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Capitolo 18 " Reincontrarsi"

Isabelle POV
Dopo circa 10 ore di volo il comandante annunciò che stavamo per atterrare.
In quel momento sentii l'ansia avvolgermi come una pianta rampicante e stringermi forte, senza lasciarmi la possibilità di evadere. È difficile descrivere come mi sentivo. L'ansia mi stava consumando e non mi lasciava andare. Ora ero lì, dovevo affrontare la mia ansia. La paura di rivederlo. Sapevo che rivederlo mi avrebbe riportato alla mente i nostri ricordi e non mettevo in dubbio che mi sarebbe venuta la tentazione di abbracciarlo e baciarlo, ma non dovevo cedere. Se lo avessi fatto, lui si sarebbe preso nuovamente gioco di me e mi avrebbe fatto soffrire di nuovo, forse ancora di più di quanto non stavo già soffrendo. Decisi di utilizzare le armi che utilizzavo sempre. La freddezza e il silenzio. Il mio cuore ormai avevo una muraglia di cemento imprentrabile e uno strato di ghiaccio spesso intorno. Non mi sarei lasciata abbindolare dal suo fascino misterioso come facevo sempre, sarei riuscita a resistere.
A risvegliarmi dai miei pensieri fu la hostess, che mi annunciò che eravamo giunti a destinazione. Presi i miei bagagli e scesi dall'aereo. Trovai Rebekah ad aspettarmi in aeroporto. Le avevo detto quando sarei arrivata e lei subito mi aveva detto che sarebbe venuta a prendermi.
Avevo un sorriso soddisfatto sul volto quando mi vide scendere dalla scala.
Le corsi incontro e la abbracciai. Mi era mancata molto.
" Ciao Bex"
" Ciao Izzy, mi sei mancata"
" Anche tu mi sei mancata"
Rimanemmo abbracciate per un po' e il silenzio ci avvolse. Nessuno voleva rovinare quell'atmosfera familiare.
" Vieni, abbiamo molte cose a cui pensare" disse lei.
Presi la mia valigia e la caricai nella sua auto. Durante il tragitto parlammo della situazione con Mikael.
" Dovevo tornare proprio in questo momento" dissi io sbuffando.
" Sai com'è Mikael, torna sempre nei momenti meno opportuni"
Arrivammo alla villa dei Mikealson, la riconobbi subito, era inconfondibile.
Lì l' ansia tornò e mi venne un altro attacco di panico.
" Hey, Izzy, respira, rilassati"
Mi calmai e lei mi abbracciò.
" So che è difficile, specialmente perché vi siete lasciati in brutti rapporti, ma non sarebbe mai così indelicato, sta soffrendo anche lui per questa situazione,e spero che dopo tutto questo, possiate parlarne in modo civile, d'accordo?"
Annuii.
Presi la mia valigia ed entrammo nella casa dei Mikealson.
" La tua stanza sai qual è, sistemati e poi parleremo"
Salii le scale e appoggiai il bagaglio sul pianerottolo che vi era in cima. Subito sentii uno sguardo bruciarmi addosso.
Era lui. Mi guardavo con uno sguardo che non sapevo decifrare. Non era arrabbiato, non era deluso, era... dispiaciuto.
Un insolito silenzio ci avvolse. Fu lui a rompere quella situazione d'imbarazzo.
" Hey"
" Hey"
Tornò il silenzio.
" Senti Isabelle, io non voglio perdere il nostro rapporto, so che è difficile, visto che ti ho fatto soffrire, e sto soffrendo anche io, so che non ti cambia molto, però...noi due eravamo molto amici, so che ci vorrà tempo e che non torneremo come prima, però..."
Lo abbracciai.
" Non preoccuparti, anche io voglio che torniamo amici, dobbiamo solo fare in modo che Mikael muoia"
" Ti lascio sistemare le tue cose"
Entrai nella mia stanza e iniziai a disfare la valigia.
Non so per quale motivo lo avessi abbracciato, mi era venuto spontaneo.
Mi mancava come l'aria. Era come se avessi un braccio che mi stringeva la gola, impedendomi di respirare e l'aria è lui e lo cerco continuamente come se fosse un bisogno continuo.
Io lo amo. E, nonostante provi a reprimere il mio amore, continuo ad aver bisogno di lui.
E lo cerco, questo non lo nego. Però devo smettere e la nostra deve rimanere una semplice amicizia.
Sistemai i miei oggetti personali e non feci a meno di notare il quadro che mi ha regalato lui a Chicago.
Fu come se rivivessi il momento in cui me lo aveva regalato.
Avevo nostalgia dei nostri momenti insieme, non solo dei momenti di coppia, ma anche quelli di amicizia. Sapevo che il nostro rapporto non sarebbe tornato come era prima, ma lo volevo disperatamente. Nonostante mi avesse ferita e io fossi partita con il presupposto che non mi sarei mai rimessa con lui e che non ci volevo avere nulla a che fare,  adesso, rivedendolo, il bisogno che avevo del suo affetto copriva la mia determinazione di non volerci nemmeno parlare.
Saremmo rimasti amici e io non avrei cercato di far mutare il nostro rapporto.
Questa era la frase che il mio cervello si ripeteva in continuazione.
Era come se si stesse svolgendo un dibattito tra il mio cuore e il mio cervello.
Il mio cervello diceva di non averci niente a che fare.
Il mio cuore voleva tornare insieme a lui.
Il giudice del dibattito diceva che era meglio che rimanessimo amici.
Ma rimanevo insoddisfatta. Il mio cuore non si dava pace, ne aveva bisogno.
Tra le mie cose trovai un album fotografico.
Lo aprii e trovai le nostre foto risalenti agli anni venti.
C'erano foto mie e di Rebekah, di Stefan e Klaus, foto di tutti noi insieme sorridenti, foto di Stefan e Rebekah, che stavano insieme.
Eravamo così felici, non avevamo problemi e andavamo insolitamente d'accordo.
Ma, purtroppo, i momenti felici durano sempre poco e quelli tristi subentrano sempre a rovinare tutto e sembra che durino sempre.
Poi trovai una foto mia e di Niklaus. C'erano molte voci che giravano su di noi, tutti pensavano che stessimo insieme, ma purtroppo non era così.

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