𝚁𝚒𝚌𝚘𝚜𝚝𝚛𝚞𝚣𝚒𝚘𝚗𝚎 OO2: noctivagus
𝐍𝐨𝐜𝐭𝐢𝐯𝐚𝐠𝐮𝐬.
/no•cti•va•gus/ [lat. comp. di nox e vagus]
1. agg. m.
Nottivago; che vaga o è solito vagare la notte, creatura notturna.
Il poeta nottivago [L. Viani].
Es.
Farfalla nottivaga.
2. Sost. m.
Pensieri che sopraggiungono la notte.
Icarus si sedette mentre Larry scriveva alla lavagna il nome della lezione di quel giorno.
Nome: Larry
Occupazione: responsabile del reparto di crittografia, insegnante, scienziato
QI: fra il 125 e il 135, presumibilmente
Giudizio: l'unico vagamente sopportabile in questo edificio, parla troppo veloce. Con accento irlandese.
- buongiorno ragazzi- nessuno rispose se non con un vago borbottio a malapena percettibile, di certo molto distante dal saluto bonario che gli aveva rivolto l'uomo.
Nessuno, specie lui, capiva perchè si ostinasse a salutarli se tanto sapeva alla perfezione che nessuno gli avrebbe risposto.
Era un uomo di altezza nella media, con le spalle larghe, il naso lungo ed, inoltre, insolitamente sottile, coperto di lentiggini, dai capelli rosso acceso, tanto che non era difficile immaginare perchè lo chiamassero semaforo persino i suoi stessi colleghi. Gli occhi erano castano ambrato, dall'apparenza docile e inoffensiva, che in una qualsiasi persona avrebbero fatto nascere il dubbio sul motivo per cui lavorasse in un manicomio di massima sicurezza tenuto segreto dal governo in cui ogni giorno aveva a che fare con dei disadattati psicopatici e sociopatici di prima categoria.
Tuttavia ad Icarus non venivano in mente questo tipo di domande, visto che non aveva interesse nel giudicare la condotta di qualcuno, essendo tutti, nella sua visione, irrimediabilmente malvagi. Piuttosto, era sorpreso dal fatto che avesse il coraggio di portare una cravatta a pois viola con i pantaloni beige della divisa dei lavoratori del St. Marcel, e dall'abilità che aveva di rendere la sua parlata ancora più veloce col suo accento irlandese.
Era talmente irlandese da essere irritante alle volte, bisognava chiedergli di ripetere le sue frasi perchè non si riusciva a distinguere il suono di una parola rispetto ad un'altra.
- oggi ci dedicheremo all'introduzione dell'argomento su cui vi eserciterete per le prossime settimane- come sempre, mentre parlava camminava da una parte all'altra della cattedra, osservandoli con più attenzione di quella che effettivamente gli dedicavano.
- tuttavia preferirei vedere prima se riuscite da soli a capire a cosa ci dedicheremo, prima di dirvelo- li guardò con aria speranzosa, come ad attendere una domanda o un qualche gesto di partecipazione, che non arrivò da parte di nessuno in quella classe.
Lo osservavano con aria interrogativa, come a chiedergli cosa diamine volesse da loro, visto che nessun altro lì dentro gli si rivolgeva in quel modo.
Ai docenti era proibito sapere cosa accadesse nella struttura che non gli era assegnata, quindi si trovavano all'oscuro del tipo di trattamento che veniva riservato ai ragazzi che osservavano, o del tipo di "cure" a cui erano sottoposti.
Non per questo, secondo Icarus, erano da reputarsi innocenti.
Di certo non era difficile immaginare cosa facessero ai ragazzi che venivano trascinati via durante le loro crisi, o del perchè a tratti alcuni peggiorassero terribilmente o sparissero del tutto. Come mai fossero tutti visibilmente denutriti o troppo allenati per l'età che avevano, perché arrivavano a lezione con delle cicatrici e lividi orribili rispetto al giorno prima.
Per quale motivo nessuno di loro migliorasse, nonostante fosse assicurato che usavano solo i metodi più innovativi e le cure più moderne per cercare di riabilitarli.
Era sin troppo facile da intuire il fatto che ci fosse qualcosa che non andava in quella struttura, e che effettivamente fosse molto peggio di un normale manicomio.
Eppure nessuno di loro si faceva domande, chi per un motivo, chi per un altro.
La maggior parte di loro semplicemente preferiva non sapere.
Icarus aveva due teorie sul motivo del comportamento di quell'uomo.
La prima era che facesse parte della categoria di persone che possiedono una insensata fiducia nel mondo e che quindi trovavano di scarso o nullo interesse farsi domande su quello che avviene intorno a loro. Sapeva delle loro diagnosi, tuttavia era pervaso da una sorta di folle ottimismo che gli faceva sperare che trattandoli meglio avrebbero di conseguenza migliorato.
Non si rendeva conto che i suoi magri tentativi avevano lo stesso effetto di gettare un granello di sabbia in mezzo al mare.
Non gli piaceva molto questa idea, per il semplice fatto che sembrava troppo sveglio per cascare in un simile tranello, per quanto fosse palesemente sin troppo fiducioso nell'umanità e nel suo operato.
La seconda teoria era, infatti, che avesse capito sin troppo bene cosa avveniva in quel posto, e non se n'era ancora andato poiché sapeva bene di essere l'unico a considerare gli spettri che aveva davanti delle persone.
Forse si sentiva un grande uomo a tentare di aiutarli, una sorta di specchietto per le allodole per sentirsi bene con sè stesso e giustificare il fatto di lavorare in un posto del genere. Un semplice e puro nutrimento per il suo egoismo, alla disperata ricerca della propria auto-celebrazione.
Persino lui stesso si stupiva di quanto le due ipotesi divergessero l'una dall'altra.
Larry prese un gessetto e iniziò a scrivere, rapidamente e con la sua solita scrittura disordinata.
Era l'unico degli insegnanti ad usarla.
Era l'unico a spiegare qualcosa invece di farli leggere dal libro a dire la verità.
"ho comprato una casa gialla"
Si girò verso di loro, fregandosi le mani per levare il gesso, indicando la frase scritta.
- prego, sbizzarritevi- poggiò le mani sulla cattedra e li guardò con un sorriso a trentadue denti.
- non può essere anagrammata- disse Miles, osservando la frase con la testa inclinata da un lato, come se questo lo aiutasse a capirne il senso.
Nome: Miles
Occupazione: studente del St. Marcel
QI: 132 (numero: 3)
Giudizio: non gli importa nemmeno più di evitare le punizioni, un animale senza contegno, rozzo
Larry si mise subito a scrivere quello che aveva riferito.
- ottimo Miles, ottimo. Qualcun'altro?- Icarus fece scivolare la sigaretta sull'arcata superiore dei suoi denti, avanti e indietro, mentre ascoltava le risposte. Si annoiava.
Un dito picchiettava sul banco con pigro disinteresse.
- se si usa per ogni lettera un numero si ottiene la sequenza: 8-15; 3-15-13-16-18-1-20-15; 21-14-1; 7-9-1-12-12-1. Degli orari, o forse un codice cifrato - considerò invece Claire.
Nome: Claire
Occupazione: studentessa del St. Marcel
QI: 160 (numero: 28)
Giudizio: incredibilmente instabile, crisi sin troppo frequenti.
L'insegnante annotò pure quello.
- impressionante, vediamo se riesci a tirar fuori qualcosa da quei numeri- la ragazza era già mentalmente al lavoro, osservando le cifre scritte sulla lavagna con gli occhi vitrei, immersa nei suoi ragionamenti.
- se si cambiano le lettere con quella immediatamente successiva nell'alfabeto si ottiene: ip dqnqspup vob dbtb hjbm, e in quella precedente sarebbe: gn bnloqnsn tma bara fhakka. Si potrebbe provare a rimescolarle e vedere cosa ne vien fuori- bisbigliò Francis.
Nome: Francis
Occupazione: Studente del St. Marcel
QI: 177 (numero: 36)
Giudizio: manca poco prima che finisca nel reparto per i dementi, le voci gli parlano sempre più spesso
L'uomo segnava ogni cosa con un entusiasmo eccessivo rispetto a quello che stava facendo.
- bravissimo Francis, sapresti dirci cosa sai ricavarne?- Larry si voltò verso di lui, immobile nella sua sedia a fissare la scritta, che ancora non aveva aperto bocca.
- Icarus, tu hai qualche idea?- il ragazzo poggiò la sigaretta perpendicolarmente al suo corpo sul banco, assicurandosi che fosse ben dritta prima di sollevare lo sguardo e parlare di nuovo.
- le parole sono tutte composte da multipli diretti di due e tre, ed a loro volta le potenze o le moltiplicazioni in cui sono scomponibili hanno come fattori due e per tre, ovvero due, otto, tre, quattro e sei.
Ad esempio otto può essere indicato come due alla terza o due per quattro, che a sua volta equivale a due per due per due. Quattro è due al quadrato o due per due, infine sei è tre per due o due per tre, non fa differenza.
Per dovere di cronaca si possono aggiungere anche le moltiplicazioni due per uno e tre per uno.
Se prendiamo in considerazione solo le moltiplicazioni, che sono comuni a tutti quanti i numeri, ci si rende conto che lo schema della frase risulta essere: due per uno, due per due per due, tre per uno, due per due e tre per due.
Una volta fatto questo, ne si consegue che i numeri sono associati ad un semplice codice cifrato che illustra le quantità di utensili o di forza lavoro che sono necessari per svolgere una determinata mansione.
Prendendoli in esame: due per uno potrebbe essere due persone a sorvegliare un luogo, la parola di base è ho, per cui presumibilmente l'autore del messaggio, due per due per due la quantità di armi che gli servono, ovvero due per ciascuno e due aggiuntive, visto e considerato che il verbo utilizzato è comprato, tre per uno va a sottolineare la quantità di munizioni da utilizzare, il termine di base è uno, due per due indica che servono due macchine, intuibile da "casa" e infine tre per due è il compenso, il termine è gialla che riconduce alla carta, quindi denaro in questo caso- considerò, mentre l'insegnante faticava a stargli dietro con la scrittura. Riconosceva di avere l'abitudine a parlare, alle volte, più veloce di quello che era necessario quando esprimeva un ragionamento complesso.
Non poteva farne a meno, le parole cercavano di seguire il ritmo dei suoi pensieri, fallendo miseramente. Non appena concludeva una frase il suo cervello era già dieci, o venti parole più in là, lasciando la sua bocca asciutta ed amara per la cocente sconfitta riportata.
Quando ebbe finito, l'uomo gli rivolse uno sguardo soddisfatto, appoggiando le mani alla cattedra, annotando rapidamente qualcosa su un foglio sopra di essa.
Riusciva quasi a sentire il fiato dei ricercatori dietro il vetro, intenti a riportare le stesse cose che Larry appuntava, come delle piccole, schifose marionette.
- stupefacente Icarus- si girò qualche istante a osservare la frase, per poi tornare a rivolgersi a lui, che mordicchiava di nuovo la sigaretta fra i denti, mentre tamburellava il mignolo sul bordo del banco.
- davvero... stupefacente. Tuttavia mi dispiace dirvi che nessuno di voi ha indovinato il nuovo argomento; anche se Francis e Claire ci sono andati vicino- cancellò le cose appuntate precedentemente, scrivendo freneticamente e a caratteri cubitali:
"assegnamento e rimescolamento dei numeri delle parole in una frase cifrata"
Icarus guardò la scritta con intreresse per qualche istante, poi Miles parlò e tutto divenne estremamente odioso.
Quel ragazzo aveva la rara e per nulla scontata capacità di rendere ogni argomento su cui apriva bocca fastioso per via della sua parlata sbiascicata ed impastata:
- assegnare un numero per ogni lettera di ogni parola e rimescolare?- Icarus storse il naso, sospirando e pensando:
congratulazioni Miles, possiedi una basica competenza di comprensione del testo, pretendi anche che ci mettiamo ad applaudirti per il tuo genio così fine?
Sin dal primo giorno che lo aveva visto interagire con gli insegnanti o con chiunque altro in quella classe, lo aveva gettato con ribrezzo nella categoria di quelle persone che vivono di luce riflessa, il peggior tipo di narcisisti nella sua opinione. Una di quelle persone così insulse da aver bisogno di farsi dire dagli altri che sono brave, intelligenti o qualsiasi altra qualità richiesta, a cui importa così tanto dell'opinione di coloro che non sono loro stessi da non riuscire ad averne una propria, vivendo nell'ombra eterna della percezione estranea.
Anche a monte di questa considerazione, avrebbe molto gradito che fosse stato Miles a diventare catartico al posto di Ruth, stato che comunque possedeva già visto che il suo quoziente intellettivo era in ogni caso inferiore al numero di parole che si capivano in una frase che pronunciava.
- esatto Miles, grazie per questa domanda- la domanda era assolutamente inutile.
Il resto della spiegazione filò liscia, l'argomento per loro non era poi così complesso. Alla fine di questa l'insegnante gli distribuì i libri per gli esercizi guidati e si mise freneticamente a scrivere dietro la cattedra, poi a camminare da un lato all'altro della stanza mentre la radio faceva passare motivetti in sottofondo a quei passi, che ne seguivano il ritmo.
"Wearin' those dresses your hair done up so nice
You look so warm but your heart is cold as ice"
Icarus non era granchè interessato alla musica, quanto alle date e alla scansione oraria che ogni tanto la inframezzava. Erano le uniche che gli fosse concesso di sentire.
In effetti, il dovente aveva avuto molti problemi per poterla tenere, all'inizio, e si era giunti ad un accordo solo quando aveva promesso di tenerla esclusivamente su canali che trasmettevano soltanto ed unicamente musica, e null'altro.
Le notizie erano proibite.
"Well you'll never do nothin' to save your doggone soul
Go go go go go go"
Di tutti i ragazzi del St. Marcel, solo coloro che avevano la fortuna di essere affidati alle classi sotto supervisone di Larry avevano il lusso di poter sapere con precisione che giorno e che mese fosse, e quelle informazioni venivano rivendute al prezzo più alto che si potesse avere in quella sorta di società asociale che si erano costruiti: tre razioni di caffè, al minimo, che nel periodo invernale poteva arrivare a toccare le sei, senza contare la volta memorabile in cui erano state sfiorate le dieci. Era stato un anno bizzarro il 1948.
C'era stato persino un suicidio.
O meglio.
Dicevano che fosse avvenuto.
"I'm like a one-eyed cat peepin' in a sea food store
I can look at you 'til you don't love me no more"
Quel giorno era il ventisette settembre.
Aveva sempre detestato come suonava quella parola, settembre.
Disgustato procendette nel suo lavoro, consumando le righe con gli occhi quasi ingordi.
"I believe you're doin' me wrong and now I know
The more I work the faster my money goesI said shake rattle and roll
I said shake rattle and roll
I said shake rattle and roll
I said shake rattle and roll"
Tornato dal pranzo, la sua pelle si consumò ulteriormente sotto il gioco delle braci, per poi strapparsi definitivamente dopo la cena.
L'unica cosa che di lui ormai rimaneva erano le sue ossa, trascinate stanche verso la stanza. Erano i suoi personali supplizi di Prometeo ed Icaro fusi insieme.
Non ricordava cosa avesse fatto di pomeriggio o la mattina, i ricordi cominciavano immediatamente a sfumare immersi nel suo mal di testa serale.
Il rumore del battere a macchina gli scavava le tempie sino a fargli dimenticare cos'altro fosse avvenuto durante le sue ore di veglia.
Ricordava con chiarezza solo il dolore penetrante che aveva subito pochi minuti prima, e la sua mente ancora scossa faticava a star dietro alla marea di urla che lei stessa generava.
Tutto appariva ancora più squallido in quei momenti.
Gli altri ragazzi si aggiravano come spettri senza forma sulla sua via, sciamando e ronzando con brusio. La voce di Tiana lo irritò talmente tanto che più che parlare doveva tirarsi dei ringhi dalle labbra, sulla lingua danzava il sapore del fumo acre che gli invadeva i polmoni.
Solo, aveva bisogno di stare solo nella sua gabbia.
La donna scriveva qualcosa mentre andava via, gli avrebbe fatto rapporto, come sempre.
Era troppo occupato ad arrancare per preoccuparsi di qualcosa che il sonno avrebbe presto portato via.
Non aveva senso starci a pensare, tanto all'elettroshock ci sarebbe finito in ogni caso. Era solo una questione di prima o dopo.
L'impazienza rendeva le urla più decise, guardava la porta mentre il rumore del proprio piede che batteva con leggerezza sul pavimento si propagava simile ad un eco, sparendo in mezzo al rumore della calca ma in qualche modo amplificandolo e aumentando la sua emicrania.
Mordette la sigaretta sin quasi a romperla per distrarsi dal dolore, tip tap, mordi, tip tap, urla, mordi, urla, grida sempre più grandi che si aggrapperanno a te sino a che quella maledetta porta non si aprirà.
Fsssss, fa la carne che sfrigola sotto le fiamme, tip tap tip tap, mordi, apriti dannazione, apriti, brusio assordante, la pelle si squarcia e le ossa si infrangono sotto lo scavare ed i colpi del suono, tip tap tip tap, trattieni il respiro, o il fumo ti ucciderà altrimenti, fssssss brucia, brucia, grida, continua a strillare sino a sfumare in un fischio acuto e disturbante, i suoi occhi si chiudono e si aprono mentre quasi scalpita per smettere di dover essere costretto a respirare la stessa aria di altri umani, gli fa male la testa, gli fa male il corpo, il cuore, si sta disfacendo come sempre, buio, luce, buio, luce, e poi ancora buio sino a che CLACK.
Luce.
CLACK.
La porta si richiuse alle sue spalle.
La sua schiena scivolò giù per il metallo, le dita roventi coprirono le orecchie sanguinanti sino a che le urla non smisero di agitarsi.
Si sentiva il corpo pesante. Era morto dentro di esso? O era quello ad essere morto e lui vivo?
Si recò in bagno, chiudendosi la porta alle spalle con tutta la forza che gli era rimasta, cercando di lasciare all'esterno assieme ad esse le sensazioni che aveva addosso. Ma non servì a molto.
Strisciarono all'interno colando da sotto la porta avvinghiandosi a lui ancora più strettamente.
Doveva lavarsi le mani prima che chiudessero l'acqua.
Il getto era gelido sulla pelle ustionata, un brivido di dolore ci corse lungo la schiena mentre si sforzava per resistere alla tentazione di non levarle. Il sapone e la schiuma scivolarono giù per le cicatrici.
Violacee sulla pelle pallida, sembravano quasi pulsare ad un ritmo diverso da quello incessante del cuore ancora agitato che gli fracassava la cassa toracica, quasi che sotto di esse si annidassero degli esseri altri rispetto a lui. Non erano parte di lui.
Non li accettava come parte di lui.
Sfregò con più insistenza, quasi grattando per staccarle via.
Gli faceva ribrezzo vederle, su ogni angolo delle sue mani, che ne coprivano la loro completa interezza, solcandone ogni millimetro con le loro forme irregolari e il loro colorito cancrenoso. Raspò mentre il dolore dell'acqua fredda imperversava, la sigaretta ormai si era spezzata e fra le sue labbra rimaneva solo lo spettro del filtro.
Voleva solo che sparissero, sparissero prima che fosse costretto a passare le dita sui polsi, e quindi quasi dilaniava la sua stessa pelle sotto le unghie nella speranza vana che se ne andassero, al costo stesso di sanguinare o di congelare la punta dei propri arti, di cui cominciava a perdere la sensibilità.
Ormai la sua era una foga priva di qualsiasi raziocinio, il tentativo di un animale malato di staccarsi le zecche di dosso prima di tornare ad accoglierne altre, mentre le dita passando rievocavano le memorie che si aggiungevano al gelo, al dolore di ogni fibra del suo corpo che resisteva ancora in piedi per puro miracolo, un pupazzo sul punto di distruggersi del tutto.
Ma non era mai vero.
Non riusciva mai ad arrivare al punto in cui i suoi fili si rompevano.
L'acqua infatti ad un certo punto riempiva troppo il lavello, e lui si affrettava a chiudere il getto, quasi buttandosi sul rubinetto.
Erano due paure che si escludevano a vicenda.
Ed in questo modo il gioco ricominciava, tale e quale al giorno prima, in un supplizio eterno come quello di Prometeo.
Il supplizio di Prometeo per Icaro.
Quasi barcollando si trascinò fuori dal bagno, sedendosi sulla scrivania e tirando fuori l'ultima sigaretta del pacchetto di quel giorno, infilandola fra le labbra. L'altra essendosi rotta era finita nel cestino, e se non avesse avuto di meglio a cui pensare il pensiero di quella mancanza nel pacchetto, del fatto che tutto non fosse tornato al suo posto, lo avrebbe mandato fuori di sè.
Chiodo schiaccia chiodo.
Infilò gli occhiali spingendoli ben bene su per il naso regale, svolgendo rapidamente i compiti assegnati prima che spegnessero le luci. Questo il più delle volte gli permetteva di cambiarsi al buio, cosa che gli era immensamente gradita.
La mancanza di sonno di certo non aiutava la concentrazione a quell'ora, però.
Nel buio totale, steso nel suo letto col viso rivolto verso il soffitto, Icarus aveva gli occhi chiusi mentre pensava.
Era stanco, ma il suo corpo si rifiutava di dormire.
C'erano ancora gli ultimi pensieri della sera da accogliere, come la sua ben stabilita routine prevedeva.
Era stanco, ma il suo corpo si rifiutava di dormire.
Tutto il mondo lo nauseava più di quanto avesse mai fatto in un singolo istante, storse il naso solo all'immagine mentale di esso, alle parole di una voce che non fosse la sua e anche della propria stessa.
Era stanco, ma il suo corpo si rifiutava di dormire.
Voleva solo dormire e non rendersi conto di essere vivo. Concedersi quelle ore di oblio in cui poteva scordare tutto ciò a cui apparteneva.
Era stanco, ma il suo corpo si rifiutava di dormire.
"perchè non muiono tutti?"
Pensò, sprofondando in un respiro che si mozzò lentamente mentre apriva gli occhi, processando una realizzazione che gli illuminò la mente come un faro in mezzo al nero più desolato.
Già, perchè non morivano tutti?
Ah yes piano malvagio go brrrr.
> parole 3533
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