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capitolo sette

-qualche minuto prima-

Hinata sedette sul futon, e, quasi senza accorgersene, in pochi minuti si era già ripiegato su sé stesso, con gli occhi chiusi e la mente che vagava in un flusso di pensiero.

La coperta era calda, morbida e pulita, donava una bellissima sensazione al contatto con i capelli ancora umidi.

Camera di Kageyama era diversa da quella dei genitori.
Era comunque molto ordinata, però non sembrava triste e spoglia, era una camera felice, quella. Vi avevo già detto che talvolta Hinata aveva dei comportamenti da bambino? Una cosa che faceva molto frequentemente era dare agli oggetti uno stato d'animo, in base a come erano trattati o come apparivano.

E quella stanza secondo lui aveva la tranquillità di un mare nei giorni senza vento, ma non pensava fosse una cattiva cosa, la trovava allo stesso tempo personale, e quindi la considerava una camera felice.

Dando un secondo sguardo si potevano notare degli aloni di sporco, accavallati sul soffitto, segni di pallonate accumulati nel tempo.
Quasi lo vedeva, sdraiato sul letto a palleggiare in piena notte, il fondamentale eseguito con così tanta precisione e puntualità, tanto da poter fungere da metronomo.

Lo sentiva risuonare in testa, regolare.

pom pom pom

Hinata chiuse gli occhi, facendosi cullare da quel rumore immaginario, eppure così rilassante.

pom pom pom

Le sue palpebre si fecero pesanti, mentre l'animo era prossimo a ricadere nell'incoscienza.

pom pom pom

Kageyama... posacenere, mani fredde, cibo freddo, microonde... calore. Abbraccio, stretta, battito... buonanotte...

🎶🎵Koi ga umareru kimi no naka de

Koi wo shiyou yo kisu suru mae ni
Koi wo shiyou yo me wo mitsumete
Koi wo dakishimete

Te wo tsunagou machi no shigunaru
Kawaru shunkan yuu-----🎵🎶*

Hinata sbuffò, in seguito ad uno sbadiglio, poi allungò la mano verso il telefono, che intanto vibrava in uno stordente bagliore che gli accecava gli occhi assonnati.

Sul display la scritta "mamma" risaltava, in nero.
Rispose, avvicinando il telefono all'orecchio, idea non molto saggia, visto che dovette allontanarlo immediatamente, i timpani disturbati da una voce acuta.

《SHOYO DOVE CAZZO SEI?》

Hinata rimase perplesso. Aveva già mandato un messaggio alla famiglia, dicendo che sarebbe rimasto a dormire da un amico, impossibilitato a tornare...

-mamma, te l'ho già detto, sono da Kageyama a dormire... c'era la neve e...-

《oggi dovevi badare a Natsu》

-sì ma la strada era congelata, cadendo mi sarei fatto male... poi non ci siete entrambi in casa?- chiese, esitante.

《non è questo il punto. Come osi disubbidire a tua madre! E alla fine devo fare tutto io, mi trattate tutti come fossi un cane, una schiava... voi mi volete vedere morta, altro che dite di volermi bene...》

Sul volto di Shoyo si dipinse un' espressione parecchio scocciata.
Era possibile si dovesse lamentare sempre? Che c'era da lamentarsi, poi?
Aveva un lavoro, una famiglia, e nessuno aveva problemi di salute.
Allora perchè doveva fare così?

-senti mamma...- iniziò, ma fu interrotto da una voce bassa, dall'altro capo, che parlava con la donna.

《Che succede?

''Shoyo deve imparare l'educazione, NON SONO UNA CAZZO DI SCHIAVA''

Quando torna ne vedrà delle belle... '》

La conversazione tra i due andava avanti, mentre lui se ne stava seduto sul futon, in ginocchio, con gli occhi che si stavano inumidendo, mentre cercava di farli rimanere asciutti.
"che ho fatto di male... cosa ho sbagliato?" continuava a pensarlo, triste, emettendo dei piccoli sospiri.

Stanco di sentirli bisticciare attaccò, poi rimase a fissare il display del dispositivo, sul quale ormai allegiavano dei piccoli cerchi bagnati, che andavano aumentando.

Lacrime, accompagnate da piccoli singhiozzi soffocati.
Visto da dietro un movimento non regolare, quasi di piccoli spasmi, caratterizzava le sue spalle, che facevano su e giù, asimmetriche.
Diamine, quanto doveva essere fragile.

La vita di Hinata non era tragica.
Ma non era nemmeno bella.
A casa c'era un clima di tensione continuo, di cui non parlava mai, non volendo lamentarsi.

Così tutti pensavano fosse solo un iperattivo senza problemi, e si ritrovava ad essere amico di tutti e amico di nessuno.

Perchè alle feste lui non andava.
Il pomeriggio al parco, non c'era mai.
Non invitava mai nessuno a casa sua.

Pensavano fosse tutto fumo e niente arrosto, erano convinti la sua fosse una maschera per nascondere il suo lato stronzo.

Ma era una maschera per nascondere il suo lato piccolo, fragile, che ora lo portava a disperarsi in quel futon, con le mani nei capelli che si muovevano freneticamente, passandosi gli avambracci sulle guance bagnate.

Hinata era un groviglio di pianto e coperte, in una fase di pura disperazione, dopo quel pianto silenzioso all'inizio.

Tuttavia non sapeva che ad udire il flusso dei suoi sentimenti ci fosse qualcuno, dall'altro lato della porta, che ascoltava il tutto con un orecchio premuto alla tavola di legno.

Era Kageyama, in una posizione veramente scomoda.
All'inizio gli era sembrato tutto normale, ma poi aveva sentito le voci scaldarsi ed Hinata esplodere.

Il suo cervello diceva: "non ti intromettere, farai peggio, lascialo da solo a combattere i suoi mostri, non sai cosa sta succedendo."

ma il cuore insisteva con: "vai, vallo a consolare, stringilo così tanto da fargli perdere le tossine negative, falle annacquare e diluire con le lacrime"
Lacrime di entrambi, ora mai anche l'oceano profondo stava perdendo gocce, che andavano a scagliarsi contro la fredda superficie dell'infisso.

Alla fine non diede ragione a nessuna delle due parti, seguì l'istinto primordiale dell'uomo, lo stesso che faceva scappare gli uomini primitivi dagli animali.

La Paura.

La paura lo teneva ancorato al terreno, gli annebbiava il cervello con i suoi fumi.

La paura lo faceva rimanere seduto lì, lontano, mentre invece in quel momento poteva essere nel futon con lui, a rassicurarlo, accarezzandogli i capelli e passandogli le mani sulla schiena, tracciando le sporgenze appena accentuate con i polpastrelli.

Scapole, colonna, costole, anche...
La paura di essere.
Di essere troppo.
Troppo ficcanaso, troppo interessato, troppo gentile.

Si prese il volto tra le mani, poi si lasciò andare, sfinito, le gocce salate come il mare dei suoi occhi penetravano nelle incrinature del pavimento.

Passarono alcuni minuti, e le orecchie del moro ebbero un po' di pietà da quello strazio, che piano piano si era soffocato.
Ora sentiva solo dei respiri sommessi, lunghi, calmi.

Hinata alla fine era riuscito a calmarsi, ed ora giaceva sul futon con gli occhi chiusi, cercando di prendere sonno.

Dove sei... dove sei...

Kageyama invece era entrato nella stanza, con passo felpato.
Lanciò un'occhiata a Shoyo, e i suoi occhi ne diedero una descrizione dettagliata alla sua mente.

Era così piccolo, raggomitolato nelle coperte. Sbucava solo la sua piccola testolina arancione, i capelli spettinati, le guance rosee bagnate, come le ciglia, la cui ombra gli decorava la candida pelle, in cntrapposizione alla lattea luce della luna. Le labbra socchiuse, leggermente screpolate.

Tobio si avvicinò a lui. Constatò avesse i tratti rlassati, ma, nonostante questo, era come se il suo animo gridasse aiuto.

aiuto, vienimi a prendere. Portami via. Via da qui. Da questa continua delusione che chiamano vita. Giochiamo a rincorrerci, giociamo a nascondino, rotoliamo giù da una montagna. Cantami una ninnananna prima di andare a dormire, mangiamo pop corn davanti ad un film dell'orrore. Stringimi quando saltano fuori i mostri e chiamami femminuccia, in quel calore che dovrebbe chiamarsi casa. Facciamo di nuovo la sfida a suon di palle di neve, poi torniamo a casa e mangiamo del bento riscaldato male. Prometto che lo mangerò allo stesso, ma tu non mi lasciare solo... resta con me.

Questo era il peniero di Hinata, che aveva gli occhi chiusi, ma non si abbandonava al sonno. Le sue preghiere erano indirizzate al ragazzo davanti a lui.

Perchè anche se aveva gli occhi chiusi, poteva percepire la sua presenza accanto a sé, ma nel profondo sapeva si volerselo sentire addosso, non solo vicino. Vicino, ma ancora troppo distante, incredibilmente distante.

Distanza che incrementò quando, dopo avergli accarezzato i capelli, Kageyama andò al letto.

Hinata emise un piccolo sospiro di sconforto, stringendosi in quella felpa che gli era stata prestata, la stoffa morbida sotto il naso, il suo profumo ad annebbiargli la mente.

E così piano piano si addormentò, cullato da quei pensieri e da una 'buonanotte' detta a pochi metri da lui, che tuttavia non sentì.



*chi riconosce la song avrà un premio e un ehehehe che vi guardate mascalzoni

allora non so se sono riuscita a rendere decentemente... però in questo capitolo ho provato a rendere il tutto al meglio che potevo *italian lefts the chat*

Oggi è il comple di Hinata :))))

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