capitolo diciotto
-Iwachan! Iwachan guarda! Io sono un principe, tu vuoi essere la mia principessa?- chiese un bambino, marrone di capelli ed occhi, osservando un altro ragazzino, i capelli spettinati e due occhi duri e profondi.
-te lo scordi! Io non faccio la principessa, assolutamente!- ribadì, saltando giù da una panchina, nel parco in cui giocavano.
-ma come? Io sono forte, e devo proteggerti- Oikawa si portò le mani ai fianchi, guardandolo con superiorità.
-ma che dici! Sei una femminuccia- lo zittì, avvicinandosi pericolosamente a lui.
-no.-
-sì, femminuccia.-
-no.-
Allora a quel punto il piccolo Hajime gli saltò addosso, con aria minacciosa, e Torū si mise a piangere.
-Mammaaaaa! Iwachan mi fa paura!- piagnucolò, fuggendo via, mentre l'altro se la rideva.
Andando avanti col tempo, si potevano osservare due ragazzi entrare alla stessa superiore, l'Aoba Johsai.
In quel periodo Iwaizumi stava davvero male.
Era da un bel po' che aveva capito di essere cotto di “quel coglione di Oikawa", che nel frattempo aveva iniziato la sua carriera da damerino.
Così il ragazzo si trovò da solo.
A combattere da solo contro il suo “essere diverso", per giunta era di sicuro non fosse ricambiato.
Lui non era rude e sempre con il muso come voleva lasciar credere.
Era tutta una corazza, una maschera, un muro che aveva eretto per proteggersi da Torū.
O meglio… per i sentimenti nei suoi confronti.
E così ora erano un lontano ricordo nella sua mente, una cartolina nell’armadio o un vecchio scontrino che ritrovi nel portafoglio.
Aveva soffocato il suo amore come si fa con i falò sulla spiaggia: ci aveva buttato sopra della sabbia, non curandosi che sotto il fuoco fosse ancora acceso.
E, con quel “sono innamorato di te", Oikawa era appena sceso in campo con una ruspa, dissotterrando i pezzi del suo cuore.
Ma ora… cosa avrebbe dovuto rispondergli?
Magari era tutto solo un patetico gioco. Forse si era sempre preso gioco di lui.
Il cuore di Torū in quel momento era come se fosse di tutti e di nessuno, mentre quello di Haijime era un nuovo pianeta del sistema solare, dove il primo astronauta approdato aveva messo una bandiera con su scritto “terreno di Oikawa".
-è uno scherzo? Dimmi subito se lo è, ti giuro ti meno se mi stai prendendo per il culo- tuonò, puntandogli un dito sul petto, il volto indurito, ma come rotto nello stesso momento.
-non lo sto facendo, non è così- chiarì, agitando le mani davanti a sé. -non sai che anni ho passato per dirt- iniziò, ma Iwaizumi lo interruppe, gridando talmente forte da far rizzare i peli del collo del povero capitano, che invece cercava solo di parlare con il cuore in mano.
-che anni hai passato… TU?- chiese amaro, delle lacrime involontarie che andavano a formarsi ai lati dei suoi occhi, cristalline. -non hai idea… di quanto io ti abbia aspettato. Ma io non scorrazzavo dietro mezza scuola senza neanche degnarti di uno sguardo. Io… i miei sguardi li donavo a te e a te soltanto, neanche mi è passato per la mente di spassarmela, nell’attesa che fino ad oggi pensavo infinita. E mi andava bene, non c'è nulla di male. Pensavo fossi etero. Però… se ti piacevo io, MI SPIEGHI PERCHÉ CAZZO TI SEI FATTO METÀ DELLE TUE FAN?- esplose, e con sé anche le lacrime sul suo viso, che si mosse ad asciugare col l'avambraccio.
Detto ciò andò verso l'uscita, ma il braccio di Oikawa lo bloccò, fermo.
-quindi ti piaccio anche io… scusa iwachan scusa sono un coglione- piagnucolò, delle calde e salate lacrime a rigare anche il suo viso, mentre l'altro non replicava, il viso contratto in una smorfia di puro dolore.
-lo sei sempre stato- disse, sputando quelle parole come acido e provando a divincolarsi dalla sua stretta.
-sì… da sempre. Anche quando da piccoli giocavamo, ed io volevo facessi la principessa, ti ricordi, Iwachan? Invece in tutti questi anni tu mi hai sempre protetto. Sei tu il mio principe, perdonami, ti prego- provò, disperato, abbassando il volto a terra, per non farsi vedere in lacrime, che ormai invece sgorgavano indisturbate sulle guance di Hajime, che era perso nel fiume dei ricordi.
-chi mi dice che appena mi distraggo o avremmo una litigata tu non vada da quelle pollette in calore?- domandò, con tono ferito, liberandosi dalla stretta attorno al suo polso ma non andandosene.
-te lo dico io- mormorò, alzando lo sguardo, titubante.
-tu dici un sacco di cazzate, però- lo sminuì, guardandolo con del ghiaccio nelle pupille che piano piano si stavamo asciugando.
-ti prego dammi una possibilità- disse con tono di supplica, abbracciandogli le gambe. -una sola, non ti tradirò, farò tutto quello che vuoi, ma permettimi di stare con te, ti prego, so di aver sbagliato tutto, ma migliorerò- Iwaizumi non lo riteneva capace di fare tutto questo, e, come se avessero finalmente finito di abbattere il muro che lo isolava da lui, rimase intenerito e lo aiutò ad alzarsi da terra, dicendogli più gentilmente possibile che non c'era bisogno di fare il ridicolo.
-allora, mantieni le tue parole, intesi?- domandò, passandogli i palmi delle mani sotto gli occhi, grossolanamente.
Torū annuì, poi Haijime borbottò un “bene", prima di mettergli le mani sulle guance e fiondarsi sulle sue labbra, cercando un contatto più dolce che potè, all'aroma di dolore e lacrime, semi che magari piantati avrebbero fatto nascere un fiore d'amore.
-ora hai promesso, Torū- gli sossurrò all’orecchio, abbandonando del tutto la tenerezza e lasciando uscire la sua parte rude, prendendolo per le spalle e facendolo indietreggiare fino ad un muro.
Il capitano si sentì come svuotare della propria anima, a contatto con la fredda parete.
Vi starete chiedendo come ci sono finiti, a questo punto…
Iwaizumi aveva una fan, probabilmente innamorata persa di lui, che andava a tutte le loro partite, e gli stava sempre azzeccata.
Questo infastidì molto Torū, che non vide di buon occhio Hajime per un po', e lui sapeva il perché, mentre lui stava comunque in mezzo a mille ragazze.
Alla fine la cosa sfociò in una litigata, che tuttavia si rivelò benigna.
La sentiva, Oikawa, la saliva impregnata di amaro, i piccoli respiri ancora a corto di ossigeno, le guance che a volte sfiorava umide di lacrime.
Dopo alcuni minuti, che però a Torū sembrarono durare quanto un battito di ali di farfalla, Iwaizumi si staccò, guardandolo con il fiatone.
-tu… prova… a spezzarami il cuore… più di quanto tu lo abbia già dilaniato…, e ti… spacco la faccia- disse, ansante, reggendosi con un braccio alla parete che si innalzava alle spalle del compagno, riprendendo fiato.
Il petto di Oikawa faceva su e giù in continuazione, sfiorando quello del compagno quando il movimento avveniva sincrono.
-ora andiamo, Shittykawa- sossurrò Iwaizumi, strattonandolo per il braccio.
Era rude, possessivo.
Marcava il territorio, come un animale selvaggio, la cui zona di caccia era il collo del capitano, sul quale ora risaltavano delle macchie rosse, dal contorno indefinito.
I due uscirono, tenendosi impacciatamente per mano, un sorriso malizioso su entrambi, quasi dolce sul volto di Torū, quasi rabbioso su quello di Hajime.
Hinata e Kageyama intanto era ancora addosso alla parete.
Avevano sentito tutto, per la maggior parte del tempo a bocca aperta.
Di Sugawara e Daichi sospettavano, erano pure abbastanza sicuri ci fosse del “feeling" tra Kenma e Kuroo, e potevano scommettere su Bokuto ed Akaashi.
Ma… loro?
-beh, non so proprio che dire, solo… non me lo aspettavo- commentò Tobio, staccandosi dalla porta ed aprendola, per poi uscire dalla piccola cabina, seguito da Shoyo.
-già… neanche io- disse brusco il centrale, superando l'alzatore con passo deciso senza guardarlo in volto.
E ora che diamine gli prendeva?
Gli bloccò la strada, facendolo girare verso di sé.
Gli chiese cosa non andasse, e lui prontamente rispose che andava tutto bene.
Ma Tobio era sicuro non fosse così.
Non gli sembrava avesse fatto nulla di sbagliato… o forse no?
Fece un attimo mente locale, e risalì al nodo del filo del loro rapporto.
Non aveva risposto alla sua domanda, e ora magari pensava la sua risposta fosse “non siamo nulla".
Si sentì molto in colpa.
Si era ripromesso di custodire il cuore di Hinata come fosse il più bello dei tesori, ma non si era accorto che a scalfirlo era stato la stessa corazza che aveva usato per proteggerlo.
Gli prese la mano, facendo incrociare le loro dita, poi lo guardò negli occhi, fisso.
-Shoyo, tu ora sei il mio ragazzo, okay?- chiese, mordendosi un labbro, mentre il volto di Hinata si distendeva in un sorriso, gli occhi lucidi di commozione.
Il centrale annuì, poi gli buttò le braccia al collo e, all'improvviso, gli saltò in braccio.
Il moro lo prese da sotto le cosce, per non farlo cadere, ma fallì, siccole entrambi caddero all'indietro.
Kageyama sotto ed Hinata sopra.
Il primo rosso come un peperone, l'altro per niente.
Era solo… felice.
-si si si si- continuava a ripetere, strofinandogli il capo sul petto per poi cingerlo ed affondargli la testa proprio al centro del costato.
Tobio gli piazzò un bacio sulla fronte, mollo, dolce e lento.
Shoyo lo sentì sulla pelle, in quel punto come se fosse partita una fonte di calore.
I due dopo un po' si alzarono, e fecero ritorno nella palestra, dove ormai era tutto pronto per partire.
-Hinata! Kageyama!- si sentirono chiamare da un individuo, che poi identificarono come Noya.
-ci stiamo organizzando per Capodanno, i genitori di Yamamoto non ci sono, vorrebbe fare una mega festa con tutti noi, loro e i gufi!- esclamò, portando le braccia al cielo.
Iniziarono a salire sul pullman, dicendo al senpai che ci avrebbero pensato.
-vuoi andare? Alla festa di capodanno- chiese Tobio al suo, ormai, ragazzo, mentre sonnecchiavano insieme sul pullman, fianco contro fianco e le mani in mezzo a quei suoi bei capelli rossi.
-mhhh sì! Ci sarà da divertirsi!- divertirsi rispose Shoyo, energico al solito, alzando il mento per arrivare a dargli un bacio sulla mascella. -tu anche vieni- ribadì, guardandolo serio solo per un secondo.
-solo perché me lo hai chiesto tu con tanta gentilezza- mormorò il moro, sarcastico, alzando gli occhi al cielo, per poi iniziare un bisticcio con il più basso.
Fidanzati o non fidanzati, loro due sembravano essere stati concepiti per creare confusione.
Ciaooo come va la vita?
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