ℕ𝕖𝕗𝕖𝕣-𝕊𝕖𝕥𝕖𝕜𝕙 𝔻'𝔸𝕣𝕒𝕞𝕚𝕥𝕫 - ɴᴜᴍʙᴇʀs
zvcharic mi sono lasciato trasportare ed il passato è fin troppo lungo bwbwbw sCUSAMI ;-;
Se qualcosa non va bene dimmelo che cambio immediatamente u.u~
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ᴵ ᶜᴼᵁᴸᴰᴺ'ᵀ ᶜᴬᴿᴱ ᴬ ᴮᴵᵀ ᴵᶠ ᴵ ᴰᴵᴱᴰ
ᴮᵁᵀ ᴵ'ᴹ ᵂᴬᴺᵀᴱᴰ ᴬᴸᴵᵛᴱ ᴮᵞ ᵀᴴᴱ ᴾᴱᴼᴾᴸᴱ ᴬᴿᴼᵁᴺᴰ ᴹᴱ.
ᴸᴵᵛᴵᴺᴳ ᴼᴺ ᶜᴬᴿᴿᵞᴵᴺᴳ ˢᵁᶜᴴ ᶜᴼᴺᵀᴿᴬᴰᴵᶜᵀᴵᴼᴺˢ...
ᴵ ᵀᴴᴵᴺᴷ ᴵ'ᴸᴸ ᴳᴱᵀ ᵞᴱᴸᴸᴱᴰ ᴬᵀ.
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ɴᴏᴍᴇ
Nefer-Setekh
Dal significato letterale, nella lingua dell'Antico Egitto, di "Seth è misericordioso", potrebbero sembrare due nomi. Non lo sono. Si scrive con un trattino, ma è tutto attaccato. La ragione di tale scelta, è la grande passione che unisce la coppia: l'Egittologia. Entrambe, infatti, sono state archeologhe in Egitto per diverso tempo, ed è proprio grazie a questo si sono incontrate. Donare questo particolare nome al figlio è stato come offrire un riconoscimento alla tomba nella quale hanno iniziato a chiacchierare per la prima volta, i quali muri erano tempestati da sigilli recanti questo nome. Nefer riconosce benissimo l'importanza del nome che porta, per le sue mamme. E, sebbene sia stato sempre preso vagamente in giro per questo fatto, non se ne è mai lamentato. Rispetta una scelta dettata da dei sentimenti così intensi, e non si permetterebbe mai di giudicare tale decisione. Alla fine, sebbene non gli vada molto a genio essere l'unico essere umano sulla faccia della terra con un nome del genere, riesce comunque ad apprezzarlo. È particolare.
Lo si può chiamare, per semplificare, solo "Nefer".
Maximien
Derivato dal latino "Maximianus", è stato il nome di diversi Imperatori Romani. Obbiettivamente, conoscendo la professione ed il corso di studi seguito dai genitori, si potrebbe pensare che è stato scelto su qualche base storica o archeologica, ma in realtà volevano solo dare un secondo nome più "normale" al pargolo, per cui non hanno davvero fatto caso alle sue origini.
ᴄᴏɢɴᴏᴍᴇ
D'Aramitz
"Che proviene da Aramits", una città fra le montagne. Il nome stesso della città significa "valle". È il cognome di colei che lo ha dato alla luce, Livia.
sᴏᴘʀᴀɴɴᴏᴍᴇ
The Gravekeeper
ᴇᴛᴀ̀
18 anni
È l'età giusta che gli si dà quando lo si vede, forse al massimo gli si può concedere un paio di annetti in meno, ma generalmente lo si riconosce benissimo come un diciottenne. Mentalmente? È molto più maturo e serio della maggior parte dei ragazzini della sua età, così come è evidentemente più responsabile ed educato.
ɴᴀᴢɪᴏɴᴀʟɪᴛᴀ̀
Francese
È originario della piccola città di Bieuzy, a nord-ovest del paese, la quale conta poco meno di 800 abitanti in totale.
ᴅᴀᴛᴀ ᴅɪ ɴᴀsᴄɪᴛᴀ
31 maggio
È del segno dei Gemelli.
ɢᴇɴᴇʀᴇ
Maschile
ɢʀᴜᴘᴘᴏ sᴀɴɢᴜɪɢɴᴏ
0+
sᴇɢɴɪ ᴘᴀʀᴛɪᴄᴏʟᴀʀɪ
Ha una piccola voglia a forma di goccia poco sopra il ginocchio destro; è color marrone sbiadito, perciò qualcuno potrebbe fargli notare che si è sporcato con della cioccolata. Ci è abituato.
ᴀsᴘᴇᴛᴛᴏ ғɪsɪᴄᴏ
Un ragazzo d'aspetto del tutto anonimo e per suo stesso dire, banale, sembra non avere proprio nulla di speciale. I suoi capelli sono del colore della notte. Scuri, di un tanto freddo quanto profondo blu, folti e corti, si scontrano con la sua carnagione chiarissima, tendente ad i sottotoni del giallo: qualcosa che si trova generalmente in persone di origine asiatica, ma non sa dire se effettivamente abbia qualche radice orientale in lui. Al tatto, i suoi capelli potrebbero avvicinarsi molto alla sensazione che lascia il pelo di un cane sotto le mani. Sono morbidi, così soffici e dalla consistenza estremamente malleabile, sono davvero strani. Posso assicurare che, una volta accarezzati, probabilmente si tenterebbe nuovamente il gesto solamente per assicurarsi di aver sentito bene. Ci si potrebbe affondare una mano fino a farla scomparire del tutto. Non odia che gli si venga fatto, ma per favore, prima di toccarlo lavatevi le mani, perchè gli da fastidio pensare che qualche minuto prima, forse, stavate divorando una busta di patatine unte. Insomma, accarezzatelo, ma con discrezione e gentilezza, perchè potrebbe iniziare ad odiarvi se doveste oltrepassare la soglia della sua infinita pazienza.
Gli occhi riprendono lo stesso colore dei capelli, forse in tonalità leggermente più chiare. Personalmente li reputa del tutto normali. Ci sono colori più belli, più evidenti, più significativi. Gli sarebbe piaciuto avere un paio di occhi azzurro chiaro. Almeno avrebbe avuto qualcosa di speciale! Ma no, gli è toccato un blu inchiostro.
Quello che non sa, però, è che quel blu può facilmente trasformarsi in una luminosa volta celeste, durante la notte. Se è fuori, se è abbastanza buio, e se guardasse verso l'alto, le stelle vi si rifletterebbero in maniera del tutto naturale. Come se in quegli occhi avessero trovato una seconda casa; e quanto le ammira, Nefer, quelle luminose stelle, così lontane, ma così splendenti. E Nefer brilla quanto loro, ma non se ne è mai reso conto, sempre impegnato ad occuparsi degli altri piuttosto che di sè stesso. È davvero un bel ragazzo se si sorvola il taglio di capelli disordinato, e la postura leggermente curvata in avanti a causa della scarsa autostima. Le sue curve sono morbide, piacevoli, sulle quali passare lo sguardo diventa così semplice che è difficile staccare gli occhi da lui, una volta che si nota. Dal naso perfettamente dritto, alle piccole ma morbide labbra, alla gentile curva che si crea lungo la mascella fin lungo il mento. Ciò non lo rende affatto femmineo, è semplicemente proporzionato in maniera impeccabile. È alto precisamente 1.71; non è un'altezza invidiabile, ma non è nemmeno basso. È nella media. Non ha un gran chè di muscoli, anzi. È morbido. Ha un po' di pancetta, di fianchi e di cosce, e non se ne fa un gran problema. In realtà, di forza fisica ne ha, -soprattutto nelle braccia, sollevava pesi giornalmente- solo che non s'impegna a sviluppare muscoli. Non gli interessa. Pesa 69 kg.
ᴘʀᴇsᴛᴀᴠᴏʟᴛᴏ
Dovrebbe essere Giyu Tomioka nella High School AU~
(L'art è di aizo813 su twitter~)
ᴄᴀʀᴀᴛᴛᴇʀᴇ
Oh cielo, questo ragazzo è un disastro nato. Timido, impacciato in qualsiasi cosa faccia, troppo innocente per il suo stesso bene, è difficile non chiedersi immediatamente cosa faccia lì dentro. Non è raro che qualsiasi cosa stia tenendo in mano gli sfugga mentre è nervoso. Ed è nervoso la maggior parte del tempo, perciò è meglio non affidargli un oggetto fragile, perchè in qualche modo finirà sempre e comunque per romperlo, e per iniziare a scusarsi infinitamente, finchè non gli si viene praticamente urlato di starsene zitto, che è tutto apposto, che non ha fatto un disastro. Oppure basta dirgli il contrario, che ha fatto un casino irreparabile, e se ne starà comunque in silenzio, con un'espressione estremamente triste e colpevole in volto, a pensarci per il resto del mese. O dell'anno, dipende da quanto effettivamente il danno è stato grande. Una volta ha fatto cadere un'urna funeraria di terracotta, facendo finire le ceneri ovunque. Sua madre ha coperto il disastro e l'ha riempita di altre ceneri, senza farlo sapere alla famiglia, ma si sente ancora estremamente in colpa per ciò che ha fatto. Non ci ha dormito per troppe notti di fila, e tutt'ora ancora ci ripensa! Quando gli viene in mente, scuote vigorosamente la testa per cacciare via il ricordo, e cerca immediatamente di occupare la mente con altro, ma spesso non funziona, e passa il resto della giornata con lo sguardo perso chissàdove, pensando ad ogni errore compiuto nella sua vita.
Generalmente Nefer è un tipo riservato, che preferisce starsene sulle sue in silenzio piuttosto che circondarsi di compagnia. Non detesta che gli si parli, semplicemente però aspetterà che siano gli altri ad approcciarsi a lui, siccome di suo non ne ha davvero il coraggio. Ha sempre paura di disturbare, o di risultare di troppo, e quindi di essere rifiutato. Infatti, cerca sempre di evitare qualsiais genere di rifiuto, perchè ci rimane davvero male. Soprattutto in caso gli si urli contro per qualche ragione. Sua madre -Livia- lo ha sempre fatto per qualsiasi cosa sbagliasse, perciò adesso ne ha davvero paura. Ha paura di sbagliare e di essere sgridato, ed a quel punto lui non potrà far altro che congelarsi sul posto come una statua di ghiaccio, ricacciando indietro le lacrime. Perchè è da deboli, piangere, così come è da deboli farsi influenzare così tanto da semplici urla, ma non riesce a farci nulla. È più forte di lui. Se gli urlate addosso, probabilmente vi eviterà per il resto dei vostri giorni per paura che potreste farlo nuovamente. A meno che non vi scusiate con lui, ovviamente; in quel caso cercherà sempre di concedere una seconda opportunità. E magari una terza ed una quarta, perchè si rende conto che tutti ne meritano. Tutti sbagliano, e lui lo sa meglio di chiunque altro. È convinto, inconsciamente, che in nessuno risieda davvero della cattiveria. Se ci si comporta male, allora deve esserci un motivo, e cercherà qualsiasi assurda giustificazione per difendere qualcuno che sta venendo attaccato per qualcosa. Persino se si tratta di omicidio. Deve esserci una valida ragione, giusto? Nessuno è cattivo. Non è colpa loro. È sempre e comunque colpa di fattori esterni, ma mai del colpevole. In questi casi è estremamente incoerente in ciò che dice, perchè tende a non pensare, ma a dire la prima cosa che gli viene in mente senza prima valutarla. È impulsivo nelle parole, ma non nelle azioni: esita molto, per lo più sempre per la paura di sbagliare.
Ha preso l'abitudine, spesso, di rispondere con... suoni. Un "sì" con lui diventa un "hmh", un "cosa?" si trasforma in "hmm?", un "no" è un "hm-hm", così come in tante altre risposte. Non lo fa di proposito, affatto! Spesso si rende conto di aver tirato un versetto imbarazzante -specialmente quando è contento-, ed arrossisce come un pomodoro, maledicendosi interiormente per averlo fatto. Non può parlare come tutti gli altri, e non tirare fuori roba imbarazzante? Quando gli si viene fatto notare che lo fa un po' troppo allora cerca di smettere, ma dopo qualche ora già ha ricominciato a farne senza accorgersene.
Generalmente non protesta quando viene preso di mira da altri ragazzi, nè si vendica se gli vengono fatti scherzi, non importa quanto crudeli questi ultimi siano; al contrario, se la prende quando qualcuno tenta di difenderlo. Sa di non essere in grado di farlo da solo, ma si ostina a pensare che non abbia bisogno di aiuto da parte di nessuno, e ciò vale per qualsiasi cosa, che si tratti di lavoro o di prese in giro. Nefer non è debole, Nefer può benissimo cavarsela da solo. Non vuole che qualcuno lo possa vedere come qualcuno su cui scaricare qualche genere di commento dettato dalla pietà. Non vuole la commiserazione di nessuno.
In breve, possiamo affermare che si avvicini molto ad una bambola di pezza, semplice da manovrare e da usare. Si detesta per questo suo carattere tanto passivo, ed ha persino provato a cambiare, qualche anno fa: non ce l'ha fatta nonstante gli sforzi, e si è arreso all'idea che mai avrà la vita che desidera. Quando gli viene fatto un complimento non sa mai come reagire, nè sa cosa pensare, quindi lo classifica automaticamente come "bugia" e non risponde, abbassando la testa e cercando di non pensarci. Manca completamente di autostima, non è affatto materialista, e non ha quel terribile gusto per quelle orride feste che i giovani della sua età lanciano ad ogni minima situazione. Perchè Halloween dovrebbe essere una scusa per invitare chiunque in casa propria? Probabilmente solo per mostrare tutte le ricchezze e gli agi che si possiedono, o almeno questa è la risposta che si è fornito dopo averci passato diversi giorni di riflessione. Non ha mai avuto interesse nei vestiti di marca o in idiozie simili come lo shopping, quello che sua madre tanto adora fare. Non gli pare poi così interessante -ed a dirla tutta, intelligente - sperperare i propri averi in tal modo. Se dovesse scegliere, affiderebbe tutta la fortuna della sua famiglia a qualcun'altro, non vuole avere sulle spalle il peso di una cifra di liquidi così importante. Si comporta in questo stesso modo per ogni cosa: detesta avere la responsabilità per qualcosa, sa che in ogni caso deluderà chiunque gliel'abbia affidata, quindi cerca sempre di scaricare i suoi doveri su qualcun'altro quando può. Ha già fallito troppe volte. Non vuole ripetere all'infinito gli stessi errori. Quegli stessi errori che lo hanno portato dove si trova ora.
È, curiosamente, una di quelle persone in grado di mantenere la calma nei momenti di crisi più profonda, ma che s'innervosisce e si spaventa per ogni singolo soffio di vento che passa sotto una finestra. Ma é cosí per un po tutto. Sembra sempre trovarsi in un suo strano mondo di fantasia, ed infatti non é difficile che perda la concentrazione nell'ascoltare una conversazione. E naturalmente, a causa di ció, non ricorda mai cosa é stato detto e chi l'ha detto; non ha nulla a che fare con la memoria, che in realtà é anche piuttosto buona! Semplicemente è molto difficile catturare la sua attenzione, perchè la sua testa è perennemente altrove.
ᴘᴀssᴀᴛᴏ
Nato in un ospedale di Parigi, il travaglio non sarebbe dovuto iniziare prima di 3 settimane: Livia e Téa si trovavano in visita dai genitori di quest'ultima. Ma, alle tre e mezza di notte, le acque si ruppero, e dovettero caricare Livia in auto per portarla all'ospedale più vicino. È stato concepito tramite metodi artificiali; da come è ovvio non vi era altro modo per le due di ottenere un bambino naturale, perchè non volevano ricorrere all'adozione. Volevano qualcosa che sentissero davvero loro. E così, il piccolo nacque leggermente prematuro, ma sembravano comunque non esservi problemi, per fortuna. Lo portarono a casa dopo cinque giorni. Passò un'infanzia relativamente tranquilla. È sempre stato molto riservato e tranquillo, preferendo la compagnia delle sue mamme rispetto a quella degli altri bambini. "Perchè si vergognano a farsi venire a prendere?", si chiedeva, genuinamente perplesso dal loro comportamento.
Essendo il loro un paesino molto piccolo, non è che avesse davvero molta scelta in fatto di amici e di interessi: tutto quello che avevano era una squadra di calcetto, una di pallavolo ed un centro diurno, dove per lo più giocavano a carte. Onestamente? Gli sarebbe piaciuto provare il basket, ma un canestro, lì intorno, era praticamente introvabile! Perciò vi rinunciò praticamente subito, e non pensò affatto a chiederne uno per il suo compleanno. Gli passò completamente di mente.
Iniziate le scuole medie, iniziò anche ad aiutare le mamme, le quali, ora ritirate dalle attività di scavo, avevano ereditato l'attività della famiglia di Livia.
Erano i guardiani del cimitero. E lui, ovviamente, doveva ora vivere nella villetta appostata proprio lì davanti. Improvvisamente, diventò il ragazzo del cimitero.
"Che paura, dormire accanto a dei morti!"
"Non voglio parlarci."
"Che schifo."
Perchè?
Perchè pensavano cose simili?
Erano... stupide. Così stupide da risultare frustranti. Così frustranti da portarlo a piangere, da solo, di notte, in silenzio. Non aveva fatto nulla di male. Non avrebbe comunque mai detto nulla alle madri per non farle preoccupare, e continuava ad uscire con gli unici amici che aveva: Aimee, una ragazza di un anno più grande di lui, e Edgar, l'unico suo compagno di classe che, apparentemente, gli rivolgeva parola. Erano tutti e tre molto legati. Edgar giocava nella squadra di calcio. Erano in pochi, ed erano tutt'altro che bravi, ma raramente giocavano qualche amichevole con le squadre dei paesini vicini, e generalmente i due andavano a fare il tifo per lui, che giocava nel ruolo di portiere. Erano in primo superiore; una mattina quasi sfondò la porta della classe per acchiappare il braccio di Nefer e scuoterlo con enfasi, contentissimo che avrebbero giocato un amichevole contro una squadra un po' più forte. Quella di Lyon.
Che cavolo andava a fare lì, la squadra di Lyon? Da quel che aveva capito, avevano organizzato un ritiro proprio in quella città, e vi sarebbero rimasti per un paio di settimane. Ricorda chiaramente di aver pensato "oh, grande. Più casino.", demoralizzato all'aspettativa di ritrovarsi dei ragazzi di città attorno. Anche loro lo avrebbero preso in giro?
Comunque, alla fine non ci pensò troppo, finchè non arrivò il giorno della partita. Li avrebbero schiacciati, e se conosceva già il risultato, come mai disturbarsi nell'andare a guardarla? Si lasciò convincere da un esaltatissimo Edgar, e non si stupì di trovare gli spalti praticamente vuoti, se non per qualche membro delle famiglie dei ragazzi della loro squadra, come al solito. In venti minuti, già erano sotto di 3 goal. Che altro si aspettavano? Già si preparava al pensiero di dover consolare Edgar, più tardi. Non fece molto caso agli avversari, e finì 6 ad 1 per gli ospiti. Il numero di pacche sulla spalla che dovettero dare ad Edgar fu imbarazzante. Ed immediatamente, la presenza della squadra in città passò in secondo piano. Non gli interessava molto. Finchè, un paio di giorni dopo, fuori scuola, Aimee non lo sorprese con una delicata gomitata sul braccio, sussurrandogli qualcosa del tipo "Mi ha chiesto di presentarvi. Ma non mi fido. Stai attento.", per poi indicare ad un ragazzo. Nefer era convinto di averlo già visto da qualche parte, ma non ricordò esattamente dove. Si avvicinò, seguito a ruota dall'amica. A giudicare dall'aspetto, doveva avere almeno un anno più di lui. Era alto almeno un metro e 85! Disse qualcosa sulle linee del "sono della squadra di Lyon", ed a quel punto riuscì ad inquadrare davvero chi fosse. Era l'attaccante che aveva fatto almeno la metà dei goal a Edgar! L'amico non sarebbe stato troppo contento di trovarlo a parlare con lui, no, e nemmeno Aimee sembrava esserlo. Ma, per qualche ragione, continuarono a chiacchierare nonostante la timidezza si estendeva da entrambe le parti. Imparò che si chiamava Etienne, che a casa aveva un cane ed un coniglio, che aveva 15 anni -aveva avuto ragione, visto che lui ne aveva 14- e che giocava a calcio da tutta la vita. Per lo più, però, Nefer si chiese come mai aveva chiesto di lui. Non avrebbe osato chiederlo! Quel che gli rimase più impresso, però, fu la reazione che ebbe nel sentire come si chiamava. Non disse qualcosa tipo "sei egiziano?", o "come si scrive?", sospirò semplicemente un "wow". Nient'altro. Come se avesse sentito la parola più bella del mondo.
Al suono della campanella dovette correre in classe, ma era certo che lo avrebbe rivisto, prima o poi. Il che si verificò molto più prima che poi; quella sera stessa, mentre era affacciato in finestra, lo vide passare, probabilmente di ritorno dagli allenamenti. E fece qualcosa che mai avrebbe pensato che avrebbe fatto in vita sua. Prese coraggio ed alzò la voce, chiamandolo. Tutti i compagni si voltarono, interrogativi, ma sul volto sorpreso di Etienne comparve subito un sorriso. Era davvero stupendo.
Ugh! Che cavolo aveva appena pensato?
Scosse la testa per scacciare il pensiero. Era leggermente in ansia. Se lo avesse giudicato anche lui, solo perchè viveva praticamente dentro il cimitero? Cercò di non pensarci. Non sembrava il tipo da credere a roba simile. Scese le scale di corsa. Era già in pigiama, ma dopotutto era passata l'ora di cena! E non si sarebbe certo dovuto allontanare. Infilò gli anfibi da lavoro al volo, e sotto gli sguardi interrogativi di Livia e Téa, uscì senza dire una parola. Nefer? Uscire in quel modo? A quell'ora? In pigiama? Non era da lui. Si affacciarono insieme ad una finestra, cercando di apparire discrete, scostando appena le tende. Téa sorrise, Livia tirò fuori la sua peggior smorfia.
Nefer? Con un ragazzo?
"Ah, l'amour." pensò Téa, perfettamente cosciente di ciò che stava passando per la testa della moglie.
"È troppo giovane! No, non può essere. Non sa niente di relazioni. Sono solo amici. Ma si è praticamente buttato dalle scale! No, impossibile. Se lo tocca lo defenestro."
Come se potesse leggere le esatte parole appena pensate, Téa le ricordò che anche loro si erano messe insieme in prima superiore, per allontanarsi con un sorrisetto soddisfatto nel vedere il volto di Livia scioccato.
Di fuori non faceva poi troppo freddo. <<Gli ho detto di precedermi. Pensavo ti avrebbero messo a disagio.>> gli disse Etienne, con un sorriso.
<<... lo avrebbero fatto.>> assentì Nefer, guardando il gruppetto allontanarsi nell'oscurità della sera. <<Vuoi camminare un po'?>> propose, vedendolo come qualcosa del tutto normale da proporre ad un'ora del genere, ad una persona estranea, conosciuta quella mattina. Ma Etienne lo sorprese con un'altra domanda, voltandosi verso i cancelli chiusi del cimitero.
<<Abiti qui?>>
<<Hmh.>>
<<Deve essere bello.>>
<<... hmm?>>
<<Cioè. Poterti affacciare dalla finestra e vedere quello.>> accennò alle diverse, curate statue antiche poste su alcune delle tombe, illuminate da debolissime luci poste a terra. In effetti, la vista era suggestiva, ma personalmente non ci aveva mai davvero pensato. Era normale per lui.
<<Vuoi entrare?>>
<<Certo!>> esclamò, per ritirarsi un attimo dopo, rendendosi conto di essersi avvicinato troppo. <<Ma non ti metterei nei guai?>>
Lo rassicurò immediatamente: <<Finchè non passa il sindaco, no. E nemmeno vive qui poi. Posso fartelo vedere di giorno, ma poi dov'è il bello?>>
Etienne rise. La gola di Nefer si strinse, fino a farlo strozzare con la sua stessa saliva. Carino. Era carino quando rideva. Pff! Tutti sono carini quando ridono. È normale.
Così tornò un attimo in casa, per prendere il mazzo di chiavi, sotto lo sguardo inquisitore di Livia. Ma non gli disse nulla. Lui le sorrise per ringraziarla. Lei alzò gli occhi. Significava "levati prima che cambi idea". Ubbidì subito, tornando fuori. Non aveva mai riso così tanto quanto fece quella notte. Si misero a leggere ogni nome, giudicando quanto fosse adeguato al volto nella foto. Si misero persino a tirare ad indovinare cosa potessero aver fatto nella vita. Si sentì in colpa, ma si divertiva più con Etienne che con Aimee e Edgar. Era giusto? In fondo loro li conosceva da molto più tempo. No che non era giusto. Ma cosa poteva farci? Passarono un paio d'ore prima che Etienne si ricordò di tirar fuori il telefono, trovandolo pieno di chiamate dell'allenatore.
<<Oh. Oh no. Devo andare! Adesso mi ammazza.>> ci rise su, salutando Nefer con una gentile pacca in testa. <<Ci vediamo domani?>>
<<Certo.>>
<<Allora a domani, Nefer!>>
<<A domani, Etti.>>
Al suono del nomignolo si fermò, guardandolo parzialmente divertito, parzialmente combattuto. <<Etti va bene. Ma solo perchè sei tu.>> salutò nuovamente con un gesto della mano, stavolta correndo via sul serio.
Due settimane passarono in fretta; ed anche se avevano allungato il soggiorno di un paio di notti a causa delle tempeste che sembravano non terminare mai, Nefer si sentì comunque triste nel pensare che non lo avrebbe più rivisto. Si erano scambiati i numeri, certo, ma non sarebbe stata la stessa cosa. Perciò chiese consiglio a Téa.
<<Digli che ti piace allora.>>
<<Mamma, non mi piace!>>
<<Se non ti piacesse non ti faresti tutti questi problemi.>>
<<È solo un buon amico.>> abbassò la testa, per nascondere il leggero rossore che le sue guance dovevano aver assunto.
<<Vedi? Ti piace.>>
<<... hmh.>>
<<Dai, altrimenti dovrai farlo per telefono e te ne pentiresti.>>
<<... capito. Grazie.>>
E fu effettivamente quello che fece. Si recò al campo dove si allenavano, ed attirò la sua attenzione per farlo uscire un attimo. Lo portò poco più lontano. Non voleva fargli perdere tempo, ed era il loro ultimo giorno lì. Era il momento giusto per farsi rifiutare.
<<Uhh, Etti?>> iniziò, senza davvero il coraggio di guardarlo negli occhi. <<Lo so che stasera andate via, ma non voglio, e- cioè lo so che deve mancarti casa tua e non sto dicendo proprio niente dovresti essere contento di tornare. Lo so che lo sei. E io lo sono per te! Ma- faccio schifo con le parole. Scusa, torna in campo, non so cosa sto dicendo. A dopo.>> perchè cavolo aveva ascoltato la madre? Era stato un disastro. Si voltò per andarsene, ma una mano sulla spalla lo fermò, con gentilezza.
<<Anche a me.>>
<<Eh?>>
<<Piaci anche a me.>>
<<Eh... davvero?>> gli occhi di Nefer si illuminarono per un attimo. <<Ma non l'ho detto.>>
<<Non è difficile capirti.>>
<<Per tutti è difficile capirmi.>>
<<Non per me.>> gli sorrise per incoraggiarlo. <<Puoi dirlo.>>
<<Non mi odierai?>>
<<Ma se mi piaci! Che scemo.>>
<<Allora... allora mi piaci, Etti.>>
Posò una mano fra i capelli di Nefer, come aveva fatto molte volte, ma stavolta c'era qualcosa di diverso. Era molto più affettuoso ed aperto. <<Anche tu.>>
Non ebbero occasione di baciarsi perchè venne immediatamente chiamato dai compagni, e Nefer ne fu in parte grato. Non aveva idea di come si facesse. Come poteva saperlo? Non gli era mai interessato! E se non fosse stato in grado di farlo? Se Etti ne fosse rimasto deluso? Non voleva. Non poteva! Così chiese nuovamente consiglio a Téa.
<<Ullalà! Ha funzionato?>>
<<Hmh! Ma non perderti in altri discorsi, mamma. Come si bacia?>>
Lei spiegò passo passo, risultando in un più che schifato Nefer. Davvero si faceva così? Non sembrava bello. Ma doveva provare prima di giudicare. Prima che potesse davvero prepararsi psicologicamente, però, Etienne lo chiamò per dirgli che avevano anticipato il treno alle 3 del pomeriggio. Erano appena le 2.
Dannazione! La stazione era proprio lì dietro, ma il dover aspettare fino alle 7 di sera lo aveva in qualche modo rassicurato. E invece adesso doveva darsi una mossa!
Gli venne da piangere nel vederlo sulla banchina, con la valigia al seguito. Se ne stava andando davvero. Il problema era che adesso erano circondati da gente! Gente che li avrebbe guardati. Non avrebbe voluto, ma... che poteva farci? Era la sua ultima occasione. Non lo salutò nemmeno, concentrato com'era. Lo prese per le estremità della giacca per abbassarlo, lentamente, per dargli il tempo di allontanarlo se lo avesse voluto. Ma non lo fece, e la distanza fra di loro venne improvvisamente annullata. Non era perfetto, ma... ma lo stava facendo. Stava dando il suo primo bacio. A Etienne. Nemmeno lui sembrava avere così tanta esperienza, e cercò di ripensare a quello che Téa aveva detto. "Non spaventarlo. Vacci piano. Molto piano. Non-" la sua mente cadde in un evitabile blackout nel sentire le mani di Etienne sui suoi fianchi. Ne ebbe la conferma. Era innamorato perso di Etienne. Appena prima di separarsi, le ultime parole di Téa tornarono immediatamente a galla; prese con delicatezza il labbro inferiore di Etienne fra i denti. Lo sentì rabbrividire. Poi lo lasciò andare, rendendosi conto solo in quel momento di aver trattenuto il fiato. Etienne doveva aver fatto la stessa cosa.
<<Wow- wow. Con chi ti sei allenato?>> scherzò, sinceramente stupito.
Nefer sorrise, ed entrambi si persero in un lungo abbraccio. Non voleva lasciarlo andare. Se lo avesse lasciato andare non lo avrebbe più rivisto. Non voleva. <<Tranquillo. Ci rivediamo. Intanto...>> gli disse, slacciando il bracciale di tessuto nero che gli aveva sempre visto portare, <<Tieni questo. Me lo ha regalato mamma, ma. Voglio che lo tieni tu.>>
<<Oww. Sicuro?>>
<<Ovvio.>>
<<Uhm! Allora!>> non voleva lasciarlo andare senza dargli qualcosa di suo. Si sfilò la sciarpa dal collo, per metterla a quello di Etienne. <<Così non ti dimentichi di me.>>
<<Non mi dimenticherei mai. Scemo.>>
Si salutarono con un ultimo abbraccio. Il viaggio da lì a Lyon era di circa 8 ore in macchina, perciò era certo che non si sarebbero visti presto. Passò la settimana successiva a deprimersi, ed a lamentarsi con Edgar e Aimee di quanto gli mancasse. Era una rottura di scatole. Si parlavano ogni sera su Skype, ma ovviamente non era abbastanza! Finì per convincere Livia a farsi spedire a Parigi per le vacanze estive, avendo già rotto le scatole ad i nonni perchè lo portassero a Lyon da lì, che era decisamente più vicino. Non era poco, ma comunque! I loro incontri erano sempre così. Stavano insieme un mese, e poi non potevano vedersi per il doppio del tempo. Ma a lui andava bene. Tanto sarebbero andati a vivere insieme, prima o poi, ne era convinto.
Erano felici. E sembrava tutto perfetto.
Fino al giorno di quella chiamata.
Conosceva bene i genitori di Etienne, e loro sapevano benissimo che genere di relazione era la loro. Avevano da poco festeggiato i loro primi due anni insieme, ed era tornato a Bieuzy il giorno prima.
Era sulla strada del ritorno da scuola, quando sul display del suo telefono comparve il nome del padre di Etienne. Pensò che, magari, non era nulla. Che il telefono del ragazzo era scarico e che lo stava avvertendo così; ma mai si sarebbe aspettato di sentire davvero la voce del padre. Era provata. E tremante.
<<Etienne... ha avuto un incidente. Siamo sulla strada per l'ospedale. È la prima cosa che ho pensato di fare. Chiamarti.>>
<<Incidente...? Che incidente?>> chiese, titubante.
Non seppe se quella che sentì fu un'interferenza, o un sospiro malamente trattenuto a denti stretti. <<Non lo sappiamo ancora. Non voglio illuderti, da quello che l'infermiere ha detto deve essere grave. Possiamo ospitarti se vuoi venire- credo sia quello che voglia lui.>>
<<...oh. Sì. Sì. Arrivo. Subito.>> ed il suo mondo cadde in un irreparabile colore nero. Aveva una brutta sensazione. Poteva essere successa qualsiasi cosa. Istintivamente si accucciò a terra, pur essendo ancora immezzo al marciapiede. Non gli interessava essere visto. Doveva prima calmarsi, perchè con un tremolio così forte alle gambe non sarebbe arrivato da nessuna parte. Compose il numero di Téa, per avvertirlo che sarebbe andato a Lyon quell'attimo stesso. Non poteva aspettare -e probabilmente non ci sarebbe nemmeno riuscito. Doveva sapere immediatamente cosa era successo. Un incidente stradale? Ferroviario? Cosa? Cosa?? Era in pericolo di vita? Sarebbe stato bene? Sì, sarebbe stato bene. Non avevano ancora avuto occasione di passare tutta la vita insieme! Se fosse morto non glielo avrebbe perdonato. Non avrebbe perdonato nulla.
Saltò sul primo treno disponibile. Aveva 17 anni. Il viaggio fu straziante. Non riuscì a chiudere occhio nemmeno un attimo, nè riuscì a distrarsi con i paesaggi che si alternavano fuori dal finestrino. Aspettava una chiamata dai genitori di Etienne, o da Etienne stesso. Non ebbe modo di sapere nulla per otto ore.
Immaginate. La persona più importante della vostra vita è in condizioni gravi, sconosciute, e potrebbe essere già morta, proprio mentre pensate. Proprio mentre pregate di poter rivedere i suoi occhi, questi si sono già chiusi. Per sempre. Scoppiò a piangere dalla tensione più di una volta, ed una gentile signora con un cagnolino fra le braccia era rimasta a consolarlo. Finchè non arrivarono, finalmente. La stazione di Lyon. Aveva usato praticamente tutti i soldi per il treno, ma secondo le mappe non era così lontano da lì. Nel frattempo chiamò il padre di Etienne, per fargli sapere che era arrivato, senza voler sentire altro. Voleva vederlo da sè. Trovò la madre ad aspettarlo nell'atrio. Ma dall'espressione vuota nei suoi occhi, capì che aveva già pianto ogni lacrima avesse in corpo. Era esausta, e non lo vide come un buon segno. Lo portò silenziosamente fino ad una stanza. Era grande, ma solo uno dei letti era occupato. Gli altri ospitavano alcuni ragazzi che Nefer ricordò di aver visto giocare insieme ad Etienne. Ma era impossibile non cogliere l'aria pesante, così come era impossibile che il corpo immobile su quel materasso finisse in secondo piano. Fu come ricevere un forte colpo alla nuca, vedere i capelli azzurri di Etienne, sparsi sul cuscino, coperti di sangue. Metà del volto era rosso. Un rosso secco, vecchio.
<<Siamo riusciti a tenerlo qui fino ad adesso. Insistono per portarlo via. Ma immaginavo volessi vederlo->> iniziò a blaterare il padre, ma venne interrotto.
<<Non è un incidente.>> disse, sottovoce. Nel silenzio della stanza parve quasi urlato. Non riuscì a distogliere lo sguardo dai lividi sulle braccia di Etienne.
<<Lo sappiamo.>>
<<Chi è stato?>>
<<Ha litigato con David. Non siamo riusciti a fermarli. E lo ha preso alla tempia. Sono sicuro che non volesse che accadesse questo. Neanche lui ne è uscito bene, ma è vivo.>>
Perchè?
Perchè?
Era stata una semplice litigata? Qualcosa che si sarebbe potuto risolvere a parole? Etienne non era il genere di persona da attaccare qualcun'altro. No, Etienne era gentile. Era.
Il pensiero gli fece vedere nero.
Era.
Etienne era.
<<Lo stanno interrogando nella stanza qui di fianco.>>
Nefer, a sorpresa di tutti, non pianse. Non si avvicinò ad Etienne per prendergli la mano. La avrebbe trovata fredda, e non voleva sentirla. Invece, uscì dalla stanza sbattendo la porta dietro di sè, afferrando la sbarra di ferro di un vecchio letto abbandonato nel corridoio, pronto per essere gettato via. C'era solo una stanza lì di fianco. Aprì la porta. Lì c'era un ragazzo. Era leggermente ferito al petto, ma nient'altro, ed aveva già delle manette ad i polsi, ma di poliziotti non ce ne era nemmeno l'ombra.
<<Senti, ho già parlato con->>
Non gli lasciò alcun tempo di realizzare cosa stesse accadendo. Alzò la sbarra sopra la sua testa, lasciandola ricadere con tutta la forza che trovò in corpo. Un sonoro crack si propagò per la stanza. David non si mosse più. Ma non era abbastanza. Non sarebbe mai stato abbastanza.
Nefer gridò. E continuò a colpirlo, ancora, ed ancora, ed ancora. Non meritava nemmeno di essere riconosciuto dai suoi genitori. Non meritava nulla. Non meritava rispetto, non meritava perdono, non meritava di vivere. Aveva osato prendere la vita ad Etienne. Prese la sua senza esitare. Ancora, ed ancora, ed ancora- dovettero placcarlo di forza, e portarlo via trascinandolo in quattro.
Non si è mai pentito di averlo fatto.
ғᴀᴍɪɢʟɪᴀ
Livia D'Aramitz - Madre - 47 anni - Francese
Originaria del paese di Bieuzy, dove è cresciuta, è tutt'altro dello stereotipo della ragazza di campagna gentile ed aperta. È apparentemente sempre calma, ma è una testacalda; non si arrabbia, non esteriormente almeno, ma frustrarla è davvero semplice. E divertente, perchè non vuole mostrare di essere arrabbiata, ma si vede benissimo che si sta trattenendo. Estremamente protettiva, ha avuto enormi difficoltà nel lasciare che il suo bambino se ne andasse così lontano così giovane, ma alla fine non lo ha mai fermato.
Téa Tailler - Madre - 45 anni - Francese
Confidente in se stessa, conosce bene le sue capacità e sa ammettere quando commette uno sbaglio. Se dobbiamo utilizzare un aggettivo per descrivere la sua personalità, sarebbe sicuramente "dolce". È molto premurosa, sia verso chi conosce che con gli sconosciuti, dettaglio che la spinge ad aiutare chiunque si trovi davanti a lei. Premurosa, in qualche modo affatto responsabile, assomiglia molto al figlio in quanto a testardaggine.
ᴀʙɪʟɪᴛᴀ̀
Resistenza fisica
Avevano risorse limitate, al cimitero, essendo in una città così piccola. E chi scavava le buche? Lui, assieme a Livia. Non è un lavoro affatto semplice, nonostante il terreno sia morbido e malleabile.
Capacità di riflettere in situazioni critiche
Lo abbiamo già detto, ma meglio specificarlo anche qui. Per qualche ragione l'adrenalina schiarisce i suoi pensieri, e pensa molto meglio in situazioni pericolose che in condizioni normali.
ᴀʀᴍᴀ
Un coltellino svizzero; la lama è molto corta e poco affilata, lo utilizzava per tracciare i contorni della buca da scavare, ma fa comunque male se ci mette forza.
ᴄᴏsᴀ ʜᴀ ғᴀᴛᴛᴏ ᴘᴇʀ ғɪɴɪʀᴇ ɪɴ ᴘʀɪɢɪᴏɴᴇ? ᴘʀᴏᴠᴇʀᴇʙʙᴇ ᴀ sᴄᴀᴘᴘᴀʀᴇ?
Ha ucciso quel ragazzo. Per sete di vendetta ovviamente, ma! Non gli ha certo scampato la prigione.
No, non proverebbe a scappare. La condanna è lunga, ma può aspettare. La vendetta è compiuta, e comunque non ha nessuno lì fuori, adesso, se non le mamme. Per qualche ragione è convinto che adesso lo odino, anche se non è affatto vero. Livia deve ammetterlo, avrebbe fatto la stessa identica cosa se qualcuno avesse alzato un solo dito sulla sua Téa.
ᴘᴇɴsɪᴇʀᴏ
~sᴜɢʟɪ ᴀʟᴛʀɪ ᴄᴀʀᴄᴇʀᴀᴛɪ
Un pochino di paura ne ha, ma cerca ovviamente di non partire con qualche pregiudizio sbagliato. Probabilmente non sono lì per fargli del male.
... giusto?
~sᴜʟʟᴇ ɢᴜᴀʀᴅɪᴇ
Oh beh, fanno il loro lavoro. Essendo che è molto tranquillo, qualcuno gli parla anche con gentilezza, e lui gliene è grato. Non sopporta quando urlano.
~sᴜɪ sᴇɢʀᴇᴛɪ ᴅᴇʟʟᴀ ᴢᴏɴᴀ sᴏᴛᴛᴇʀʀᴀɴᴇᴀ
Che genere di segreti? Segreti che possono essere scoperti, o quelli che è meglio lasciare lì, sepolti? In un certo senso ha preso dalle mamme la passione per l'archeologia ed i misteri, perciò probabilmente alla menzione di tale segreti si mostrerebbe molto interessato.
ᴠᴏʀʀᴇʙʙᴇ ᴅᴀʀᴇ ᴜɴ'ᴏᴄᴄʜɪᴀᴛᴀ ᴀʟ sᴏᴛᴛᴇʀʀᴀɴᴇᴏ, ᴘᴇʀ ᴄᴏɴᴏsᴄᴇʀᴇ ғɪɴᴀʟᴍᴇɴᴛᴇ ᴛᴜᴛᴛɪ ɪ sᴇɢʀᴇᴛɪ ᴅᴇʟʟᴀ ᴘʀɪɢɪᴏɴᴇ?
Non per conoscere i segreti della prigione, ma per pura e semplice curiosità, sì. Anche se non vuole mettersi nei guai. Ma i segreti lo attirano, non può farci nulla!
... ma non vuole morire. Non ancora.
ᴘᴀᴜʀᴇ
Arachnophobia
Fobia decisamente comune e conosciuta, si tratta del terrore dei ragni. Che siano minuscoli quanto un granello di sabbia o grandi come il palmo di una mano, la sua reazione sarà sempre la stessa: "Porca puttana- ammazzatelo! Che schifo! VAI VIA!", probabilmente salendo su una sedia o su un tavolo per fuggire.
Genophobia
È la paura dei rapporti sessuali. Se dovesse provare con qualcuno, allora ha paura che penserà ad Etienne, e che non ce la farà. Che si metterà a piangere solo al pensiero. Al sentire delle mani che non siano le sue su di sè. Lo sente come incredibilmente sbagliato.
Potophobia
La paura dell'alcool, quello da bere. Più che altro ha paura di come sarebbe da ubriaco, ed ha il terrore che sostanze simili gli buchino gli intestini ad un minimo tocco- mai e poi mai ingerirebbe alcool, nemmeno sotto minaccia.
ᴘɪᴀᴄᴇ
•Il colore grigio
È neutro. Va con qualsiasi altro colore, ed ha molte più sfumature rispetto agli altri! ... anche se spesso gli fanno notare che non vale come colore. Per lui fa lo stesso.
•L'archeologia
Passione ripresa da quella delle mamme, gli sarebbe piaciuto studiarla all'università se tutto questo non fosse accaduto. Di preciso, ammira molto le antiche civiltà orientali.
•La pioggia
Lo rilassa, specialmente il rumore che crea sui vetri delle finestre, ed apprezza molto l'odore di terra bagnata che si alza dopo una bella diluviata.
•La musica
Non ha un genere preferito in particolare. La apprezza tutta, è difficile trovare un genere che non sia di suo gradimento. Tranne quando ci vanno di mezzo uno o più violini.
ɴᴏɴ ᴘɪᴀᴄᴇ
•Che lo si accarezzi in testa
Per quello, solo Etienne ne aveva il permesso. Se ci si prova si viene bloccati immediatamente.
•Il soprannaturale
Il che può apparire strano, vista la sua passione per le storie di Poe, ma è del tutto coerente, in quanto detesta anche coloro che ci credono davvero. Forse perchè il soprannaturale in sè lo terrorizza? Non lo sa.
•I gatti
•non è che li odi, forse è più una paura infondata. Potrebbero saltargli addosso da un momento all'altro ed affondare quei piccoli artigli su di lui.
•Il suono del violino
Gli da davvero fastidio, come se qualcuno stesse grattando via della polvere da una superficie di metallo. Lo odia davvero.
ɪɴᴍᴀᴛᴇ ɴᴜᴍʙᴇʀ
96
ᴏʀɪᴇɴᴛᴀᴍᴇɴᴛᴏ sᴇssᴜᴀʟᴇ
Demisessuale
ᴏʀɪᴇɴᴛᴀᴍᴇɴᴛᴏ ʀᴏᴍᴀɴᴛɪᴄᴏ
Biromantico
ᴅɪsᴘᴏɴɪʙɪʟᴇ ᴀ ʀᴇʟᴀᴢɪᴏɴɪ
•Disponibile a relazioni romantiche
(Ma in teoria se sono compatibili va col bimbo di -ImMaoko- uwu)
•Disponibile a relazioni d'amicizia, a patto che sia qualcun'altro ad avvicinarsi a lui. Non è capace di stringerle da solo.
ᴄᴏᴍᴇ sɪ ᴄᴏᴍᴘᴏʀᴛᴇʀᴇʙʙᴇ ᴅᴀ ɪɴɴᴀᴍᴏʀᴀᴛᴏ? ᴇ ᴄᴏɴ ɪʟ ᴘᴀʀᴛɴᴇʀ?
Pff, no. Nefer non si innamora. Nefer è ancora innamorato di Etienne, e lo sarà per sempre.
Almeno così crede. Anche lui deve guardare avanti, nonostante non sia passato nemmeno un anno dall'accaduto. È capace di innamorarsi, solo che cercherebbe di negarlo in qualsiasi maniera. Non vuole. Non può. Pensa ad Etienne, e pensa che forse anche lui vorrebbe che fosse felice. Ma Nefer vuole essere felice con Etienne... cosa che, ormai, non può accadere. Se si dovesse innamorare di un'altra persona, allora, se ne renderebbe conto molto lentamente. Quegli sguardi che riservava solo ad Etienne, adesso li sta lanciando a qualcun'altro. Etienne sarà d'appertutto, e non lo sopporterà all'inizio. Almeno finchè non si renderà conto che, passando tutto questo, sta riuscendo anche a superare il trauma. Che questa persona lo sta spingendo a dimenticare, seppure involontariamente. Ed è così male, lasciarsi andare? Gli ci vorrebbe del tempo. Concedeteglielo, e sorprendentemente potrebbe essere lui a fare il primo passo.
In una relazione, sarebbe il ragazzo più possessivo e protettivo del mondo. Non vuole che accada di nuovo, e sebbene non abbia nulla di spaventoso in lui, cercherebbe sempre di tirar fuori il peggiore degli sguardi se qualcuno dovesse avvicinarsi. Non perderà qualcuno di così importante di nuovo. Cercherà spesso aspetto fisico, anche se all'inizio ne sarà comunque molto, molto imbarazzato, tanto da arrossire a qualsiasi tocco. Una relazione seria potrebbe anche fargli passare quel terrore che ha degli atti sessuali, ma dipende da quanta pazienza viene dimostrata nei suoi confronti.
ᴀʟᴛʀᴏ
Quello che immagino per la sua voce - Kensho Ono u.u come la rende in Hakuryuu di Magi e con Kuroko di Kuroko no Basket
•Ti metto i prestavolti per gli amici come sono adesso~
Edgar - 18 anni
Aimee - 19 anni
Toh, anche per Etienne, com'era al momento della morte
•Ovviamente, ancora porta il bracciale che Etienne gli ha regalato. Non se ne separerebbe per nulla al mondo, neppure in una nuova relazione.
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[6783 parole]
Ricontrollare?
Io?
Pff mai-
Mao a te piace? Ci va con l'idea che avevi per il tuo? Cambio qualcosa? uvu
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