Capitolo 75.
Eren's pov.
02/07/1945 - 8:20 p.m.
Il sole stava lentamente calando all'orizzonte emanando i suoi ultimi spruzzi di vita in un ballo flemmatico quanto i corpi in agonia dei soldati. Passarono già diverse ore dalla morte dei due ragazzi che conobbi il giorno prima non riuscendo ancora a ricordare che cosa fosse accaduto, perché Connie mi giacque fra le braccia, perché Niccolò si sacrificò e perché cazzo io ero ancora in vita. La mia persona non era attraversata da ambizioni, da sogni, da doveri, perché proprio io e non loro?
Venni trascinato a forza in trincea dai miei compagni così da preservarmi e da dare un senso alle morti dei due italiani. La mia schiena contro l'alta rupe di terriccio scavata dai soldati giapponesi.
Chissà quanti ne sono morti affinché io possa restarmene qui al sicuro...
Le mie mani ancora colorate di un rosso ormai divenuto scuro e secco, i miei occhi che smisero sia di piangere che di osservare, vidi solo, senza riuscire a mettere a fuoco nulla se non i miei pensieri tormentati. In quel momento pensai non sarebbe stato così terribile morire, almeno avrei smesso di udire i lamenti dei soldati e i pianti isterici degli uomini.
Che cosa mi spinge a non volerla fare finita? Hai tradito Levi, hai tradito i tuoi compagni e la tua Patria, chi sei Eren?
Lo sguardo riverso sul mio fucile abbandonato alla destra della mia figura trascurata a terra come fosse un relitto di una nave affondata, dapprima lucente e sfavillante con i suoi gloriosi anni di vita e di splendore, ma che in quel momento non ne restò che un ricordo.
"Jeager?"
Una voce anonima tentò di risvegliarmi dal mio stato di trance. Dalla trincea tutti i colpi al di sopra apparvero cupi ed ovattati. Tentai di voltare lo sguardo verso la presenza al mio fianco senza però averne le forze adeguate, facendo così rimanere l'azione solo nella mia testa.
"Sei Eren Jeager?! Che ci fai qui?!"
Iniziò a sbraitarmi addosso un uomo mai visto prima con entrambe le mani sulle mie spalle, come a smuoverle.
"Come scusi?"
Tentai di replicare, ma dalla mia gola fuoriuscirono solo sussurri.
L'uomo nel frattempo mi sollevò da terra portandosi il mio braccio attorno al collo e l'altro al mio bacino in modo d'avere una presa ben salda sul mio corpo debole ed esausto dalle vicissitudini di quella giornata.
"Soldato Jeager, il Caporale ha personalmente ordinato la tua non partecipazione alla guerra, s'infurierà da morire a sapere tu sia sceso in battaglia!"
L'uomo continuò ad urlarmi nelle orecchie che non cessarono di fischiarmi dalla granata che colpì Connie.
Prima che lo colpisse che cos'è accaduto?
"Non ti preoccupare ora, ti porto da lui così che possa calmare il suo animo, lo hai davvero fatto infuriare caro ragazzo"
Il soldato di cui volto e fattezze mi rimasero confuse continuò a parlarmi affinché rimanessi cosciente, non fui certo le mie gambe fossero state ancora in grado di muoversi finché quell'uomo ed io non iniziammo ad incamminarci verso la postazione di Levi.
"Allora Eren, dimmi un po', da dove vieni?"
Mi chiese con un leggero fiatone addosso dovuto dallo sforzo che stava effettuando portandomi praticamente a peso morto, mi voltai semi-cosciente nella sua direzione riuscendo a mettere a fuoco solo il suo sorriso a labbra strette appena pronunciato, nonostante fosse spaventato a morte come chiunque in quell'inferno, lui mi sorrise, perché in quell'inferno ci avevano buttato e ciò non significava noi ne avessimo dovuto prendere parte. Un angelo, ecco che cosa mi ricordai di quell'uomo mai più incontrato dopo quel giorno, mi avrebbe davvero gratificato averlo potuto rincontrare per ringraziarlo, ma molto probabilmente morì lì, magari aiutando qualche altro dannato come me.
"Dalla Germania signore"
Risposi tentando di riprendere lucidità smuovendo i piedi con più decisione arrivando a togliere dal corpo dell'uomo la maggior parte del mio peso. Lo vidi sorridere, di nuovo.
Ma come ci riesci?
"Eccoci arrivati Eren, è stata una bella fortuna io ti abbia recuperato eh? Vedi di non disobbedire più agli ordini ragazzo, la guerra non risparmia nessuno"
Mi disse con un accenno di rammarico nell'ultima parte della frase. Io annuii in modo sconnesso scorgendo davanti a me una cabina realizzata mesi prima ed occupata dal Caporale per prendere decisioni e strategie.
La osservai, i mattoni impilati grossolanamente mi parvero gridare con le voci di migliaia dei soldati caduti per realizzarla.
Appoggiai la mano sulla maniglia quando sentii un uomo richiamare l'angelo che mi salvò da tutto quell'inferno.
"Jean, abbiamo bisogno del tuo aiuto qua!"
Mai credetti al destino, troppo friabile alla realtà per poter attaccarcisi in modo tanto morboso, ma quel giorno concedetti una tregua al mio scetticismo permettendomi di spaziare con la mente fino ad arrivare a pensare che quell'uomo non si fosse trovato lì per caso.
Più a lungo si vive e più si riesce a comprendere che il mondo in realtà non è altro che una gigantesca coincidenza.
Presi coraggio aprendo la porta della cabina, consapevole le vite mie e di quell'uomo non si sarebbero mai più incrociate.
Varcai la porta completamente ricoperto di terriccio e sangue, i miei occhi vuoti e senza un'apparente reattività si posarono sulla figura tormentata del corvino, scorgendolo camminare senza meta avanti ed indietro per la stanzetta cupa e silenziosa.
I nostri sguardi s'incontrarono fermando il tempo. Il mondo attorno sembrò sparire da sotto i nostri piedi ed attorno alle nostre figure.
Solo allora riuscii a riprendermi lucidamente, per quanto si potesse esser stati lucidi dopo un'esperienza simile. Richiusi appena in tempo la porta alle mie spalle che l'uomo mi si gettò addosso stringendomi quasi a farmi male, il mio capo immerso nella sua divisa potendone percepire il profumo inebriante mi fece tornare alla realtà procurandomi la prima vera emozione dopo il trauma di quella mattina.
Le gambe cedettero cadendo di ginocchia a terra e l'uomo non esitò nemmeno per un istante a seguirmi, le sue braccia forti mi strinsero in modo tremante e le mie dita andarono a toccarle come a constatare fossero state reali.
"Oh Dio grazie..."
Lo sentii sussurrare con le labbra posate sulla mia fronte.
"Sei vivo, Dio grazie"
Continuò con una voce spezzata che mai gli sentii addosso.
Iniziai a singhiozzare non riuscendo più a placare un pianto sempre più isterico. Le sue dita stretta sulla mia carne mi diedero la forza per reagire a ciò che capitò, il suo calore riuscì a liberarmi dal mio stato d'apatia più totale iniziando a bagnargli la divisa in un crescendo di dolore.
"Oh piccolo cosa ti hanno fatto..."
Mi sussurrò straziato fra un bacio e l'altro lungo tutto il viso sporco, parendo essere invecchiato almeno di dieci anni.
"L-Levi"
Pronunciai non smettendo di piangere come fossi stato un bambino stringendo le mie dita alle sue braccia.
"Ich bin jetz hier mit dich"
Mi rassicurò afferrandomi il viso e portandoselo sul suo.
Levi's pov.
Il mio peggior incubo si concretizzò nell'esatto momento in cui intuii quel ragazzo decise ugualmente di scendere al fronte quella mattina. Lo cercai personalmente fra tutte le file dei soldati ma nulla, come un deja-vu mi tornò alla mente la morte di Hanji e mai mi sarei perdonato anche la sua nel medesimo modo.
Poterlo stringere fra le braccia mi provocò un calore inimmaginabile, in grado d'alleviare persino i dispiaceri della guerra. Le mie labbra posate sulle sue fecero da conduttore fulminandomi, il sentimento provato verso quel ragazzo fu il più vivido e potente che ebbi mai provato e ciò mi terrorizzò.
Una volta fissato in volto notai come i solchi lasciati dalle lacrime tracciassero un percorso ben preciso sulle sue guance sporche di terra, polvere e Dio sa cos'altro.
"S-s-sono morti"
Iniziò balbettando vistosamente. Lo fissai con occhi lucidi, sapevo bene la sensazione provata nel perdere un compagno.
"Oh Eren..."
Pronunciai guardandolo con angoscia, avrei davvero voluto essere in grado d'assimilare almeno una minima parte del suo dolore, almeno una piccola fetta così da poterlo alleggerire da tutto quel patimento, perché quando successe a me non so cos'avrei dato per poter aver avuto qualcuno con cui piangere.
"Levi sono morti, non ci sono più"
Continuò ostinato, quasi come per far sì che lo accettasse, come se non ne avesse ancora assimilato l'idea, e se solo fossi riuscito a parlare lo avrei rassicurato dicendogli non ci sarebbe stato modo per digerire un boccone tanto amaro, gli avrei fatto capire che il tempo avrebbe risistemato tutto, ma con quale coraggio avrei potuto riferirgli tali parole? Io che fui il primo a rimanere sotto al passato.
"Hanno deciso di salvare me"
Riprese a farfugliare rannicchiandosi sulle mie gambe.
"Hanno deciso di donare la loro vita per me"
Ammise poi in modo più nitido.
"Sai Eren, a volte le azioni degli uomini appaiono del tutto incomprensibili, basti pensare alla guerra, ma ora riprenditi, chiunque abbia deciso di preservarti la vita aveva ben chiara la tua persona, il caso non esiste"
Aggiunsi fissandolo dritto in quelle pozze tropicali tanto in contrasto con lo scenario cupo tutt'affianco, o semplicemente ero io a non riuscirne più a distinguere i colori all'infuori delle perle del ragazzo.
"Mi dispiace così tanto... la prego non mi lasci più"
Iniziò a supplicarmi gettandosi sul mio petto apparendo il più piccolo possibile.
"Sai non lo farò"
Gli sussurrai accarezzandogli la nuca ed iniziando gradualmente a riprendermi.
"Vedi Eren semplicemente non capisco, più cerco di proteggerti e più te ne vai sempre più lontano"
Iniziai poi.
"Smettila di allontanarmi... ti prego"
Finii con un filo di voce non allentando la presa sul suo corpo che si nascose sotto il mio. Il mento poggiato sui suoi capelli iniziò ad alzarsi ed abbassarsi ad ogni suo singhiozzo pronunciato, percependo subito dopo la mia guancia rigata da una lacrima.
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