2. 𝗔𝘂𝗿𝗼𝗿 𝘀𝗽𝗲𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲✔️
Newt Scamander
Salamanders
"Aggiusto spazioso."
Era l'aggettivo con il quale aveva descritto quell'uccello variopinto.
«È più un serpente in realtà» Aveva spiegato a Theseus da bambino.
Amava le creature magiche. Lo avevano sempre accompagnato da bambino, e non solo, e colmato quella solitudine che provava. Amava ogni loro singola caratteristica, soprattutto quelle che intimorivano la maggior parte degli spettatori. Amava, in particolare, il loro amore incondizionato, capace di regalare lui un sorriso anche nel momento più disperato. Non poteva fare a meno di guardarle, studiarle, analizzare ogni singolo dettaglio di quelle creature che cercava con tutto se stesso di proteggere.
Le amava, senza sapere perché.
L'occamy gli si avvolse fra le dita, si attorcigliava intorno al palmo della sua mano. Le piume lo solleticavano e non poteva fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso. Rimase fermo, immobile, con gli occhi e tutte le attenzioni indirizzate verso quella creatura, e un mezzo sorrisetto sciocco stampato sul viso.
Teneva gli occhi bassi: non voleva che quella creatura considerasse quello sguardo come un segnale da cui difendersi. Non vi erano parole sufficientemente potenti per descrivere ciò che gli cullava il cuore di gioia in quel momento. Quella creatura era semplicemente meravigliosa e lo sarebbe stata ancora di più, se solo le sue piume variopinte, a contatto con la sua pelle, non si fossero staccate da sole. Ma all'occamy non sembrava importare minimamente.
Si sentiva degno di nota nel ricevere tutte quelle attenzioni da parte di Newt.
«Devi smetterla, mia cara.» Le disse, come se stesse parlando con una persona in carne e ossa «A furia di litigare con le altre, perderai tutte le piume.» La ammonì con una nota di scherno nella voce, come una madre rimprovera bonariamente il figlio per una marachella.
Sembrava la loro mamma, in effetti, per come le accudiva, le guidava. E gli si stringeva il cuore sapendo che alcune di loro sarebbero dovute andare via. Finiva con l'affezionarsi anche alla più piccola e insignificante creatura.
Insignificante... sotto il punto di vista di qualunque altro mago... al di fuori di lui.
Ma lui le amava.
Il piccolo occamy scappò via dalle sue dita, per raggiungere la fotografia animata a pochi metri da loro, sul comodino del piccolo stanzino, ricoperto di paglia.
Si attorcigliò intorno alla cornice, avvolgendo la ragazza che sorrideva nella foto. Il suo sorriso spiccava fra le piume variopinte dell'occamy, alcune di esse si staccarono man mano che il volatile si attorcigliava intorno alla cornice, spandendosi sul volto della ragazza.
Piume volanti.
Per i ricercatori di bestie valevano una fortuna: fioccavano centinaia di galeoni, un sacchetto dalle dimensioni di un palmo della mano. Dovevano andare molto di moda sui vestiti dei maghi e streghe purosangue potenti, un gioco di sfumature di colori. Ancora più attraenti erano le uova d'argento puro. Lui usava quei gusci per coprire le spese per le sue creature, ma non tutti li avrebbero usati per una buona causa.
E, nuovamente... il giorno in cui avrebbe dovuto scegliere a quale creatura dare la libertà lo tormentava in anticipo.
Adesso le sue attenzioni erano concentrate non più su quella innocente creatura, piuttosto sulla ragazza nella foto. Il solito sorriso timido e il coraggio dietro quegli occhi bruni e tondi, che bruciavano di luce propria.
Lo guardava con la solita espressione impacciata e timida, stritolandosi il labbro inferiore tra i denti e voltandosi di tanto in tanto, mettendo ancora di più in evidenza la delicatezza, la bellezza... dei suoi tratti.
Le guance appena marcate, il naso leggermente a punta e le labbra sottili solleticate da quel sorriso che tanto gli piaceva.
Per non parlare di quegli occhi, quegli occhi dolci, luminosi che brillavano di luce propria, così tanto intensa, che lo abbagliavano come una supernova.
Come fuoco nell'acqua... nell'acqua buia.
Ma Newt sapeva che dietro quel sorriso, dietro quegli occhi, si nascondeva una profonda insicurezza. Di una ragazza da sempre abituata a sopportare il peso delle aspettative, e le responsabilità che aveva portato sulle spalle fin dalla giovinezza.
Una bambina che era dovuta crescere troppo in fretta.
Una donna.
Una donna rigorosa, fragile ma allo stesso tempo così forte, coraggiosa, ambiziosa.
Ricordava ancora quando i sentimenti che nutriva per lei erano pressoché simili all'odio, all'inizio.
Quando ancora non si fidava di lui a tal punto da denunciarlo al M.A.C.U.S.A.
Quando cercava disperatamente di riottenere quel posto come auror, non solo per dimostrare al mondo che avrebbe potuto farcela, ma soprattutto per se stessa, per non vanificare quegli sforzi, quei sacrifici. Le notti insonne trascorse sui libri per costruirsi una carriera, e permettere almeno a Queenie di vivere la sua adolescenza serenamente.
Adesso, quando la guardava, provava un grande senso di ammirazione, di profondo rispetto. Sentiva quella dolcezza, parte di lei, avvolgerlo e dargli la forza di andare avanti.
E poi doveva ammetterlo: era carina, soprattutto quando sorrideva.
«Non è bellissima?» Chiese all'occamy, tenendosi il mento con aria trasognata, quando il volatile lasciò libera dalla presa la fotografia.
La creatura strisciò nel suo nido, e si raggomitolò all'interno, offeso dalla presenza degli altri occamy. Avvolse protettivamente le uova d'argento per riscaldarle, sia le sue che quelle delle altre compagne.
Non si sarebbero schiuse prima di dieci giorni, durante i quali Newt già sapeva dei numerosi impegni che lo attendevano al ministero.
Poteva già sentire il fastidioso ticchettio dell'orologio a pendolo nell'ufficio di suo fratello. Ben due volte aveva tentato di farlo sparire con "evanesco" ma invano, o di rimpicciolirlo, ma Theseus lo aveva incantato proprio per questo.
Per dargli i nervi.
L'orologio non aiutava, di certo, con il lavoro... non che lui lo definisse tale.
Lavorare con le creature magiche era sempre stato un piacere, ma lavorare con suo fratello... quasi una tortura. Per quanto gli volesse bene e per quanto lo avesse aiutato in numerose situazioni scomode, fuori dal proprio controllo, si sentiva a disagio a stare con lui in un ufficio che non sentiva proprio.
Ad annuire o controbattere con gente, auror, che non conosceva, al massimo di vista. Con il tempo aveva imparato a distinguere ogni loro singolo profilo, ma il loro nome restava sempre sconosciuto. E per fortuna.
Tutti uguali, tutti la stessa faccia, tutti palloni gonfiati.
«Auror.»
Quella parola riecheggiava tuonante nella sua testa, e non poteva fare a meno di pensare a loro come streghe o maghi che erano disposti a tutto, a ogni mezzo disponibile ( anche illegale ) pur di fare carriera.
Ma non pensava lo stesso di Tina.
Lei era la sua testa di mezzo.
Più auror avrebbero dovuto prendere ispirazione da lei, che credeva nel suo lavoro, nonostante le imposizioni e i torti, gli errori, nel sistema magico. Lei era diventata auror con lo scopo di seguire la via giusta: aiutare gli innocenti. Aveva perfino perso il lavoro per fare la cosa giusta.
Si sistemò il cappotto e i capelli che da giorni dimenticava di pettinare. Si allacciò le scarpe a mano e si rimise in piedi ad aspettare Theseus, tamburellando sul legno del comodino per rompere l'attesa, guardandosi intorno e distogliendo lo sguardo dalla pila di panni sporchi sotto la scrivania d'ebano.
Più volte fissò senza capire l'orologio al polso - lo stesso che gli era stato regalato al compimento dei suoi diciassette anni d'età, quando era diventato un mago adulto. Non lo aveva mai indossato prima di allora.
Sbuffò.
Era in ritardo.
Theseus Scamander era in ritardo.
Più lo ripeteva, più la cosa gli sembrava impossibile.
Theseus Scamander non era mai in ritardo! Suo fratello aveva sempre spaccato il minuto. Quel giorno non era ancora tornato.
«Avrà incontrato qualcuno, oppure sarà impegnato in qualche riunione» Riflettè.
Non passarono però più di tre minuti, perché sentì passi rapidi e rumorosi provenienti dalla scala, che dava accesso alla valigia.
E... un curioso fischiettio.
«Newt!» Urlò da lontano, allegro.
Sembrava piuttosto di buon umore.
Newt giurò perfino di averlo sentito canticchiare.
Indossava il cappotto più elegante che aveva, un gilet e una camicia bianca con i polsini. La cravatta abbinata al grigio grafite satinato delle scarpe, e i capelli pettinati di lato, che mettevano in evidenza un leggero graffio sulla tempia, lungo fino al margine dell'occhio. Probabilmente un incantesimo andato male.
Gli scagliò un'occhiataccia, scrutandolo attentamente nel tentativo di comprendere che cosa gli fosse successo.
Theseus senza preavviso gli lanciò un sacchetto di carta al fratello. Newt lo prese al volo, aprì il sacchetto, nel quale vi erano alcune tortine tiepide al cioccolato, incapace di trattenere un risolino divertito.
«Da quando acquisti dolci?» Gli chiese, afferrando un pasticcino e addentrandolo.
Il cioccolato gli si sciolse sulla lingua, insieme al gusto amarognolo della marmellata d'arancia e della scorza di limone. Sapore delizioso, ma conosceva un pasticcere decisamente migliore e di gran lunga più interessante, nella sua semplicità: il suo migliore amico.
«Da quando sento la mancanza dei dolci di Jacob! Il cioccolato provoca dipendenza!»
Newt annuì, confuso, ma non potè fare a meno di lasciarsi scappare un ghigno.
Conosceva Theseus e sapeva che non gliela stava raccontando giusta.
Sapeva che doveva scavare oltre quel sorriso apparente. In parte moriva dalla voglia di sapere di cosa si trattasse, chi o cosa lo facesse stare così bene.
Non ricordava Theseus ridere da parecchi anni, da quando era morta Leta... sembrava... che una parte di lui fosse volata via con lei.
E con ragione.
Lo stesso valeva per lui. Non riuscivano a togliersi dalla testa la sua risata, i suoi occhi e la sua aria di sufficienza... il sacrificio, quel giorno, al cimitero parigino. Il suo corpo dilaniato dalle fiamme...
Quel giorno, invece, sembrava un'altra persona. La gioia sprizzava da tutti i pori, gli occhi allegri fuori dalle orbite.
«Quanto Whisky incendiario hai bevuto?» abbassò lo sguardo.
Theseus lo raggiunse euforico con un saltello.
«Caro fratellino, nemmeno un goccio! Le cose mi vanno abbastanza bene al ministero e direi che sono più che soddisfatto del mio lavoro! Ho voglia di festeggiare!» Esclamò lui, facendolo quasi cadere, continuando a saltellare come faceva da bambino.
Newt annuì un po' risentito.
Con una lentezza esasperata, afferrò il giornale della settimana e lo aprì sulla scrivania, costringendolo a guardare oltre la fotografia che lo ritraeva.
"Theseus Scamander, eroe di guerra...
Proclamato auror speciale." Lesse la didascalia.
Sollevò gli occhi al cielo, con un sospiro, ma non smise di sorridergli, seppur tristemente.
Era deluso.
«Quando avresti voluto dirmelo... che hai ricevuto una promozione?»
Per un momento aveva creduto, sperato - era forse questa la parola giusta - che, in quell'ultimo anno trascorso, si fossero riavvicinati particolarmente.
Eppure, quando aveva letto la notizia sulla promozione di Theseus nella Gazzetta del Profeta la settimana prima, aveva capito che forse non si fidavano ancora abbastanza l'uno dell'altro.
Forse era stato addirittura l'ultimo a saperlo... gli dispiaceva, certo, ma... poco male, neanche lui tendeva a comunicare molto con il fratello.
«O dovevo venirlo a sapere dai giornali?»
«Te lo avrei detto oggi, giuro! Al ministero hanno organizzato una cerimonia di ringraziamento. Niente di troppo formale» il suo sorriso era sgargiante, in evidenza i denti bianchissimi che aveva lavato con cura «Ma se te lo avessi detto prima, probabilmente ti ci avrei portato a calci! Non sei solito accettare...»
«Uhm, sì, è probabile.» Si colorò sulle guance.
«Sei il primo che... che desidero avere con me. Sarà... divertente. Intimo...»
«Non sembra tanto informale» gli lanciò un'occhiataccia.
Conosceva Theseus e, come minimo, era consapevole del fatto sarebbe stato un gala.
Una festa sfarzosa, ricca di esponenti illustri, abiti con lo strascico, smoking di prima qualità, rinfreschi all'aperto. E, chissà, anche i copri sedie.
Non voleva pensarci.
Mancavano ancora... tre ore?!
«Insomma... indossi il completo buono!» Alzò gli occhi al cielo, sospirando.
Avrebbe fatto questo sforzo? Forse. Si sarebbe ribellato? Probabile. Si sarebbe fatto trascinare da suo fratello? Assolutamente sì. Era più forte di lui.
«Theseus Scamander "auror speciale"» mimò le virgolette, «Be', non suona male» abbassò lo sguardo e si lasciò sfuggire un sorriso.
«Già» Gli sorrise lui orgoglioso, gonfiando il petto.
Non riusciva a essere arrabbiato per il suo cinismo.
Da un grande potere, derivano grandi responsabilità. E Theseus ne avrebbe avuti, o almeno così speravano tutti.
Lui, invece, sperava solo che suo fratello, come Tina, approfittasse della sua posizione privilegiata per fare del bene, smuovere il ministero in certe questioni di una certa rilevanza.
«Quindi avrò l'onore della tua presenza?»
Newt si grattò il capo a quella domanda, un'eco dei suoi pensieri. Sapeva che in fondo non aveva altra scelta: tanto lo avrebbe comunque costretto. E poi... era il giorno speciale di Theseus e per lui avrebbe fatto questo "sforzo".
«Hm... non credo di avere altra scelta, in fondo. Tanto mi ci porterai comunque. Volente o nolente. Come dici tu "a calci"» si lasciò sfuggire un mezzo sorriso e abbassò lo sguardo.
Era lontanamente lontano dell'essere presentabile. E non aveva bisogno di uno specchio per intuirlo.
Si stirò con le mani la camicia spiegazzata e si passò le dita fra i capelli, che il fratello aveva iniziato a domare con un pettine, disponendoli in onde meno ribelli e ordinati, come se avesse colto i suoi pensieri.
«Non ci pensare neanche!» Sogghignò Theseus, schernendo il suo sorrisetto imbarazzato.
Newt doveva cercare di essere elegante davanti ai colleghi di suo fratello, molti dei quali aveva imparato volontariamente a evitare. Aveva memorizzato ogni singolo tratto di coloro che gli dava particolarmente fastidio, coloro che non si facevano scrupoli a definire mostri le sue amate creature.
Aveva imparato a riconoscerli e, di conseguenza, a evitarli.
Puntava al buffet e a nient'altro.
«Ottimo!» Batté le mani soddisfatto, schioccando la lingua «L'abito ce l'hai...»
Era ancora memore dei battibecchi con i suoi colleghi, le sfuriate... gli insulti alle sue creature... tutte le volte in cui era fuggito via dal suo ufficio senza degnarsi di salutare...
Ma Newt, quella volta, lo stava facendo per suo fratello Theseus: stava mettendo da parte il suo orgoglio, le opinioni che aveva costruito e fortificato quegli ultimi sei anni, e lo avrebbe accompagnato al ministero.
Non si era neanche accorto che Theseus avesse trasfigurato i suoi abiti, in uno smoking identico al proprio.
«Be'...» iniziò cauto «Ci conviene andare. Dobbiamo smaterializzarci per prendere una passaporta.» Dichiarò il maggiore, tirandolo energicamente per un braccio, con fin troppa allegria.
Newt quasi cadde, inciampando sui suoi stessi piedi.
«Passaporta?» Balbettò.
Addirittura una passaporta?
«Per... per andare dove?» Chiese estremamente curioso, senza riuscire a mascherare lo stupore, accendendosi come una lampadina.
Theseus, che si aspettava quel genere di domanda, gli sorrise.
«Lo vedrai» disse semplicemente senza anticipare nulla «Il ministero non organizza mai dietro l'angolo!»
«Non sia mai...»
Doveva imparare a rassegnarsi. Newt sospirò, diede un'ultima occhiata alla fotografia di Tina, tracciando con i suoi occhi il margine del suo viso, prima di uscire completamente dalla valigia.
Erano passati tre mesi dal loro ultimo incontro, durante il quale avevano parlato del più e del meno, del lavoro, delle sue creature nella valigia. Era stato un bel matrimonio. Ricordava l'imbarazzo nell'articolare quel suo discorso, ma gli sposini lo avevano decisamente apprezzato. Erano scesi dalla passerella, che era stata evocata per quell'occasione, e lo avevano abbracciato così forte da fargli sentire dolore ai denti.
In quel momento si sentiva a casa, più che mai.
L'ultima cosa che sentì fu uno schiocco sordo, il buio avvolgerli, Theseus che lo teneva per il braccio, e il buio avvolgerli.
Angolo autrice
La ripetizione iniziale "amava" ripetuta 4 volte, è una figura retorica chiamata "Poliptoto" , che consiste nella ripetizione della stessa parola nelle frasi.
quindi... vi supplico di evitare di "correggere" questa ripetizione voluta, non vorrei ripetere la stessa cosa centocinquanta volte U.U
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