39. L'attesa
Mi rigiro nel sacco senza trovare una posizione comoda, mi giro verso la finestra mentre apro gli occhi. Il bosco è posseduto dall'oscurità, c'è qualcosa che mi spinge ad uscire dalla stanza, indossare la giacca e uscire.
Il freddo accarezza il mio viso, mi sembra di essere libera ora. Libera dalla paura e dallo stress. Quello stress che sembra soffocarmi come in un mare senza acqua in piena marea.
Rientro nell'edificio e mi siedo in salotto da sola, le tenebre nella stanza mi ingoiano pian piano, cercando di spezzarmi in due i polmoni. Le tenebre vengono interrotte da un pianto, salato e amaro che bagna il pavimento.
Mi alzo e seguo quelle tracce, in un angolino trovo Sarah che accortasi della mia presenza fissa il buio senza uno scopo preciso e improvvisamente le lacrime si fermano
"Carmen?" domanda con la sua vocina così piccola vicino al rumore della pioggia che picchia sui vetri insistente
"Si, sono io" mi siedo accanto a lei "perché stai piangendo?" appoggio la testa al muro.
"Vedi, io la notte non posso dormire e sono sola, ho paura del buio"
"Oh no, non devi. Vedi, le tenebre sono più belle della luce del giorno. Puoi giocare con loro e creare mondi immaginari, puoi...essere te stessa, tante volte il buio crea una parte cattiva di te stessa e tu puoi, puoi modificarla di giorno" gesticolo creando linee immaginarie che lei segue come un marinaio si fida del suo faro.
"Ad ogni modo, ogni notte se vuoi puoi venire da me se ti va. Ti puoi sdraiare vicino a me, se ti fa stare meglio" si butta tra le mie braccia e insieme andiamo in camera mia. Si sdraia vicino a me sul letto mentre mi riaddormento e il mondo comincia di nuovo.
La mattina l'edificio è ricolmo di stress e tensione, da quando siamo venuti a conoscenza di alcuni sconosciuti che ci sorvegliano.
Non c'è molto da fare quando la paura che possa accadere qualcosa, è costante, si può reagire in vari modi: nella fabbrica c'è chi lavora per distrarsi, chi non fa altro che dormire e chi invece si dedica all'arte.
Io sono solo una lisca in mezzo a tutti questi gruppi di persone che fine a sette mesi fa conduceva una vita del tutto normale. Ogni tanto, la sera esco di nascosto con Christian ad ammirare il bosco nostro amico e nemico.
"Secondo te cosa ci accadrà?" mi ha domandato la sera scorsa mentre eravamo seduti a terra
"Non lo so, come faccio a saperlo?" gli ho risposto
"Insomma, credi davvero che ci sia qualcuno nel bosco? Credi davvero che possa passargli per la testa di farci del male?"
"Credi che sia il genio della lampada?" mi ha guardato offeso
"Non so che succederà. Non penso che saranno così gentili anche da affamati. Tu, cosa pensi?" ha esitato per un attimo e poi ha detto la sua "Se devo essere sincero, è da molto che non penso, che non rifletto, che non mi godo le cose, e questo credo sia anche un po' colpa mia. Bah, chi lo sa?"
"Non penso sia facile godersi le cose mentre dei morti cercano di mangiarti"
"Una cosa me la sto godendo, se dovessi morire adesso, qui, accanto a te, morirei felice" mi ha accarezzato la guancia "io ti amo, e non smetterò di farlo nemmeno nell'oltretomba".
Piove, le ore non passano, è una specie di tortura, stiamo tutti aspettando la fine. Agata sta avendo le contrazioni, sta soffrendo così tanto ma è come se il destino volesse fare del male anche al bambino che ospita.
La pioggia non cessa, sembra che staremo rinchiusi nell'edificio ancora per molto tempo.
Neanche questa notte sono riuscita a dormire, l'ansia mi sta uccidendo. Sono seduta sul letto, non posso uscire perché la noiosa pioggia di ieri si è trasformata in un forte temporale: i rami degli alberi si muovono freneticamente, mentre l'acqua piovana scava il fango attraverso piccole pozzanghere.
Ho imparato a convivere con il buio, i miei occhi ora riescano a scannerizzare il nero e l'aria mi accarezza il corpo. Solo dopo che il temporale ha deciso di fermarsi guardo l'orologio: sono le 5:30.
Provo a sdraiarmi e a prendere sonno ma il tentativo è vano, decido di raggiungere Sarah per farle compagnia. La trovo nel salone davanti alla finestra, sta tremando.
"Sarah, c'è qualche problema?" trema ancora un po' e poi finalmente si gira, è sconvolta e non riesce a reggersi in piedi, le sue gambe cedono, corro verso di lei ma non riesco ad arrivare in tempo per sorreggerla quando siamo vicine lei è per terra
"Che ti prende? Perché non riesci a stare in piedi?"
Solleva la testa "hanno fame e stanno arrivando, hanno molta fame".
Mi blocco e mi siedo vicino a lei, ha ripreso a piovere, ma questa volta il temporale è più violento
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