Domenica 22 gennaio 2012
Non so affrontare queste situazioni e si vede. Per tutto sabato praticamente non ci parliamo se non per comunicazioni di servizio. Ieri pomeriggio è uscita e avrei voluto sapere dove andava ma non l'ho chiesto, e lei non lo ha detto.
Sento che devo fare qualcosa, che in questo preciso istante mi ci vorrebbe una madre in casa che sapesse mediare tra i due orgogli che si scontrano, invece ci sono solo io, e per di più devo lavorare.
Mi sveglio non dico tardi ma di più, non c'è. Ieri sera ci siamo stracciati un «Ciao» a vicenda mentre giocherellava col cellulare ed io andavo a lavorare, era tranquilla ma estremamente distaccata.
Se non capisco dov'è sono una persona degenere, ma la metto giù morbida scrivendole «Vuoi qualcosa per pranzo» senza nemmeno il punto interrogativo.
«No non aspettarmi».
Chiamo Rocco.
«Siete a casa?».
«Siete chi?».
«Te e l'Arianna».
«Niente cose a tre, non sei il mio tipo».
«Non fare lo scemo che è una cosa seria».
«Si, siamo a casa tutto il pomeriggio».
«Vengo adesso, dieci minuti e risolvo».
Vado da loro, salto quasi tutti i convenevoli e racconto cosa è successo, l'Ari mi guarda come se in fondo certe cose non possa saperle.
«Gek, sereno, sai quante cose capiteranno del genere? Devi solo capire quando lasciare la presa, perchè se la lasci lei capisce che queste discussioni non sono poi così fondamentali e si ammorbidisce».
«Quindi come dovrei lasciare la presa».
«Digli che hai esagerato».
«Ma non ho fatto niente di niente!» miagolo disperato.
«Non è proprio così, hai avuto una linea di fiducia totale. Anzi, di totale disinteresse a come si muoveva. E adesso hai deciso improvvisamente di sapere dove va e addirittura di giudicare i suoi amici».
«Non li giudico, su».
«Si che li giudichi».
«Ma è stato il tuo compagno a giudicarli per primo!» mi faccio scappare nel tentativo maldestro di togliermi di dosso qualche colpa.
L'Ari si gira verso Rocco e lo squadra dicendo «In che senso?».
«Che ho detto io a Gek che lei girava con della gente che non è proprio un fiore» dice un po' imbarazzato.
«E in effetti non lo sono, fidati» aggiungo.
«Ragazzi, ma avete presente che parlate di una quindicenne che, se dio vuole, fa tutto allo scoperto durante i suoi pomeriggi? Ma se girasse a mezzanotte a Bologna potrei capire, ma qui alle tre di pomeriggio? Dai, cosa può succedere a una come Brenda? Che limoni con uno che ha bevuto birra? Che abbia le prime esperienze sentimentali o sessuali? Oddio orrore, lo sta per fare con uno che ascolta Marracash!».
«Non è quello» osservo, anche se non so bene cosa sia se non quello, forse voglio darmi un tono da genitore.
«E allora cos'è? Controllare improvvisamente dal nulla fa sentire di essere state sfiduciate. E fa sentire che sei solo una donna che non è in grado di gestire la situazione se non c'è un maschio che le dice quali maschi è meglio frequentare».
«Non buttarla sul femminismo, veramente pensi che una ragazzina di quindici anni possa decidere tutto da sola, possa sapere già tutto quello che c'è da sapere per evitare guai?».
«Non è femminismo. È che hai usato un metro finora e improvvisamente cambi metro senza preavviso e senza motivo. Hai rotto il gioco. E per quanto tu abbia ragione in termini generali, in questo caso hai torto e devi rimediare. Scusati, e cerca di studiare con lei un modo per avere il giusto rapporto fiduciario. Sforzati di darle una giusta scala di valori e poi non starle addosso che puoi fare solo danni se controlli troppo».
L'Ari mi bacchetta come un bambino preso a tormentare il gatto di casa. Torno a casa e aspetto che arrivi a Brenda per mettermi alla prova. Ripeto mille volte uno schema di discorso ma so già che andrà tutto a puttane quando sarà qua.
Torna dopo le sette, fila sotto la doccia facendo fatica a salutare. Quando esce va in camera a spippolare con lo smartphone.
«Posso parlarti?» dico mentre busso.
Lei alza appena lo sguardo e tira su le ginocchia. Non so se è un gesto per farmi posto o per chiudersi a riccio. Io comunque vado verso il letto e mi siedo quasi dandole le spalle. Non ho mai fatto cose del genere nemmeno quando ero suo coetaneo con tipe sue coetanee. È una prima volta per me.
«Non voglio essere un controllore del treno. Scusa».
Le adolescenti sanno essere stronze quando ci si mettono. Rimane con gli occhi sul telefono. Già mi sale la voglia di sculacciarla come certe mamme isteriche in spiaggia con i bambini troppo insabbiati, ma rimango calmo e mi rialzo tornando di là. Mi addormento presto.
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