34. Come una spina nel fianco
Mi sveglio grazie alle voci della gente che si è alzata presto per lavorare, mi stropiccio gli occhi e mi siedo, Christian è ancora immerso nel sonno. I suoi capelli sono sparsi sul sacco a pelo, questo aspetto lo fa sembrare un angelo.
Gli accarezzo la guancia e provo a svegliarlo
"Chris..." lo ripeto tre volte finchè non apre gli occhi e sorride
"Perché ridi? Non puoi evitare di umiliarmi anche di prima mattina?" gli domandò colpendolo con il cuscino in faccia.
Lui si lamenta e si giustifica dicendo "non ti stavo prendendo in giro scema" alza la testa per darmi un bacio, ma la voce di mio padre si fa spazio fuori dalla tenda
"Carmen, è tardi svegliati!" faccio segno a Christian di stare zitto, ma lui inizia a ridere e sono costretta a tappargli la bocca
"Carmen! Svegliati!" urla mio padre, spaventata decido di rispondergli e faccio finta di sbadigliare
"Uhm, si papà scusa, ora sono sveglia" Christian mi fa i complimenti per la recitazione "ora arrivo". Sento i suoi passi allontanarsi, dalla cerniera della tenda lo vedo allontanarsi.
"Via libera" sussurro "corri" si alza e esce di fretta dalla tenda.
La giornata inizia con un'abbondante colazione in compagnia delle solite persone che chiacchierano. Addento un pezzo di crostata alla marmellata quando Mackenzie si avvicina a me, sembra imbarazzata.
"Ciao" sta sulle sue, ricambio il saluto e la osservo con sguardo interrogatorio
"Mi dispiace come è finita l'altro giorno tra noi due, è da un pò che non parliamo" dice per rompere il giaccio
"Solo due giorni in realtà" ironizzo
"Per me è molto più tempo, in realtà. Io e te abbiamo legato molto sin dall'inizio e ora, vivere come se non ci fossimo mai parlate...mi fa male" si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Come se non bastasse nello stesso momento arriva Christian, mi scocca un bacio sulla guancia
"Buongiorno" dice allegro come se non stesse accadendo nulla, Mackenzie chiude la mano in un pugno e appena vede che me ne accorgo la nasconde sotto il tavolo.
"Ci vediamo dopo" prende il suo piatto e va a sedersi al tavolo.
"Sbaglio o è strana quando ci vede insieme?" dice mentre mastica un pezzo di mela
"Tu dici?" faccio finta di nulla e mentre mi dirigo alla mia sedia con il piatto in mano mio padre mi blocca
"Ehi, da quand'è che non mi dai più il buongiorno? Guarda che puoi volere bene a tuo padre anche se hai un fidanzato, non lo sapevi?" mi fa notare nervoso.
"Scusa se ti sto trascurando in questo periodo, non è mia intenzione, credimi ma..." Anthony ci interrompe per sussurrare qualcosa all'orecchio di papà che annuisce cupo e poi si allontana.
"Di cosa stavamo parlando, scusa?" la mia presenza lo fa tornare alla realtà
"Ti stavo dicendo che ho fame e gradirei che mi lasciassi sedere al tavolo. Ho un piatto in mano" rispondo seccata e lui mi guarda triste. Dopo il pasto decido di fare quattro passi nel cortile.
Una macchina si avvicina, spaventata mi volto per capire cosa sta succedendo, vedo Agata correre fuori verso il cancello.
Un ragazzo, non riesco a vederlo bene, non deve avere più di vent'anni, muscoloso con i capelli scuri raccolti in una coda sulla nuca.
"Dylan!" urla in preda all'emozione
"Zia!" risponde questo allegro, i due si abbracciano "ti ho portato delle viole così, quando Celine nascerà ci sarà un grande spazio per la coltivazione di fuori" il ragazzo le sorride. Dunque quel ragazzo è il loro nipote.
"Pensavo non saresti più tornato, ero così preoccupata!" lei lo accarezza, dietro di lei Chad
"Figliolo!" anche Chad abbraccia il ragazzo misterioso "eravamo in pensiero per te".
"Ma che stiamo aspettando?" Agata si volta sorridente verso le persone dietro di lei che sono uscite dalla fabbrica per vedere cosa stava succedendo "andiamo a cucinare! È tornato Dylan! Organizzeremo una grande cena per stare tutti insieme!" il ragazzo segue gli zii verso il grande edificio.
Sono seduta con Edith sul prato
"Come ti trovi qui?" le chiedo
"C'è cibo, ci sono i nostri amici, siamo di più... è un bel posto, non posso lamentarmi. C'è solo una cosa che desidero di più al mondo in questo momento, una birra, una fottutissima birra" esclama sospirando.
"Ma tu hai 17 anni, non è così?" lei mi ride in faccia come se avessi fatto la battuta del secolo
"Tu pensi davvero che la gente rispettasse la legge? Insomma, dai. Sul serio tu non conosci nessuno che ha bevuto alcolici prima della maggiore età?" mi guarda come se fossi un alieno.
"No, io non andavo alle feste e non frequentavo gente strana" questa affermazione sembra ferirla quanto un proiettile nel petto
"Scusa, non intendevo... mi sono espressa male come al solito" provo a discolparmi
"Molta gente prima faceva questo ragionamento. Essere omosessuali va di moda, sono tutti depressi perché vogliono attirare l'attenzione e si vestono tutti bene per potersi credere superiori degli altri. Sai una cosa? Non sempre una persona fa queste cose per seguire la moda, perché quella non è moda, è scontrarsi con il mondo sapendo che non sarà facile. Ci siamo fatti un sacco di paranoie per queste cazzate e poi guarda com'è andata a finire. Ci mangiamo a vicenda per finire sulla strada e segretamente imploriamo chi vive di ucciderci. Questa non è evoluzione" riflette.
"Chissà che cosa sarebbe successo se ci fossimo conosciute prima di tutto sto casino" pensa.
"Oh, non te lo avrei augurato. Un tempo ero egoista, infantile e mi offendevo se ricevevo consigli. Il mio migliore amico è un santo" sdrammatizzo.
"Tu pensi che sia ancora vivo?" replica
"Lo spero" sorrido pensando a quei pomeriggi in casa sua trascorsi a giocare ai videogame.
Il pomeriggio scorre velocemente, lasciando spazio al buio della sera. Ci riuniamo per la famosa cena di bentornato al ragazzo sconosciuto. Durante il pasto ci racconta le sue avventure
"I confini a sud-est sono pieni di zombie, non c'è più un'anima viva, nessuno da salvare" proclama triste.
"Hai visto la scuola media?" i suoi occhi verdi colgono il mio viso tra i tanti che lo circondano come se fossero una torcia e deglutisce "si" annuisce "ho trovato molti corpi. Erano tutti ragazzi della tua età e alimenti per terra, credo stessero cercando di sopravvivere" abbasso lo sguardo, Christian mi tocca una spalla
"dici che hanno organizzato tutto per sterminare studenti e insegnanti?" le lacrime iniziano a bagnarmi le guance
"No, credo solo che siano stati ignorati dal mondo intero" conclude.
Immagino la scuola in disordine mentre fuori la gente continua a morire e gli altri miei compagni che aspettano di tornare a casa con i propri genitori.
Mi si chiude lo stomaco, così abbandono il mio piatto ancora pieno di cibo e mi dirigo verso la stanza.
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