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𝟹 - 𝙲𝚑𝚎𝚎𝚜𝚎𝚋𝚞𝚛𝚐𝚎𝚛

New York, 21 luglio 1935

Quella domenica, per il compleanno di Josie, Steve e Bucky avevano pensato di portare la ragazza a mangiare in un posto che aveva aperto da poco lì a Brooklyn, e in cui facevano un nuovo tipo di panino, il cheeseburger. Per questo, Rogers uscì di casa quella mattina, passeggiando per qualche isolato, in modo da raggiungere la casa dei Barnes, poco distante dalla sua. «Ciao, Steve! Prego entra pure, i ragazzi saranno pronti a momenti.» non appena suonò il campanello, la signora Barnes, Winifred, si presentò alla porta, invitandolo a entrare. Per lui, quella donna era come una seconda madre, lo aveva sempre trattato con gentilezza e, sotto certi aspetti, in lei rivedeva molto anche Josie. Anche la ragazzina, come la mamma, era infatti sempre gentile, sorridente e cordiale, ma Steve la conosceva ormai bene e sapeva come Josephine non dovesse essere stuzzicata; in quello, aveva preso dal fratello, era un po' una testa calda se presa di mira.

Come anticipato, dopo pochi minuti, Bucky scese al piano di sotto, scivolando sul corrimano delle scale e facendo urlare sua madre dalla rabbia. «Josie, sbrigati! C'è Steve!» urlò, nel tentativo di non fare tardi e ignorando Winifred che lo sgridava.

«Solo un attimo! Ho quasi fatto.»

Poco dopo, anche lei comparve sulle scale, con indosso un vestito a scacchi bianchi e rosa, stretto in vita e con una gonna ampia lunga fino al polpaccio. Il viso era leggermente truccato con un rossetto rosa, e messo in mostra dai capelli raccolti nella parte superiore e per il resto lasciati sciolti sulle spalle. Era molto carina, secondo i pensiero di Steve, tanto che rimase forse un po' troppo con lo sguardo su lei, come gli fece intendere la gomitata ricevuta dal suo amico, che lo osservava accigliato.

«Allora? Andiamo?» disse lei, distraendo i due da quel gioco di sguardi, ed esortandoli a uscire di casa.

«Mi raccomando, alle quattro a casa!» urlò Winifred, quando ormai i ragazzi erano già in strada, ma poiché Bucky sembrava non voler dare segno di vita alla madre, furono Steve e Josie a voltarsi verso di lei, annuendo, facendole segno di aver capito.

Camminarono per qualche isolato, con Josie che saltellava qua e là, com'era solita fare, e con i due ragazzi invece leggermente più indietro. D'un tratto, Bucky afferrò l'amico per un braccio, tirandolo a sé e parlando piano vicino al suo orecchio. «Senti, Steve, ti dispiace se ti lascio solo? Ho un appuntamento»

«Ma Bucky! E tua sorella? È il suo compleanno.» puntualizzò lui, ammonendolo con lo sguardo.

«Lo so, e le voglio bene, ma non posso farmi scappare l'occasione di uscire con Melinda Sexton!»

Melinda, la ragazza più bella della scuola, una di quelle che tutti i ragazzi sognano. Non era sorpreso, Steve, che lei volesse uscire con Bucky, in fondo non era solo di bell'aspetto, ma anche intelligente, un atleta eccellente e, anche se da fuori non l'avrebbe sospettato nessuno, un bravo studente. Non era certo come Steve. In realtà, a lui non interessava affatto Melinda, non era proprio il suo tipo, troppo gatta morta, ma non gli sarebbe comunque dispiaciuto ricevere ogni tanto le attenzioni che riceveva il suo migliore amico.

«Steve, ci sei? Mi stai ascoltando?» lo riscosse.

«Sì... vai pure, resto io con Josie.» asserì, ricevendo da Bucky un abbraccio che lo stritolò. Poi, il giovane Barnes cambiò rapidamente strada, dirigendosi all'appuntamento, mentre Rogers si avvicinava invece sconsolato a Josie, sospirando.

«Dov'è andato mio fratello?» chiese lei, una volta che il biondo le fu a fianco.

«Josie, lui... beh...»

«Lascia stare, Steve, ho capito. Ha preferito uscire con una ragazza, vero?»

«Mi dispiace...» si strinse nelle spalle, come se fosse lui stesso il colpevole.

«Non fa niente, ci sei tu.» sorrise, sincera, prendendo poi la mano di Steve per trascinarlo dentro il ristorante, che ormai avevano raggiunto. Quel semplice gesto, per lei tanto spontaneo, fece avvampare le guance del ragazzo, imbarazzato anche per quelle due frasi che lei gli aveva detto. Sperava solo che la mano non sudasse, così da non far capire alla ragazza quanto quella situazione lo stesse confondendo e mandando nel pallone. Per fortuna, presero presto posto a un tavolo abbastanza appartato, e mentre Josie se ne stava lì seduta, Steve colse l'occasione per allontanarsi un attimo dalla causa del suo imbarazzo, Josie stessa, andando a ordinare sia per lui che per lei.

«Cosa posso portarti caro?» la signora al bancone, una donna sulla sessantina, si rivolse a lui con un grande sorriso.

«Ehm, due Cheeseburger, grazie. A quel tavolino...»

«Ti serve altro?»

«Sì... più tardi può portare una fetta di torta con una candelina? È il compleanno della mia amica.» chiese, un po' imbarazzato.

«Certo.» sorrise ancora, congedandosi con lui, mentre Steve tornava verso il tavolino.

I panini arrivarono piuttosto in fretta, e tra una chiacchiera e l'altra, li divorarono come se non avessero mai mangiato nulla di così buono in tutta la loro vita. Forse, era davvero così, in quel periodo si consumava principalmente cibo in scatola, e solo chi se lo poteva permettere aveva modo di provare pasti variegati. Loro, non essendo gente di alto rango, non avevano spesso tale privilegio, ma quel giorno, Steve voleva a tutti i costi regalare a Josie la giornata migliore, anche se questo voleva dire spendere tutti i soldi che aveva da parte. Nemmeno lui si rendeva conto di come i suoi sentimenti non fossero segno di semplice amicizia, troppo ingenuo per capire che si stava lentamente innamorando di lei.

Cheeseburgers e bibite vennero presto accompagnati dal fetta di torta che il ragazzo aveva richiesto in precedenza, con una scintillante candelina posta sopra di essa. «Esprimi un desiderio.» le disse lui, prima di vederla soffiare con cura sulla candelina, sorridendo. «Che desiderio era?»

«Steve! Non si chiede. Se te lo dico non si avvera.» risero insieme, ma le loro risate vennero interrotte da una voce alle spalle di Steve, che gli fece accapponare la pelle.

«Rogers! Proprio la persona che stavo cercando.» non aveva bisogno di guardarlo in faccia per riconoscere Randall, il bullo del quartiere. «Sei venuto a mangiare un cheeseburger? Magari così riesci a riempire quei vestiti che indossi. Forse dovresti comprare un abito da donna, con quel fisico che ti ritrovi!» lo schernì.

«Lascialo in pace!» si intromise Josie, alzandosi in piedi.

«Guarda, Rogers... ti sei fatto la ragazza!» lo prese ancora in giro, mentre i suoi amici gli davano man forte, ridendo come iene.

«Andiamo via, Josie, ignorali.» anche Steve si alzò, afferrando la mano della ragazza, per poi pagare velocemente il conto e lasciare in fretta e furia il ristorante. Non voleva stare un secondo di più nello stesso posto di Randall, soprattutto con Josephine.

Per tutto il tragitto, lei provò a tirare fuori l'argomento, ma vedendo lo sguardo triste di Steve, sorvolò, pensando giustamente che lui non volesse parlarne. Non sopportava di vederlo così, e la feriva sapere che ci fossero persone, come Randall, che lo prendevano di mira solo per il suo aspetto e la sua statura, ma del resto, era così che loro si erano conosciuti, lei e Bucky lo avevano salvato dai bulli, anche sette anni prima. Ogni tanto pensava che Steve non ci facesse più caso, ma poi bastava guardarlo per capire come invece soffrisse per la cosa.

Giunti ormai al cancello di casa Barnes, la ragazza si sistemò il rossetto rosa, leggermente sbavato, mentre Steve la osservava ammaliato. Cercò di raccogliere tutto il coraggio che aveva in corpo, per porgerle finalmente il suo regalo di compleanno. «Josie... questo è per te.» disse, allungando verso di lei il pacchetto. «Tanti auguri.» sussurrò, mentre lei lo apriva emozionata, tirando fuori da esso una piccola spilla dorata con delle perline sopra. «Non è niente di che...» disse lui, mettendo le mani avanti.

«Steve, è bellissima. Grazie davvero.» lo abbracciò. «Ti voglio bene.» disse, lasciandogli poi un dolce bacio sulla guancia, prima di rientrare in casa.

Quel gesto, fatto ancora una volta senza malizia, fece fare una capriola al cuore di Steve, diventato nel frattempo leggermente bordeaux in faccia. Contento, si voltò per tornare a casa, incrociando lo sguardo di Bucky che invece faceva ritorno dal suo appuntamento.

«Cos'è quel sorriso da ebete che hai?» domandò l'amico, facendogli rendere conto solo in quel momento di stare sorridendo. «E soprattutto, perché hai del rossetto sulla guancia?» corrugò la fronte, e fu in quel momento che Steve andò nel panico, tentando invano di rimuovere dalla guancia il segno delle labbra di Josie, strofinando con forza. «Quello è il rossetto di mia sorella!?»

«No, ti sbagli.»

«Steve, giuro che ti ammaz-»

«Devo andare, ciao!» lo interruppe, letteralmente scappando verso casa sua.

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New York, 2012

Quando Steve aveva rivisto Josie, non aveva minimamente pensato al rischio di perderla di nuovo, non aveva avuto nemmeno il tempo di metabolizzare che lei fosse davvero di nuovo tra le sue braccia. Seduto nella sua camera d'ospedale, al lato del letto, rigirava in una mano la bussola che si portava sempre dietro, e nell'altra le figurine insanguinate che Coulson portava nella giacca prima di morire. C'era lui, raffigurato su quelle carte, c'era Captain America. Phil era un suo grande fan, avrebbe voluto fargliele autografare, ma non ne aveva avuto il tempo, la vita gli era stata portata via troppo presto per colpa di Loki. Quelle figurine, che rappresentavano Steve in divisa, erano il segno di un passato, di cui ormai gli era rimasta solo la ragazza nel letto di fianco a lui.

«Si sveglierà.» una voce femminile portò Steve a voltare il capo verso la porta, dove incontrò lo sguardo di Natasha.

«Lo spero...» sospirò, mentre la rossa si sedeva al suo fianco.

«Posso chiederti una cosa? Se non sono indiscreta.» domandò lei, e lui annuì. «Cos'era lei per te?»

«Ci siamo conosciuti quando avevo dieci anni, lei e suo fratello mi hanno salvato da dei bulletti. Da quel giorno siamo stati sempre noi tre, avevo solo loro. Josie e Bucky sono gli unici che hanno sempre visto qualcosa in me anche prima del siero... è speciale, non posso perderla di nuovo.»

«Sembra che tu ci tenga molto.»

«È così.»

«Non era solo un'amica, vero?»

«Lei è... come una sorella, quindi no, non è solo un'amica»

«Rogers, io non intendevo questo.» un sorriso leggermente malizioso si fece largo sul viso della Romanoff, ma prima che lui potesse rispondere, un'altra voce, seppur flebile, si aggiunse.

«Steve...»

«Oddio, sei sveglia!» Rogers scattò verso il letto, afferrando le mani di Josie, e incatenando gli occhi nei suoi.

«Vi lascio soli.» Natasha poggiò una mano sulla spalla di Steve, e dopo aver fatto un occhiolino alla ragazza, uscì dalla stanza.

«Come ti senti?» domandò lui, concentrando ogni sua attenzione su Josie, accarezzandole i capelli.

«Sto bene, Steve.» sorrise. «Ci sei tu con me.»

«Senti... Fury mi ha detto che tu e Coulson eravate amici. Lui... è morto Josie, mi dispiace tanto.» si sedette di nuovo, non lasciando mai la sua mano. Lei annuì, cominciando poi a piangere, e Steve non poté fare altro che starle accanto, e condividere con lei il dolore di un'altra perdita. Josephine non aveva più niente nella sua vita, aveva perso tutti, a parte Steve, e la morte di Coulson aggiungeva solo un altro tassello alle sue sofferenze. «Josie, perdona la domanda, ma... come fai ad essere viva?» le chiese, dando voce ai dubbi che lo tormentavano da quando l'aveva rivista.

«Quando hai deciso di sacrificarti, Steve, sono venuta a cercarti. Non potevo lasciare nulla di intentato, non potevo non provare a salvarti, nonostante il colonnello Phillips e Peggy mi avessero detto che sicuramente eri morto. L'hanno definita una missione suicida.» Un sorriso amaro si fece largo sul suo viso. «Ricordo solo di essere finita nel ghiaccio, poi il nulla... non ti ho trovato Steve, non sono riuscita a salvarti... mi dispiace.» scoppiò di nuovo a piangere.

«Va tutto bene, Josie, va tutto bene.» lui la strinse tra le sue braccia, sedendosi accanto a lei sul letto. «Quindi Phillips e Peggy hanno abbandonato presto le speranze... e io che pensavo che diventare Captain America facesse automaticamente cadere tutti ai miei piedi. Pff... bella considerazione.» cercò di farla ridere, nonostante non fosse mai stato un granché a fare battute. Lei rise comunque, e quel suono fu il più dolce che Steve sentì dopo parecchio tempo.

«Il siero, Captain America, tutto quello è servito solo a far vedere agli altri chi sei sempre stato davvero, Steve, un uomo giusto, un eroe.» Lui le baciò la testa, stringendola ancora di più a sé. «Steve, a proposito di Peggy... mi dispiace averti detto questa cosa, so che lei ti piaceva e che così ti sembrerà un mostro, ma lei ci teneva a te... il fatto che non volesse mandarmi a cercarti era solo un modo per proteggermi.»

«Non fa niente...» riuscì a dire solo quello, confuso dalle parole della Barnes.

A lui non piaceva Peggy, non in quel senso, perché mai lei pensava il contrario?

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