Capitolo 59.
Eren's pov.
30/04/1945 - 8:15 p.m.
Passarono diversi giorni dal colpo di Stato guidato dai superiori ed il campo riuscì a leccarsi via le ferite e i caduti senza problemi né troppe pressioni. Gli oppositori vennero tutti giustiziati il giorno dopo la presa di potere e il corvino salì alla più alta carica assieme ad altri uomini illustri.
Ero in fila per le docce di fine giornata assieme ai miei compagni, quando Reiner posto davanti a me iniziò a sciogliersi le spalle con movimenti circolari alzando il capo con occhi chiusi, come per rilassare i muscoli.
"Non so voi ma in questi giorni sono accadute fin troppe cose... non mi piace"
Prese parola con tono rilassato e spossato.
"Che ne pensate del Caporale Ackerman?"
Chiese Berthold affacciandosi da dietro la fila. Alzai un sopracciglio catturato dal nome che gli uscì dalle labbra.
"Non lo so ragazzi, mi sembra un uomo fin troppo sveglio"
Prese parola Armin un posto prima del mio con sguardo fisso davanti a sé e nonostante fosse voltato, potei percepire la sua tensione nel parlare di quell'uomo.
"Vero? Allora non è stata solo una mia impressione... insomma, attuare un colpo di Stato uccidendo l'Ammiraglio in simbolo di rivolta in una situazione simile è davvero coraggioso"
Prese parola Marco in modo timido e cauto iniziando a giocare con le mani in modo nervoso.
"O da pazzi"
Concluse Armin avanzando il passo fino ad entrare nel bagno seguito da tutti noi.
Decisi di non proferire parola chiudendomi in modo taciturno all'interno di un box, lavandomi tutta la pressione di dosso con acqua estremamente fredda.
Levi, se solo sapessi d'aver giustiziato un Ammiraglio per salvare un traditore mi guarderesti ancora con gli stessi occhi?
Un malessere mi pervase l'animo dovendo appoggiare il palmo di un pugno chiuso alla parete della doccia umida e fredda pur di riprendermi.
Levi's pov.
Mi trovai a cena quando il Generale Smith si avvicinò al tavolo occupato da me e da Farlan. Notai come il suo braccio fosse fasciato non lasciando trasparire nessuna parte di pelle. Il biondino gli sorrise amichevolmente spintonando con il piede una sedia in modo da smuoverla da sotto il tavolo.
"Buonasera signori"
Prese parola in modo elegante e cordiale.
"Smith, come sta il suo braccio?"
Gli chiese Farlan sinceramente interessato. Sapevo la sua attenzione fosse reale, quell'uomo era sempre stato troppo sincero e genuino per poter fingere una tale preoccupazione.
L'uomo prese posto sospirando.
"Considerando che sono ancora qui, alla grande"
Rispose sorridendo.
Abbassai lo sguardo verso la mia cena che rimase immacolata, l'appetito fu una cosa di cui non sentii particolarmente la mancanza.
"Questo è lo spirito giusto Generale, vedrà che guarir-"
"Perché lo ha fatto?"
Gli chiesi interrompendo l'Ufficiale non riuscendo più a trattenere quel snervante senso di colpa.
Volse uno sguardo sul mio in modo comprensivo senza esternare nessun tipo d'emozione negativa e quella sua caratteristica non fece altro che aumentare il mio malessere nei suoi confronti.
"Non è ancora pronto per affrontare questo mondo completamente solo, lo ha detto lei"
Spiegò riferendosi al moro. Guizzai i miei occhi sui suoi come se mi avesse appena schiaffeggiato. Un senso di gratitudine iniziò a riscaldarmi il petto.
"Mi sono reso conto di non avere nessuno per cui continuare ad andare avanti Caporale, ed il mio istinto da uomo mi ha portato a saltare e ciò non ha niente a che vedere con l'addestramento da militare"
Continuò lui senza nessun accenno di vanto ombrandogli appena il volto.
"Non avrebbe dovuto"
Gli risposi con un filo di voce.
"Probabilmente no"
Asserì lui in modo sincero portando uno sguardo al suo braccio immobilizzato dalle stecche e dalle fasciature.
"Ehi ma di costa state parlan-"
Tentò d'intervenire il biondo rimasto fino a quel momento ad ascoltare in silenzio, ma venne ben presto interrotto da Erwin che prese subito la parola riacquistando il suo tipico atteggiamento convenzionalmente cordiale.
"La tragedia peggiore però è dover fumare con la mano destra signori! Caporale, lei mi deve un grande favore per questo"
Finì con una risata spontanea. Abbassai nuovamente lo sguardo abbozzando un sorriso a labbra strette scuotendo appena il capo in segno di dissenso.
Farlan si corrucciò.
"Ehi signori, mi state volutamente ignorand-"
"Imparerà per lo meno a fumare come i veri gentiluomini"
Finii io stando al gioco di Erwin. La conversazione che avvenne fra noi tempo prima sarebbe rimasta una nostra esclusiva ed intuimmo entrambi sarebbe stato meglio non proferirne parola. In tutta risposta mi sorrise in modo lieve formandogli una fossetta sulla guancia destra.
"Io non vi sopporto"
Continuò Farlan offeso intento a mangiare un pezzo di carne non troppo cotto.
Il Generale passò una mano sulla spalla dell'altro, stringendogliela appena.
"A volte la miglior ricetta per stare bene è rimanere nell'ignoranza caro Ufficiale"
Disse, divertito dall'espressione corrucciata dell'uomo affianco a lui.
"Oh è arrivato il mio soldato migliore, signori è stato un piacere ma vi devo lasciare"
Riprese poi, sorridendoci ed andando incontro ad un ragazzo gracilino e biondo. Riconobbi il suo volto essendo stato quasi sempre in presenza del moro.
Salutammo in modo educato il Generale riportando poi l'attenzione sull'uomo davanti a me.
"Farlan... tu come stai?"
Gli chiesi in modo cauto e storcendo appena le labbra, incrociai le braccia appoggiandole al tavolo in segno di totale attenzione.
Mi puntò uno sguardo prima neutro, trasformandosi piano piano in un crescendo di dolore.
"Male"
Mi rispose senza mezze misure guardando il suo piatto quasi totalmente vuoto.
Feci lo stesso osservando la mia cena, con un gesto totalmente istintivo mi morsi con un canino l'interno della guancia.
"Era necessario"
Iniziai dopo una pausa di qualche secondo dove regnò il silenzio fra le nostre distanze.
Annuì in modo lento storcendo le labbra.
"Spero solo possa perdonarci"
Aggiunse subito dopo.
"Ti ha amato come un figlio Farlan, non credo tu ti debba far perdonare nulla"
Gli confessai tentando di rassicurarlo sulla morte di Yamamoto, infondo una rivoluzione non sarebbe mai potuta essere un letto di rose.
Lo vidi prendere un corposo respiro trattenendo una smorfia di dolore. Allungai una mano verso la sua stringendogliela.
"Non c'è nessuna strada facile per la libertà"
Gli sussurrai così che potesse rimanere fra i nostri respiri.
"Ti ho affidato tutto Levi perché ritengo tu ne sia all'altezza."
Mi confidò posando il suo sguardo diventato lucido sul mio.
"E non te ne pentirai"
Confermai la sua tesi senza la minima esitazione.
Eren's pov.
10:20 p.m.
Stavo uscendo dalla mia cabina per poter riempire la brocca d'acqua quando mi sentii richiamare alle spalle. Sobbalzai nel buio della notte per via di quel contatto di voce inaspettato con le mie orecchie abituate ormai al silenzio.
Mi voltai conoscendone già il mittente, la luce assente conferii alla scena intimità e desiderio.
"Ehi"
Mi disse il corvino con voce calda, la stessa che riuscì a farmi sorridere all'istante.
"Mi ha spaventato prima"
Risposi al saluto avvicinandomi con passo tranquillo e sereno.
Riuscii a scorgerlo appieno solo quando mi ci ritrovai faccia a faccia. La sua schiena premuta in modo stanco al muro dietro di lui e le braccia conserte.
"Sì, l'ho visto"
Aggiunse con uno sbuffo divertito dal naso.
Gli sorrisi in modo spontaneo, il fatto di averlo rivisto dopo giorni mi smosse emozioni contrastanti.
"Come stai?"
Mi chiese inclinando appena il capo di lato continuando a fissarmi in modo rapito.
Abbassai lo sguardo verso terra.
"Sono contento di vederla"
Gli risposi omettendo tutti i pensieri paranoici ed il malessere che in quei giorni furono in grado di schiacciarmi. Premetti il mio capo nel suo petto perdendomici. L'uomo rimase inizialmente spaesato, per poi richiudere le sue braccia al mio corpo.
"Mi piace stare in sua compagnia"
Gli sussurrai.
Mi alzò il viso con due dita.
"Dai seguimi"
Mi disse poi.
Corrucciai le sopracciglia confuso.
"Non ti fidi?"
Mi chiese puntandomi uno sguardo di sfida.
Drizzai subito la schiena.
"C-certo che mi fido"
Mi affrettai a rispondere, più per una questione di orgoglio che altro.
Mi guardò scettico con entrambe le sopracciglia alzate.
"Bhe? Voleva andare? Andiamo!"
Gli dissi con un leggero imbarazzo.
Lui in tutta risposta annuì afferrandomi il polso. Attraversammo tutti i margini del campo per passare inosservati, fino a raggiungere una collina appena affianco a quella dove giustiziammo i soldati americani. La leggera brezza di primavera iniziò a scompigliarmi gentilmente i capelli.
Lo vidi sedersi fra l'erba con la schiena schiacciata contro la corteccia di un grande albero del quale il fruscio delle foglie provocò un delicato sussurro.
Lo imitai sedendomi affianco, non parlammo, entrambi con le ginocchia al petto puntammo lo sguardo allo scorcio di cielo incontaminato dalle luci della città.
Milioni di stelle sembrarono rincorrersi nella tela blu notte, percependosi piccoli ed insignificanti dinnanzi a tale maestosità.
Levi's pov.
Puntai uno sguardo al moro che al contrario sembrò perdersi nella distesa di luce che erano le stelle, notando come i suoi occhi risultassero vivi, catturati dalla grandezza dell'universo e solo allora capii quanto avrei sacrificato per quel ragazzo, mi sarei ubriacato d'amore per lui e fu in quel brevissimo istante che compresi cosa volesse dire essere immortali.
"Non so cosa darei per raggiungerle"
Prese parola ad un tratto senza interrompere però l'armonia di quel momento, la sua voce si mescolò ai canti della notte cullandomi dolcemente. Puntò poi lo sguardo sul mio.
"Chi può essere tanto crudele d'averci donato gli occhi senza averci donato anche le braccia per raggiungerle?"
Chiese poi in un sussurro spostando i suoi occhi sulle mie labbra.
Annuii sinceramente colpito da quella sua affermazione tanto profonda.
"Penso sia meglio lasciarle lontane da un mondo tanto brutale, gli uomini non ne sarebbero degni"
Gli risposi mantenendo lo stesso suo tono pacato e rilassato.
Lo vidi mordersi inconsapevolmente un labbro.
"Uomini peccaminosi per cui la notte accende milioni di stelle"
Mi sussurrò avvicinando il viso al mio.
Lo afferrai per i fianchi sistemandolo sopra la mia figura. Il mio volto alzato intento ad osservare i suoi grandi occhi e le sue mani avvolte alle mie guance.
"Come lumi? Un cimitero di stelle"
Pronunciai con un filo di voce sulle sue labbra.
"Sì, stelle con cui la notte celebra il funerale del giorno passato piangendo i suoi figli..."
Aggiunse posando le sue labbra sulle mie.
Feci scorrere le mie mani sul suo busto come fosse stata la prima volta, come se avessi dovuto riscoprirlo daccapo.
Il ragazzo si sollevò appena per l'eccitazione provata, stringendo fra le dita la mia carne ed aggiungendo a quel bacio tutto il sentimento di cui necessitassimo.
Gli sfilai la maglia abbandonandola sul letto d'erba appena inumidita dalla brina.
Un brivido gli trasalì la schiena riuscendo a percepirlo da sotto i miei polpastrelli. Usai le mie labbra per scrivere nella sua pelle morbida e delicata, in modo da fargli leggere la mia poesia descritta con l'ausilio dei sensi. Il moro sfilò anche la mia, ritrovandoci con il calore dei nostri corpi a farci da coperte.
Quella notte facemmo l'amore sotto l'albero di Quercia inebriando l'aria di dolci gemiti e sotto le stelle che simularono un unico palpito regolato da un polso comune.
Spazio Autrice.
Buonasera ragazzi!
SCUSATE PER L'ORARIO INDECENTE, ma ormai dovreste conoscermi hahahah, di notte mi perdo nello scrivere e poi non mi rendo conto che ore si fanno, perdonatemi :))
Come state? Spero tutto bene, e spero anche il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Vi auguro a questo punto una buona notte.
-Sof.
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