Sister
Settembre se n'era andato.
Era domenica e Cady ancora dormiva.
Non era una domenica come le altre, stavolta sarebbe arrivata Sophie a fare visita alla famiglia.
Il fatto che ormai vivesse a Chicago l'aveva allontanata da loro, e questo era l'unico rimpianto che aveva.
- Tesoro, è arrivata Sophie. - sussurrò la signora Wharton a sua figlia minore.
Cady aprì gli occhi.
Scostò le lenzuola e si alzò.
Si vestì con una canotta e degli skinny neri. Sistemò i capelli, ritoccò il viso con due pennellate di fard e un colpo di mascara e scese a incontrare la sorella.
Il corpo già esile di Cady risultava ancora più magro fasciato dagli indumenti aderenti.
- Sorellina, sei dimagrita! - osservò infatti Sophie.
Non era del tutto falso.
Dalla rottura con Jack, la ragazza aveva perso un po' d'appetito. Continuava a correre regolarmente e a fare le altre cose, come i compiti, ma era più propensa a saltare i pasti di prima.
Se Cady avesse incontrato sua nonna, sarebbe stata la fine.
- Ho perso solo un chilo... - si giustificò.
La madre la esaminò attentamente.
- Cady, tesoro, sali sulla bilancia. - disse poi.
- Mamma! È appena arrivata Sophie! Dobbiamo per forza perdere tempo? - si lamentò Cady.
La signora Wharton non aveva mai visto sua figlia minore con un chilo di troppo nei suoi lunghi diciassette anni di vita. I chili in difetto la preoccupavano sempre, aveva paura che diventasse anoressica. Perciò, ogni tanto, faceva pesare Cady sotto i suoi occhi, a sorpresa.
Cady si tormentava le dita lunghe e sottili, insistendo sulle pellicine.
- Cady, non perdiamo tempo. Sali. - ordinò la madre.
Il numero che apparve sullo schermo della bilancia fu 40,6.
La signora Wharton si portò le mani alla bocca.
Prese la bilancia e la rimise al suo posto, poi andò in cucina e preparò una pila di pancakes. Mise in tavola sciroppo d'acero, marmellate varie e Nutella.
Cady intuì che non avrebbe potuto saltare la colazione stavolta.
Finì il piatto sotto lo sguardo vigile della madre e quello dispiaciuto della sorella.
In quel momento suo padre entrò in cucina.
- Ciao papà! - lo salutò la figlia maggiore.
Cady non si diede pena di parlare. Non aveva un buon rapporto con suo padre.
Si guardarono torvi a vicenda, poi Cady tornò in camera sua.
Sophie la seguì qualche minuto dopo.
- E così è finita con Jake... - accennò.
Cady annuì.
Nonostante l'avesse trattata malissimo, lei ci aveva creduto. Aveva riposto le sue speranze più sincere in lui.
Aveva fatto male rendersi conto che non avrebbe dovuto aprirsi tanto. Aveva fatto dolorosamente male.
- Non mi amava, Soph. Tutto qui.
Sophie si sedette accanto a Cady e le offrì la sua spalla.
No, Cady non voleva essere vista debole. Amava la sua immagine potente, indipendente, coraggiosa ed estremamente forte. Imbattibile.
Non aveva mai pianto sulla spalla di qualcuno, e non voleva farlo. Le lacrime, spesso, sciolgono le barriere, pensava. Piangere avrebbe dato libero accesso alla vera sé stessa. E se lei avesse dato libero accesso, l'avrebbero distrutta.
Represse le provocazioni del pianto dentro di sé e cercò di seguire l'esempio della sua amata zia. Lei era una donna forte, non aveva bisogno di nessuno. E Cady voleva essere come lei, contare solo sulle proprie forze.
- Perché non andiamo dalla zia? - propose all'improvviso.
- Sei sicura di stare bene? Possiamo anche restare qui se non ti senti in forma.
Sophie era preoccupata per la sorella, anche se in fondo era cosciente del fatto che sapesse badare a sé stessa.
- Tranquilla, sto bene. Andiamo adesso. - affermò Cady.
Le due ragazze uscirono di casa silenziose.
La zia Esther abitava in un comune appartamento in centro.
Cady diede un'occhiata al cellulare mentre camminava alla destra di Sophie.
Aveva due chiamate perse di Nina. La richiamò.
- Cady? Sei viva?
- Sì, Nina, sono viva. Perché mi hai chiamata?
- Perché avevo il livello della batteria troppo alto e volevo abbassarlo. Per cosa secondo te? È la prima domenica del mese!
Cady imprecò mentalmente contro la sua memoria scarsa.
- Giusto.
- Ci sei stasera, vero? - chiese Nina con aria scontata.
Cady avrebbe potuto percepire la bruciante determinazione sprigionata dai suoi occhi.
- Alle nove?
- Perfetto. - rispose Nina.
***
- Zia!
Cady e Sophie si buttarono sulla zia in un abbraccio strangolante.
- Tesori miei, lasciatemi respirare! - ridacchiò zia Esther.
L'appartamento di zia Esther era grande e luminoso, tutto sui toni del bianco e crema.
Il salotto dall'aria confortevole era un puro benvenuto.
- Accomodatevi, signorine. Il pasticcio di carne è pronto tra dieci minuti.
Cady si lasciò cadere sul divano, mentre Sophie si sedette con grazia sulla poltrona.
La zia controllò il forno, poi tornò dalle nipoti con un gran sorriso.
- Come state?
Mentre Sophie innescò un discorso alquanto dettagliato sulla sua vita a Chicago, Cady trovò più interessante guardare il gattino bianco della zia rotolare da un lato all'altro sulla moquette.
Cady si teneva in contatto con la sorella via chat sul computer, perciò tutte quelle cose che stava dicendo non erano per lei una novità.
Il trillo improvviso del forno fece scattare tutte e tre.
- Oh, è pronto il pasticcio. Venite a tavola. - disse la zia.
Cady osservò la donna servire la pietanza in tre piatti riccamente decorati. Era una bella donna per i suoi cinquant'anni. Alta e abbastanza magra, dai capelli tinti costantemente di biondo per nascondere le radici bianche e dalla personalità più forte che Cady avesse mai visto.
Alla morte del marito, un paio d'anni prima, non si era scomposta in pianti disperati come molte mogli avrebbero fatto per un uomo così buono. O, quantomeno, ben sopportabile.
Lei si era ritirata per un po' dalla vita sociale, uscendo di casa solo quando era necessario, e aveva vissuto le prime fasi del dolore senza l'aiuto di nessuno.
Quando i parenti le chiedevano come stava, lei ammetteva che il dolore c'era, ma sottolineava che era gestibile. Non aveva mai chiesto sostegno a nessuno e la superiorità di questo atteggiamento aveva affascinato la allora quindicenne Cady, che aveva insistito per passare parte dell'estate di quell'anno da lei.
Cady aveva cercato di prendere tutto ciò che c'era di positivo in lei. L'aveva studiata accuratamente, le aveva parlato, l'aveva spinta a estrarre tutti gli insegnamenti che voleva.
Le era sempre piaciuta la zia Esther, perché esprimeva alla perfezione un modello preciso: quello di una donna che cade sempre in piedi.
***
- Stai arrivando?
- Sono nella via di casa tua. - rispose Cady al telefono.
Nina era appoggiata al davanzale della finestra di camera sua, e guardava la strada buia e silenziosa.
Poi comparve Cady.
Scese le scale a passo felpato, per non farsi sentire da sua madre, e aprì la porta di casa.
- Entra, svelta.
Cady entrò velocemente, ma la signora Phillis accorse lo stesso all'ingresso.
- Cady, tesoro! Vuoi una fetta di torta? L'ho appena fatta. - esclamò, sorridente.
Nina guardò sua madre scocciata, poi trascinò Cady in camera con sé.
Tirarono fuori i registri e fogli nuovi. Allinearono penne ed evidenziatori sulla scrivania.
- Cominciamo? - domandò Nina.
- Cominciamo.
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