Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

21. 𝗜𝗹 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮 ✔️

Newt Scamander

31 Agosto 1933

Newt non riusciva a smettere di pensarci. Tremava come una foglia.
Iniziò nuovamente a passeggiare nervosamente avanti e indietro per il vagone, stringendosi le mani al petto e osservando, alieno, il resto dei passeggeri, accomodati sui sedili degli altri scompartimenti.

Una fiamma verde brillante proveniente dal camino, gli fece distogliere l'attenzione dai propri pensieri, riprendendo istintivamente a tremare.

E se fosse lei?

Probabile. Tina, solitamente, era puntualissima! O almeno... così si era convinto.
Erano mesi che non si vedevano, e lui moriva dalla voglia di rivederla. Di incrociare il suo sguardo, di perdersi nella laguna buia ma luminosa dei suoi occhi, di abbandonarsi al suono della sua voce.

Rimase deluso.

Al posto della figura slanciata che si aspettava di vedere, comparve un uomo grassoccio, accompagnato da una giovane strega bionda.

Quei ricci inconfondibili!

Se Queenie Goldstein era lì, con quel suo sorrisetto smagliante... presto avrebbe rivisto anche lei.

Lei parve capire dove stesse vagando la sua mente, e non riuscì a trattenere una modesta risatina.
«Ciao, Newtie!» Ammiccò, stringendolo in uno dei suoi calorosi abbracci.
Anche il no-mag, che fremeva per l'emozione, lo strinse calorosamente a sé, con un'energia che non ricordava, urtandolo con il suo panciotto. Erano radiosi, come sempre, più che euforici.
«Sono così felice di vedervi!»
«Anche noi!» Ridacchiò la biondina, inclinando la testa di lato.
Rimasero per qualche istante a fissarlo, in attesa che lui notasse il cambiamento.
Ma Newt non si accorse di nulla. Sembrava un po' deluso.

«Ci presteresti la tua valigia?»
Quella richiesta lo incuriosì parecchio, sollevò lo sguardo, alquanto confuso.
«Sì... ma...»
«Queenie sta poco bene» si affrettò a spiegargli il no-mag con un enorme sorriso.
Non sembrava preoccupato, piuttosto tranquillo, come se ormai si fosse abituato.
«Sai... i viaggi lunghi...» gli fece l'occhiolino.

Era in forma impeccabile, forse un po' più pienotto di come lo ricordava. Doveva essere stata la vita coniugale che gli conferiva quell'aspetto.

«Sì, ma...»
«Va bene! Grazie, amico!»

E, senza dargli il tempo di replicare, di porre qualche altra domanda, scomparvero, come nel nulla. Jacob era diventato alquanto agile e svelto... probabilmente era per Queenie, che stava avendo una buona influenza su di lui.

Quei due sembravano essere stati creati l'uno per l'altra! Non si era neanche accorto che il babbano era già scomparso, sorreggendo la moglie per la vita.

Rimase nuovamente da solo, a passeggiare avanti e indietro, a osservare gli altri passeggeri dal vetro dell'altra cabina. Era contento di vederli, ma... non aveva fatto altro che pensare a lei, a Tina, dalla sera stessa in cui aveva ricevuto conferma. E, ora, era piuttosto deluso di non averla accanto.

Loro erano la sua famiglia, li apprezzava, era pronto a coprire loro le spalle e fasi colpire al petto per loro, ma... non poteva più aspettare.

Otto lunghi mesi erano passati, durante i quali aveva bramato la sua vicinanza. Notti insonni a pensare a lei, e a cosa avrebbe potuto dirle una volta trovatosi al suo cospetto. Probabilmente avrebbero parlato di lavoro, del più e del meno, e delle ultime novità.

Avevano tanto di cui parlare, molti argomenti da trattare e molto su cui ragionare, di questo ne era certo.

Non si accorse neanche di non essere più solo, fino a quando sentì una manina bruna poggiarsi sulla spalla.
«Hey, Newt... aspetti qualcuno?» Anche la ragazza con i capelli di topo gli fece l'occhiolino, raggiante.

Anche lei consapevole dei suoi pensieri, e del desiderio che ardeva nella sua mente.

Un rapido sorriso gli illuminò il volto, si girò di scatto per incrociare lo sguardo della professoressa Eulalie Hicks, in piedi dietro di lui. Sorridente, come sempre.

«Ciao, Lally! Stupenda... come sempre» Si complimentò lui, abbassando lo sguardo.

L'unico problema? Lei non era Tina.

La professoressa Hicks gli accennò un altro sorrisetto divertito, arrossendo appena sulle guance. E figurandosi in anticipo la domanda che sarebbe, di lì a poco, pronunciata dalle sue labbra.

«Tina?»
Anche lui era arrossito appena sulle guance, nonostante non avesse ricevuto alcun complimento.

Lei finse di pensarci un attimo, girandogli lentamente intorno per farlo un po' agitare... inutilmente.
Era divertente tenerlo sulle spine.
«Uhm...» si grattò la nuca «arriverà... molto presto...» rimase nel vago.
«Già...»
Accanto a lui comparve un altro giovane mago, annunciato dalle fiamme del camino. Lieto di vederlo ma... in quel momento non era del tutto desiderato. Suo fratello, nonché l'auror speciale.

«Fratellino!» Gli scompigliò i capelli, giocosamente.
Newt gli lanciò un'occhiataccia e si voltò di lato, un po' infastidito.
Non smetteva mai di fare l'essere galante. Fortunatamente vi era un'altra persona in quello scompartimento, altre tre in verità, con le quali poteva intrattenersi. Non appena Theseus - con le guance scarlatte - si avvicinò a Lally, la giovane insegnante gli fece un inchino galante, e scoppiò a ridere sonoramente.

«Theseus Scamander... l'auror speciale...» gli fece l'occhiolino, con fare complice.
E lui non potè che imitarla, come se quel momento si fosse appena trasformato in un duello.
«È un vero piacere rivederla, professoressa!» Le fece eco lui, dandole un rapido bacio sulla guancia.

Era la prima volta che le stava così vicino, pensò. Aveva le guance incredibilmente morbide, non era riuscito a non notarlo, nonostante quel contatto fosse durato appena un soffio, un battito. Si separò da lei molto lentamente, con un sorriso genuino sulle labbra.

«Ho saputo della sua disavventura a casa Flamel, spero che si sia rimessa in sesto!»
Amava darle del lei, lei stessa meritava di sentirsi dare la giusta importanza.
«Oh sì!» Dichiarò lei «Magari... con qualche ciocca di capelli in meno... ma sto benissimo, adesso! Lo stesso vale per Nicolas e Perennelle!»

A ripensarci dopo parecchie settimane, doveva ammettere di essersela cavata per un soffio. La sua vita era stata appesa a un filo di lenza, teso e sul punto di spezzarsi rovinosamente. E Grindelwald possedeva le forbici... per la sua rovina.
Lei aveva accettato di fare da marionetta in quell'oscuro gioco di ruolo, al quale tutti loro tentavano di sottrarsi.

Un genuino sorriso apparve sulle guance del mago britannico, che annuì comprensivo, voltandosi di nuovo a guardare il panorama.
«Sono felice che tu stia bene, Eulalie. E credo e valga lo stesso per mio fratello... ma credo che sia troppo impegnato a pensare a Tina, piuttosto che partecipare. Dico bene, Newtie?»

Non rispose. Lo sapeva... che non sarebbe venuta, lo sentiva.

«Lei...»
«Arriverà, non dubitare! Con qualche minuto di ritardo. Ha già avvisato la squadra!» Lo rassicurò l'amica, sfiorandogli la spalla.
«Bene...» si limitò a sussurrare il magizoologo, più per rassicurare se stesso.
«E ci saranno altre persone con lei. E anche Kama... stanno... arrivando!» Si lasciò cadere sul sedile, esausta, sbattendo inavvertitamente il ginocchio contro il separè.

Con cura, estrasse un libro dalla tasca esterna della valigia e con un gesto teatrale lo spalancò sulle gambe. Ne estrasse altri, tanti piccoli volumi che, uno sopra l'altro, andarono a costituire un pilastro di conoscenza, che Newt aspirava a sfiorare soltanto.

Non vi era libro al mondo che Eulalie Hicks non avesse letto, quella donna era incredibilmente colta! Si mise gli occhiali sul naso, che le conferivano un ulteriore aria di sapienza, e si portò il piccolo volume più vicino al viso, per distinguerne i caratteri.

Newt smise di osservarla qualche istante dopo, e iniziò a tamburellare nervosamente le dita contro il vetro sottile del finestrino, dal quale poteva scorgere una lunga distesa erbosa.

Nonostante tutto, ancora temeva che non l'avrebbe rivista, nonostante Theseus gli avesse ribadito più volte che il Macusa aveva accettato la gestione del caso, e dato quindi il via libera. Era piuttosto impegnata, lo sapeva. Non l'avrebbe mai biasimata se non fosse venuta in missione con loro.

E se avesse avuto un ulteriore impegno?

«Nervoso?» Non era necessario distogliere lo sguardo dalle pagine per capire la sua agitazione.
Newt Scamander fremeva, per l'emozione.
Annuì distrattamente, le accennò un sorriso e scrollò leggermente le spalle, abbozzandole impacciatamente una risposta.
«Chi non lo sarebbe? Dopo quello che stiamo per fare...» decise di rimanere nel vago, senza dilungarsi troppo, riprendendo a guardare la lunga distesa verde che correva rapida sotto ai suoi occhi.
«Già, certamente, ma... ma io mi sto riferendo a Tina...» trattenne un sorrisetto, mentre inarcava un sopracciglio.

I due nella stanza si scambiarono un rapido sguardo e iniziarono a consultarsi chissà su quale argomento, mentre lui rimase in silenzio, in attesa. Di tanto in tanto lo guardavano di nascosto, e riprendevano a parlare, facendo finta di nulla.

Sembravano essere amici di infanzia, data la loro estroversione, interagivano e ridacchiavano come se fossero amici da sempre... eppure, si conoscevano soltanto da pochi mesi, e da lontano per la maggior parte del tempo. Si erano sempre scambiati delle lettere, e non si erano mai incontrati prima dell'anno precedente.

Sembravano divertirsi parecchio a discutere di lui, se ne accorse soltanto parecchio tempo dopo, dopo aver udito casualmente il suo nome da uno dei due - e una battutina sul suo conto.
«Scommetto cinque galeoni!» Eulalie Hicks, che sembrava essersi adattata benissimo al contesto, si voltò nuovamente verso il grande Theseus Scamander, per dargli il cinque.

Sarebbe diventata ricca con le sommesse di Theseus, che finivano sempre per non avverarsi. Ne aveva vinte una decina circa, e aveva guadagnato una piccola pila di libri.

«Da quando scommettete su di me?» Arrossì violentemente, quando comprese a cosa, o meglio a chi, si stessero riferendo.

I due si guardarono negli occhi e, come se lo avessero appena notato, si voltarono verso di lui, scrollando appena le spalle con nonchalance.
«Da sempre?» Ridacchiò il maggiore degli Scamander, dando nuovamente il cinque alla sua sorella mancata.
«Ben detto!» Si complimentò lei, facendogli l'occhiolino.

Quei due... adesso, si mettevano pure a commentarlo!

Non era sufficiente suo fratello, giustamente, a fargli fare delle figuracce coi fiocchi. Era certo che sarebbero andati più che d'accordo. Era... più che contento che Queenie non fosse presente nella stanza, conoscendola sarebbe stata più che lieta di partecipare alla discussione.

Lei stessa sarebbe stata in grado di argomentare molto bene su di lui. Magari avrebbe forzato un tantino le barriere della sua mente, per gossippare un po' sulle sue emozioni. Non riuscivano a smettere di ridacchiare, come due adolescenti alle prese con qualcosa di interessante.

«Sono così... prevedibile?»
Theseus trattenne un singhiozzo divertito, prese a squadrarlo dalla testa ai piedi, passeggiandogli intorno, fermandosi a qualche centimetro dal suo viso. Gli diede un energico buffetto sulla guancia, che gli fece arrossare la pelle.
«Tu che dici?» Ridacchiò.
Quella risposta lo imbarazzò ulteriormente:era sempre stato così, fin da bambino. Non era cambiato di una virgola, almeno così credeva.
«Divertente...» commentò sarcastico Newt «davvero divertente...»

Lo avrebbe abbracciato, se solo si fosse tolto il brutto vizio di comportarsi da prepotente fratello maggiore. Questo non gli dava il diritto di prendersi gioco di lui, anche se bonariamente.

Non aveva ancora dimenticato lo scherzetto che gli era costato la reputazione... al ministero.

«Lo è!» Dichiarò la ragazza dai capelli di topo, senza alzare gli occhi dal suo amato libro.
Come faceva a fare due cose contemporaneamente? Riuscire a leggere e commentare la sua timidezza.
«Ah ah!» alzò gli occhi al cielo «Da quando voi due siete così in sintonia?»

Non sarebbe riuscito a opporsi, lo sapeva bene. Decise di ignorarli volontariamente, iniziando a consultare - o meglio... riprendendo a consultare - il paesaggio fuori dal finestrino.

Non vide nulla di interessante: qualche albero, un gruppo di pastori intenti a discutere attivamente sui propri greggi, la nube scura e carbonica proveniente dal camino del treno, che ogni tanto offuscava i vetri, ovattati dalle orme delle manine dei bambini.

Guardò la banchina, non vide più nessuno. Non un'anima viva. Attese. Di Tina Goldstein non vi era ancora traccia, nessuna che le somigliasse. Dopo parecchi minuti in piedi, si lasciò cadere sul sedile, esausto. Se doveva aspettare, sarebbe stato meglio farlo da seduti.

«Non preoccuparti, caro. Teenie sta arrivando!»
Sentì una manina poggiarsi lievemente sulla spalla, un tocco leggero che conosceva bene.

Quando avevano fatto capolino dalla valigia?

«Sì.» sospirò, accennando un sorrisetto alla biondina.
La sua vocetta stranamente non lo infastidiva. Lei stessa glielo stava ripetendo, e se lei stava affermando che la sorella ci sarebbe stata... allora, doveva avere ragione. Ci sarebbe stata. Forse.
Queenie rise lievemente e gli fece l'occhiolino con aria circospetta, passandosi una mano sui capelli per apparire più presentabile.

Tutta tattica, ovviamente.

Era così carino!

La sua mente non faceva che urlare il nome della sorella, il che le procurava tanta tenerezza, ma anche un fastidioso mal di testa.

Anche Teenie stava vivendo la stessa euforia.

Erano in cinque, adesso, in quel vagone. Theseus aveva avuto la brillante idea di noleggiare l'intera cabina, per rimanere indisturbati.
Uno schiocco tagliò l'aria, facendo trasalire tutti - ma non il magizoologo.

«Buon pomeriggio, ragazzi. Ciao, Newt!»
Si voltò di lato, per scorgere gli occhi timidi della sua fedelissima assistente, che lo guardava timidamente, in piedi vicino al camino. E dietro di lei, un uomo alto e dalla pelle scura, che lo salutò con un inchino cordiale.
«Piacere di rivederla, signor Scamander.» Quell'inconfondibile accento francese.
Era sempre così gentile, il gentiluomo più prezioso della sua stirpe.
«Vale lo stesso per me, nonostante le circostanze non siano delle migliori.» Abbassò lo sguardo, un po' imbarazzato.

I tre uomini si strinsero la mano vigorosi, mentre alle ragazze Kama riservò un trattamento più delicato: un inchino cortese e un soave bacio alla francese sul dorso della mano - per il quale Bunty divenne colorita.

La giovane magizoologa si sistemò la mantellina color cachi sulle spalle - che le ricopriva la camicetta spiegazzata - e la lunga gonna rossa a pieghe, e prese la parola.
«Vuoi che ci pensi io alle tue creature nella valigia?» Sembrava alquanto fiduciosa, speranzosa.
«Non preoccuparti, Bunty.» Le accennò un sorriso «Ci penserò io più tardi... al momento... ora p-p-preferisco... guardare fuori dal finestrino.» Le confidò distrattamente.

Broadacre rimase alquanto delusa, un po' infastidita da quella distanza emotiva. Si limitò così ad annuire, a tenere per sé la tristezza. Faceva di tutto per lui, si era sempre occupata delle sue creature, eppure... lui sembrava non notarlo, non considerare i suoi sforzi.

«Oh. Va bene.» Si strinse nervosamente le mani «Abbiamo parecchie ore di viaggio, no?»

Lentamente prese posto accanto a Kama, che da uomo galante si alzò per lasciarla passare. Le accennò un sorriso, e riprese a riflettere, silenzioso come sempre. Non era un tipo di molte parole.

Dovette accettare che il posto accanto al suo amato magizoologo fosse occupato dalla sua valigia, non aveva il coraggio di spostala e posarla sul pavimento. Sapeva già a priori che quel posto era destinato a un'altra. E non era lei.

«Tina è in ritardo, ultimamente è sempre in ritardo!»

A rompere il silenzio fu Eulalie, che si copriva la bocca con la mano per contenersi.
«Mai puntuale, neanche se lo volesse!» Confermò la sorella della ritardataria, ridacchiando lievemente.
«Ormai la conosco bene» mormorò orgogliosa, abbandonando il viso sulla testata del sedile.

Diede un'ultima rilettura alla pagina che stava consultando, dove vi erano riportati alcuni incantesimi avanzati, e lo richiuse, abbandonandolo sulle ginocchia.
«Tina non è mai stata brava a essere puntuale, neanche a scuola!» Sospirò, fingendosi rassegnata, con un ampio sorriso.

Chissà come doveva essere stata da ragazzina. Probabilmente sempre alta, forse una decina di centimetri in meno, testarda e cocciuta e... coraggiosa, soprattutto. Se l'avesse vista da ragazza, era certo che l'avrebbe subito riconosciuta, nonostante le possibili differenze.

«E il nostro Newt non vede l'ora di rivederla, dico bene?» Mormorò il pasticcere, facendo l'occhiolino all'amico, allungando il braccio per dargli una gomitata.
Newt li scrutò tutti, uno per uno.

Euforia e delusione, insieme.

Capì di non avere scampo, soprattutto quando ripresero a ridacchiare, interessati. A quel punto capì di non poter rimanere immobile, indifferente, senza diventare paonazzo e dello stesso colore del sedile.
«Io...» cercò una scusa plausibile «vado a parlare con il macchinista!» Scattò in piedi, imboccando immediatamente il corridoio libero.

«Devo... fargli una domanda, vorrei sapere quante ore mancano. Quanto... quanto ci vorrà...» balbettò, affrettandosi a usufruire di quella via di fuga, quella scappatoia che sapeva di aver dovuto imboccare prima.

Lally, Theseus, Queenie e Jacob si scambiarono una rapida occhiata di intesa e scappò loro più che un sorriso, mentre Bunty sbuffò infastidita, limitandosi ad accennare un sorriso tirato.

Come poteva quella donna essere così importante per lui?

«Cerca di non metterci troppo, Romeo...» lo canzonò il fratello.

«Ti ho sentito!» Borbottò lui, con una mano poggiata sulla maniglia della porta, che lo avrebbe condotto all'altro scompartimento.
Theseus rise nuovamente e, con la solita battutina pronta, gli urlò di darsi una mossa.
«Muoviti!»

Amava così tanto evidenziare la sua ingenuità, ma non si sarebbe mai permesso di metterlo in cattiva luce con gli estranei. E loro... non erano estranei, ammiccò.

Newt gli lanciò un'altra occhiata e sparì, lasciandoli alla loro piacevolissima discussione su di lui.
«Idiota...» sospirò infine, quando fu certo che il fratello non potesse sentirlo.

Era sempre stato una frana in amore.

«Timidone» accennò un sorriso l'auror francese.

Che personaggio, quel Newt Scamander!

A dir la verità, Kama lo aveva sempre ammirato. Era un uomo buono, non era necessario scavare a fondo per saperlo. Il suo sorriso era genuino, e raramente tendeva a offendere con le parole, se non in buona fede.

Bunty, invece, rimase in silenzio. Stava quasi per elencare a se stessa i cento motivi per non amare Tina Goldstein, quando un rombo fortissimo fece trasalire il resto dei presenti.

Uno schiocco che fece voltare tutti nella direzione in cui erano certi di aver udito il rumore. Una sagoma alta e molto magra comparve nel corridoio, seguita da un vassoio con una decina di tazze di porcellana, che levitavano a mezz'aria, tintinnando pericolosamente e rischiando di schiantarsi a terra.

«Scusate per il ritardo, ragazzi.» Annunciò la sua presenza, timidamente.

«Tina!» La prima ad alzarsi dal sedile, seppur con qualche difficoltà per via del pancione prominente, fu sua sorella Queenie, pronta a stringerla fra le braccia, seguita dalla sua migliore amica.
Prima di ricambiare i saluti, si guardò intorno, per assicurarsi che ci fossero tutti.

Lally la guardò attentamente: da quando la sua migliore amica aveva capelli ricci e rossi?

Li vide gradualmente assumere le sembianze di un morbido caschetto, le ciocche lunghe accorciarsi all'altezza delle orecchie. Si stropicciò gli occhi, forse era sotto l'effetto della pozione polisucco.

Ma non era vietata e illegale da usare?

Scosse la testa e si limitò a sorriderle, e a studiarla. La conosceva, era una delle sue solite stramberie da auror. Era... come era sempre stata definita da ragazzina? Una visionaria?

«Ci siamo quasi tutti!» Confermò infine, prima che lei potesse fiatare.
Poteva notarlo: mancavano ancora la sua recluta più fidata e la piccola Filemina all'appello. E Newt, che non riusciva a scorgere nello scompartimento. Rimase un po' delusa. La prima persona che desiderava vedere dopo parecchi mesi.

«Manca Lysander e...» lanciò un'occhiataccia a Theseus, che era sul punto di pronunciare l'ennesima battutina «sua sorella.»

E Newt.

Si tolse il cappotto di pelle nero, che le copriva metà gamba e lo adagiò ordinatamente su uno dei sedili liberi: un sedile solitario, l'unico libero.

Theseus approfittò della situazione, da galante gentiluomo che desiderava tanto vedere il fratellino piccolo accasato, si affrettò a scostare la valigia di Newt di lato, coperta dal proprio cappotto, per adagiarci su quello del capo auror americano.

Tina dapprima lo guardò accigliata, alquanto colpita dalla sua galanteria, ma subito dopo annuì e gli accennò un timido sorriso.
«Molto gentile, signor Scamander.»
Non lo aveva mai apostrofato per cognome. Non vi era alcuna nota di sarcasmo questa volta nella sua voce, forse soltanto un po' di stupore.

Solitamente preferiva ignorarlo.

Premurosa, si affrettò ad avvicinarsi alla sorella, notandola meno colorita di come l'avesse lasciata.
«Stai bene?» Le chiese prontamente, pronta a versarle un bicchiere di acqua, se necessario.
Le accarezzò la guancia, era bollente! Sembrava avere il viso in fiamme, ma non sembrava avere segnali che riconducessero alla febbre.

La biondina le accennò un sorrisetto stanco, e subito dopo scosse la testa per rassicurarla. Sapeva che ultimamente si preoccupava anche per un nonnulla, e che per lei sarebbe stata in grado di smuovere le montagne.

«Sto bene, amore. Solo che questo piccoletto qui non mi ha fatto chiudere occhio. Questo monello non fa che scalciare!» Sospirò, abbandonandosi sulla spalla del marito.
Ora che la analizzava attentamente, poteva notare i suoi occhietti gonfi, e una smorfia di fastidio stampato sulle labbra. Doveva aver un po' di mal di stomaco, visto che di tanto in tanto si portava le mani all'altezza dell'addome.
Forse non era il caso di offrirle del latte, dopotutto.

«Vuoi...»
«Oh, no! Sto bene, non preoccuparti!» Ricambiò la carezza sulla guancia.
Non sembrava voler intraprendere il discorso, così decise di rimanere in silenzio, in attesa che gli assenti si unissero alla causa.
«Bene.» Sospirò.
Diede una rapida occhiata al cognato, che le accennò un sorrisetto rassicurante. L'avrebbe lasciata alle sue cure, non si sarebbe pentita a riguardo.

Solo qualche istante dopo, dopo parecchi attimi di silenzio, intravide la valigia di Newt sul sedile accanto a sé. Il suo cuore la minacciò di scapparle via dal petto, la stessa piacevole e fastidiosa sensazione che aveva provato quando non aveva visto quella zazzera di capelli rossastra nel vagone. Ma... se la sua valigia si trovava lì, abbandonata sul sedile... dov'era Newt Scamander?

«Newt...?» Abbassò lo sguardo, tingendosi appena di rosa sulle guance.
«Lui è andato a-»

Theseus Scamander non fece in tempo a risponderle, perché un frusciò annunciò loro l'apertura della porta del loro scompartimento. Apparve un uomo.

Alto ma non troppo, con un'incredibile quantità di capelli arricciati sulla nuca e, probabilmente, anche sulla fronte. Non appena lo vide, Tina balzò in piedi dal sedile. Rimase immobile, in attesa che lui si voltasse e la notasse.

«Ho parlato con il macchinista e...»
«Signor Scamander...»

Ebbe un fremito. Quell'inconfondibile accento newyorkese, quei passi incerti e ovattati. Lo sguardo basso e l'andatura impacciata. Si voltò lentamente nella sua direzione e la vide, in piedi, a qualche metro di distanza da lui.

«Tina...»
E nel momento stesso in cui incrociò il suo sguardo, sentì tutte le preoccupazioni e le domande dissolversi. E quel sorrisetto timido e impacciato, che tanto gli piaceva, non riuscì a non contagiarlo. Le mani gli tremavano, fremevano allo stesso ritmo accelerato del suo cuore.

Lo vide arrossire e timidamente iniziò a guardarsi la punta delle scarpe. Fece un passo avanti lei, ne fece un altro lui, fino a quando non si trovarono quasi sul punto di sfiorarsi, e accarezzarsi. Fu forse quel senso di pudore che non li spinse ad allungare la mano e toccarsi. Non subito, almeno.

«Io... ecco...» scoppiarono a ridere contemporaneamente, mentre l'imbarazzo lasciava il posto a qualcos'altro, che in quel momento erano incapaci di definire.

«Sono felice di vederti, io... temevo che non arrivassi più...» continuò a perdersi nella laguna buia dei suoi occhi.

Era perfetta, proprio come la ricordava. Indossava la solita camicetta bianca, con il medaglione circolare che tintinnava sul petto, una gonna a pieghe scura, lunga fino al ginocchio; un paio di anfibi neri in pelle, con un tacchetto non troppo alto.
Cercò di non sbirciare troppo oltre il bottone sbottonato della camicetta, non sarebbe stato educato da parte sua.

«Io, ecco... ho avuto un piccolo imprevisto, sai con il viaggio. Ma adesso sono qui.» inclinò il capo di lato, accennandogli un solare sorriso. Si guardarono, di nuovo. Si fissarono, a dirla tutta. Fino a quando Theseus ruppe quel dolce silenzio di sospiri.
«Suvvia, ragazzi!» sollevò le braccia al cielo, in segno di resa «Un abbraccio non sarebbe male, no? Merlino, vi conoscete da un decennio quasi!» Sbuffò.

Se non si fosse mosso, si sarebbe alzato lui e lo avrebbe trascinato più vicino a lei per le orecchie. Quella fu la prima espressione di Theseus della giornata che non gli diede fastidio.

Newt e Tina si scambiarono una rapida occhiata, entrambi consapevoli che stessero riflettendo sulla stessa cosa. Ma quando la vide poggiare le braccia sui fianchi e inclinare il viso in attesa, fece un altro minuscolo passo in avanti.

Dovevano davvero... abbracciarsi?

L'unico contatto ravvicinato che avevano avuto era stato nella cella della morte, ed era stato molto... dolce! Anche se... era durato appena un soffio. Tina, invece, non si accorse di nulla. Si ritrovò stretta stretta contro il suo corpo morbido, fra le sue braccia.

Sentiva squittire Piquette dal taschino, ma a nessuno dei due sembrava importare. E Newt ne approfittò, per chiudere gli occhi e abbandonare la guancia sulla sua schiena.

Perché non erano mai stati tanto vicini?

La sentì sospirare e ricambiare il suo abbraccio, sentendosi quasi sprofondare fra la pila di indumenti che indossava. In mezzo al gilet color senape e il cappotto blu, che gli conferivano quel suo aspetto caratteristico. Poteva anche percepire il suo respiro caldo e accelerato all'altezza del petto.

Era così piccola, pensò, sarebbe bastato un braccio per nasconderla del tutto.

Quel profumo di vaniglia e miele, unitosi al suo di menta piperita. Il loro odore fuso lo faceva impazzire. Se aveva avuto il coraggio di rompere le distanze, avrebbe benissimo potuto dimostrarle il suo affetto in mille modi immaginabili.

Un po' titubante permise alle sue mani callose di scorrerle fra i capelli, le ciocche brune negli spazi vuoti fra le dita.

Lei non disse nulla, anzi, la sentì poggiare il viso sulla sua clavicola, in sintonia con le sue carezze.

Faceva molta attenzione a non sfiorarle la pelle scoperta della nuca, un dettaglio che a lei non passò inosservato, e che di nuovo le strappò un sorriso.

Amava la sua timidezza, un altro pregio da valorizzare e aggiungere alla lista! Poteva sentire i maghi intorno a loro bisbigliare, ma li ignorò volontariamente.

Lally e Theseus si scambiarono un tacito segno di intesa, lei sembrava alquanto contenta.
"Ho vinto la scommessa", sembrava urlare euforica, ovviamente più contenta per quella coppia un po' strampalata, che per i galeoni che avrebbe messo nella sua tasca.

Nessuno, a parte loro due, era più euforico di Queenie Goldstein.

Newt continuò ad accarezzarla, le sfiorò la guancia umida, fino a quando le sue dita percepirono una piccola sporgenza sulla pelle.

Solo a quel punto si allontanò leggermente, un tantino, giusto il tempo necessario per scorgere un piccolo graffio appena visibile.

Incrociò il suo sguardo, e Tina si affrettò ad asciugarsi gli occhi bagnati, per poi riprendere a ridere emozionata. Sembrava alquanto contenta della sua presenza, e lui che si era preoccupato inutilmente che fosse arrabbiata.

Accarezzò il piccolo segno con la punta del pollice, come se quel piccolo gesto potesse aiutarlo a guarire più rapidamente. Le guance le si incurvarono nuovamente in un lieve sorrisetto timido, mentre i suoi occhi erano puntati sulla mano sul suo viso. Non si sarebbe mai stancata di quel contatto, ne era certa.

«Come ti sei...?»
«Poi ti racconto tutto.» Lo interruppe lievemente «Abbiamo tanto di cui parlare, no? Tante cose di cui discutere, signor scamander.» Continuò a scrutarlo con il sorriso sulle labbra.
«Sì...» abbassò lo sguardo e la mano dal suo viso, sentendosi apostrofare a quel modo.
La liberò dalla sua stretta, allontanandosi con un bacio sulla testa.

Lei non lo chiamava così da settimane... forse era in parte offesa per la sua freddezza precedente. Non voleva... era stato così impegnato con le sue creature.
E, soprattutto, imbarazzato, non sapendo come risponderle. Attese che lei prendesse posto accanto a sé, prima di rivolgere nuovamente l'attenzione sulla sua guancia.

«Quindi... come te lo sei fatto, quel graffio?» Iniziò a fissarlo insistentemente.
Non sembrava aver fatto infezione.
Tina, che ancora stava pensando a quel bacio discreto, sollevò lo sguardo nella sua direzione, affrettandosi a trafficare dentro una sacca nera di stoffa, che lui stesso non aveva notato.

Ne emerse un giornale. E fu allora che divenne terribilmente seria.
«Non te lo dico... te lo mostro!» Dichiarò e gli allungò il giornale, perché potesse consultarlo.
Dalla sua espressione, ebbe quasi paura di leggerlo.
«Sono... finita in prima pagina! Ottimo, eh?» Si morse il labbro inferiore, e le scappò una risata nervosa.

Indicò con il dito l'immagine che la ritraeva di profilo, tossendo per schiarirsi la gola:
«Capo del dipartimento auror americano è stato attaccato da una schiera di dissennatori, sfuggita dal controllo del ministero» Continuò a ridere isterica, non dandogli il tempo di soffermarsi troppo a studiare la fotografia che la ritraeva.

Era tutt'altro che presentabile, stesa a terra e in una pozza di sangue.

Si scambiarono uno sguardo di intesa.
«Continua, Tina.» La invogliò, mentre perdeva gradualmente colore.
Tina annuì, tossicchiò di nuovo, e riprese lentamente la lettura, inarcando di tanto in tanto un sopracciglio, sarcastica.
«Con lei...» scandì ogni singola sillaba «un uomo sconosciuto... dalla... pancia prominente e... particolarmente soggetto a rotture...»

Un altro sguardo di intesa fra i due.
«Jacob.»
«Già!» Confermò lei «E tutto... solo per mangiare uno stupido gelato, in una stupida giornata di sole, in una stupidissima piazza, nel mezzo di una stupidissima pausa!»
Sembrava... alquanto stressata. E come biasimarla?
«Hanno tentato di uccidermi proprio nel mio unico giorno libero!»

Lanciò uno sguardo fugace al cognato, che aveva iniziato a tremare. Ogni qual volta pensava o sentiva parlare di quella aggressione, non riusciva a non sentire il respiro gelido dei dissennatori sulle sue labbra.
Lanciò anche lui uno sguardo nella sua direzione, incrociando gli occhi del magizoologo, pallido come un lenzuolo.

«È stato... inquietante!» Balbettò il pasticcere.
Era diventato dello stesso colore del finestrino, trasparente. Newt, ovviamente, non poteva biasimarlo, era ancora vivo per raccontarlo.
«Io l-l'ho vista! È stata sollevata a mezzo metro da terra e...» un intenso brivido di freddo gli attraverso la schiena, obbligandolo a cercare conforto fra le braccia della moglie «e scagliata contro un lampione!»

Newt si voltò di scatto verso la bruna, inarcando un sopracciglio, impietrito.
«Come?» sgranò gli occhi «Perché non me lo hai detto subito?»
«Perché sto bene, e perché non è quel genere di cose che si raccontano subito dopo otto mesi!» Sbuffò, alzando gli occhi al cielo «Me la sono cavata con poco!»
«Già...» la rimbeccò il cognato, voltandosi a guardarla scioccato in cagnesco «Solo due costole e tre vertebre fratturate, eh? Questo sarebbe "cavarsela con poco"?» Sembrò quasi che le pupille potessero schizzargli dalle orbite «Siamo d'accordo che voi maghi siete... invincibili, ma... non mi sembra niente...» singhiozzò, scrollando appena le spalle.

Si voltò verso la moglie che, come si aspettava, era del suo stesso parere. E le diede un lieve bacio a fior di labbra, che fece arrossire impercettibilmente il magizoologo britannico.

«Ma... abbiamo ancora un'anima, grazie a te e alla tua padella! Dovevi vederlo, Newt, è stato un vero eroe!»
«Davvero?»
«Oh sì!» confermò lei, accennandogli un sorrisetto timido «È stato fantastico!» Abbassò lo sguardo.

Adesso Newt era tremendamente curioso, moriva dalla voglia di sapere di più. Chi aveva tentato di ucciderla non era un mistero, la stessa persona che aveva attentato alla loro vita, e a quella di Lally e dei due coniugi Flamel.

«Quindi questo...» proseguì, allungando la mano per accarezzarle il graffio sulla guancia «è il minimo.» Lo sfiorò timidamente con il pollice, godendo di quel contatto fisico.
Tina annuì, e abbassò il viso un po' pudica, tingendosi appena sulle guance.
«Già... siamo vivi, è questo ciò che conta, no?» Accennò a entrambi un sorriso.

Si erano appena ritrovati, aveva tante - troppe- cose di cui discutere, troppi segreti che desiderava confidargli. Decise di cambiare discorso, di focalizzare l'attenzione su un argomento più lieto e degno di essere celebrato.
«A ogni modo... hai già notato la novità?» Sfoderò un gran sorriso.

Jacob ci mise un po' a capire a chi si riferisse, e ridacchiò appena quando vide l'amico incuriosirsi.
«Quale novità?» Li scrutò entrambi, incitandoli a parlare.
La sua espressione, un miscuglio di curiosità e preoccupazione, fece ridere la biondina, che fu sul punto di soffocarsi con la sua stessa saliva.
«Non lo hai ancora capito... vero, caro? Guarda meglio.» Ridacchiò, scoprendosi leggermente l'addome dal cappottino rosa che la avvolgeva.

Non era un tipo molto sveglio, all'apparenza...il che lo rendeva perfetto per sua sorella Tina!
Solo allora capì, solo quando Queenie si portò una mano sulla pancia per accarezzare il piccolo che custodiva in grembo.

«Questo piccolino qua non fa che muoversi! È un tantino agitato oggi...» scoppiò in una risatina eccitata, mentre lo vide realizzare.

«Tu sei...?» Un gran sorriso comparve sulle sue labbra.
«Eh sì!» Squittì, sfiorando i lievi solchi dei calcetti di quella piccola creatura. «Anche se Tina... afferma che sia una femminuccia, ne è convinta!»
Newt, ancora colpito per la rivelazione, si voltò di lato verso il capo auror americano, con un mezzo sorrisetto stampato sul viso.
«È contenta... di sentire zia Tina, per questo si sta muovendo così tanto...» gli fece l'occhiolino e lui ridacchiò appena.

Era contentissima, euforica come non mai.

Tina si avvicinò a lei, per inginocchiarsi e poggiare un lieve bacio sul suo addome, più che visibile. Sarebbe stata amata come non mai, quella bambina.

Newt scosse la testa.
Ma dove aveva gli occhi? Che brutta figura... non si era accorto di niente!

Queenie gli accennò un sorriso, incapace di rimanere alla larga dalla sua mente, che la attraeva come una calamita. E scoppiò a ridere.
«Oh caro, non preoccuparti! Sappiamo tutti che ultimamente sei un po' distratto. Sono felice che tu sia contento!» Gli prese a coppa il viso «Sei uno di famiglia, no?» Continuò a sorridergli, euforica e gioiosa come non mai.

Distratto dalla sorella, ovviamente.

Si lasciò cadere esausta sul sedile, cercando di trovare una posizione confortevole. Quei cuscini posti sotto la schiena erano pressoché inutili! Le davano fastidio. Li afferrò e li scagliò da qualche parte nella cabina, andando a colpire di striscio l'orecchio del marito.
«Non ci posso credere!» Borbottò, cambiando repentinamente espressione e voltandosi a guardare la sorella «Sei riuscito a calmarlo!»
«Calmarla.» La corresse orgogliosamente Tina, sollevando il naso all'insù.

Lo sentiva! Una piccola bimba in arrivo. Lei e la sorella avevano scommesso che non le avrebbe letto la mente mai più, se avesse avuto ragione. Ovviamente sapeva che Queenie non avrebbe mai mantenuto la scommessa. Era incapace di contenersi, soprattutto su di lei.

«Come mai si calma solo con te?» Sospirò, inarcando un sopracciglio.
Tina, ovviamente, era sempre con la risposta pronta.
«Perché forse già sa che la vizierò? Insomma... zia Tina...» serrò furbamente le labbra, con un'espressione che la sapeva lunga.

Era lo stesso sorrisetto beffardo che ogni tanto accennava, quando si emozionava parlando del suo lavoro. Lo stesso sorrisetto che aveva lui, quando si soffermava ad ammirare le sue care creature: occhi fervidi.

Newt ridacchiò, quel naso all'insù la faceva apparire più saggia che orgogliosa, entusiasta della sua vita.

Era forse quella la felicità?
Un insieme di attimi di letizia che ardevano nell'animo?

Non l'aveva mai vista così felice, ne era certo.

Avrebbe provato mai quella sensazione di pienezza?

Probabilmente sì, o forse no... e se già l'avesse vissuta una volta e non se ne fosse mai accorto? Era felice, quando guardava le sue creature, lo sapeva.
In quei pochi attimi si sentiva in armonia, e sentiva di non aver bisogno di nient'altro nella sua vita. Probabilmente doveva soltanto imparare a capirla, a viverla, la felicità.

Era felice quando guardava Tina, quando sentiva la sua voce, quando il tempo sembrava fermarsi solo per loro. Quando stava accanto a lei, anche soltanto in silenzio, si sentiva l'uomo più fortunato di questo mondo, e si sentiva degno di essere definito tale.

«"Zia Tina"... suona bene.» le sorrise.

Queenie era tutto per lei, lo sapeva. Il successo più grande della sua vita, da madre e da sorella.
«Sì...» ricambiò il sorriso l'auror.

«Beh... guarda il lato positivo, amore. Se dovesse servirci... abbiamo già la babysitter!» Commentò il pasticcere, sfiorando la fronte della moglie con le labbra. Ridacchiarono complici, come non mai.
Ancora non riusciva a capire come mai Tina avesse un effetto così calmante su quella creaturina. Eppure... la sua voce non faceva che procurarle ansia, a volte.
«Com'è possibile che con te non si agita?» continuava a ripetersi.

L'auror si finse offesa, inclinò la testa di lato e fece ad entrambi la linguaccia, dando una leggera gomitata al cognato.
«Ti voglio bene...» sussurrò alla sorella, per poi aggiungere subito dopo «anche a te... Jacob...» inarcò un sopracciglio, con fare canzonatorio.

«È una notizia bellissima, dico davvero! Congratulazioni, amico!» Gli strinse la mano.
Queenie ridacchiò, tossicchiò e gli fece l'occhiolino.
«Hm hm!»
Divenne rosso, paonazzo.
«Ovviamente tanti auguri anche a te, Q-Queenie.» Si era completamente dimenticato di fare gli auguri anche a lei, troppo imbarazzato si limitò a scusarsi e ad annuire.

Fortunatamente non sembrava infastidita dalla sua reazione, ma soltanto divertita.
«Hai ragione, Newt... che il merito è quasi tutto mio!» Ridacchiò, e si voltò a guardare la sorella, incitandola a prendere parte alla discussione.

La guardò, anzi la fissò insistentemente, fino a quando vide le sue guance infiammarsi, e finalmente la bruna si decise ad aprir bocca per parlare.

La prima cosa che le venne in mente.

«Io... ho portato qualcosa da bere, se vi va... anche se credo di essermene rovesciata un po' addosso... sul cappotto.» Abbassò lo sguardo, in tinta con il sedile su cui era seduta.

Queenie sbuffò. E Theseus fece lo stesso. Quei due avevano bisogno di aiuto, parecchio. Come se avessero avuto un'intuizione si guardarono negli occhi, e subito dopo ripresero a guardarli con insistenza. Queenie con lo sguardo la invitò a proseguire con la frase.
«E?»
«Ho preparato del latte e... del caffè, ma credo che sia bruciato... non sono mai stata troppo brava a fare il caffè, io...»
«Non troppo brava?» Inarcò un sopracciglio «L'ultima volta mi hai fatto venire un'indigestione...» spiegò la fronte, scettica.
Tina le scoccò un'occhiataccia truce.

Doveva sempre metterla in imbarazzo davanti a tutti.
«Il latte è...» sbattè le palpebre nervosamente «commestibile...» mise il broncio «E poi, non sono così pessima in cucina... solo che non ho tempo!» Scrollò le spalle, esasperata, guardando prima lei poi Newt, che scuoteva la testa senza sapere cosa dire.

Sua sorella le avrebbe fatto venire una crisi nervosa un giorno di quelli. Con quel suo sorrisetto per ammaliare la gente.

«Tu, Newt, desideri qualcosa?»
Newt si sentì colto in flagrante, e per mascherare la sua esitazione le accennò un sorrisetto, cercando di non sbirciare oltre la camicia sbottonata all'altezza del seno.
«Io... a me non piace... il caffè...» deglutì.
«È per questo che ho preparato anche del latte...» serrò le labbra «Io so che non ti piace... è per questo che...» non riuscì a concludere la frase, perché istintivamente i suoi occhi si posarono sulla moquette grigia della cabina.

Fu una sorpresa, per lui.

«Oh. Davvero? Te lo ricordavi...?» Balbettò lui, colpito.
L' auror sorrise al pavimento e annuì.
«Io... ti conosco, Newt...»
Ne dubitava, nessuno lo conosceva, neanche lui conosceva stesso.
Non voleva offenderla, era consapevole che non era un portento in cucina, ma non poteva dirle di no, ovviamente.
«Grazie, T-Tina... magari più tardi...» anche lui sorrise al pavimento, e nessuno dei due guardò direttamente l'altro.

Newt riprese a studiare gli alberi che intravedeva dal finestrino, e Tina a fare un calcolo mentale sulle presunte scartoffie che l'avrebbero attesa al ritorno dalla missione. Non era esattamente quel genere di pensieri, ai quali voleva dare voce.

«Comunque, Porpy...» a interrompere la quiete fu Lally, che non ce la faceva proprio a vederli così silenziosi «credevo ti fossi sposata con il tuo lavoro, è bello vederti fuori dal tuo ufficio ogni tanto!»
«Già. Ah ah.»
In effetti era vero... le mancava solo l'anello.
«Divertente.» Commentò a denti stretti, inizialmente la guardò torva, ma subito dopo le sorrise.

Anche Newt pensava lo stesso, e ancora non si capacitava che fosse lì, seduta accanto a lui, con un piede nel corridoio, pronta ad evadere nel momento opportuno.
Ridacchiò sotto ai baffi, quando capì che stessero pensando alla stessa cosa.

La sentiva però, allo stesso tempo, così... distante.

Tina Goldstein era diversa.

C'era qualcosa che non gli stava dicendo, poteva percepirlo. Era solo una spiacevole sensazione alla quale non avrebbe dato corda. Il suo istinto spesso si sbagliava, e lui aveva imparato a non badarci troppo.

I due sposini, seduti di fronte a loro, sembravano più che contenti di manifestarsi ogni genere di dolci effusioni e Tina, che stava numerando ogni singolo incarico, non ci badò molto.
Solitamente diventava rossa e impacciata, così impegnata da non poter perdere neanche un secondo. Non si era neanche accorta di aver iniziato spaventosamente a fissarla senza un valido motivo, e di essere diventata alquanto inquietante alla vista.

«Oh amore! Smettila!» Ridacchiò la legilimens, dando una lieve gomita al marito, fiondandosi istantaneamente sulle sue labbra.
Gli diede una testata sulla fronte e riprese a baciarlo.

Il capo del dipartimento auror americano scosse rapidamente la testa, in un repentino tentativo di rimanere sveglia. Sciolse i muscoli delle spalle e della schiena, e con uno sbadiglio poco elegante inclinò la testa di lato, sorprendo il magizoologo a guardarla.

Non appena capì di averlo sorpreso a fissarla, distolse lo sguardo imbarazzato e le accennò un sorriso. Stava fantasticando: sui suoi occhi da salamandra, ovviamente.

«Vuole dirmi qualcosa, signor Scamander? C'è qualcosa che non va?» Gli accennò un sorriso, colorita.
Newt si affrettò a risponderle, scosse la testa per rassicurarla.
«No, io... stavo solo pensando.» Mentì.

Non era del tutto falso. In effetti c'era qualcosa che tanto gli premeva chiederle. Scosse la testa, e subito dopo annuì.

«Sì... in effetti... stavo cercando le parole giuste per... ecco, vorrei chiederti se tu... ecco se tu...» respirò profondamente per schiarirsi le idee, per permettere alla sua voce di ritrovare sicurezza.

Quando la vide sorridergli timidamente capì: non era necessario che si desse un contegno.
«Vorrei mostrarti una cosa, nella valigia. Ti dispiace se...»
«Va bene.» Ridacchiò.
Era così dolce quando era così impacciato! Non riusciva a non strapparle un sorrisetto.
«Mi guida lei, signor Scamander?» Lo prese sotto braccio, urtandosi a vicenda mentre entrambi balzavano in piedi.

Lui attese lei, e lei attese lui.

Jacob con un sorriso smagliante si affrettò a passargli la valigia, a spalancargliela, a dir la verità.

Forse sarebbe scappato loro qualche bacio, si ritrovò a pensare.

Stava quasi per dimenticarsi che gli ultimi gradini della scala a corde erano quasi sul punto di cedere. Si sarebbe fatta male, se non si fosse affrettato a mantenerla.
Con un balzo la anticipò, scese per primo. Prima un gradino, poi un altro. La prese per mano, sorreggendola per la vita.
«Stai attenta agli ultimi scalini.» La avvisò.

Ne mancò uno di striscio, e si ritrovarono entrambi a terra, sul tappeto.

Ecco, sospirò fra sé e sé, aveva dimenticato di ricordare a sé stesso dei gradini.
Si ritrovò la guancia sulla sua spalla.
Non sembrava essersi fatta male. Fu la prima, infatti, a balzare in piedi, senza tuttavia lasciare la sua mano.
«Allora... signor Scamander? Non vorrà mica restare a terra?» Ridacchiò allegra, mascherando un po' il calore che sentiva sulle guance.

Non se lo fece ripetere due volte, anche se ci mise qualche secondo in più a rialzarsi.
La invitò a seguirlo, i suoi piedi sembrano muoversi da soli, influenzati forse dalla sua instancabile energia. Attraversarono pochi habitat, qualche albero artificiale, fino a quando raggiunsero una piccola radura erbosa, due sempreverdi posti a una certa distanza li uni dagli altri, sui quali si ergeva leggera una spessa amaca. Le fece cenno di accomodarsi.

Non era mai stato in quella parte della valigia, non sapeva neanche esistesse un'amaca in quell'affollato appartamento. Era piuttosto bravo in trasfigurazione, doveva ammetterlo.

Un lavoraccio che aveva impiegato settimane, probabilmente.

Si sistemò la gonna e si sedette, sentendo la stoffa cedere un po' sotto al suo peso. Sperava che quelle funi potessero reggerli. Si scostò appena di lato per lasciargli un po' di spazio.

Chissà se "Animali fantastici e dove trovarli" era stato scritto lì, in quel ricco paesaggio bucolico. Avrebbe sfidato chiunque a non essere almeno un po' ispirato da quella distesa in fiore, inondati dai raggi, seppur artificiali.

«Ti dispiace se mi tolgo gli stivali?» Amava la sensazione di erba bagnata sulla pelle.
«Fai come se fossi a casa tua.» La rassicurò lui, con un sorrisetto.

E quando i suoi piedi nudi furono accarezzati dai germogli acerbi della terra, le sembrò in parte di essere ritornata bambina, quella parte di lei che era stata costretta a sopprimere.

Indossava una gonna niente male.

Le stava bene. Le donava quel tocco di femminilità che... c'era solo un problema... Tina Goldstein raramente indossava le gonne. Era una ragazza più da pantaloni. Non che gli desse fastidio...

«Ti sta bene, la gonna. Si abbina alla camicia.» le accennò un mezzo sorrisetto.
E Tina, che non si aspettava il complimento, si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e gli accennò un sorrisetto.
«Grazie, Newt.»

A quel punto Newt le pose quella domanda che tanto lo inquietava. Della quale mai avrebbe voluto conoscere la risposta.
«Sei... arrabbiata con me?» Le sollevò il viso per il mento, invitandola a mantenere il contatto visivo.
Lui che non riusciva a incrociare i suoi occhi per più di qualche secondo.

Anche quella fossetta che aveva sul mento lo faceva fremere.

«No, Newt. Non sono arrabbiata, forse solo un po' delusa. Pensavo che mi avresti scritto di più questa estate.» Gli confidò.

Gliene aveva scritte a decine, di lettere, alle quali raramente aveva ricevuto delle risposte. Solo una, forse, aveva attirato la sua attenzione.

«Io pensavo che tu... fossi arrabbiato con me.» Sussurrò «non rispondevi più alle mie lettere e... ho pensato che ti avessi fatto qualcosa... Ti ho fatto qualcosa?» Volle sincerarsi lei.
«No... certo che no, Tina!» Quasi urlò.

Un semplice diniego energico, sembrava sincero.
«Mi dispiace, non volevo offenderti.»
«Quindi... non sei arrabbiato?»
«Non potrei mai essere arrabbiato con te, Tina.»

Se solo avesse saputo in che guaio lei si stesse cacciando, lo sarebbe stato, pensò subito.
Mise da parte quel pensiero, non voleva che lui lo cogliesse in un modo o nell'altro.
«Mi perdoni?» La implorò, con un mezzo sorrisetto dispiaciuto.

Doveva ammetterlo, era divertente vederlo supplicarla. Finse di pensarci attentamente, osservando la chioma degli arbusti fare da ombra sulle loro teste.

«Uhm... potrei fingere che sia stata colpa dei gufi... che siamo distanti e che, magari, qualche lettera si sia dispersa nel Pacifico...» inarcò un sopracciglio, e quando vide il suo sorrisetto sghembo a mo' di ringraziamento, non riuscì a non tenere per quella risatina contagiosa.

«E poi... a dirla tutta... ti avevo già perdonato, Newt.» Sorrise fra sé e sé.
Quando aveva sentito le sue braccia avvolgerla delicatamente. Dovette riprendersi subito da quel pensiero.

«Non volevi mostrami qualcosa?»

Newt annuì, scattò in piedi dall'amaca e le fece cenno di aspettarlo, dopo essersi ripreso dalla timidezza iniziale. Raggiunse lo stanzino che avevano precedentemente occupato, e rovistò fra un ammasso di fogli, oggetti e una rovinosa pila di vestiti, che aveva dimenticato di lavare, sperando che quel pacchetto non si tingesse del suo odore.

Puzzavano.

Facendo attenzione a non farsi vedere dalla ragazza, li lanciò nel cestino dei panni sporchi, insieme a tutti gli altri. Sarebbe sembrato tutt'altro che responsabile, dinanzi a una donna di classe come lei.

Diede una rapida occhiata nella sua direzione, e si tranquillizzò quando la trovò ancora seduta, con le mani abbandonate sulle ginocchia. Ne approfitto, continuando a rovistare fra i mobili e il disordine.

Era un pacchetto lungo e spesso, dalla base di almeno settanta centimetri. Non poteva essere sparito nel nulla.

Borbottò... doveva cercare di essere più ordinato, se lo ripeteva spesso. Un obbiettivo finito nel dimenticatoio, insieme a tutti gli altri buoni propositi che aveva in mente. Sapeva essere alquanto organizzato solo nel suo lavoro, con le sue care e preziose creature variopinte.

«Accio!» Sussurrò.

Un piccolo incentivo che non avrebbe fatto male a nessuno. E dopo che da una pila di oggetti dalle svariate forme intravide la scatola, esultò silenziosamente.
«Perfetto!» Sorrise.
Si affrettò a rimettere lo sgabuzzino come lo aveva lasciato, lanciando un piccolo incantesimo domestico che avrebbe fatto tutto il lavoro al posto suo. Non voleva farla attendere troppo così, silenziosamente, ritornò da lei, chiedendole il permesso con lo sguardo.

Per tutto il tragitto aveva tenuto il pacchetto nascosto dietro la schiena, come se potesse rovinarle la sorpresa. Non conosceva bene i suoi gusti, forse era stato bravo ad indovinare. Chissà... forse le sarebbe piaciuto.
Lei lo scrutò attentamente, interrogandosi. Non ci mise molto a capire che quel regalo fosse solo per lei.

«Anche se in ritardo...» le mise la scatola fra le braccia «volevo darti questo, per il tuo compleanno. Non avevo modo di spedirtelo via posta, a dir la verità... e ho pensato che... sarebbe stato meglio fartelo avere di persona...» balbettò e biascicò infine un «Buon compleanno, Teenie.»

Lei non disse nulla, non subito almeno, non quando pensava che lo facesse. Era rimasta senza parole per un attimo, con il cuore in gola e la curiosità che ardeva negli occhi. Si asciugò una lacrima e gli sorrise.

«Newt...Io...» accarezzò il dorso della scatola, del suo colore preferito «non so che cosa dire...» ammise infine, con un mezzo sorrisetto. «Grazie.»

Il suo istinto la spinse a fiondarsi sulla scatola, ma prima che potesse sbirciarne il contenuto, Newt le afferrò delicatamente il polso, facendola fallire nell'impresa.

«Non ti piacerebbe provare a indovinare che cosa contiene?» La provocò bonariamente.

Quella proposta ebbe un effetto strano su di lei, sentì le guance infiammarsi, lo spirito di avventura che riprendeva a bruciare in lei, l'adrenalina che le faceva ronzare le orecchie. Non poteva offrire una sfida a un tuonoalato come lei, e pretendere che fosse capace di dire di no.

«Uh... e se vinco... c'è un extra?» Lo provocò, inarcando un sopracciglio.
Newt ridacchiò, proprio il genere di domande che si aspettava da una donna caparbia come lei.
«Anche un abbraccio mi starebbe bene...» inarcò un sopracciglio.

Si accontentava di poco... anche se gli abbracci di Newt valevano più di qualsiasi altro regalo al mondo. Erano rari, lo sapeva bene.

«Si può fare...» acconsentì lui, con un ghigno.
La invitò a chiudere gli occhi, mentre delicatamente li copriva con entrambe le mani.

Non poteva permettersi che rovinasse la sorpresa, e poi la conosceva bene, come sua sorella a volte non riusciva a essere paziente.
La aiutò, guidandole le mani all'interno della scatola. Aveva le mani così piccole e morbide!
Inizialmente lei trasalì, quando si ritrovò a tastare qualcosa di duro con le impronte delle dita, molto allettata dalla prospettiva di sbirciarne il contenuto.

Ogni tanto Newt, ridendo, glielo rammentava.

«Non sbirciare.»
E lei, con una smorfia sarcastica dipinta sulle labbra, decise di rispondergli a tono.
«Non lo farò...» non era esattamente quel genere di promesse che riusciva a mantenere.
Era difficile non sbirciare dalle fessure delle sue dita, e Newt poteva sentire il suo sforzo di serrare gli occhi, il che lo faceva quasi ridere.

Si concentrò sul tocco, pensando più al calore delle mani sul suo viso. E al regalo.

Era morbido al tatto, probabilmente un tessuto, riflettè. Forse era una camicia? Lei andava matta per le camice! Le parve di cogliere qualche altro bottone e una cucitura sotto la punta delle dita. Sì, era decisamente una lunga fila di bottoni lunga e spessa, ma il tessuto... non era esattamente quello che ricordava, troppo spesso e pesante per essere il tessuto destinato a una camicia.

Lei non era esattamente un'esperta di moda, ma alcune cose riusciva a riconoscerle.

Sua sorella l'avrebbe battuta sul colpo, pensò.

Non vi era capo al mondo che lei non riuscisse a riconoscere, accarezzandone semplicemente la consistenza.

«Hai una mezza idea?» ruppe il silenzio.
«Forse...» ammise lei con un sorrisetto «Non è una camicia.» Dichiarò, l'unica cosa di cui aveva certezza al momento.

Newt le sorrise in risposta, ma subito dopo si ricordò che lei non poteva vederlo, e ridacchiò.
«Giusto. Ritenta.» La incitò.
Tina finse di essere infastidita, ma non riuscì a non accennargli un sorriso.
Certo che quel magizoologo sapeva come farsi volere bene, si stava divertendo moltissimo, era bastato un pizzico di coraggio e invettiva.

«Sai che non sopporto le sorprese...»
«Lo so.» La canzonò lui all'orecchio, facendo attenzione a non esporre troppo la pelle delle spalle, e di non guardare troppo in basso, all'altezza del seno.

Era la terza volta che doveva guardare un altro punto, per non lasciarsi travolgere dall'impeto. Non era giusto, lei non lo meritava. Ma quella curva appena visibile... quanto avrebbe desiderato tracciarla con le labbra. E per un istante, fu contento che lei non potesse vederlo, rosso in viso come mai lo aveva conosciuto.

Dopo parecchi minuti, che sembravano interminabili, Tina si arrese, o meglio finse di farlo.
«Me lo dici che cosa contiene? Mi arrendo!»
«No. Tina Goldstein non si arrende!» Gli tremò la voce. «Ritenta.»

L'auror sbuffò, e si allungò appena nel fugace tentativo di dargli una spallata.
«Per favore... un piccolo indizio?»
«No.»
«Uffa!» Si finse offesa.

La tentazione di accarezzarle nuovamente i capelli era davvero troppa, a qualche centimetro impercettibile dalle sue dita.

«Una... giacca?»
«Hm... ci sei quasi.»

Era come se il mondo tutto intorno a lei si fosse amplificato.
Con gli occhi poteva perdersi fra i mormorii delle creature, i fruscii degli asticelli muoversi tra le chiome degli alberi. Il respiro caldo ed agitato di quel mago sulla guancia.

I fwooper intenti a sgranocchiare i propri insetti, i borbottii sommessi dei mooncalf addormentati nelle loro tane.

«Un... cappotto?»
Newt non le rispose subito, le tolse le mani dal viso e la invitò ad aprire gli occhi.
«Non credo che riusciresti ad indovinare il colore.» Ridacchiò.
«Quindi è un cappotto? Ho indovinato?»
«Guarda tu stessa!»
Tina non se lo fece ripetere due volte, quel giochetto puerile era durato abbastanza, eppure si era divertita. Scostò la carta che lo avvolgeva, tremendamente curiosa. E quando lo vide, ben piegato, non riuscì a trattenere un sorrisetto imbarazzato.

«Buon Lewis...» si portò una mano alla bocca.
Sembrava cambiare colore in base all'inclinazione.

L'aveva lasciata senza parole. Newt lo sapeva, sapeva di aver fatto la scelta giusta, contentissimo di non aver dato corda a suo fratello Theseus. A lui sarebbe bastato regalare a un auror l'ennesimo cappotto di pelle, che non riusciva proprio a sopportare.

Anche se a Tina stava piuttosto bene. Prese il capo fra le mani e se lo portò al petto, per misurarselo.
«Ti piace?» Le chiese, notando che lei era rimasta in silenzio ad analizzarlo.
In tutta risposta lei si voltò appena nella sua direzione e sorrise.

Cosa avrebbe dovuto fare per ringraziarlo? Doveva forse abbracciarlo?

Era certa di essere arrossita sulle guance a quel pensiero, eppure a dirla tutta... non le dispiaceva, ricevere un altro abbraccio da parte sua. Non si era neanche accorta di essere rimasta in silenzio, per un tempo che a lui parve interminabile
«È bellissimo.... Davvero! Io non so... che cosa dire, Newt.» Ammise.

Era stato ben attento a scegliere qualcosa in base ai suoi gusti, e non in base ai propri. Sembrava così felice all'idea di averle fatto un regalo.

Lui stesso valeva come regalo.

«Sono felice che ti piaccia, Tina. Spero che sia sufficiente per... per farmi perdonare.» Si scostò la zazzera di capelli ribelli dalla fronte, accennando un sorrisetto al pavimento.
Udendo quelle parole, Tina non riuscì a trattenere più l'emozione, scoppiò a ridere, incapace di contenere l'euforia.

Ci stava riprovando, a chiederle scusa con quel suo modo un po' impacciato di dimostrare il suo affetto.

«Io...» si portò una mano davanti alla bocca per trattenere un ghigno «ti avevo già perdonato, Newt. Molto prima, quando... quando mi hai abbracciata sul treno. Ma... mi piace vederti supplicare!» Scoppiò in una risata fragorosa, che fece arrossire il magizoologo.

Si lasciò cadere contro l'amaca, mettendosi comoda e guardando il suo viso da un'altra prospettiva. Non era poi così scomoda come aveva pensato, quando l'aveva intravista da lontano.

C'era di meglio, lo sapeva.

Ma Newt spesso si accontentava di poco. Questa sua piccola qualità le piaceva particolarmente, e non aveva mai avuto il coraggio di confessarglielo, insieme alle tante altre. Intravide la barba rifiorire sul mento, appena visibile sulla pelle chiara e quel pugno di lentiggini.

Il sole artificiale si irradiava nei suoi occhi, un piacevole gioco di cromie e luci al quale non riusciva a non prenderne parte. Amavano entrambi perdersi in quel solenne silenzio, persi nei meandri dei propri pensieri, penetrare appena le barriere dell'altro. O, semplicemente, il profumo della loro vicinanza.

Nessuno dei due era abbastanza coraggioso per fare il primo passo, entrambi d'impaccio anche a se stessi.

«Come va il lavoro?» Continuò a scrutare l'orizzonte nei suoi occhi.
«Discretamente.»
Un mezzo sorriso e di nuovo calò il silenzio.

Theseus e Lally non sembravano avere difficoltà a fare conversazione, ebbero lo stesso pensiero. Troppo ostinati per confrontarsi.
«Quindi... nipotina in arrivo?»
«Già.» Voltò appena il viso di lato, per sorridergli.

Adesso i suoi occhi erano tempestati dal calore confortante del sole, e lui si sentì infiammare dinanzi a quella paradisiaca visione.

«Non volevo che venisse... Queenie...» ammise con un mezzo sorriso «ma sai come è fatta. È ostinata, anche più di me.»
Newt, dinanzi a quella piccola ammissione, ridacchiò.
«Ne so qualcosa, voi Goldstein siete...»
«Particolari. Già.» Si tinse di rosa sulle guance.

«È... l'aggettivo perfetto, sì. Anche se... stavo per dire cocciute.... determinate, ma...»
Tina si finse offesa e si rimise dritta, solo per il puro gusto di dargli una spallata.
Sapeva che tutto ciò che lui le diceva non l'avrebbe mai ferita.
«E ti dà fastidio che io sia così?»
«Sono sopravvissuto alla tua ira per due giorni... quindi... direi di no...» Scrollò le spalle «E poi... quel pizzico di cocciutaggine, beh...»

Ma che cosa stava dicendo?
«Ti rende unica... insomma non saresti tu... e tu vai benissimo così.»

E poi, doveva ammetterlo, era quella la parte di lei che lo faceva fremere, e che lo irritava allo stesso tempo. Anche lui era un tantino ostinato certe volte, fedelissimo alla sua indole da tasso.

Il cuore le si scaldò nel petto. E pensare che tutti cercavano di controllare quella piccola parte che dava a tutti particolare fastidio. Solo lui sembrava apprezzarla, e definirla con il suo vero nome.

Determinazione.

«Hm hm hm... sopravvissuto, eh?» Incrociò le braccia al petto, con un piccolo sorrisetto sghembo.
Era davvero brava a fingere di essere arrabbiata. Lo vide cambiare repentinamente espressione, divenire alquanto preoccupato, per un attimo credette di averla offesa veramente.

«Che paroloni, signor Scamander...» sollevò il naso all'insù «se è sopravvissuto alla mia ira e se è ancora vivo per raccontarlo...» gli fece l'occhiolino «sa bene che non le conviene sfidarmi, potrei arrestarla... se volessi.»
«E per quale motivo vorrebbe arrestarmi? Con quale accusa, capo?»
Newt ridacchiò, decise di stare al gioco.
Amava anche la sua ironia.
Ma prima che potesse nuovamente aprire bocca, si ritrovò le mani infilate in un paio di pesanti manette d'acciaio argentate.
Era stata così svelta che neanche l'aveva vista prenderle dalla tasca.

«Non credo che lei sia nella condizione ideale di rispondere...» gli scostò una ciocca disordinata di capelli dal viso con la punta della bacchetta «signor Scamander.»

Quel tono provocatorio.

Sperava soltanto che Newt non si facesse strani pensieri su di lei.

Fece scattare l'apertura metallica, senza tuttavia liberare i suoi polsi, abbandonati sulle ginocchia, dalla loro stretta.
«La porterei dentro per "atteggiamento provocatorio". In fondo... ha dei precedenti...» scrollò le spalle, arricciando le labbra in una smorfia vendicativa e sadica.
«Ma forse forse... può farsi perdonare.»
«Sono ancora in tempo per scusarmi?»
«Hm... forse. Un abbraccio non sarebbe male... e soprattutto smettila di chiamarmi "capo".»

Fece spallucce, ma prima che potesse voltarsi nuovamente a guardarlo, si ritrovò le sue braccia avvolgerla, e un Newt Scamander minaccioso. Lanciò un rapido sguardo alle manette abbandonate in un angolino sull'amaca, e le sue braccia che non le permettevano di muoversi.

«Come hai...?»
«Ha dimenticato che ho un asticello nel taschino?» Inarcò un sopracciglio.

Piquette godette della sua vittoria, anche se per quieto vivere... aveva pensato di far vincere quella donna.

Dieci punti a tassorosso.
«Hm...»
«Non credevo che... Newt Scamander potesse essere così veloce...» la stava quasi schiacciando con il suo peso «E non pensare che ti lasci cantare vittoria troppo presto!» Gli diede uno schiaffetto sul viso.
«Non ne dubito...»
«Magari... se mi restituisce le manette, potrei non arrestarla... questa volta.»
«Lo sa che non mi inganna, signorina Goldstein...» inarcò un sopracciglio, divertito.
«Oppure... potrei usare la mia bacchetta su di lei, le ricordo che so essere alquanto veloce, se provocata... non ho bisogno di un paio di manette per immobilizzarla...» Bastò una piccola stretta al braccio, perché lui la liberasse istantaneamente dalla sua presa.

Avrebbe potuto benissimo allontanarsi prima, lo sapeva.

Non sarebbe stato neanche lentamente minaccioso, nonostante tutto l'impegno del mondo.
Le bruciavano i polmoni a furia di ridere, non ricordava neanche l'ultima volta in cui si era sbellicata così tanto per un gioco infantile come quello.

Newt era un libro aperto e lei sapeva come leggerlo.

«So essere molto veloce anch'io.» Squittì lei, sfoderando prontamente la bacchetta «Sono o non sono il capo del dipartimento auror americano?»
«Sì, ma... non si adagi troppo...»
Quando lo vide indietreggiare, Tina non riuscì a trattenere un sorrisetto.
«So come minacciarla la prossima volta, signor Scamander.» la nascose nella tasca della camicetta, e si affrettò a piegare per benino il cappotto che le era stato regalato.

Si sistemò il medaglione nella scollatura, vicino al cuore, ancora chiaramente visibile in quella camicia semi trasparente. Diede una rapida occhiatina a Piquette, che si era stancato di quella matta avventura e che, adesso, dormicchiava sul palmo della sua mano.
Newt ridacchiò quando scorse la ragazza accennare un sorrisetto all'asticello e, con un bacio, lo depositò nel taschino.

«È una bella giornata.» Sussurrò lei.
«Già.» Le rispose lui soavemente, per poi aggiungere subito dopo «Davvero ti sta bene, la gonna.»
E di nuovo lei abbassò lo sguardo, tingendosi sulle guance.
«Grazie, Newt.»

Pensierosi e incapaci di farsi venire in mente qualcos'altro di interessante da dire, rimasero in silenzio. Almeno fino a quando un boato non li fece trasalire. Entrambi balzarono in piedi, e si scambiarono uno sguardo fugace. Tina istintivamente indossò nuovamente le scarpe, e si strinse il pacchetto al braccio, brandendo prontamente la bacchetta.

Prese Newt sottobraccio, lasciando che lui la guidasse verso l'uscita.
Poteva sentirlo tremare, soprattutto quando aveva sentito suo fratello Theseus urlare.
«Tina?»
«Muoviamoci!» Lo incitò lei, anticipando il suo passo e trascinandolo svelta per la manica.

Oltrepassarono alcune liane che gli si avvinghiarono al busto, folte felci selvatiche fino a raggiungere il piccolo stanzino, dove una scopa incantata stava ripulendo il pavimento di legno, barrando loro il passaggio. Tina la scagliò via con un calcio per farsi largo e, senza aspettare Newt, salì a tre a tre i gradini, con la bacchetta ben stretta in mano.

Non potevano indugiare, con Grindelwald, soprattutto.

Ogni attimo con lui era prezioso.

Non ci misero molto per fare capolino dalla valigia. Rimasero alquanto colpiti di ritrovarsi in mezzo a un muro di maghi, con le bacchette sfoderate.

«No no no no no!»
A Tina non ci volle molto per capire chi avesse pronunciato quelle sillabe spaventate, chi fosse quel ragazzetto tutto tremante. Dietro di lui si era nascosta una ragazzina pallida, dai capelli bianchi, che li minacciava di schiantarli con la sua bacchetta.

«IDENTIFICATI

«Giù le mani da mio fratello, stronzi.» Gli si era piazzata davanti all'improvviso, pericolosamente vicina da attaccarli, pronta a colpire chiunque avesse osato avvicinarsi.

Lysander, invece, cercava di abbonirla, tenendola stretta per il colletto della camicia e con entrambe le braccia.
«Fifì, ti prego.»
«Tu stai zitto.»

«Che state facendo? Volete uccidere il mio dipendente?» Sgranò gli occhi.

Quell'urlo fece notare tutti la sua presenza, non si erano neanche accorti che la valigia si era spalancata con un tonfo. Troppo presi ad andare nel panico.

Fu solo quando Tina si mise in mezzo che tutti si congelarono, a eccezione della ragazzina che continuava a minacciarli, perentoria.

«Toccatelo, e SIETE MORTI!»
«Abbassa la bacchetta, Fifì.» Le ordinò Tina.
E Filemina con una smorfia fece come le era stato detto, lanciando al resto del gruppo un'occhiataccia piena di odio.

«Sapevamo che sarebbero venuti, ma... Merlino, non è il caso usare la materializzazione! Ci siamo... solo spaventati!»
«Ma non vi è venuto in mente che, forse, sarebbe stato sufficiente anche solo fare una domanda per attestare le loro identità?»
«Noi... ci siamo... spaventati.» Ripetè Theseus, ricevendo di conseguenza un insulto velato dall'amica.

«Tutto bene, capo.» La affrettò a rassicurarla Lysander, con un mezzo sorrisetto «Sono agguerriti! Ci servirà contro Grindelwald.»
I capelli bruni gli ricadevano appiccicati e disordinati sulle guance, a testimonianza del fatto che doveva aver piovuto.

«Spero solo che Filemina non si sia spaventata...»
«Oh, credimi, Tina, erano molto più spaventati loro di me che io di loro» Roteò gli occhi al cielo.

Con un sorrisetto di superiorità, si lanciò sul sedile, ignorando l'espressione curiosa del capo di suo fratello, che cercava di contenere il riso.

Non aveva ancora preso i gufi, eppure aveva avuto il coraggio di sfidare tutti i presenti nella stanza.

Suo fratello... era intoccabile.

La ragazzina si soffermò a scrutare attentamente il resto dei presenti, in particolare il suo idolo, il suo eroe.

Era ancora più bello e raggiante dall'ultima volta in cui lo aveva visto e, forse, più impacciato del solito.

Desiderò prendere a schiaffi l'ingenuità di suo fratello, che sorrideva come se stesse vivendo un bel viaggetto di piacere. Se fosse stato al suo posto, sarebbe stata ansiosa per lui.

Non le piaceva affatto che venisse mandato in missione.

Distolse la mente da quel pensiero, ben consapevole che al momento non avesse alcuna voce in capitolo.

Avrebbe cercato di sfruttare il tempo in maniera proficua.
Voleva tornare preparata a Hogwarts, e non fingersi malata, come probabilmente avrebbero fatto i suoi compagni.

Sarebbe stato un anno piuttosto difficile, lo sapeva bene.

Se la sarebbe cavata con qualche "ogni previsione"?

Afferrò un piccolo volume tascabile e lo estrasse dalla valigia, iniziando a sfogliarlo pigramente nel tentativo di cogliere con la vista qualche incantesimo avanzato.
Lysander prontamente glielo strappò di mano, e lei gli scoccò un'occhiataccia truce.

«Incantesimi di difesa per principianti.» Lesse a voce alta la giovane recluta «Già studi?»

Ecco, classica domanda di routine di suo fratello, accompagnata dalle sue mani che le scompigliarono i capelli.

«Fra due giorni...» iniziò gravemente lei «inizia la scuola. Vorrei almeno studiare i primi cinque capitoli del libro.»
«Uhm... teoricamente ci siamo, per quanto riguarda la pratica... ehm...» inarcò un sopracciglio, schioccando la lingua contro al palato.

«Sì, certo. Perché due mesi fa non ti ho salvato la vita.» Gli diede un calcio «Te lo sei già dimenticato?»
«Io non me lo ricordo...»
«La prossima volta salvati da solo....»
«Uff.... Sei alquanto suscettibile...»
«Senti chi parla.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro