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CAPITOLO 14-Calamaro repellente

(Quassus)

Mostro a Yeela il dado, sorridendo. –Era ora che ti comportassi con più accortezza – mi risponde. –Sai, non vorrei saltare nuovamente in aria. Penso mi farei leggermente male.

-Neanch'io, a dire il vero.

Sono sulla Rubratorre, e dopo graffi e varie torture fisiche estremamente piacevoli sono finalmente all'ultima pedana, che si dimostra essere quella della bomba. Ah, infingardi: approfittare della speranza che non ce ne siano. Non si fa così, non ve l'ha insegnato la mamma?

Voglio un cartellone con scritto "sarcasmo" adesso.

Sì, ma ora niente riflessioni e sbrighiamoci, perché Yeela mi sta aspettando davanti al terminale, e questa cella termica fredda non è esattamente il massimo del comfort, fa venire delle lievi polmoniti (ovviamente senza contare il colpo che si ha uscendo nel tepore del secondo livello complessivo).

Lancio subito il dado, che dissolve la pedana nera lasciandone una vuota, che attraverso raggiungendo la piazzetta.

Non so bene perché, ma Yeela viene ad abbracciarmi. –Ottimo lavoro, Quassus – mi riconosce.

La giornata di ieri, in cui oltre ad aver giocato a Ruzzle abbiamo finito per parlare di cavolate per tutta la sera, bere vino e, durante il pomeriggio, rincorrerci a vicenda per darci scappellotti dopo l'ennesima lite, ma il tutto ridendo, le ha fatto bene: le ha restituito un pochino di quel calore umano che forse non riceve da anni. A quanto pare quella che si proponeva come una semplice alleanza da soci d'affari si sta rivelando sempre più come un'amicizia, l'unica che potremo avere in questo inferno.

-Perché questo affetto? – le chiedo.

-Mi è venuta voglia di farlo. È da tanto che non regalo abbracci.

Eh sì, sente proprio la mancanza del mondo reale dopo tutto questo tempo, e mi inquieta ricordare che anche grazie a me ha avuto questi rimpianti. Ma in fondo così ha di nuovo assaporato il gusto del riposo: in fondo non è quello che anche lei desidera?

Ma ricambio brevemente, per poi slacciarmi. Non leggo delusione nei suoi occhi.

-Forza – la incito.

Ci riprendiamo per mano e ci tuffiamo sul terminale del terzo livello, che ci conduce ad una distesa circolare di cubi di granito (come sento al tocco), su cui ci sfracelliamo, circondata da una parete dello stesso materiale su cui sembra esserci dell'erba in cima. Il tutto sotto il cielo notturno, ma nonostante questo c'è un'insolita luce. E noi siamo al centro del cerchio. È piuttosto spoglia. Così com'è.

-I tapiri non tarderanno. Di solito invadono l'intera pianura dopo un minuto, ed aumentano continuamente – mi dice tirandomi per il braccio afferrato verso un parete. –La cosa peggiore è il modo in cui ti vengono addosso.

-Sarebbe?

-Vedrai – risponde continuandomi a trainare come un carro.

Arrivati ad una parete, mi ammonisce: -Resta esattamente immobile finché non vedrai solo cubi neri.

Li osservo per un attimo: sono grigi e lucidi, lisci e squadrati, ma guardando bene piuttosto irregolari: non sembrano fatti per essere usati come appigli da arrampicata. Il che vuol dire che non possiamo scalare.

Ma ogni mio pensiero scompare vedendo che tutti i cubi esplodono senza emettere nulla, ma con un semplice e fragorosissimo botto, con cui tutti diventano bianchi. No, non sono più cubi. Sono tapiri digitali. Molto simili a quelli del primo livello.

-Non muoverti – mi ricorda Yeela.

Quei cosi si scatenano immediatamente: partono alla carica verso il centro, dietro di me. Ma io li lascio correre, costringendomi a sopportare di ascoltarli mentre fanno versacci e si riversano come un fiume sopra la mia testa, che io non intendo guardare, ma percepisco tutto con le orecchie. Mi zampettano sopra come fossi un tappeto. Vorrei dir loro "Grazie, eh. Le buone maniere proprio no."

Che umiliazione.

Ma aspetto comunque finché tutta la facciata davanti a me non si è ricomposta di cubi neri, ma io me ne accorgo con un secondo di ritardo per i loro starnazzi, durante il quale Yeela mi ha già sussurrato: -Andiamo.

Guardandomi per un attimo dietro, vedo che i tapiri da colonne alte si riversano sempre più su un piano minacciando di travolgerci. Per fortuna non sono ancora moltissimi qui, e non avevano delle zampe grosse.

La scena è quasi comica. Vedo come pile di tapiri vaganti che crollano man mano gettando a terra esseri starnazzanti che cominciano subito a correre in giro starnazzando ancora più forte rompendo, sia in senso letterale che figurato, le ed alle altre pile.

Cominciamo ad arrampicarci: non mi sembra troppo difficile, nonostante a quanto ricordi non abbia mai fatto arrampicata. Infatti bruciamo una buona distanza in poco tempo.

Siamo sempre più o meno alla stessa altezza e sembriamo trovarci entrambi comodi, per cui le chiedo: -Ma non hai detto che avrebbero potuto travolgerti?

-Ovvio che possono. Se resti impalato là non riesci più a muoverti, ma quelli si moltiplicano velocemente e prima o poi ti soffocano.

Infatti, guardando in basso (brividi) noto che lo strato di tapiri digitali ha già raggiunto un livello esponenziale: forse sette cubi dal basso. Ma noi ne avremo scalati quaranta, e ce ne mancano sessanta circa. Numero tondo!

Li percorriamo in silenzio, ma ancora più rapidamente (perché... a Yeela va), e, tra gocce di sudore e respiri ansimanti, soprattutto miei, raggiungiamo l'ultimo cubo e ci sdraiamo sul prato sovrastante, esausti.

Io, preso dalla curiosità, guardo dietro di me. I tapiri starnazzano ancora e... si riproducono? No, infatti osservando meglio vedo che ogni volta che un tapiro cozza contro un altro ne scaturisce un altro fuori dal nulla. Nonostante ciò la piana dev'essere davvero grande perché si riempie lentamente. Ad ogni modo, gira e rigira, sempre più tapiri che si clonano sempre di più, ma quando sembrano raggiungere il limite del nostro cubo (assordandomi coi loro starnazzi continui), sembrano cadere tutti di colpo verso il vuoto, e poi vengono come assorbiti dal granito. Sotto c'è di nuovo il terminale rosso di uscita dal secondo livello.

Una nuova massa di cubi sembra staccarsi dal terreno apparendo dal nulla e procedere per colmare il vuoto di un passo. Nuovi futuri tapiri.

-Che forza – dico a Yeela, che si sta rimettendo in piedi, al che io faccio lo stesso.

-Vero? – riconosce.

Poi si avvia verso la seconda parte del livello, ed io le tengo dietro.

Il prato diventa sempre più scosceso. Lo guardo più da vicino: non ha un aspetto rigido e squadrato come gli oggetti dello scorso livello. Infatti, così ad una prima occhiata, sembrano quasi reali. Solo aguzzando la vista riesco a scorgere delle striscette di numeri intessuti che compongono gli steli. Tra un pochino la grafica sarà perfetta come quella del giardino con le baite. O come le nostre immagini.

Il tutto arriva fino ad una piana rotonda.

È stupenda: la prima cosa che mi colpisce è che questa... spiaggia, un anello di sabbia contornato dal verde con al centro una specie di lago scuro, è popolata da strani granchi giganteschi, ma che a prima analisi sembrano innocui. Ma non sono digitali come i tapiri. Non che sembrino reali, ma... hanno sicuramente un aspetto più accurato, di gran lunga migliore di quello del mammuttone di pixel bastardo.

-Ecco il lago – dice. –Ricorda davvero Mario Galaxy, eh? – Non ci ho mai giocato, ma per quanto so penso proprio di sì. Devo dire che non ho mai giocato a giochi tanto vecchi, anche se li conosco bene, ovviamente con una sola eccezione... Ruzzle.

-Se vuoi puoi tirare la corazza a qualche crostaceo. – Bel modo per adattare "tirare il collo".

-Non gameovererò?

Lei scoppia a ridere così fragorosamente da impaurirmi. –Da dove cavolo ti è uscito "gameoverare", adesso?

"Ha parlato quella che dà nomi normalissimi alle cose incontrate," vorrei dire, ma ribatto con sufficienza: -Così, mi andava di dirlo in modo sintetico.

-Se proprio vuoi. – Sorride. –Io comunque ho una certa famina. Non mangio carne da parecchio tempo, praticamente da uno o due giorni prima che tu arrivassi.

-Sai quanto, quattro giorni di sola frutta...

-Ne riparleremo quando anche tu ti sarai adattato a questa dieta e sbaverai vedendo dolcetti nei livelli successivi.

In effetti, da quanto non mangio cioccolato? Non ricordo l'ultima volta, anche se almeno per me non sono certo passati anni, ma sentendoli nominare ne sento già la mancanza. Ed è vero, ho mangiato solo frutta. E scolato vino.

-Se vuoi ne ucciderò uno io. Giusto per farti assaggiare.

Non ho mai amato molto la carne crostacea, ma annuisco.

Lei allora corre diretta verso la spiaggia, al che io la seguo, finché non raccoglie dalla terra una pietra dura, dall'aspetto solido, con cui si avventa contro un granchio. Gli mena due fendenti, stendendolo quasi subito. Mi sembra una cavernicola.

Spalanco gli occhi per lo stupore. –Debolucci, eh? Ah, è il cibo più facile della Datospiana diverso dalla frutta che troverai.

Rincuorante. Speravo di afferrare quei fantomatici dolcetti, ma non intendo fare uno sforzo in più in questo inferno finché non sarò al suo livello di perizia.

Dopo un taglio alla corazza la asporta, e comincia a tagliare delicatamente la carne interna, che nonostante l'aspetto poco familiare pare abbastanza gustosa. Spero che Yeela non faccia tutto questo per fame, anche perché siamo pieni di frutta (spero solo non marcisca).

Mi porge un pezzo. –Tieni.

Ha una consistenza piuttosto molle, ma è buono. Sembra pangrattato pepato.

"Ma se non l'hai mai mangiato!" dice la mia mente.

"E stai zitta," ribatto. E lei obbedisce.

Guardo meglio la carne. Il malloppo bianco sembra reale, come il prato, ed anche qui intravedo però miscroscopici zeri intessuti. Insomma, la grafica è migliorata, e parecchio. Nei livelli successivi devo aspettermi la realtà aumentata?

-Ed ora cosa dovremmo fare? - chiedo.

-Niente, se vuoi puoi goderti per un po' il panorama in loro compagnia, oppure tuffarti nel lago e cercare di raggiungere il fondo. Se scegli la seconda opzione non ti consiglio di spogliarti, fa piuttosto freddo nel tunnel.

Si è proprio fissata con questa mia ipotetica perversione. Le scocco un'occhiataccia, ma nulla di più.

Torniamo alla decisione.

Devo dire che questo paesaggio futuristico è... bello. Affascinante, astronomico. Letteralmente.

Ma in effetti ieri, e così Yeela, ho riposato troppo.

-Lago – scelgo con tono deciso.

E lei mi fa con una vocina suadente: -Bravo. – E mi pizzica una guancia oltrepassandomi come stesse accarezzando un gattino, per guidarmi verso la battigia. Toccatala annuncia: -Bene. Ci conviene andare insieme, se vuoi posso darti una mano. Dobbiamo toccare il terminale che sta in fondo, che si aprirà dandoci un accesso. Fai attenzione però: anche se potrai vedere bene sott'acqua, il lago è infestato da calamari. Più o meno innocui.

-Sai sempre rincuorare la gente, Yeela.

Io mi avvicino coi piedi facendo per scendere lentamente ma cado, scoprendo che il lago è in realtà un enorme cilindro che interrompe il terreno scosceso.

Yeela non mi ha risposto, s'è limitata a tuffarsi.

Ed improvvisamente mi accorgo di avere paura dall'apnea.

Yeela, non vedendomi immergermi, risale in superficie: -Be'? Sei stato incantato da una sirena?

I suoi capelli madidi che le ricadono in parte sulla testa le danno un'aria da stracciona, smontando quell'aria da dura perita d'acciaio che mostra normalmente.

I suoi occhi restano iniettati di rabbia, ma in questo caso mi sforzo di lasciar correre ammettendo tranquillo: -Ho sempre temuto l'apnea.

Di sicuro la sua testa sarà occupata dalla parola "bimbominchia". Ma sembra sforzarsi di capirmi e si offre: -Va be', se è così, prendimi per un braccio. Ti guiderò io.

Non ha capito esattamente che non temo di smarrirmi, quanto esattamente di andare sott'acqua. Ma è già un'offerta gentile che non oso declinare. Così –D'accordo. – accetto.

Lei senza tante cerimonie mi dice: -Su, hai tre secondi per prendere aria. – Io respiro a pieni polmoni bloccando la fuoriuscita, e poi lei mi afferra rapidamente un braccio trascinandomi sotto. Ma non sento subito la mancanza dell'aria come mi sarei aspettato.

Quest'acqua è strana: come diceva appunto Yeela, ci si vede bene attraverso, persino la parete del cilindro, formata sempre da cubi neri. Stranamente, ci sono varie tracce di sabbia, che mi ricordano che varie altre persone sono passate per di qui, di sicuro a parte Yeela.

Ah, che sciocco... ci sono 2201 "soggetti", in fondo noi siamo solo due di loro.

Non possiamo parlare perché affogheremmo, ma Yeela sempre stringendo il mio braccio, continuando a nuotare mentre io faccio del mio meglio per continuare a scalciare per spingermi in giù, mi guarda, quasi a domandarmi se io stia bene. Ed io, per risponderle, la ricambio sorridendo, il che la contagia. Poi rivolta la testa verso il basso continuando a nuotare.

Stranamente, sono passati venti secondi ed ancora non sento l'aria mancare. Ma quanta ne ho presa?

Cominciano ad apparire dei calamari piccoli, ed io mi metto all'erta. Probabilmente cresceranno col tempo.

Invece andando avanti restano sempre della stessa misura, finché in fondo non vediamo il terminale bianco. Mi aspettavo una minaccia, e così Yeela, come intuisco dalla sua aria interrogativa, con cui starò nuotando da circa un minuto.

Veniamo improvvisamente scossi da un suono acuto: non ne individuo subito la fonte, ma mi volto istintivamente lasciando la mano di Yeela e rischio di perdere per il colpo tutta l'aria inghiottita, che per fortuna fermo mentre sta risalendo la mia trachea.

E poi vedo che un calamaro gigante è comparso davanti al terminale. È un calamaro diverso da tutti gli altri, candidi e molli come uova: questo è più rovinato, vecchio, grigio, e brutto. Soprattutto brutto.

Non avrei assolutamente idea di parole adatte a descriverlo. Fatto sta che io intuisco subito di dover uscire al più presto. Guardando Yeela, che sembra essere dello stesso avviso, la vedo farmi cenno di continuare scuotendo la testa verso il terminale come un pinguino, ed io non esito un istante ad obbedirle. Schizziamo verso il terminale muovendo le gambe come code, mentre il calamarone sembra non averci neppure visto. Strano.

Ci avviciniamo sempre di più, quando immediatamente mi ritrovo accecato.

Una strana patina nerastra appiccicosa mi ha coperto la faccia, sicuramente lanciata da quel marrano. Ed ora?

Per fortuna ricordo dove si trovi il terminale linearmente, per cui continuo a nuotare in quella direzione. Mi accorgo soltanto ora che nonostante stia tenendo il naso tappato quel coso emette un tanfo tremendo, di cui probabilmente mi libererò soltanto andando avanti. Ed il pensiero mi fa nuotare ancora più veloce.

Per fortuna impatto contro Yeela nuotando, cui stringo nuovamente la mano fino a toccare il fondo con la testa. Ovviamente nel mio gergo "toccare" significa "sbattere contro che manco un mignolino su uno spigolo".

Cerco a tastoni, ma immediatamente l'acqua sembra scomparire risucchiandomi in uno spazio vuoto, ed atterro assieme ad un piccolo fiumiciattolo su un terreno marmoreo duro.

La pasta orribile sembra essersi solidificata, ma senza appiccicarsi: infatti prendendola con le mani riesco a toglierla tranquillamente e buttarla all'indietro. E solo ora mi accorgo di tenere ancora la mano di Yeela, cui do ancora un'occhiata.

-E dove saremmo ora? – dico spezzando il silenzio.

-Nel percorso. Dobbiamo solo superare quel portone. – Ed indica davanti a me un cerchio verticale blindato paurosamente simile al coperchio di una cassaforte.

-Non c'è un codice segreto?

Non ride. Semplicemente mi guarda sufficiente e si avvicina ai bracci del timone spalancatore. Mi fa un segnale con l'occhio che io intercetto come: "Pronto?"

Annuisco.

E lei spinge con forza la ruota che comincia ad avvitarsi quasi come un chiodo.

Ed in effetti poi fa per cadere, ma per fortuna viene fermata da qualcosa che le impedisce di finire dritta dritta sul piede di Yeela. Uno spettacolo che non mi sarebbe per niente piaciuto.

E fatto questo spalanca senza indugiare il discone metallico, mostrandomi il mondo posteriore.

Ma quale mondo? C'è soltanto una stanza cubica e sul pavimento un tunnel, che va ancora più verso il basso. –Non la sottovalutare istintivamente al livello "passeggiata" – mi ammonisce. –È veramente tosto, per essere il terzo livello. Quindi io manterrei la guardia – ed essendo lei la veterana non posso certo ignorarla.

Non perde neppure un secondo e si getta nel tubo saltando. Ah, quindi non ci sono scalini a cui aggrapparsi?

Cavolo.

Non so se avrò il fegato si saltare giù. Eppure dopo neanche un secondo mi ritrovo nel tubo ad urlare. Ma chi cavolo me l'ha fatto fare? Come ho potuto aver voglia di raggiungere questa Datospiana di schifo?

Mi rassegno e continuo finché non atterro. Su qualcosa di non troppo morbido, rischiandomi infatti di tranciare la gambe, ma fortunatamente abbastanza affinché non succeda.

Non che sia una roba da mezzecartucce, eh.

Yeela mi aiuta a rialzarmi, e riesco a vedere tutto quello che si para davanti a me.

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