5-La partita
Sᴜʟʟᴀ ᴘᴏᴢᴢᴀɴɢʜᴇʀᴀ
ᴄɪɴǫᴜᴇ ᴏ sᴇɪ ᴛʀᴏɴᴄʜᴇᴛᴛɪ
ᴅɪ ᴀʟʙᴇʀᴏ ᴠɪᴠᴏ.
Bᴀsʜᴏ̄
•••
Fu questione di attimi.
La mano sinistra di Ushiwaka che schiacciava, dritta, potente, precisa.
La palla che viaggiava, lenta, come fluttuante, davanti agli occhi di tutti.
Era una sensazione non nuova per Haru, quella di avvertire il tempo rallentare.
Succedeva quando era in campo che la palla rallentasse in una maniera impressionante, velocizzandosi di colpo quando giungeva al suolo.
Per qualche motivo era in grado di vedere ogni minimo dettaglio al rallentatore, anzi, a leggerlo.
Proprio come le capitava di tanto in tanto in classe quando leggeva un testo.
Mentre la voce era ad un punto, gli occhi e la mente prendevano vita, guizzando sulla pagina, leggendo e comprendendo ciò che sarebbe successo dopo.
Le piaceva sapere il dopo prima degli altri, prima di chiunque altro.
Ed eccola, quella velocità improvvisa.
La sfera gialla e blu sfrecciò nell'aria, facendo come arrestare per pochi istanti il battito cardiaco della schiacciatrice.
Si avvicinò ancora di più alla balaustra, ignorando le persone che le imponevano di spostarsi perché non ci vedevano.
Haru rimase lì ferma, immobile, ad osservare la palla che finì sulle braccia del libero e volò nella direzione di Kageyama, che l'alzò senza tanti complimenti ad un ragazzino basso con i capelli arancioni e la divisa con il numero dieci.
Non appena il piccoletto si apprestò a schiacciare, la mente di Haru fece sì che un'altra immagine si sovrapponesse alla sua figura.
Un altro ragazzo con il numero dieci, stessa divisa, ma con i capelli neri.
Lei decise però di occuparsene più tardi e riprese a guardare la partita, curiosa come mai.
In quell'esatto momento la sfera venne schiacciata con forza nel campo avversario, così velocemente che neppure il formidabile Tendou Staori fu in grado di bloccarla, arrivò dritta a terra.
Fu incredibile.
A quel punto un nuovo sentimento nacque in Haru, qualcosa che non provava da tempo.
Un'emozione che non avrebbe mai dimenticato, una sensazione che dal centro del petto si estese per ogni nervo del suo corpo.
Si sentiva fremere, non riusciva a stare ferma, il corpo era in preda a spasmi eccitati e colmo di voglia di scendere in campo.
Improvvisamente, un dolore lancinante la costrinse ad inarcare la schiena, quando esso le percorse la spina dorsale, una fitta di puro panico che arrivò al cervello, dove cominciarono a piombare milioni di immagini e parole che Haru non riusciva a riconoscere.
In fretta si sostituivano l'una all'altra con una velocità impressionante, la loro scomparsa era accompagnata da lampi di luce di un fastidio immane.
Alcune, pur vedendole solo di sfuggita, fu in grado di riconoscerle, seppur a tratti.
Ad esempio una mostrava Oichiro e Kaen intente a parlare ad una terza figura con indosso una divisa familiare, ma allo stesso tempo ignota.
Oppure un'altra, che raffigurava una neonata fra le braccia di un uomo.
Era strano e le causava dolore.
Tanto, troppo dolore.
Se c'era una cosa in vita sua che le era capitato di odiare, erano quegli attacchi, che l'avevano abbandonata per un po'.
Non del tutto, evidentemente.
Haru fu in grado di udire qualcuno chiamare il suo nome, fece per girarsi ma perse l'equilibrio cadde all'indietro, finendo sul pavimento sbattendo la testa.
A quel punto, tutto divenne nero.
•••
Quando Haru aprì gli occhi, l'unica cosa che vidi davanti a me fu un soffitto bianco ed immacolato.
La testa era indolenzita, ma il dolore era cessato del tutto.
«Sei sveglia ragazza? Come ti senti?»
Chiese una voce sconosciuta proveniente da un punto non definito della stanza alla destra della ragazza.
La schiacciatrice ruotò la testa appena, quanto bastò per vedere una ragazza sui vent'anni, con i capelli biondi a caschetto, un giubbotto rosso ed il seno evidenziato da una profonda scollatura sulla maglietta bianca.
Lentamente Haru si tirò a sedere, continuando a fissarla.
«Stai bene?»
Chiese la sconosciuta inclinando la testa, probabilmente chiedendosi perché la schiacciatrice la stesse guardando tanto intensamente.
Poi parve realizzare che non aveva idea di chi fosse, perciò si sbatté la mano in fronte ridacchiando.
«Giusto, io sono Saeko Tanaka, ma puoi chiamarmi Saeko-nee»
Disse, allungando la mano verso di Haru, chea strinse con riluttanza.
«Haru»
Mormorò l'arancione, facendo per alzarsi ma fallendo miseramente.
Saeko si alzò e, armata di tutta la sua gentilezza, si fece carico di aiutarla a tirarsi su.
«Calma ragazza, sei rimasta svenuta per mezz'ora, chissà che è successo-»
Si zittì non appena la schiacciatrice si mise in piedi, facendo incupire l'espressione di quest'ultima.
«S-sei...»
Mormorò senza fiato la bionda, evidentemente stupefatta, alzandosi anche lei.
Haru chinò il volto verso il basso per poterla guardare negli occhi.
«Altissima? Ne sono più che consapevole»
Ammise spostando lo sguardo su uno specchio appeso alla parete davanti a lei, mentre un velo di tristezza copriva il suo volto imperturbabile.
Poi Saeko, contro ogni aspettativa della minore, sorrise.
«È una cosa fichissima!»
Esclamò entusiasta.
Alla schiacciatrice sfuggì uno sguardo interrogativo, alla gente di solito non piaceva la sua altezza, ero pur sempre un metro e novanta sette, e alle persone spaventava una ragazza così alta.
Eppure Saeko la guardava sorridendo.
«Pensa quante cose puoi fare senza chiedere aiuto a nessuno»
Continuò infatti, senza tracce di paura o fastidio nella sua espressione, solo pura gioia.
Haru, lentamente, si mise nuovamente seduta sul letto, in segno di ascolto.
«Insomma, io non sarò mai sicura se un ragazzo vorrà stare con me solo perché ho un bel corpo, ma per stare con te dovrà amarti sul serio, immagina di doverti costantemente alzare in punta di piedi per baciare qualcuno, di sentirti costantemente più basso di colei che ami, dev'essere davvero dura»
Disse Saeko, spingendo l'arancione a riflettere ed a constatare una cosa.
Era vero.
Stare con una persona più bassa è facile, ma quanto può essere complicato innamorarsi di qualcuno di tanto più alto di te?
Nessuno le aveva mai parlato così, lei stessa non ci aveva mai pensato ma era pura verità quella sgorgata dalle labbra della bionda.
«Haruru!»
Esclamò d'un tratto Oichiro Kageyama, che aveva appena fatto irruzione nella stanza urlando al massimo delle sue capacità.
Non appena vide la sua migliore amica corse verso di lei e le saltò al collo.
Letteralmente.
Saltò cingendole la vita con le gambe e il collo con le braccia, fino a far cadere Haru con la schiena sul materasso.
«Ti preoccupi per me? Sono lusingata»
Disse la schiacciatrice con ironia, tentando di alzarsi seppur con scarsi risultati, visto il peso di Oki non indifferente.
«Preoccuparmi? Assolutamente no»
Il libero guardò la sua compagna di squadra quasi sconcertata, come se ciò che avesse appena sentito fosse inaudito, poi continuò.
«L'unica cosa che voglio sapere è se hai visto quella figata che ha fatto il libero»
Haru alzò gli occhi al cielo sbuffando divertita e chiedendosi cosa avesse fatto di male per meritarsi una migliore amica tanto pessima.
«L'ho vista, ora andiamo»
Esclamò riuscendo finalmente ad alzarsi, seppur con ancora la bicolore in braccio, parlando con il tono di chi non ammette repliche.
«Grazie mille Saeko-nee»
Per ultima cosa, Haru si rivolse alla sua salvatrice con un piccolo cenno del capo, la sua migliore amica pesava troppo per permetterle un inchino, prima di sparire fra i corridoi del palazzetto assieme ad Oki.
•••
«Ma dove eravate?»
Urlò Kaen correndo incontro alle due ragazze nel corridoio appena precedente agli spalti.
Haru si grattò la nuca imbarazzata, mentre Oichiro tirava fuori un sorriso nervoso ed impastato di lucidalabbra alla fragola.
«Giuro, non è morto nessuno Cognata»
Esclamò la più bassa, facendo emettere un verso di rassegnazione alla grigia.
«Eravamo in infermeria, sono svenuta ed ho sbattuto la testa»
La più giovane degli Iwazumi guardò sconcertata l'amica non appena ne udì la confessione.
«Haru, sei seria?»
Chiese la grigia con gli occhi sbarrati mentre lei alzava le spalle in segno di resa.
Kaen si soffermò poi a guardare Oki, in attesa di spiegazioni, ma tutto ciò che ottenne fu un sorriso a trentadue denti da parte del libero che confermava quella versione dei fatti.
A quel punto tutte e tre avvertirono dei passi alle loro spalle, così si voltarono istintivamente fino a vedere Osamu che camminava tranquillo nella loro direzione.
«Kaen stanno bene?»
Chiese tentando di mantenere un tono impassibile, ma il tremolio leggero nella sua voce tradiva la sua effettiva preoccupazione.
Haru guardò la sua migliore amica annuire sorridendo, prima affiancandosi al maggiore dei Miya.
La schiacciatrice quasi si pentiva di averli presentati.
«E tu ti definisci uno sportivo? Trenta metri e hai già il fiatone»
Disse l'arancione incrociando le braccia al petto, per punzecchiare Osamu.
Lui, in tutta risposta, la ignorò beatamente dedicando tutta la sua attenzione ad Oichiro.
«Allora, come state?»
Le domandò, facendo intendere di essere rivolto esclusivamente a lei.
Oichiro sorrise ed iniziò a raccontare, esagerando tutto come suo solito.
«Già sento le campane»
Sussurrò Kaen all'orecchio di Haru, ridacchiando, l'arancione annuì, mentre la palleggiatrice si allontanava, lasciandola sola.
Aɴɢᴏʟᴏ ᴄᴏᴛᴛᴜʀᴀ
Wow. Siamo giunti alla fine di un altro capitolo e io, come sempre aggiungerei, non so che dire. Cioè, sono tanto ispirata quando scrivo ma finisco e finisce la fantasia.
Lo posso calcolare come il mio superpotere?
Comunque spero che ciò che sta uscendo fuori vi stia piacendo, perché a me piace molto di più rispetto alla prima pubblicazione e sono felice della mia decisione di revisionarlo.
Se inoltre, qualcuno dovesse avere consigli o critiche costruttive sappiate che sono apertissima a tutto, essendo ancora alle prime armi voglio migliorare e se vorrete darmi una mano per me sarebbe bellissimo.
Ora vi lascio, sappiate che torno fra qualche settimana!
~Kɪ
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