io sopportavo più quella dittatura, sicuramente. Penso tu sia stato mosso dallo stesso motivo. In fondo, perché altro dovresti sacrificarti?

Lui risponde: -Devo entrare in questo posto di merda per spodestare una cazzo di dittatura? Ma che mafia è mai questa?

-La mafia non esiste più da anni, Quassus.

-Ma tipo chi se ne frega. A questo punto meglio servire dei botoli prostituiti a transistor che essere travolti da tapiri che lanciano continuamente urletti da bambina spaventata dai lupi mannari.

Dico. Se i rubinetti emettessero minchiate faticherebbero a tenergli testa.

Ma gli rispondo civilmente: -Quassus, la voglia di essere liberi è connaturata con noi esseri umani, se ci pensi.

-Boh, fatto sta che con me è connaturata la voglia di dormire.

Non faticherebbero a tenergli testa. Lui li batterebbe tutti, pure col getto al massimo. Ma riusciremo mai a fare un discorso serio?

-Comunque - continua, - non penso di ricordarlo, forse hai ragione. Ricordo solo... una cosa vaga... ho avuto una discussione con mia madre al riguardo. Ma proprio nient'altro.

Si capisce. Deve ancora recuperare i ricordi, quindi

-Ehi, il mio cubicolo! - interrompe i miei pensieri. Strabuzzando gli occhi in avanti, distinguo chiaro e tondo il cartello con la scritta "SOGGETTO 2201".

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