OO4: 𝗜𝗰𝗮𝗿𝗼
" La prima volta che ho sentito il mito di Icaro, ero piccola, tonda e stupida. Tronfia di una gioia che non sapevo di avere e che presto avrei perso, inconsapevole di starmi sporgendo dal bordo del mondo prima di caderci dentro. Riguardo le foto cercando di trovare qualcosa di simile alla me di ora, le scavo quasi con disperazione alla ricerca di qualcosa, qualsiasi cosa che mi faccia dire "oh, certo, questa sono io". Ma non c'è niente.
Non vedo nessuna luce, nessuna brillantezza nella me di ora che possa anche solo esistere in competizione con lei. L'onnipresente, perfetta, incredibile me piccola, tronfia e stupida.
Quella bambina sentì il mito di Icaro e pensò che fosse stupido, che non avesse senso gettarsi così in mezzo alle fiamme solo per sentire il calore sulla pelle per un istante magnifico.
Lei vedeva solo Icaro schiantarsi sugli scogli, gli occhi vuoti, immobili nel cielo color morte ed il sangue salato, incapace di respirare e di restare a galla persino sulla terra ferma, le ossa bianche in mezzo alla carne bollente, più simile ad un animale che ad un uomo.
La disturbava quel racconto, quella follia insensata per lei, ancora incapace di capirne la verità.
Non poteva capirla, obbietterai, era troppo felice per sapere cosa fosse cadere. Non aveva ancora provato l'esatta sensazione di perdere l'equilibrio e sentire il peso del corpo rovinare in avanti senza che ci sia nulla a fermarti, disperato per trovare qualche appiglio, qualsiasi cosa che ti allontani dal vuoto che vedi allungarsi di fronte a te, sinuoso ed immenso, che ribolle della stessa rabbia di cui sei fatto mentre ti mangi il fegato prima di addormentarti e sai perfettamente che non ti addormenterai. Senti ancora il tuo piede toccare il suolo mentre precipiti, ti illudi di quella falsa sicurezza di poterti ancora salvare, credi che succederà ancora un miracolo che ti riporterà lontano dal bordo, al sicuro.
Sai che i miracoli non esistono.
Scegli di crederci per poter chiudere gli occhi mentre respiri e non strozzarti nell'aria.
Mentre cadi, continui a sbattere contro il bordo della gola. Ti aggrappi, pianti le unghie nella terra nera e urli mentre una ad una si spezzano e sanguinano e ti chiedono se vuoi ancora morderle così. Pensi di poterti fermare, che il fondo stia arrivando, che se non altro potrai schiantarti, sentire la vita sorriderti un secondo infinito mentre ti scivola via dalle dita.
Ma non c'è un fondo. Senti solo il vuoto riecheggiarti dentro, rumoroso nel silenzio urlante.
Non gridi più ad un certo punto.
Fissi il nero sotto di te e allunghi una mano verso di esso, trovando che adesso non è il mondo intorno a te ad essere gelido, ma sei tu che lo congeli.
Una stringa di nero ti rimane fra le dita, abbellendosi di cristalli di ghiaccio preziosi come gemme. Ne afferri altre, non hai nulla da fare tanto. Hai solo da guardare il fondo mentre precipidi e ti chiedi come fosse in cima, perchè, che strano, non hai più idea di come fosse stare in cima. é talmente nebuloso che ti ci perdi dentro mentre il buio rabbrividisce.
E poi, improvvisamente, luce.
Luce che da sola basta a farti bruciare gli occhi con la sua brillantezza, riverbera sul tuo corpo come se fosse vero. Allunghi il braccio anche stavolta e scopri che è calda, è così tanto calda che più ti spingi disperatamente verso di essa più la senti diventare bruciante, vedi la tua pelle esplodere e sciogliersi più sei prossimo a quella pura concentrazione di bellezza. Non sai da dove viene. Non ti importa. Vuoi solo sentire di nuovo il calore, anche se significa strapparsi il corpo a pezzi, anche se significa stare peggio di quanto avresti creduto di poter reggere, resisti solo per nutrirti di quella luce divina.
Cosa hai fatto per meritarti quella luce di cui ti ingozzi a bocca aperta come un maiale? I tuoi denti la strappano, la masticano, la tranciano e la maciullano, la rendono disgustosa non appena entra nella tua bocca e perde quel gusto delizioso che aveva sulle labbra. Non hai fatto nulla per meritarlo. Non riesci a mandarla giù.
Vuoi vomitare.
Continui a mangiare mentre fa così caldo che le tue lacrime evaporano. Non fa più male adesso, i tuoi muscoli sono andati in fumo a questo punto.
Sei solo un mucchio di ossa vuoto che raccoglie i cocci di sè al buio.
Pensi che non sarai così stupido da rifare lo stesso errore, ma non riesci ad essere abbastanza bravo da ingannarti, perchè ogni, dannata, maledetta volta che vedi quella luce ti ci aggrappi come se fosse un salvagente, quando invece è un'ancora ti fa solo cadere più a fondo.
E ora lo capisci, ora sai chi è Icaro, sai di essere Icaro che muore alla luce di miliardi di soli in un solo istante e ride mentre lo fa, ride mentre sente ogni singolo pezzo di sè morire, dilaniato.
Icaro non ha paura di morire ogni giorno. Icaro non ha paura di niente ormai.
E ripensi a quella bambina che c'era in cima e la odi, vorresti soffocarla con le tue stesse mani quella bambina, sino a vederla piangere a farle capire che è colpa sua se stai così male.
é colpa sua e della sua perfezione, di quella voce che ti urla nelle orecchie ogni singolo istante che lei non sei tu. Che lei, solo lei era quella che poteva permettersi il lusso di essere amata.
Tutti amavano lei. Tutti amano lei.
Lei, lei, lei, è sempre tutto quanto su di lei. Non c'è un momento in cui non vedi il suo piedistallo troneggiare su di te e ridere di una risata così stridula ed acida che nemmeno urlare su di essa più forte funziona.
Ti sei comparata a te stessa per tutta la vita.
Sei felice adesso?
No. Lei era felice, lei non aveva una sola preoccupazione al mondo e sorrideva a tutti, ed era brillante, ed era incredibile, ed era dolce, ed era gentile e se fossi rimasta lei tutti ti amerebbero.
Non dovresti bruciare, perchè non saresti mai caduta.
Non dovevi cadere, ti dici. Ti dici anche che non è stata colpa tua, che ti hanno spinto giù da quella rupe, ma lo sai che è colpa tua, è sempre stata colpa tua. "
Eva allontanò le mani dalla tastiera, usando le sue dita gelide per asciugare il Nilo che le gocciolava sul colletto della camicia.
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