
➥ 𝗜 :: The Many-Faced Kingdom
❝There is a savage beast in every man, and when you hand that man a sword or spear and send him forth to war, the beast stirs.❞
Ci vollero tre pugni perché la mascella si rompesse.
Il quarto colpo cambiò subito obiettivo, in preda a un'ira quasi calcolata; una bestia che sa quello che fa.
Continuò a colpire l'altro ancora e ancora.
Ignorò il fatto che non si muovesse più da un po', ignorò per tutto il tempo anche il pianto del neonato in braccio alla madre rannicchiata in un angolo della piccola casa.
Andò avanti per un'eternità prima di alzarsi, il cadavere a terra, come un pittore che si allontanava dall'opera finalmente terminata.
Prese un bel respiro, imponendosi di calmarsi: aveva altro lavoro da fare. Quella sottospecie di uomini, che vivono con il solo scopo di sprecare ossigeno e spazio e che ora hanno iniziato a migrare a Nord e a invadere il regno, sono come formiche.
Tante.
Fastidiose.
Facilmente schiacciabili.
Si voltò verso la madre e il bambino, il viso e i pugni chiusi sporchi del sangue del padre. Con calma afferrò un attizzatoio appoggiato alla parete. Non aveva voglia di ferirsi le nocche ulteriormente, e voleva porre fine a quei patetici pianti il prima possibile.
Quasi annoiato, ma consapevole di avere un dovere da compiere, mosse qualche passo verso la madre.
I bambini si svegliarono presto per assistere all'impiccagione.
Si ritrovarono nei soliti piccoli gruppi, sgattaiolando tra i vicoli di Approdo del Re, passando davanti a venditori di vestiti sporchi e cibo andato a male. Raggiunsero la forca presto, perché la volta precedente uno di loro si era svegliato tardi e, nell'aspettarlo, non erano nemmeno riusciti a vedere il boia che tagliava la corda legata alla piattaforma: un vero peccato. Questa volta, però, si sarebbero rifatti: quando raggiunsero la forca riuscirono a procurarsi dei posti in prima fila, addirittura seduti su delle scatole ammassate al lato della piazza.
Al centro, c'era il solito plotone: un manipolo di soldati appartenenti alla Guardia Cittadina, le armature dorate che scintillavano debolmente alla luce del sole, una misera imitazione che provava inutilmente a stare al passo con le descrizioni delle armature dei cavalieri fiabeschi.
Questa volta, i condannati erano sei. Tutti i soliti uomini sulla mezza età, dalla testa calva e la barba sporca; tipici abitanti di Approdo del Re che sfogano la rabbia della povertà credendo di potersi giustificare in qualsiasi situazione solo perché guardando il figlioletto a petto nudo si possono contare le costole.
Le accuse erano sempre le stesse ed erano più motivazioni dietro la sentenza immediata che altro. Si parlava sempre di uccisioni e si parlava sempre delle stesse vittime: dorniani, in un modo nell'altro. Madre di Dorne, padre di Dorne, madre e padre di Dorne, pelle troppo abbronzata quindi la vittima sembrava di Dorne. Uno era persino un servitore di Casa Martell, forse per questo il tutto stava avvenendo qualche secondo più in fretta del normale: sia mai che gli appena arrivati Principi del Sud non si sentissero a proprio agio sapendo che un uomo di cui non conoscevano il nome e che pagavano tramite dai tre agli otto intermediari fosse morto la sera prima in una strada anonima di una città quasi straniera.
Il capo del gruppo di Cappe Dorate parlava e i sottoposti piazzavano i disperati nella loro posizione al patibolo sedando eventuali resistenze da parte loro in quello che era ormai diventata una macabra routine. Le loro urla di disperazione divertivano la folla, le richiesta di pietà e perdono facevano sogghignare i bambini.
Uno dei condannati afferrò con forza il braccio di un soldato e la mano gli venne tagliata seduta stante. Qualcuno da qualche parte vomitò.
Senza prolungarsi ulteriormente, il boia tagliò la corda. I rumori dei morenti condannati erano sempre gli stessi e uno di loro, nano, era così basso che si era rotto l'osso del collo per la caduta. Una vera noia, secondo i giovani spettatori. Finiva sempre allo stesso modo e il divertimento alla fine era sempre uguale: perché continuavano a venire?
Che tutte o quasi le casate più importanti dei Sette Regni si riunissero ad Approdo del Re in giorni di festa non era un'occasione così rara. Matrimoni, funerali, incoronazioni, feste: era un qualcosa che capitava spesso e significava molte cose, dipendentemente dal posto che uno aveva nella piramide sociale.
Per i poveri cittadini di Approdo del Re, in particolari nella parte più angusta di Fondo delle Pulci, tanti nobili significano tanti soldati e tanti soldati volevano dire fame. Se la popolazione di base della città era di mezzo milione, le frazioni del proprio esercito personale che ogni casata si portava dietro si sommavano assieme in una reazione a catena che portava all'inevitabile aumento del pane e del cibo in generale. In sostanza, nulla di buono considerando che ogni nobile che metteva piede nella Fortezza Rossa si aspettava di avere il piatto pieno una volta seduto al tavolo.
Per la suddetta nobiltà, invece, occasioni simili significano una serie di doveri: i Lord dovevano fare la miglior figura possibile, le Lady dovevano essere le più belle e cortesi e interessanti alle sessioni di pettegolezzi con le altre signore, gli eredi dovevano dimostrare di avere il miglior talento con la spada in circolazione e di poter diventare il prossimo Aemon il Cavaliere del Drago. Era, però, una situazione vissuta decisamente meglio rispetto alle povere anime che morivano di fame: la Corona organizzava sempre banchetti, tornei e chi ne ha più ne metta. Al massimo scappava il morto per una lite su chi doveva cedere il passo a chi e l'atmosfera generale veniva rovinata per cinque minuti, ma subito dopo tutti tornavano nella pista da ballo con i servitori che cercavano di recuperare il cadavere del più scarso con la spada in mezzo a quella marea di scarpe dal sangue blu.
Quel giorno, però, era speciale: si tratta del primo anniversario dell'annessione di Dorne ai Sette Regni, la prima celebrazione di una pace che si speri duri nel tempo e contro le avversità. Nessuno era stato escluso: ogni singola casata nobiliare di Westeros era tenuta a partecipare e la Corona non aveva certo una certa fama per accettare di buon grado eventuali rifiuti, in particolare dopo essere da qualche anno uscita dai dodici anni di regno di Aegon IV il Mediocre. Dopo che il vecchio Re aveva tirato le cuoia, la Fortezza Rossa era stata invasa da giovani dai capelli bianchi e gli occhi viola pronti a reclamare titoli e terre: ai più era stata data qualche pacca sulla spalla e un calcio nel fondoschiena, ai temerari che, più anziani dell'erede, avevano posato gli occhi sul trono erano state tagliate numerosi parti del corpo, dalle mani alla lingua. Chissà se anche nel torneo organizzato in occasione dell'anniversario si sarebbe presentato qualche bastardo dagli occhi ametista.
Gli alloggi alla Fortezza Rossa erano stati riservati ai membri delle casate più ricche, ponendo una curata attenzione nel non far finire acerrimi nemici vicini di stanza. Se i Lannister erano da una parte, i Tyrell erano dall'altra. Se i Martell erano stati messi nell'ala Ovest, i Tyrell e Baratheon avevano gli alloggi in quella Est. Proprio tra le fila di questi ultimi scorreva un malcontento generale, un'infima puzza sotto al naso difficile da scacciare via: dopo decenni, quasi secoli di guerriglia contro quei selvaggi che abitavano le terre desertiche dell'estremo Sud, ora si ritrovavano a banchettare allo stesso tavolo. Quasi era un sollievo sapere di come per le strade molta gente condividesse la loro opinione e li trattasse come gli animali che erano.
Il banchetto principale si svolgeva all'ora di pranzo del giorno dell'anniversario: era stato allestito fuori dalla Fortezza Rossa ma pur sempre dentro le mura, con un po' di fantasia in prossimità del mare. Si trattava di una serie di lunghi tavoli inevitabilmente scollegati tra loro: nonostante tutto lo spazio, un lungo e unico tavolo era ingombrante nonché scomodo. Con tutti i nobili che c'erano, probabilmente i più sfortunati si sarebbero seduti a qualche passo dalla Barriera.
In particolare, si distingueva il tavolo della Famiglia Reale, costituito da Casa Targaryen e Casa Martell. Le Cappe Bianche erano divise tra chi faceva da guardia alle entrate e chi sostava nella prossimità del tavolo più importante tra tutti.
Aria di festa riempiva il grosso cortile, aumentata dagli innumerevoli bardi e musicisti che erano stati ingaggiati e invitati per alleggerire l'atmosfera. Nonostante tutte le misure da celebrazione in prima regola, dal banchetto al torneo che si sarebbe svolto quella sera dopo di esso, la Corona era piuttosto consapevole della situazione generale: l'annessione di Dorne non aveva contribuito alla pace, anzi, rischiava di fare più danni che altro. Ma, forse, era un rischio che bisognava correre: il cammino per scrollarsi di dosso l'ingombrante ombra di Aegon IV il Mediocre e lasciarsi alle spalle gli errori del passato per iniziare il cammino verso un futuro radioso era solo all'inizio.
◦•●◉✿ felpy and etty's notes ✿◉●•◦
Yoo eccoci qui con il primo capitolo della role, qui Felpy che parla. Lo so, non c'è moltissimo contenuto, ma ritengo sia il necessario per iniziare. Forse nei futuri capitoli metteremo il POV di qualche OC dipendentemente dalla situazione, chissà.
Comunque, spero questa botta di allegria vi sia piaccia! Passando alla roba logistica: ci sarà un commento e ruolerete lì sotto.
È sottointeso che la gran parte dei pg si trova ad Approdo del Re per l'anniversario, ma se avete situazioni particolari chiedete pure!
Generalmente si ruolerà il giorno principale di festa: potete scegliere voi se fare role ambientate prima o dopo il banchetto, in prossimità del torneo o a fine giornata.
Per il torneo, se avete OC da iscrivere fate pure, ma la vittoria di esso sarà una cosa piuttosto di margine e no, non abbiamo voglia di masterare degli scontri <3.
Ricordatevi che senza scheda non potete ruolare! Nel caso non ve la avessimo ancora approvata, potete e in caso vi faremo cambiare eventuale roba che non va bene in corso d'opera.
Etty ci tiene anche a dire che è rimasta delusa dal capitolo 239 di JJK.
Saluti.
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