È arrivata l'alba così decidiamo di partire. Scendiamo in garage, da queste parti di prima mattina, l'aria è un pò fresca sebbene sia estate. Apriamo lo sportello e saliamo in macchina.

Oggi fa un caldo tremendo, e siamo incerti sul da farsi; le strade sono deserte, se non con la presenza di quei mostri in giro.

Il viaggio è abbastanza lungo, dura 3 ore e non ci concediamo pause, penso che se ci fermassimo da qualche parte papà penserebbe a lei e non vorrei che stesse male.

Scorgo una villetta isolata: non mi pare di vedere alcun mostro girovagare da quelle parti, e l'ambiente sembra tranquillo. Ora la sola cosa da fare è andare a controllare.

Papà e io ci scambiamo un'occhiata, dobbiamo trovare un posto decente per dormire.

"Vado io" si propone papà

"No, ci andremo insieme" odio ammetterlo, ma ho paura; ho paura che gli succeda qualcosa, se vado con lui posso assisterlo in caso di emergenza.

"Mi sembra troppo pericoloso per te, resta qui. Ti prometto che tornerò sano e salvo" mi promette il papà.

Mi prende la mano.

"Carmen... sei la sola cosa che mi è rimasta. Ti prego" cerca di convincermi.

"Voglio aiutarti, per qualsiasi difficoltà, non voglio che tu faccia la stessa fine della tua fidanzata...Permettimelo" lo guardo negli occhi. Annuisce, mi può capire, è rimasto orfano di padre a 17 anni a causa di una malattia. Apriamo le portiere e scendiamo dalla macchina. Ci guardiamo intorno. Sembra tutto tranquillo.

"Lì c'è una porta" indico davanti a noi.

"Andiamo a vedere" dice lui.

La porta di legno è un po' graffiata, la maniglia fuori non c'è.

"Dev'esserci qualcuno, oppure..." penso ad alta voce.

"Scopriamolo" mi risponde lui. Inizia a bussare, dà dei colpi ma non risponde nessuno. Ci rinunciamo e iniziamo a camminare verso la macchina quando sentiamo un cigolio, la porta deve essersi aperta, troviamo un tizio robusto e pelato che inizia a farci una serie di domande.

"Chi siete? Identificativi" chiede severo l'uomo

"Io sono Michel Stuart, lei è mia figlia Carmen" parla papà.

L'uomo ci osserva dalla testa ai piedi

"Siete feriti?"

"No, siamo a posto" risponde papà.

Il tizio ci fa segno di entrare, ma non è finita perché appena mettiamo piede nella soglia si avvicinano altri due uomini, tra cui uno molto giovane.

Ci strappano gli zaini di dosso.

"Ehi" mi lamento "che state facendo? Non ne avete il diritto" protesto io.

"Siete in casa nostra ora, perciò starete alle nostre regole" spiega un altro uomo, questa volta più magro di quello con cui abbiamo parlato prima.

Guardo mio padre, anche lui sembra spaventato. Sospiro.

"Christian accompagna la ragazza dalle altre, noi pensiamo al padre" gli ordina il tipo che ci ha aperto la porta.

Il ragazzo, viene da me "seguimi". Mi alzo e cammino dietro di lui, cammina piuttosto veloce, dev'essere uno di quei soliti ragazzi che fanno i bulletti a scuola perché i genitori non gli hanno comprato il nuovo modello dell'Xbox.

Così ci avviamo per un corridoio, quando si ferma per spiegarmi delle cose. È a quel punto che riesco ad osservarlo meglio: ha degli occhi color mandorla molto profondi come se ci si potesse immergere dentro e vedere tutti i suoi pensieri, i suoi ricordi ma soprattutto il suo carattere. Le sue labbra, invece, sono piuttosto sottili e rosee.

"Come ti chiami?" chiede svogliatamente. La sua voce mi distrae dai pensieri.

"Carmen" gli rispondo acida

"Bene Carmen. Benvenuta" mi parla come se mi stesse prendendo in giro

"Sono lusingata" rispondo ironica

Vado in camera di mio padre ma lui non c'è.. Lo trovo in cucina dove sta bevendo il caffè. Ha uno sguardo perso. Non so che dirgli dopo la notte precedente, anche se non sopportavo la sua fidanzata mi dispiace vederlo così. Decidiamo di partire più lontano possibile da questo posto.

Ciao ragazzi, pubblico questa parte dopo così tanto tempo, perché sono in vacanza e non ho molto tempo per scrivere ma tra 2 settimane riacquisterò ritmo. Siete curiosi di sapere che cosa accadrà a Carmen e suo padre? Vi sta piacendo la storia? Fatemelo sapere nei commenti! Buona lettura!!