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Caleb

⚠️Trigger Wornings⚠️

Questo capitolo contiene scene esplicite.
Una forma di abuso sessuale.
Maltrattamento fisico e psicologico.
Pertanto, ti invito a non leggerlo se sei sensibile a questi TW.
🔴

Capitolo 21

"Non avere paura dell'oscurità, se te lo mostrano in faccia. 
Abbi paura di chi ti dice di portare la luce dentro di sé,
senza darti nessuna prova che essa ci sia veramente."

Kappa_07

«Contempla piccola Violetta. Contempla quanto puoi, ma per tua sfortuna il risultato sarà lo stesso.» mi guardai le cosce prima di posare di nuovo lo sguardo su di lei. Aveva il volto cremisi, mentre le mani erano raccolte in pugni per via della rabbia che non stava esprimendo, cosa che adorai in una maniera assurda, perché se c'era una cosa che mi faceva andare avanti in questo gioco, era proprio il motivo di lei che tentava in tutti i modi di avere il controllo della situazione. 

«Tu, sculacciata sulle mie ginocchia.» esordii trionfante.

Viola deglutì, i suoi bellissimi occhi luccicarono e il mento fine le tremò appena, stava per piangere dalla frustrazione di non poter fare nulla, se non arrendersi. Deglutii a mia volta, c'era una cosa che lei non sapeva, una cosa a cui io ho avuto la conoscenza di scoprirlo quando ero appena un adolescente di quindici anni.

Ero afflitto dalla dacrifilia, quindi le sue lacrime non avrebbero fatto altro che accrescere la mia voglia di scoparla come se fossi un assennato, soprattutto dopo averla sculacciata.

«Sei un mostro», sussurrò prima di alzarsi. Sorrisi a mezza bocca guadandola da sotto le ciglia mentre si dirigeva con dei passi malfermi verso la mia persona. Alzai il collo e gonfia il petto attendendola. I suoi occhi erano fissi nei miei, più duri che mai, l'espressione contrariata con le narici frementi, le mani raccolte in pugni e le spalle tese ne confermavano la rabbia che nutriva. 

fece due passi malfermi serrando con forza la mascella. 

Ghignai guardandola da capo a piedi. 

«Togliti i pantaloncini» le ordinai.

«Non lo farò!», mi rispose a denti stretti stringendo forte le mani a pugno.

Alzai le braccia e l'afferrai per i polsi portandola a sedere sulle mie ginocchia, squittì appena sgranando gli occhi e tentò di allontanarsi, ma la ghermì forte per la vita. «Stai buona!», le ordinai prendendole il mento e stringendolo forte rivolto verso la mia faccia. Annusai il profumo della sua pelle prima di dire: «Sarà piacevole, te lo prometto.»

«Tu dici stupido coglione?», il suo volto era rosso dalla rabbia mentre cercava invano di scivolare via dalle mie ginocchia, sorrisi guardandola negli occhi e ficcando l'altro braccio sotto le sue ginocchia la feci sdraiare del tutto sopra di me. Il suo petto iniziò a tremare e il respiro si fece sempre più corto.

«Caleb, ti rendi conto che stai per fare qualcosa di molto brutto? Io non ti perdonerò mai!» esordì con gli occhi sgranati e molto tesa. 

Deglutii il vuoto che ebbi allo stomaco. «Girati Lilla», le ordinai. Il suo bellissimo sguardo brillò, non aveva mai sentito il suo nome lasciare le mie labbra, e anche a me tremò il petto nel proferire quelle due sillabe.

«No che non lo farò!», disse a denti stretti ancora. Con un balzo tentò di allontanarsi e di scappare, ma l'afferrai per i collo costringendola a restare immobile e respirando pesantemente a fior di labbra le sussurrai: «Obbedisci, o ti giuro che non trarrai nessun godimento da ciò che sto per fare».

Deglutì e si voltò, i suoi occhi luccicarono dalle lacrime ancora una volta prima di voltarsi e darmi il suo bellissimo culo che non vedevo l'ora di toccare. Il cuore prese a dibattersi contro la gabbia toracica, il respiro si fece pesante e il sangue correva veloce nelle mie vene. Mi tremò il mignolo mentre portavo le mani sull'elastico dei pantaloni per abbassarli. Sussultò appena quando infilai le dita sotto l'elastico dei pantaloncini e le pelle le si riempì d'oca. 

«Tranquilla Cappuccetto, il lupo sarà docile, per questa volta», le sussurrai toccando la sua chioma in una muta carezza, si scostò come se non sopportasse le mie mani addosso e la senti fremere appena mentre abbassavo i pantaloni. 

«Ti prego...», singhiozzò appena prima di abbassarli sulle sue cosce bianche. 

Mi si azzerò la salivazione quando il suo culo sodo coperto dai miei boxer mi si parò di fronte, deglutii invano e aprii la bocca per prendere una boccata di ossigeno. La sua pelle era morbida e bianca come il latte, spostai ancora di più i boxer mentre il suo respiro si faceva sempre più pesante accompagnando il mio. Avevo una voglia matta di sentire il rumore della pelle contro il mio palmo, volevo vedere l'effetto che mi generava e il colore intenso che avrebbe preso la sua pelle. Volevo spingermi oltre, torturarla lentamente per poi regalare un dolce sollievo che sarebbe stato più buono del miele. 

Volevo che provasse ciò che provavo io per una volta. Volevo farle conoscere un pezzo della mia oscurità e volevo che l'accettasse. Perché Lilla Baker non aveva bisogno di un cavaliere dall'armatura bianca che la salvasse, lei si poteva salvare da sola. Ma per riuscire a fare ciò, doveva prima toccare l'oscurità. Doveva imbrattarsi, doveva conoscerlo, e forse perché no, anche diventare tutt'uno con essa, per poi accettare il suo destino e riconoscere se stessa. 

Perché io non ero buono, non lo ero mai stato, non lo sarei mai diventato. Io ero l'oscurità, e avevo appena deciso di convertire una dolce ragazza dagli occhi più strani al mondo, nel sentiero delle tenebre, dove ero più che certo, si sarebbe trovata benissimo.  

Le persone avevano mille sfaccettature, ma Caleb War, ne aveva solo una. Quella di inghiottire la luce e distruggere ogni buonsenso, diventando così l'unico credo. Le mie convinzioni erano la base di ogni cosa. 

Niente rimorso.

Niente dolore.

Niente paura.

Le parole magiche di Trevor War mi si riverberarono nel cranio e prima ancora che la ragazza finisse la frase lo feci...

«C-caleb non far-»

Alzai la mano e la colpì facendola urlare di dolore, il suono dello schiaffo mi si riverberò nelle ossa e sentii il mio petto tremare come se fosse scosso da uno tsunami interiore.

«Ah! B-bastardo!», si lamentò mentre sussultava dal bruciore della collisione della mia forza contro la sua pelle bianca che in pochissimi secondi iniziò a diventare rosa.

«Uno. Non devi mai più insultarmi», contai prima di schiantare di nuovo il mio palmo contro la carne calda. Lei gemette ancora sussultando. Sentii le sue unghie conficcarsi nella mia coscia mentre un singhiozzo lasciò la sua gola. Chiusi gli occhi riempendo il petto di ossigeno. L'eccitazione correva dentro di me, volevo farle male. Tutto quello che volevo era maltrattarla, prendere a sculacciate il suo bellissimo sedere per poi scoparla subito dopo senza nessun controllo.

«C-caleb fa-»

Le parole le si incastrarono in gola quando anche il secondo schiaffetto andò a segno facendola sussultare e gemere, la pelle diventò talmente rossa, che le mie impronte sulla sua pelle mi generarono una voglia irrefrenabile di volerle fare di tutto. Deglutii e controllai la voce prima di dire: «Due, non devi mai più disobbedirmi.»

Cercò di divincolarsi, ma il terzo schiaffo andò a segno facendola urlare, fu uno schiaffo più forte dei tre precedenti. Il suono si propagò nell'intera stanza facendo eco e accompagnando il suo gemito di dolore. Non ce la feci più, ero prossimo a un rigonfiamento estremo, il cazzo mi pulsava dolorosamente battendo sul suo basso ventre. La sentì irrigidire come a comunicarmi che a lei non fosse sfuggito nulla, nemmeno il mio respiro irregolare. Poi un singhiozzo spezzò il silenzio e il mio respiro bloccato. Lei stava piangendo.

«Tre, non direi mai più che mi sei indifferente, poiché la tua fica fradicia in questo momento mi sta comunicando tutt'altro», la voce mi si spezzò appena quando avvicinai le dita vicino alla sua fessura coperta dai miei boxer. Erano bagnati, e mi sentii morire. Il sangue mi si surriscaldò e per tranquillizzare le mie molteplici emozioni feci un lungo respiro gonfiando il petto e chiudendo gli occhi.

"Resisti Caleb"

«Ti odio, stupido bastardo!», urlò tra le lacrime dibattendosi per liberarsi.

Ghignai appena sospirando, portai una mano sulla sua gola e strinsi forte come a voler dare una lezione del vero me. "Sono rotto mia piccola Dalia Nera"

Si irrigidì, ma le sue spalle continuarono a sussultare, piangeva in silenzio Perché aveva appena capito che più singhiozzi a voce alta faceva, più io ci sarei andato giù pesante.

"Proprio come te Caleb. Ti ricordi?"

«Quattro, non provocare il lupo mentre sei prigioniera nelle sue mani.» Alzai il braccio, aprii le dita e schiantai il palmo con decisione contro la sua chiappa diventata ormai viola, il suono mi si riverberò nelle orecchie, si propagò alla velocità della luce nel mio petto e raggiunse il mio cazzo per la quarta volta mentre la sua voce uscì rotta dal pianto, eppure era così bagnata, così dannatamente pronta e scivolosa che avrei potuto prendere ciò che bramavo con così tanta facilità. 

«Sei così fradicia Violetta, così pronta per me che solo l'idea di te che ti bagni dal dolore che stai provando mi manda in visibilio.» le sussurrai piegandomi verso il suo orecchio.

Un altro singhiozzo spezzo il suo respiro, mentre il suo corpo sussultava di tanto in tanto.
Senza attendere misi la mano a coppa sulla sua fica fradicia e strinsi forte bagnandomi le dite. Feci un lunghissimo respiro mentre lei si dimenò per andare via, la chiappa era rossa e si vedeva l'ematoma che si stava ricreando, la tenni stretta per la gola immobilizzandola. Volevo toccarla, sporcarla e poi leccarla.  Volevo infilare in naso nella sua fica e respirare per poi passarci la lingua lentamente e ingoiare tutti i suoi umori.

Volevo darle del dolore per poi procurare il piacere più intenso che lei avesse mai sperimentato.

«Lasciami stronzo!», urlò dimenandosi. «Basta, avevi detto cinque e cinque erano, ora lasciami andare!» disse fra le lacrime.

Ebbi una vertigine, il suo odore mi arrivò al cervello, senza pensare ancora infilai le dita oltre i boxer e toccai le sue pieghe. Gemette, un gemito di sofferenza e piacere si elevò dalle sue labbra mentre si irrigidiva circospetta.

Con l'indice e il medio passai su e giù carezzando le sue pieghe morbide. Era così liscia, così morbida e soprattutto, così fradicia.
Il dolore atroce che sentivo alle parti basse mi fece tagliare il respiro di netto, ma il peggio fu quando lei iniziò a dibattersi per allontanarmi, ma finì per cercare il contatto con le mie dita e scivolare senza nemmeno volere lungo l'indice e il medio. Si rese conto di essersi procurata del piacere solo quando gemò in preda ai sensi appaganti.

Era talmente scivolosa che il contatto delle mie dita contro il suo clitoride gonfio fu come se stessi suonando il pianoforte. La pizzicai appena stringendo forte le piccole labbra. Gemetti a mia volta per il dolore inconcepibile che mi stava procurando.

«Ti prego...», soffiò dalle labbra mentre i gemiti che si elevavano dalla sua bocca morbida erano sempre più sconnessi. Voleva che la lasciassi stare, ma la sua fica continuava a piangere imbrattando le mie dita sempre di più.
«Smettila di piangere e di muoverti Lilla...», sospirai in preda a un collasso poiché lei mi stava uccidendo. «...Altrimenti, non so se potrò essere in gradi di fermare la bestia che è in me. E ti giuro che questo è un avviso. Voglio assaggiarti in tutti i modi e se non la smetti di piangere mi farai perdere la lume della ragione, più di quello che hai già fatto.»

Lei gemette ancora sussultando, volse lo sguardo verso di me. I suoi occhi erano arrossati, il ponte del naso gocciolava dalle tante lacrime che aveva versato. Mi guardò con l'odio nelle sue meravigliose pagliuzze lapislazzuli.

«Lasciami andare Caleb...», chiuse gli occhi per trattenere le lacrime. «stai sbagliando... questo non è giusto... lasciami andare!», iniziò a tremare e a dibattersi ancora per liberarsi, ma alla fine la strinsi forte dicendole:

«Non mi fermo cappuccetto. Stavolta ti premierò per esserti fatta sculacciare senza opporre resistenza. Ti regalerò l'orgasmo più potente che tu abbia mai sperimentato», le sussurrai appena mentre continuai a scivolare con le dita sulla sua fica fradicia, si bagnava sempre di più, ogni volta che ruotavo il medio sul suo pistillo la sua fica piangeva come a comunicarmi che ne voleva di più, sempre di più.

«C-caleb, stai sbagliando... questo è... stu-»

Le tappa la bocca stringendo forte la sua gola. Il suo volto diventò rosso, e prima di lasciarla, la andai a un centimetro dalla faccia.

Con il pollice le sfiorai il clitoride e lei alzò gli occhi al cielo rispondendomi imediatamente. «La tua fica piange piccola Rossa. Sentila, senti come gli umori ti stanno imbrattando le cosce e come stanno facendo diventare fradicia la mia mano.»

Un altro gemito gli usci dalle labbra. Sorrisi vittorioso mentre la cavalcavo nuotando fra le sue pieghe fradice. «Ti piace essere cavalcata dalle mie dita? Dimmi quanto ami essere scopata dalle mie dita. Dimmelo e il quinto schiaffo non ci sarà».

Si irrigidì e tentò di allontanarsi, ma continuai a muovere le dita su e giù lungo la sua fica fino a farla gemere ancora e ancora. Di tanto in tanto le pizzicavo l'interno coscia.

«Sei il lupo più crudele che io abbia conosciuto Caleb War e prima o poi pagherai per tutto questo», disse tra un gemito e un sospiro di puro godimento. Sorrisi a mezza bocca mentre la sentivo iniziare a tremare e sospirare. Stava per raggiungere il picco da lì a pochi attimi. E aveva ragione da vendere.

«Godi occhi viola. Godi come non hai mai fatto in vita tua. Godi perché sei stata scelta dal lupo nero della Little Falls in persona.»

La rossa iniziò a gemere e a venire incontro alle mie dita con maggiore enfasi, finche non urlò il mio nome come se fosse l'unica cosa in cui aveva riposto la sua fiducia.

«Caleb ti prego!» 

Alzai il braccio e aiutandola a cavalcare l'orgasmo feci schiantare il palmo della mano contro la chiappa soda e martoriata, trattenni il clitoride tra l'indice e il medio strizzandolo appena e regalandole maggiore godimento mentre sentiva un mix di dolore e piacere farsi spazio nella sua testa e nel suo corpo.

«Cinque, la prossima volta che sarai a casa mia, sarà la volta che ti fotterò per la prima volta Viola.»

Poi tutto tacque. Entrambi fummo senza fiato, lei sicuramente lo era, ma io ancora di più. Perché questa Violetta dagli occhi tentatori mi aveva ridotto in cenere, eppure era ignare del fatto che io non ero una fenice come lei, una volta polvere, sarei rimasto tale per sempre. Deglutii di nuovo rilasciando il respiro trattenuto e la vidi sospirare a scatti, abbassai lo sguardo sulla sua pelle, era messa piuttosto male ma non mi sarei preoccupato oltre, sfilai le dita dalle sue pieghe e me le leccai come se fosse il nettare degli dèi. Il suo sapore mi scivolo in gola e me la impressi nella mente come un ricordo indelebile. Iniziai a muovere la mano verso la sua gola liberandola dalla mia stretta e la aiutai ad alzarsi rivoltandola verso di me. I suoi occhi erano pieni di lacrime, le guance erano rosse dal pianto e le labbra erano state martoriate. Deglutii dalla visione paradisiaca che avevo di fronte. Se non avessi saputo che era una strega avrei detto che fosse una dea.

«Lasciami e levati dalle palle.», mi disse tentando si alzarsi. Una smorfia di dolore le fece incrinare le labbra, deglutì e restò ferma con il volto rivolto al soffitto. Diverse lacrime le scesero lungo la guancia e se li spazzò via in un gesto nervoso.

La presi in braccio senza dire niente e la posizionai sul divano, si voltò dall'altra parte dandomi la schiena. «Ti odio», sussurrò, le sue spalle sussultarono ancora, la guardai in silenzio il cazzo mi fece male, avevo bisogno di toccarmi per sciogliere la tensione ma non feci nulla, non dissi nulla.

«Spero che tu marcisca all'inferno. È quello il posto che ti spetta. Te e ai tuoi stupidi amici!» Tirò su con il naso e chiuse di nuovo gli occhi. La lascia in pace e mi allontanai. Dovevo prendere una boccata d'aria, doveva calmare i nervi e dovevo in assoluto allontanarmi da lei, la quale mi stava facendo di nuovo la magia. Volevo solo rivoltarla di nuovo e aprirle le gambe per darle il mio cazzo con tutta l'oscurità che ne conseguiva.

Presi il pacchetto e il cellulare e uscii fuori, la pioggia continuava a imperversare testarda, il rumore contro le tegole e il suolo era assordante. Mi portai una sigaretta spenta sulle labbra ma non l'accesi. Mi sedetti sulla poltrona all'angolo della porta finestra in veranda e sospirai diverse volte.

«Fanculo Lilla. Che cazzo mi stai facendo?» sibilai a denti stretti beandomi del profumo che l'ambiente esterno sprigionava. Rimasi seduto per lungo tempo, a pensare alla mia vita di merda, a lei che era a casa mia, a ciò che le avevo appena fatto e a come avesse goduto dal dolore che le impartivo. Pensai ai miei animali che avevo chiuso nella stanza al primo piano perché avevo avuto la fantastica idea di aprire un profilo fake e raccontare a lei che avevo cane e gatti.

Sospirai imprecando e tornai dentro, quando entrai nella stanza dei giochi mi accorsi che si era addormentata. Aveva il volto rilassato e le lacrime le si erano seccate sulle guance, una mano sotto al cuscino e le gambe raccolte a conchiglia. Non russava, ma il suo seno si alzava e si abbassava al ritmo del respiro. Le spostai una ciocca di capelli e le sfiorai la guancia, si mosse appena, ma non si svegliò.

Misi un braccio sotto le sue ginocchia e uno dietro la schiena e la presi in braccio per portarla nella camera degli ospiti. Non si mosse, anche se mi sbavò il petto.

«Che schifo occhi viola. Ti torturerò per questo.» le bisbigliai all'orecchio.

Non era pesante, ma tenerla inerme stretta a me, mi fece vacillare appena.

«Sei mia Lilla, che tu lo voglia oppure no. Ora più che mai.» le dissi.

Si mosse di nuovo dicendo cose senza senso, poi fece un respiro profondo da sonno e si appiattì al mio petto. Oltrepassai le due camere degli ospiti e senza pensarci due volte spinsi la porta della mia camera con il piede e la depositai sotto le lenzuola. Mi tolsi la felpa e i pantaloni della tuta e mi sdraiai di fianco a lei.

Mi addormentai. Non so quando successe, ma dormii per tutta la notte ed era la terza volta che mi succedeva in un mese.

Questo voleva pur dire qualcosa no?

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