𝐸𝑝𝑖𝑙𝑜𝑔𝑜
«Credo che la appenderò sul frigo!» disse Dazai, guardando la foto scattata il giorno precedente con un sorriso furbo in volto.
Atsushi arrossì e cominciò a lamentarsi e ad insultare l'altro che girava come una trottola sulla sedia.
«Dazai-San dai! Questa è una violazione della privacy bella e buona!»disse il più piccolo provando a prendere la foto dalla sua mano, fallendo.
«Atsushi-kun se vuoi fare cosacce con il tuo ragazzo in un luogo pubblico va bene, ma accettane le conseguenze!»
Atsushi lo guardò malamente.
«Hai pagato un tizio per seguirmi e per fotografare qualsiasi tipo di interazione avessi con un "ragazzo coi capelli neri e scorbutico"»ribadì il più piccolo ripensando alla giornata passata.
Alla fine i ragazzi all'agenzia erano riusciti a disinnescare gli esplosivi e a salvare il palazzo con un numero minimo di vittime mentre quelli della Port mafia si erano ritirati dopo che le bombe erano state messe fuori gioco.
Il piano del castano era andato come previsto, in tutto e per tutto e se conosceva bene Akutagawa allora...
Lanciò un'occhiata veloce alla vetrata e sorrise beffardo nel constatare che le sue previsioni ancora una volta ci avevano preso.
«Piuttosto, il tuo ragazzo ti sta aspettando» ammiccò alla finestra. Atsushi continuò a guardarlo male poi lentamente girò lo sguardo verso il vetro.
Un ragazzo con un cappotto nero stava appoggiato ad un muro con un giornale spalancato di fronte al viso.
Il kohai guardò Dazai incuriosito, con una mano su un fianco.
Questo fece uno sbuffo divertito e scosse la testa.
«Sei un detective Atsushi-kun, ma comincio a dubitare delle tue capacità.
Il giornale che legge è di ieri, serve solo a coprirsi il viso, inoltre dalle mani e dal modo di vestire si può capire che è un ragazzo abbastanza giovane. Infine, davvero non riconosci il tuo fidanzato?»
L'espressione lievemente sbalordita di Atsushi fece fare un risolino al maggiore che in risposta si alzò e gli scompigliò i capelli camminando verso l'uscita dell'agenzia, non prima di mormorare all'altro qualcosa che lo preoccupò.
«Non sarà un discorso piacevole»
«Ehm... Aku-»
«Ma non staccavi alle sei e mezza? Sono le sei e quaranta e se non fosse stato per Dazai-San non mi avresti notato» si lamentò il ragazzo togliendosi il giornale da davanti.
Atsushi spalancò leggermente la bocca, poi sbuffò, o tutti erano troppo intelligenti o lui era stupido.
«Comunque ciao»
Atsushi sorrise sconfitto e diede un bacio sulla guancia all'altro.
Akutagawa si portò una mano sul punto dove le labbra dell'albino si erano posate, guardando poi la mano come se ci fosse dell'oro, causando l'ampliamento del sorriso del più piccolo.
Per ora la previsione di Dazai non si era avverata, al contrario.
Ma le sue previsioni hanno mai sbagliato?
«Andiamo?» chiese comunque Atsushi, ignorando il pensiero malevolo.
Il corvino annuì e cominciarono a camminare verso una meta anche a loro sconosciuta a passi leggeri.
In silenzio osservavano la loro città in balia del sole calante mentre molte persone camminavano per le strade, chi tornava e chi andava.
Mentre Atsushi osservava un bambino alle prese con un cane di piccola taglia, sentì di venir trascinato con forza, fino a quando dopo poco tempo non percepì più la terra sotto i piedi.
La sua testa subito scattò verso destra, ma si calmò quando vide entrambi cadere su un terrazzo in un palazzo appena scalato grazie all'abilità del mafioso.
Quest'ultimo tossicchiò, poi si andò ad appoggiare al parapetto in vetro, come il palazzo con alcune finestre rotte per via della brusca scalata.
Il più piccolo lo raggiunse e si mise nella stessa posizione, mentre si godeva il leggero venticello di quella giornata meno fredda del solito.
Perso nei suoi pensieri, non si accorse dello sguardo del maggiore posato su di sé e neanche del velo di preoccupazione che ombreggiava sul suo volto.
«Come dovremo fare?» chiese d'un tratto Ryū.
Atsushi aprì un po' gli occhi e girò il viso verso il ragazzo.
«Che intendi dire?»
«Parlo di... Questo che abbiamo noi.
Io sono nella Port mafia, tu sei un detective. Cosa vorresti fare per portare avanti questa,"relazione"?»
Marcò bene l'ultima parola, come per accentuare la stranezza della situazione.
Non poteva dire di non averci pensato a lungo, Atsushi, anche se non c'era molto su cui riflettere, la soluzione era solo una a parer suo.
«Non dire "relazione" come se fosse una cosa brutta... »mormorò cercando di prender tempo.
«Non l'ho mai pensato» rispose Akutagawa con un tono di confusione nella voce pacata.
Un piccolo sorriso si fece spazio sul viso dell'albino.
«C'è solo una soluzione in realtà... Anzi, due.»
Le labbra di Akutagawa si contorsero in una smorfia di disappunto, a quanto pare avevano pensato le stesse cose.
«La prima opzione è lasciarci tutto ciò alle spalle e tornare a quella che prima era la normalità, ovvero il volere comune della reciproca morte»
Disse Atsushi guardando Ryū.
Inutile dire che entrambi scartarono subito quella soluzione.
«La seconda è che io lasci la Mafia» ghignò amaro il più grande, lasciando un sospiro rassegnato.
Una scintilla di speranza accese gli occhi bicolore del detective che si tirò su dritto e prese le mani dell'altro tra le sue.
«Sarebbe grandioso no? Tu non dovresti più uccidere nessuno e se Fukuzawa-san ti facesse entrare in agenzia staremo sempre insieme-»
«Non è così semplice Atsushi»
Lui rimase piacevolmente sorpreso dal fatto che avesse usato il suo vero nome senza dover essere prima rimproverato per averlo chiamato Jinko ma scartò immediatamente il pensiero dato che aveva altro di più importante di cui discutere.
«Il fatto non è lasciare la mafia, ma cosa fare dopo.
Cerca di capire, è tutta la vita che uccido, rubo e commetto atti criminali. Non posso diventare un cittadino modello tutto d'un tratto e non credo di riuscire a trovare altro lavoro... Sai, non ho un titolo di studio, forse solo quello delle elementari» confessò sospirando.
La presa di Atsushi sulle mani dell'altro si fece più stretta.
«E se ti accettassero in agenzia?»
L'altro lo guardò come si guarda un bambino innocente.
«Perché mai dovrebbero farlo? Non sono minimamente come voi. Non sono buono, ho centinaia di morti sulla coscienza e non provo sentimenti di pietà o di gentilezza...»
«Non è vero! Proprio adesso mi stai stringendo le mani» disse in modo infantile Atsushi alzando le mani intrecciate quasi all'altezza dei loro visi.
L'altro sbuffò.
«Questo è irrilevante»
«No che non lo è! Tu sei gentile con me... Quando vuoi»
Si beccò un'occhiataccia dal compagno ma la ignorò, cominciando a pensare ad altri modi per convincerlo.
Si morse il labbro e guardò un punto imprecisato del cielo mentre il suo cervello si arrovellava come mai prima d'ora.
Arrivò a conclusione, non prima di aver ricevuto un bacio da parte dell'altro che si era giustificato dicendo "Non è colpa mia, ti stavi mordendo il labbro e mi è sembrata la cosa più giusta da fare".
Come se gli fosse mai importato di fare la cosa giusta...
«Tu hai una sorella no? Anche lei è nella mafia, hai mai parlato con lei riguardo l'andare via?»
Ryū ripensò alla conversazione avuta con Gin qualche mese prima che alla fine non avevano più tirato in ballo.
«Gin non vuole più stare nella mafia, ma le ho già spiegato come stanno le cose»
Atsushi allora lasciò le sue mani e si sedette sul parapetto del palazzo, a un passo dalla morte.
«Facciamo così» disse infine, guardando il sole ormai quasi del tutto invisibile.
«Chiederò al capo se c'è qualche possibilità di farti entrare in agenzia. Tu intanto riparlane con Gin e fai le solite cose che fai a lavoro, magari non uccidere... Per un po' non ci vedremo, per evitare di destare sospetti ai tuoi colleghi, ma ti chiamerò quando Fukuzawa-san mi avrà dato una risposta»
Il più grande sospirò, ma comunque andò davanti all'altro e gli diede un lungo e appassionato bacio.
La sensazione che non li aveva mai abbandonati si fece più forte anche quando stavano per salutarsi, un po' troppo drammatici, pensarono entrambi.
«Allora ciao...» borbottò Ryū allontanandosi a passi lenti, camminando all'indietro.
Atsushi notò la sua lentezza e capì subito cosa voleva, infatti scese dalla lastra di vetro e corse dall'altro, baciandolo.
Si staccò e fece una faccia furba, mentre l'altro, col volto arrossato, si portava una mano alla bocca.
«Ciao» rispose sorridendo Atsushi.
Non era un addio.
***
«Ryū capisco che tu abbia paura... Ma questa è proprio l'occasione che stavamo aspettando!»
Gin guardava con occhi grandi e luminosi il fratello, le mani unite sul petto e un sorriso che le arrivava da un orecchio all'altro.
Lui invece la guardava minaccioso, irritato per la parola "paura".
«Non ho paura. Sono solo indeciso»
Gin sospirò, sedendosi poi sull'alto sgabello dietro di lei.
«Non sei stanco anche tu di doverti costantemente guardare le spalle?» iniziò la ragazza, con un improvviso alone di tristezza.
«Questo lavoro non ci porterà mai da nessuna parte. Saremo sempre bloccati in questo ciclo, fino a quando un giorno saremo inutili, sottopagati e con i sensi di colpa per tutte le vite che abbiamo stroncato.
Tu hai trovato l'amore, nel lato buono. Cos'è che ti ancora qui nell'oscurità, fratello mio?»
L'espressione sul viso di Akutagawa divenne atona quando si andò a sedere di fianco alla sorella, cominciando a tirare fuori le sue emozioni.
«La Port mafia ci ha salvati.
Ci hanno dato una casa, un lavoro e tutto ciò di cui avevamo bisogno.
Siamo sempre stati così e tradire la nostra organizzazione mi sembra come tradire noi stessi. Possiamo davvero essere migliori? Anzi, io posso essere migliore? Non riesco a crederlo»
Gin lo guardò apprensiva.
«Certo che puoi! Ti conosco Ryū e so che sei così determinato da potercela fare»
Ryū non seppe se fu la faccia da gatto con gli stivali di Gin, il sentimento per Atsushi o quel minimo di bontà che aveva nel cuore a portarlo a sospirare e accettare.
La ragazza cacciò un urlo e come una palla da demolizione saltò addosso al fratello.
Intanto, in agenzia...
«Kyōka-chan!»
La ragazzina lanciò un'occhiata confusa e lievemente infastidita al coinquilino per via del tono troppo alto della sua voce ma comunque lo fece continuare.
«HA DETTO CHE GLI DARÀ UNA POSSIBILITÀ!» disse il più grande prendendo le mani della giovane tra le sue, cominciando a saltellare in cerchio insieme a lei che si ritrovò costretta a seguirlo.
«Atsushi-kun ti senti bene?» chiese Kyōka con un risolino, guardando l'albino che aveva preso a camminare avanti e indietro per tutta la casa.
«STO PIÙ CHE BENE!» Urlò fermandosi d'improvviso, poi uscì dicendo che doveva fare una telefonata.
Atsushi riferì ad Akutagawa le parole di Fukuzawa.
Lui e sua sorella non dovevano uccidere nessuno per il prossimo mese, giusto per essere sicuri ,poi lui li avrebbe assunti come stagisti all'agenzia e infine gli avrebbe fatto fare il famoso test d'ingresso e dall'esito di quello sarebbe derivato il loro futuro.
Gin che aveva sentito tutto dal debole suono del telefono, aveva dovuto mantenere il sangue freddo poiché erano nel quartier generale ma dentro stava esplodendo.
Anche il fratello si sentiva felice, ma non lo avrebbe mai mostrato apertamente, infatti si limitò a un esulto mormorato che fece fare una smorfia di disappunto al ragazzo dall'altro capo del telefono che pensò fosse sarcastico ma lasciò da parte il pensiero e dopo altre chiacchiere, riattaccò il telefono.
***
Un mese era passato, mese che ai fratelli Akutagawa era sembrato un anno.
Non era semplice declinare tutte le uccisioni, soprattutto per Gin.
Ryū bene o male se l'era cavata, il suo rango era abbastanza alto da permettergli di fare un po' come voleva, ma per Gin che era nel miglior gruppo di assassini di tutta l'organizzazione non era stata proprio una passeggiata.
Una settimana era riuscita a svignarsela inventandosi una malattia mentre per il resto del mese principalmente aveva addormentato le vittime non fornendo alcuna spiegazione ai suoi colleghi.
Tutto ciò ovviamente non era sfuggito al Boss che aveva scoperto tutto più o meno dopo la prima settimana.
Anche se nessuno aveva capito se avesse intenzione di fare qualcosa.
Ma non avrebbe lasciato che questi eventi gli scorressero così, davanti agli occhi.
Il giorno era arrivato.
Il fratello aveva un borsone nero sulle spalle mentre la sorella una valigia color crema dai dettagli in pelle color cappuccino ma esiste come colore? Vabbè
Furtivamente avevano lasciato il loro appartamento e si erano assicurati di non essere seguiti, camminando in silenzio verso la loro meta.
Durante il tragitto Gin aveva preso la mano del fratello e l'aveva stretta, sorridendogli, voleva esprimere la sua gratitudine e far notare a Ryū come l'aveva resa felice.
Arrivarono all'incrocio dove si trovava il palazzo sede dell'agenzia e dopo un respiro, si fecero aprire la porta d'ingresso.
Con passi veloci e nervosi arrivarono davanti alla porta principale, lasciata socchiusa.
Gin tirò debolmente il cappotto del fratello che si girò verso di lei e le mise una mano sulla spalla, per confortarla.
Aveva fatto la stessa cosa anni fa, nella macchina di Dazai con quella veste grigiastra rovinata e sporca e da allora Ryū aveva capito che quello era un segno di paura da parte della sorella.
Lei, un po' rincuorata dal gesto del fratello, provò a tornare tranquilla mentre quest'ultimo dava una spintarella alla porta per aprirla.
Dall'altro lato, trovarono Dazai, Atsushi e Kyōka, il primo con un'espressione beffarda in volto, di chi ha ragione, il secondo con un sorriso smagliante e la terza invece sembrava abbastanza ostile. Come darle torto.
I tre gli fecero fare il giro dell'agenzia, sempre in un religioso silenzio da parte dei due nuovi arrivati.
Quando tornarono davanti alla scrivania di Dazai, questo si sedette sul legno e osservò i due, con uno sguardo diverso rispetto a quando li aveva reclutati la prima volta.
«Capisco perché Akutagawa-kun voglia entrare in agenzia, posso capire che è difficile mantenere una relazione quando si è nemici» cominciò il senpai, facendo arrossire un po' i due.
«Poi con Atsushi-kun, lui non starebbe mai con le mani in mano mentre il suo ragazzo fa fuori mezzo Giappone... Ma tu Gin? Perché hai voluto cambiare vita?»
Lei, non aspettandosi di venire interpellata più di tanto, si portò una mano davanti alla bocca e sobbalzò.
Davvero nessuno riusciva a capire come quella ragazza potesse passare dall'essere un'assassina a sangue freddo che tutti scambiavano per un maschio, all'essere una vera e propria bellezza, elegante e femminile.
«B-beh in realtà io prima di Ryū avevo pensato di andarmene, infatti ne avevo parlato con lui ma non era andata proprio bene...»
Spostò lo sguardo a terra.
«Ma non lo avrei abbandonato, mai.
Volevo fare una vita normale dopo tutto ciò che abbiamo passato, mi sento ancora terribilmente male a pensare a quante vite ho tolto solo per il mio lavoro.
Quegli uomini avevano una famiglia? Qualcuno che li stava aspettando? Oppure uno di loro era la famiglia di qualcuno?»
«Gin...»
«No Ryū, lasciami finire»
Gin spalancò gli occhi e subito assunse un'espressione mortificata.
«Scusa fratellone»
«No, scusami tu, continua»
I tre spettatori rimasero di stucco, quasi mai avevano visto Akutagawa essere gentile o addirittura scusarsi.
La corvina tossì e portò lo sguardo in quello del castano.
«Voglio entrare in questa agenzia per impedire che qualcun altro possa fare la mia stessa fine.
Non voglio che un bambino faccia cose che non dovrebbe neanche pensare, non voglio che rimanga da solo, per strada o che sia costretto a tutto pur di sopravvivere.
E di certo non voglio essere io la causa di tutto ciò.
Voglio semplicemente vedere chiunque, libero di fare qualsiasi cosa sogni»
Il senpai lesse negli occhi della ragazza una profonda sincerità che lo colpì molto, Gin non era mai stata una ragazza di molte parole, come il fratello d'altronde.
Lei però era più allegra e positiva.
«Tuttavia so che le speranze e il rimorso non cancelleranno tutti i crimini che ho commesso, me ne rendo conto, ormai delle vite sono andate perse per colpa mia.
Non voglio mai più sentirmi così»
Nell'aria si percepiva un'incredibile tensione, generata dagli sguardi incrociati della ex esecutrice della Port mafia e l'attuale detective.
Dazai sembrava serio, stranamente, pareva scrutare Gin che invece a muso duro, si difendeva con uno sguardo gelido.
Solo il fratello riuscì a notare la punta d'odio nell'espressione della sorella, dovuta soprattutto a come Dazai aveva trattato il suo amato fratellone.
Non l'aveva mai dimostrato, ma Gin nutriva un po' di rancore verso il castano che era stato la fonte principale dei problemi mentali del fratello per anni e che ancora ne era profondamente influenzato.
«Sei cresciuta, Gin»
Dazai si stiracchiò e si mise in piedi, sorridendo per smorzare un po' l'atmosfera.
«Bene, adesso andremo a parlare con il capo che vi spiegherà tutte le regole e bla bla bla, da allora inizierà ufficialmente il vostro periodo di prova e quando meno ve lo aspetterete ci sarà il test»
Disse l'ultima parola con enfasi, provando a spaventare i due, ma senza risultati.
«Perciò... Ce l'abbiamo fatta» commentò Atsushi, quando ormai si era fatta sera e tutti all'agenzia o stavano tornando a casa o finivano un lavoro alla scrivania.
Il detective si era casualmente seduto sulla sedia a ruote di fianco a quella di Akutagawa e si era avvicinato, guardando distrattamente l'ambiente.
Il corvino si girò a guardarlo e sistemò delle carte che erano in disordine sulla scrivania.
«Già»
Notando che il ragazzo non sembrava propenso a fare il primo passo, Atsushi si avvicinò ulteriormente e gli mise una mano sulla guancia.
Appena Akutagawa si girò, l'altro gli stampò un bacio sulle labbra e gli sorrise.
In risposta Ryū sollevò un angolo della bocca ma comunque diede uno schiaffo alla mano di Atsushi, che la levò prendendo ad accarezzarla.
Lanciò un'occhiata confusa al collega e istintivamente gli ringhiò contro.
«Non a lavoro»
Si alzò e cominciò a camminare verso la porta, ma venne prontamente fermato dall'albino, che imbronciato, lo prese in braccio.
Cominciò a tempestargli la faccia di baci giusto per vederlo arrabbiarsi e arrossire, ogni tanto anche lui sapeva essere adorabile e ad Atsushi piaceva da morire vederlo colto alla sprovvista.
Akutagawa provò anzitutto con le buone, urlandogli di smetterla e allontanando la sua faccia, ma lui continuava imperterrito a cercare di fargli fare una figuraccia il primo giorno di lavoro.
Non gli dispiaceva affatto ciò che stava facendo il più piccolo, ma sul luogo di lavoro non gli sembrava proprio il caso.
Così passò alle cattive, i vestiti sulle mani di Atsushi divennero Rashoumon e lui fu costretto a lasciarlo andare per non ritrovarsi senza mani.
«Possibile che debba sempre preoccuparmi per la mia salute quando sono con te?»
Ryū gli rivolse un'occhiata, dopo essersi ricomposto.
«Se ti comportassi normalmente non sarei costretto a farti del male»
«Ma che ragionamento è?»
«Sempre migliore del tuo»
«Oh ma sentilo! Parla quello che...»
Continuarono a discutere come una vecchia coppia sposata per più di quindici minuti, fino a quando Akutagawa mise un braccio attorno alla vita di Atsushi mentre lui posò la testa sulla sua spalla.
Incredibile come avevano fatto immediatamente pace, come se fino a un secondo fa non stessero litigando.
Ma forse sarebbe stato sempre così con loro.
Anche se si odiavano immensamente, se erano opposti, se le loro convinzioni erano totalmente diverse, l'affetto reciproco che provavano batteva di gran lunga tutte queste cose.
L'amore... Chissà dove li avrebbe portati.
Fine
Wow.
Finalmente ce l'ho fatta, l'ho finita davvero :D
Più di tremila parole accidenti a me.
Comunque mi sembrava giusto finire come abbiamo iniziato, ovvero con i fratelli Akutagawa...
Beh ragazzi che dire? La storia è finita, spero che vi sia piaciuta anche se alla fine è venuta ben diversa da come l'avevo immaginata~
E chissà, magari ci rivedremo in una sorta di sequel👀
Grazie per aver letto, votato e commentato, Sayonara✨♡︎
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro