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||𝚊𝚍𝚢𝚗𝚊𝚝𝚘𝚗||

Non mi erano mai piaciute le persone. 

Né ci ero mai andato d'accordo, se lo facevo era per non compromettere i lavori scolastici di gruppo. Quanto li odiavo. C'era sempre qualcuno che faceva di più degli altri, c'era sempre qualcuno che dava fastidio e c'era sempre quello che cercava invano di risistemare la situazione. Ma alla fine, la giornata era passata senza aver fatto un cazzo e quel progetto andava a prolungarsi per altri giorni d'inferno con persone con cui non volevo avere nulla a che fare.

Preferisco guardare la situazione, dire quel che serve, né di più, né di meno. 

Si sta così bene nel silenzio. Lasciare la propria mente vagare in troppi pensieri che il mio cervello a stento riesce a trattenere.

So che non dovrei trattenere tutto per me, che un giorno scoppierò e tutte quelle cazzate varie che si dicono agli amici che stanno male o problemi che non mi importano sapere. 

Beh, a me nessuno mi ha detto di lasciarsi andare e di non trattenere tutto dentro.

Quindi non vedo il motivo per cui dovrei farlo. O forse qualcuno l'ha fatto ma tanto non l'avrei ascoltato comunque.

Alla fine ci si abitua a quel loop infinito. La mattina vai a scuola e fai quel che devi fare, il pomeriggio senti tua madre alzare la voce e dirti la nuda e cruda verità.

Cazzo, non riesco più ad avere un rapporto sano con mia madre dai tredici anni. 

Ma continuo a volerle bene, mi odio per questo. 

Quando parla, anche solo per chiedermi qualcosa, mi innervosisco. A volte mi sembra di avere Ares vicino. Mi innervosisco così tanto che dalle volte mi sento male. E quando sto male la testa mi fa male più del solito, le mie gambe sono deboli, così come le mie braccia, non riesco a stare in piedi, la mia gola si secca, la mia mente non regge e la mia vista si offusca. 

All'inizio ho pensato avessi la pressione bassa ma esclusi quell'ipotesi molto in fretta, troppe coincidenze, stavo male solo quando avevo conversazioni con la mia famiglia.

Con famiglia intendo mia madre e mio nonno, mia nonna non c'è più e mio padre pensa che per fare il padre basta portare i soldi a casa, cenare nello stesso tavolo e braitarmi contro quando faccio qualcosa che lui reputa sbagliato. Gli altri due nonni, per fortuna, non abitano in Giappone. Due persone in meno con cui parlare e fare il falso gentile.

In più il mio orgoglio non migliora certo la situazione.

Non smetto di fare qualcosa solo perché me lo dicono loro, anzi a volte faccio il contrario se è qualcosa che mi piace veramente.

Scherzosamente mi chiedono 'ma hai punti deboli?', sì ed anche un nervo scoperto. La famiglia, è il mio unico punto debole, o almeno quel che c'è rimasto di famiglia. 

Adesso che ci penso, non ho punti deboli, ma neanche punti di forza, so fare tutto in modo basilare, senza che io mi impegni e questa è una rottura per scegliere cosa fare in futuro, i miei si aspettano anche che vada all'università. Inutile dire che gli sono scoppiato a ridere in faccia. Se voglio fare qualcosa è perché veramente mi piace. 

E in questo momento la pallavolo è l'unica cosa che mi piace fare.

Mi stropiccio gli occhi con una mano, con l'altra tengo il telefono con aperto un social a caso, neanche mi importa quale sia, basta che mi intrattengo con qualcosa fino ad arrivare a scuola. Non mi importa di correggere la postura della mia schiena ma lo faccio ugualmente.

Ironico che un pallavolista del liceo abbia la scoliosi e il piede piatto, ma in realtà è proprio per quello che ho iniziato ad andare a pallavolo. 

Mi arriva una notifica dal calendario del telefono, non ho bisogno di sapere cosa ci sia scritto, è la notifica di ogni settimana: oggi pomeriggio sarei dovuto andare dal fisioterapista. 

Mercoledì di ogni settimana, esco prima, salto mezz'ora di allenamenti ma sono giustificato. 

Saluto i gemelli Miya, fuori il cancello dell'istituto, stavano litigando sul quale fosse il cibo più buono. Gli faccio una foto per poi pubblicarla nelle storie, li taggo e aggiungo un' emoji palesemente ironica.

Entro nella mia classe e aspetto, aspetto che suoni la campanella per l'inizio delle lezioni, così come aspetto quella per la fine.

Finalmente posso dirigermi in palestra. Ho sonno, stanotte non ho dormito bene. Fa niente, recupererò stasera dormendo di più. O dormo troppo poco o troppo. Non riesco ad avere vie di mezzo.

Il mercoledì è sempre così strano, così monotono.

"Ci dirai mai dove vai?" Mi chiede Osamu mentre cerco di lasciare la palestra in santa pace, cosa non possibile.

"Potrei dirti di sì, ma sarebbe una cazzata." Rispondo. I gemelli sbuffano, tutti gli altri ridacchiano, tranne Kita, è l'unico che sa dove vado, mi guarda e io faccio lo stesso, ancora non riesco a capirlo, esercita un potere enorme sulla squadra.

"Ah, comunque oggi anche io me ne devo andare prima." 

Osamu non lo hai detto davvero.

Ditemi che non è vero, non voglio che mi chieda di aspettarlo o peggio mi insegua per sapere dove vado.

Non voglio sapere perché Osamu voglia così tanto sapere dove io vada, nonostante la mia  curiosità dica ben altro. 

Osamu è una persona interessante. 

Di certo è più calmo di Atsumu ma è pur sempre un Miya.

Mi toglierò mai i Miya di torno? 

No, decisamente no.

Cazzo, dovrei incamminarmi invece di dargli tempo di raggiungermi, ma sono ancora bloccato a guardarmi le scarpe che al momento mi sembrano le cose più interessanti del pianeta.

Scuoto la testa e mi incammino per uscire dall'istituto, controllo l'orario. Arriverei circa dieci minuti di anticipo, di solito.

Ma oggi le mie gambe non vogliono collaborare, sembro una cazzo di testuggine.

E no, non parlo della formazione dell'esercito romano.

Mi sento toccare una spalla.

"Grazie di avermi aspettato Rin." Mi sorride Osamu, sbuffo, sia per il fatto che sia qui, sia per il fatto che il soprannome con cui mi ha chiamato è un nome femminile e sia perché sono un'idiota e adesso non me lo toglierò mai di torno.

"Prego, anche se avrei preferito ricevere un calcio nelle palle."

"Ma se mi ami." 

Mi fermo a guardarlo, dopo pochi passi nota anche lui di non star più camminando.

"Stai zitto oppure vattene."

Osamu fa il gesto di cucirsi la bocca con il pollice e l'indice insieme.

Riprendiamo a camminare. Nessuno dei due parla durante il tragitto e a me va bene così. 

Dopo una quindicina di minuti scorgo l'edificio sulla destra.

"Visto che sei con me almeno devi sapere dove stiamo andando, suppongo." Sospiro, con l'indice gli mostro l'edificio e lui annuisce. "Quello è una specie di ospedale, struttura sanitaria, vabbè hai capito. Non è un ospedale ma i pazienti lì trovano tutta l'assistenza di cui ne hanno bisogno, ci sono un sacco di specialisti di vario tipo. Ci sono un sacco di ambulatori ed è tutto uguale, a volte mi ci pure perdo."

Mi guarda in modo strano, in effetti non avevo mai parlato così tanto di mia spontanea volontà senza che nessuno mi chieda niente. Mi ritrovo a pensare che sia colpa di Osamu. Ho voglia di rispondere alle sue domande e non so neanche perché.

Cazzate, lo so il motivo.

Spingo la porta così da aprirla e lascio entrare anche Osamu, prima di lasciarla andare.

"E poi mi dicono che non sono gentile." Borbotto mentre lascio andare la maniglia della porta per far si che si richiuda sola.

"Devo andare al terzo piano, quindi vuoi venire oppure te ne vai?" Chiedo stuzzicandolo, non credo affatto che in questo momento Osamu voglia tornare a casa.

Non mi risponde, invece mi prende la mano e mi trascina verso l'ascensore. Sbatto contro un'infermiera che riconosco, borbotto uno 'scusa'. Quando arriviamo di fronte all'ascensore, non mi molla la mano, ma usa l'altra per premere il pulsante del richiamo per l'ascensore. 

"Guarda che mi bastava un 'Vengo con te Suna' invece di farmi correre fino all'ascensore." 

"Certo e poi mi avresti spinto fuori la porta a calci." Commenta, avrei voluto ribattere ma le porte dell'ascensore si aprono e mi Osamu mi tira il braccio per entrare.

Finalmente Osamu mi molla il braccio, constatando che, con le porte dell'ascensore chiuse, non sarei potuto scappare neanche volendo. Appoggio la mia schiena contro la parete metallica fredda dell'ascensore. Osamu fa lo stesso mettendosi al mio fianco.

"Sei fortunato che oggi non devo fare la fisioterapia di gruppo." Chiudo gli occhi, aspetto una sua risposta mentre le mie orecchie, per la prima volta, dopo anni che prendo l'ascensore, non sono infastidite dal rumore tenue dell'ascensore in moto che ci sta portando verso l'alto. 

"Fiosiotera che?" Ridacchio ancora ad occhi chiusi, è stata la domanda più sensata che è riuscito ad elaborare, ci scommetto. L'ascensore si ferma e a quel punto apro li occhi, stavolta sono io a prendergli la mano e quando le porte si aprono lo tiro verso il corridoio in cui ci ritroviamo davanti. Non leggo nemmeno il cartellino fuori la porta in cui c'è scritto il nome della mia fisioterapista che apro la porta trascinando Osamu.

"Oi Suna, potresti pure bussare vist-" La mia fisioterapista si gira a guardarmi e grana gli occhi. " E questo chi è adesso?"

La stanza è grande, è stata la prima cosa che ho notato la prima volta che ho messo piede qui dentro. Le pareti verde menta, alternato al bianco. La mia fisioterapista, Akane, è seduta dietro la scrivania, messa in un angolino della stanza, all'inizio. Akane regge in mano il blocco degli appuntamenti con una matita fra sull'orecchia. Ha i capelli castani corti e la frangetta, cosa che le dona assieme agli occhi del medesimo colore e della pelle diafana. 

"Akane, lui è Osamu, gioca a pallavolo con me, Osamu lei è Akane, la mia fisioterapista." Non ho altro da dire, che situazione imbarazzante.

"Ehm piacere." Io nel mentre ghigno guardando Osamu impacciato. Vorrei prendere il mio cellulare e fare una foto, ma Akane mi ucciderebbe dicendo che sono troppo stronzo.

Nah.

"Si può?" Si sente una voce al di fuori della porta che bussa.

Oh no. Non ci voglio credere.

Osamu buona fortuna.

E buona fortuna pure a me, visto che se entra veramente la persone che ha appena bussato fuori la porta, sono fottuto.

"Certo Kougami-san, entri pure." Akane si schiarisce la voce prima di parlare, ancora continuano a mentire quei due, si danno ancora del lei nonostante tutti sappiano che loro stiano insieme. Come se non li avessi mai visto flirtare in sei anni che vengo qui. 

Due idioti.

Kougami è il mio psicologo, il problema è che negli ultimi tempi ho iniziato a saltare le sedute in programma.

Non so quanto in questo momento lui possa essere felice in questo momento di vedermi. Se Dio esiste, fammi andare via da questo posto il prima possibile. Con Osamu, preferibilmente. 

La porta viene spalancata e vedo la figura del mio psicologo, se fosse più giovane e se non fosse etero e il mio psicologo, ci avrei provato di sicuro. 

Non mi rimangerò quello che ho detto, ma darò la colpa agli ormoni.

Kougami Shinya è alto, ha degli addominali che sembrano scolpiti con lo scalpello da qualche scultore italiano di cui non ricordo assolutamente il nome, perché mentre la professoressa spiegava, io stavo dormendo. 

In questo momento porta un paio di jeans e una maglietta nera, coperta dal camice bianco che indossa. 

"Grazie Akane." Si lascia scappare un sorriso, poi si gira e mi scruta, sia me che Osamu. "Rintaro... e questo chi è?" Mi chiede aggrottando le sopracciglia.

Stronzate sa chi è.

"Un mio compagno di pallavolo invadente." Commento sbuffando. 

"Io? Mi dispiace se per sapere qualcosa su un mio amico, devo essere invadente." 

Sbuffo di nuovo e vedo il mio psicologo e la mia fisioterapista guardarsi complici.

"Dai Rintaro vai a prepararti il tappetino che io non ho avuto tempo." Akane si mette in mezzo fra me e Osamu, solo adesso ho il tempo di soffermarmi a guardare cosa indossa: una gonna grigia scura, abbinata alla giacca che indossa e la camicia bianca, così come il suo camice. Come fa ad non avere caldo? Si muore. 

"Certo, non hai avuto tempo." Ripeto la sua frase e ghigno guardando Kougami.  Akane non si scompone, le mie battute non le fanno mai effetto, l'unica soddisfazione che ho è sentire Kougami che sospira e mi richiama. Osamu guarda in silenzio la scena, non so che effetto gli fa vedermi in una sala piena di attrezzi di cui non conosce il fine -anche se neanch'io so a cosa servano la maggior parte delle cose- con io che piazzo il mio tappetino azzurro al centro. Akane mi passa un foglio di Scottex grande tanto la larghezza del tappetino, da mettere. Sbuffo, è scomodo stendersi su un tappetino poggiato a a terra, mi tolgo le scarpe rimanendo con i calzini.

Mi giro e vedo Osamu che sta parlando a bassa voce con Kougami, poi questi si rivolge a me dicendo che vuole far vedere il proprio studio ad Osamu. Annuisco e mi stendo velocemente mentre sento la porta chiudersi. 

Facciamo finire questi quarantacinque minuti il più in fretta possibile. 

Dalle mie spalle in poi non c'è solo la superficie del tappetino ma anche quello del foglio di Scottex, da quel che ho capito in questi anni serve per non avere a contatto il tappetino e la testa.

Akane mi sorride, mormora un 'posizione perfetta'.

Ci mancherebbe, dopo anni in cui faccio le stesse cose.

Inizia a dettare quello che devo fare, chiudo gli occhi, so già quello che devo fare. Non penso troppo agli esercizi che sto facendo, continuo a pensare a Osamu nelle grinfie di Kougami.

Sia chiaro, adoro il mio psicologo ma non ci lascerei mai nessuno che conosco e non perché non mi fido, ma perché non voglio far preoccupare nessuno. E Kougami è una persona che ci vede lungo. Se mi sono esposto così tanto con Osamu, lui è l'unico che sa il motivo. 

E, sinceramente non voglio che Kougami inizi a far ragionare Osamu.

"Secondo te gli sta facendo capire qualcosa sotto forma di qualche frase filosofica?" Chiedo aprendo gli occhi e cambio posizione. 

"Un po' più a destra." Mormora Akane, poi si mordicchia il labbro inferiore. "Probabilmente gli sta leggendo qualche passo di un autore sconosciuto di cui si porta sempre il libro dietro."  Cerco di guardarla, cosa che mi è difficile non potendomi muovere, l'unica cosa che posso vedere chiaramente è il soffitto. 

"Ma stai tranquillo, non dirà niente di te, al massimo sarà lui a chiedere al tuo amico di parlare di te."

"Ancora non mi è chiaro di come ti sei innamorata di Kougami." Commento schioccando la lingua. 

"Shinya è molto più facile da capire di quel che pensi, basta solo buona volontà."

"Mica ti ho chiesto come capire il mio psicologo, ti ho chiesto come ti sei fatta ad innamorare di lui." Non riuscirà a sviare il discorso tanto presto.

"Braccia a quarantacinque gradi, palmo verso il basso." 

"Sisi, come ti pare." Sbuffo cambiando posizione delle braccia. "Ora rispondi."

"Va bene... ma io voglio sapere di più su questo ragazzo." 

Sorrido.

"Ci sto, inizia tu."

"Non è niente di che, l'ho incontrato per caso sul tetto, circa sei anni fa, era la prima volta che vedevo qualcuno andare sul tetto, pensavo di essere l'unica. Mi sono avvicinata e gli ho acceso la sigaretta che aveva tra le labbra. Si era dimenticato il suo zippo nel suo studio. Poi niente, ci siamo conosciuti e non lo so, ho capito di volerlo definitivamente nella mia vita." 

Volerlo nella propria vita, eh?

Chissà com'è avere qualcuno accanto.

"Seduto." Akane incrocia le braccia e io mi metto seduto sul tappetino, ormai ho quasi finito. "Allora? Dai raccontami di quel ragazzo? Chi è? Ti piace? Vorresti avere una relazione col lui? O per te è solo un amico? Perché di sicuro gli piaci."

L'ultima domanda la ignoro volutamente. 

Troppe domande, troppe parole, troppo. Di solito non mi piace essere al centro dell'attenzione però, in questa situazione mi sento bene.

Credo?

Non mi piace parlare delle mie relazioni con gli altri ma ho assolutamente voglia di parlare. Anche se non c'è niente da dire, in verità.

Mancano quindici minuti alla fine della fisioterapia. E parlo, le parole iniziano ad uscirmi fuori dalla bocca.

Non sento di star dicendo troppo. 

Parlo della prima volta che ho incontrato i gemelli Miya, perché sì, se ti piace uno dei due, ti devi sorbire anche l'altro.

Penso sia il loro modo di volersi bene.

Atsumu non è un ingenuo, né uno stupido, anche se è idiota.

Molto idiota.

Penso l'avesse già capito.

No, sento di star dicendo qualcosa perché ho voglia di farlo, ho voglia di far sapere delle cose belle che mi capitano ad Akane. Ho voglia di raccontargli di Osamu.

Cosa provo per Osamu? Non lo so e questa cosa mi mette ansia, non riuscire a capire e dover aspettare.

L'amore mi mette ansia, credo. Non è qualcosa che posso controllare.

Se amo qualcuno ne ho colpa?

Succede e basta.

Ansia, non poter controllare chi amo mi mette ansia.

Ma è inaspettatamente reale. È reale perchè non sto mentendo, è dannatamente reale perchè mi fa stare bene, è reale perchè non posso mentire su chi amo.

Non si possono scegliere le persone da amare e sì, mi mette anche un po' paura.

Paura di non essere ricambiato, paura di essere di peso, paura di essere illuso.

E forse è per questo che preferisco non provarci neanche.

Ho così tanti dubbi e preoccupazioni che mi danno un ragionevole motivo per cui io non debba espormi.

Ma voglio farlo.

Lui mi ricambia?

Fanculo, Osamu mi piace e finché non glielo dico come potrei sapere se mi ama?

Io lo amo?

Dio, è una domanda da due risposte possibili ma rispondere mi è ancora difficile

Osamu mi piace.

Ma amare una persona è una parola grande.

Troppo grande da riuscirla a capire fino in fondo.

Non voglio pensarci più di tanto, per una volta.

Se lo amo, in fondo, già so di amarlo oppure no.

Devo solo capirlo ma non pensandoci, devo lasciarmi andare.

"Ok, abbiamo finito ci vediamo sabato, alla solita ora." Mi comunica Akane dirigendosi verso la scrivania.

Mi alzo e butto la carta nel cestino, il tappetino lo lascio lì, se ne occuperà Akane dopo.

Mi avvicinò alla scrivania su cui è seduta, sta scrivendo il mio prossimo appuntamento.

"Allora Rintaro, abbiamo finito le sedute per il tuo piede, ne abbiamo altre tre per la schiena. In più le solite sedute di fisioterapia di gruppo se vuoi farle, in più."

Metto in chiaro che faccio le sedute di gruppo solo perché non ho niente da fare e anche perché ci sono persone che stanno in silenzio e si fanno i cazzi loro.

Nessuno ti chiede chi sei, chi eri e se vuoi parlare. Eseguiamo gli esercizi e basta.

Si sta bene, ti senti protetto con persone che non ti fanno domande scomode.

Ma se sei protetto, in un certo senso sei limitato.

E forse mi sta bene così. O forse fino a poco fa lo pensavo così.

Mi giro sentendo la porta spalancarsi, Osamu si affaccia appoggiando la mano sullo stipite della porta.

"Kougami aveva un appuntamento ma ti saluta e ti manda un messaggio più tardi."

Annuisco e Akane mi saluta con una pacca sulla spalla.

"Ci vediamo."

Esco e Osamu mi segue. Prima di prendere l'ascensore mi fermo al distributore e tasto le mie tasche per cercare delle monete da inserire ma Osamu me ne porge alcune, mi giro a guardarlo e mi sorride. Le prendo senza dire nulla, la barretta al cioccolato cade e io mi abbasso per prenderla dalla macchinetta.

Questa volta mi chiede di prendere le scale, accetto volentieri. 

Non parliamo, cosa strana, avevo pensato che Osamu avesse qualcosa da dirmi, evidentemente mi sbagliavo.

O forse Kougami gli ha confuso le idee e ha bisogno di tempo per pensare. 

"Sai..." Inizia Osamu. Mi giro a guardarlo fermandomi come lui, mancano ancora due rampe di scale. "Rintaro, tu mi piaci, tanto." 

"Come fai?" Chiedo sbottando. "Guardami, non sono una persona speciale, faccio fisioterapia e ho pure bisogno di uno psicologo che mi stia dietro perché non riesco a vivere la vita senza farmi problemi, perché da solo sto benissimo e non voglio nessuno in torno, 'Samu sono una persona orrenda." Stringo i miei pugni e abbasso lo sguardo.

"Per cosa esattamente? Eh? Se stai bene da solo non vedo il motivo per cui tu non dovresti starci." Sospira per poi riprendere a parlare. "Ma non esiste solo quello, io sto bene con te, tu no?"

Solo a quel punto alzo lo guardo. Mi cade una lacrima silenziosa.

"Si, Osamu. Con te sto bene." Mi accarezza la guancia avvicinandosi.

"Rin, non rinunciare alle cose che ti piacciono, io ti sosterrò." 

Fanculo, lo abbraccio.

Le mie lacrime cominciano a scendere silenziose contro il suo petto su cui ho appoggiato il mio viso. 

Scusami per le lacrime, 'Samu.

 Vorrei dire ma non ce la faccio. 

Stringo le mie braccia attorno al suo corpo mentre lui appoggia una sua mano contro la mia nuca facendomi aderire di più al suo petto.

"Giocare a pallavolo ti piace, Rin?"

Annuisco.

"Allora non smettere mai di giocare, finché ti piace."

Mi stacco da lui.

" 'Samu, io non so se ti amo." Dichiaro stropicciandomi gli occhi contro il mio braccio per non vedere la sua reazione. "Ma so che mi piaci, veramente tanto."

Quando lo guardo vedo un sorriso genuino sul suo volto.

"Va bene, allora lo scopriremo insieme."

"Insieme." Ripeto io, un po' incredulo della svolta della situazione. Sento il mio cuore riscaldarsi, è una sensazione piacevole. Sento una scia di brividi che partono dal mio corpo, penso che il mio cuore si sia alleggerito, almeno di un po'.

Mi tende una mano.

"Andiamo?" Mi chiede.

"Andiamo." Confermo prendendo la sua mano. 

Mi sento così bene. Non so per quanto durerà, e questa cosa dovrebbe spaventarmi, al contrario mi rende più ansioso di passare più tempo con 'Samu. Invio un messaggio a mia madre dicendo che sarei rimasto più tempo visto fuori visto che non avevo compiti da fare per l'indomani. 

Il tramonto non mi piace tanto.

Mi è sempre piaciuta di più l'aria dell'alba. 

Svegliarsi presto e sentire il fresco che viene contrastata dal sole che sorge sulla pelle.

Ma adesso che passo per le vie della mia prefettura mano nella mano di Osamu, penso che il tramonto possa apprezzarlo di più. 

"Che ti ha detto Kougami?" Chiedo nonostante non voglia sapere la risposta, più che altro non mi importa.

"Mi ha chiesto se mi piacevi, ha accennato a qualche filosofo ma non ho capito bene il concetto e in più una cosa." 

Aggrotto le sopracciglia, di cosa sta parlando?

"Mi ha detto che tu pensavi fosse un adynaton il fatto che io potevo piacerti."

Adynaton.

Ecco cosa. 

"A proposito che significa adynaton?"

"È una figura retorica greca che significa 'cosa impossibile'." Ridacchio.

"Quindi pensavi fosse impossibile che tu mi piacessi?"

Esatto.

Lo pensavo.

Adynaton. 

Non è raro che io e Kougami parliamo usando metafore e usando frasi di autori che ci piacciono. Riesco a spiegarmi meglio. 

Mai capito come mi fosse uscita quella parola per esprimere quello che pensavo. 

"Idiota, mi piaci un sacco." Mi lascia la mano e si avvicina ma non fa niente.

Sta aspettando che io gli dica si?

Fanculo, lo bacio.

Quel bacio non sa delle mie paura, dei miei pentimenti e delle mie ansie. Sa di tutto quello che ho, sa di amore, mi sento amato e sento che sto amando Osamu. 

Quanto sono contraddittorio. 

È un concetto strano da spiegare e, nonostante quello che sto per dire sia contraddittorio con il mio pensiero, lo penso. 

Penso che certe cose non si possono spiegare, certe cose non vanno spiegate e neanche provate a raccontare. 

Io di base sono una persona molto razionale.

Ma l'amore non lo è, così come i sentimenti. Ho sempre voluto tenermi lontano da essi perché non li capivo, non erano cose razionali, non erano caratteristiche oggettive.

Sarebbe stato molto più facile se non avessi amato o provato sentimenti ma non sarei mai stato felice. 

Quanto ci stacchiamo pronuncio una sola parola.

Grazie.

Grazie 'Samu di starmi vicino, grazie perché sei tu e grazie perché nonostante abbia un orgoglio di ferro tu sai già le cose che non riesco a dirti.

E grazie perché so che aspetterai i miei tempi per dirti ti amo.

Spero di essere riuscita a trasmettere qualcosa con questa one shot, è molto personale, quindi scusatemi se è un po' OOC. Ci ho messo due settimane per concludere qualcosa in questa One-shot. Come avete potuto notare ho messo delle mie head canon, cioè Suna con la scogliosi e piede piatto. In più nella mia testa, una volta fidanzati Osamu accompagna Suna dalla fisioterapista ogni volta che deve. 

I personaggi di Akane e Kougami non sono inventati, ma sono la mia otp nell'anime Psycho-pass (guardatelo se non l'avete visto e apprezzate il genere action-police-psicologico).


  















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